Il Napoli di Gattuso ha interrotto la serie di quattro sconfitte consecutive al San Paolo con una vittoria arrivata grazie a una prestazione solida contro una Juventus particolarmente sterile. I padroni di casa hanno confermato il solito 4-3-3 proposto dall’arrivo dell’ex allenatore del Milan. Al centro della linea difensiva ancora una volta con Di Lorenzo con Manolas, con Rui e Hysaj ai lati; Demme davanti alla difesa affiancato da Fabian Ruiz a destra e Zielinski a sinistra e consueto tridente Insigne Milik Callejon. Sarri, forse a sorpresa, sceglie invece di riproporre il trio Dybala Ronaldo Higuain, davanti a un centrocampo composto da Pjanic, Bentancur e Matuidi e alla difesa titolare.
Il tema chiave della partita è stato chiaro sin dai primi minuti: la Juventus voleva, come al solito, campeggiare nella metà campo del Napoli con e senza palla; il Napoli, nonostante il rischio e le difficoltà, è sembrato coraggioso nell’accettare le caratteristiche dell’avversario e non ha rinunciato ai tentativi di impostazione dal basso, e ha affrontato con umiltà anche le fasi in cui è stato costretto a difendere basso.
Le scelte di Sarri e Gattuso senza palla
Con la palla in possesso della difesa azzurra, la Juventus portava Higuain e Ronaldo in pressione sui due centrali. Mentre Higuain aggrediva più verticalmente il portatore, Ronaldo si posizionava in copertura della linea di passaggio verso Hysaj, muovendosi poco. Dybala aveva il compito di seguire sempre Demme in queste fasi; le due mezzali alle sue spalle avevano compiti simili tra di loro ma con qualche differenza: Bentancur doveva essere molto reattivo a uscire su Mario Rui, per non dare il tempo al terzino di verticalizzare su Insigne, e allo stesso tempo doveva dare una mano a Cuadrado nei raddoppi verso il capitano del Napoli. Matuidi, dall’altro lato, condizionato come al solito dai movimenti di Ronaldo, doveva attendere qualche istante prima di sganciarsi verso Hysaj, per non lasciare scoperta la linea di passaggio verso Fabian Ruiz. Pjanic, in tutto questo, aveva il delicato compito di accorciare rapidamente verso la mezzala del Napoli che si sarebbe abbassata per aiutare sul lato forte; alle sue spalle, tutta la difesa doveva leggere rapidamente queste scalate in avanti e muoversi compatta per non dare profondità al Napoli.
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Nella prima parte di gara, il pressing della Juventus è riuscito a sporcare qualche risalita del Napoli, che comunque sembrava abbastanza preparato a questa eventualità, e non è sembrato scomporsi più di tanto di fronte alle difficoltà. Col passare dei minuti, e in particolar modo dopo l’uscita di Pjanic per infortunio a inizio secondo tempo, le distanze tra i reparti della Juventus hanno iniziato ad ampliarsi.
I tempi e gli angoli delle pressioni individuali erano imperfetti, e in generale la squadra non è più sembrata muoversi in modo compatto. Eppure il Napoli non è riuscito a creare occasioni particolarmente pulite da azione manovrata. La passività della Juventus si è vista in occasione dei gol, soprattutto sul primo: un ripiegamento ordinato in superiorità numerica viene protratto fino a ridosso dell’area di rigore, con Insigne lasciato troppo libero di tirare (e conseguente errore di Szczesny).
Il Napoli invece ha adottato un atteggiamento più prudente, orientato al controllo degli spazi davanti alla propria area, con un grande livello di attenzione. Il 4-3-3, in fase di non possesso, diventava un 4-5-1 o 4-4-2. I momenti in cui gli uomini di Gattuso sono andati a pressare altissimo sono stati relativamente pochi, anche perché la Juventus non ha palleggiato molto a ridosso della propria area, ma il baricentro senza palla della squadra di Gattuso non è stato in fondo così basso, mostrando una buona aggressività in zona palla su entrambe le linee.
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Considerato il sistema di gioco della Juventus, strutturalmente meno incline a sfruttare l’ampiezza, il Napoli ha giocato tutto sulla densità in zona palla, stringendo le maglie intorno al portatore sia con la palla centrale che con la palla laterale. Alla fine la Juve ha concluso il primo tempo senza riuscire a tirare nello specchio per la prima volta in stagione. In questo certo ha contribuito la refrattarietà delle mezzali di Sarri a proporsi in profondità e dunque a una carenza di soluzioni offensive in grado di manipolare la struttura avversaria.
La diversa gestione dell’ampiezza e i problemi offensivi della Juventus
Il Napoli, dicevamo, non ha avuto delle fasi di possesso troppo elaborate. Le situazioni più interessanti, esclusi i gol, sono arrivate da un paio di verticalizzazioni su Milik, che ha avuto il merito di saper allungare la Juve in quelle occasioni, e da alcuni spunti di Insigne sulla fascia sinistra, ossia il principale acceleratore dei possessi del Napoli.
Gattuso, però, aveva una richiesta specifica, che non sempre è stata soddisfatta. Così come nella fase di possesso, la Juventus ha un rapporto problematico con l’utilizzo del lato debole, nel senso che gestire le rapide scalate orizzontali verso l’esterno richiede ai suoi centrocampisti di percorrere parecchi metri. L’idea dell’allenatore del Napoli era quella di iniziare l’azione sulla sinistra per poi pescare rapidamente Callejon e/o Hysaj sulla fascia destra, sia per sfruttare la maggiore rapidità sul lungo dello spagnolo contro Alex Sandro, sia per creare dei potenziali due contro uno, in quanto la posizione stretta di Matuidi e i mancati ripiegamenti di Cristiano Ronaldo lasciavano per forza qualche metro di vantaggio al terzino albanese.
