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Alfredo Giacobbe
Voglia di vincere
27 set 2015
27 set 2015
Un Napoli sempre più "sarriano" batte una Juventus sempre più in confusione, tecnica e tattica.
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Alfredo Giacobbe
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La vigilia di Napoli-Juventus, come tutte le vigilie delle partite tra Napoli e Juve, era carica di attese e tensioni come si fosse trattato di un derby. Senza voler tirare in ballo i possibili sottotesti (la squadra del popolo contro quella dei padroni o, addirittura, l’eredità borbonica contro quella sabauda) sul prato del San Paolo si sono affrontate due formazioni che hanno intrapreso un profondo rinnovamento e che, dopo poche giornate, sono già finite nel mirino dei critici.

 

Il turno infrasettimanale non ha fatto che complicare la vigilia dei due tecnici: il pareggio con il Frosinone, dopo le buone prove contro Manchester City e