Il Napoli non è riuscito ad applicare con continuità questo principio offensivo, ma nelle poche volte che lo ha fatto è riuscito ad arrivare agilmente fino alla trequarti, esponendo quella che è una delle difficoltà principali della Juventus di Sarri quest’anno, ossia la gestione delle fasi di difesa posizionale, non tanto per quanto riguarda il comportamento della propria linea difensiva, ma soprattutto in termini di copertura del pallone da parte dei centrocampisti, che tra l’altro sono spesso chiamati a difendere in 3 senza l’aiuto costante degli attaccanti. Insomma, la ragione per cui Sarri non accetta che la sua squadra trascorra diversi minuti con un baricentro basso senza palla è evidente: la Juventus non è più una squadra che sguazza nella difesa posizionale, anzi le migliori partite sono sempre coincise con una prestazione di alto livello sotto il profilo del pressing alto.
Le preoccupazioni principali per Sarri, però, arrivano forse dall’interpretazione della fase di possesso. Come abbiamo visto, la Juventus durante il primo tempo ha trovato un intasamento centrale che non gli ha consentito di connettere i suoi offensivi tra le linee; il centrocampo del Napoli si appiattiva spesso a pochissimi metri di distanza dalla difesa, e così né Higuain né Dybala sono stati produttivi a livello di rifinitura e regia in generale. Senza poter allargare velocemente il gioco, dovendo attendere l’arrivo della sovrapposizione di Cuadrado a destra, e di Matuidi o Sandro a sinistra, la Juventus dava al Napoli tutto il tempo necessario ad organizzare la scalata orizzontale e arrivare forte in pressing sull’esterno.
Quando una squadra è indirizzata, per caratteristiche proprie o per tipo di partita, a giocare nell’imbuto centrale, non può prescindere dalla rapidità. Nel caso della Juventus di Napoli, questa rapidità è mancata sia nei tempi di trasmissione del pallone, sia nella qualità e modalità degli smarcamenti. Bentancur è stato tanto attivo in fase di non possesso quanto rinunciatario in quella di possesso, mentre Matuidi non è riuscito a trovare spazio nemmeno lateralmente, anche a causa dei raddoppi costanti su Ronaldo da parte di Hysaj (fisso) più Demme o Ruiz.
Quando la Juventus di Sarri è in giornata no, si capisce dalla velocità con cui si muove il pallone, dal numero di tocchi del portatore, dalle combinazioni sfruttando il terzo uomo riuscite. Ieri è mancato tutto questo, e la qualità della manovra, complice i mancati sbocchi in ampiezza, ne ha risentito. Alla fine, la principale arma offensiva dei bianconeri sono stati i cross a cercare Ronaldo, la maggior parte sono stati effettuati dalla trequarti.
Sarri ha provato a cambiare le cose, nel secondo tempo, passando a un 4-3-3. Intorno al 55esimo, per la precisione, ha richiamato più volte Dybala all’occupazione della fascia destra, ma sono passati diversi minuti prima che l’argentino capisse le nuove consegne e mollasse la marcatura centrale su Demme, salvo poi tornare sui propri passi dopo una manciata di minuti. Così, Sarri ha inserito Douglas Costa per Dybala e sostituito Matuidi con Bernardeschi, ma le sostituzioni non hanno sortito l’effetto desiderato e la Juve ha continuato ad avere difficoltà nel trovare varchi nel blocco del Napoli.
Insomma, il risultato del San Paolo ci dà conferme e indicazioni su entrambe le squadre. Per quanto riguarda il Napoli, che si avvicina sempre più all’immagine residua che avevamo del Milan di Gattuso, il progetto basato sul 4-3-3, sulla gestione paziente del possesso e sulla prudenza senza palla, può avere futuro, anche se andrà misurato soprattutto nelle partite in cui la componente agonistica intrinseca potrà essere meno invadente (e contro le piccole, l’attacco posizionale del Napoli sarà giocoforza più frequente e da verificare).
Neanche per la Juventus abbiamo avuto sorprese, dal punto di vista tattico. Stiamo imparando a conoscere il rombo di Sarri come un sistema di compromesso fra le ambizioni dell’allenatore e le caratteristiche della sua rosa e in particolare dei suoi attaccanti; l’utilizzo di Dybala dietro Higuain e Ronaldo, limitato finora a situazioni di particolare benessere fisico di tutti e tre, sembra aver perso di incisività offensiva, e senza il beneficio naturale dello sfruttamento dell’ampiezza, una Juve senza velocità di manovra è uguale a una Juve con poche idee e soluzioni. La gestione dell’intensità in entrambe le fasi è forse il problema principale di Sarri: la squadra che sembra andare diverse volte in controtendenza con gli evidenti desideri del suo allenatore, ritrovandosi troppo passiva o timorosa in alcune fasi di gara, con e senza palla. Sarri ha sempre identificato il processo di “cambiamento di mentalità”, più che come una parabola ascendente, come un’onda sinusoidale.
La Juventus degli ultimi mesi ha seguito un andamento altalenante; sarà interessante a fine stagione valutare il livello di coinvolgimento e feeling tra Sarri e la sua rosa. Fino a questo momento, l’applicazione dei principi del nuovo allenatore è stata sufficiente a conquistare e mantenere la vetta e andare avanti con profitto nelle coppe, ma la fase calda della stagione è alle porte. Dall’altra parte, Gattuso si augura che il suo percorso sia più continuo e che questa vittoria rappresenti il trampolino per un progetto sempre più ambizioso.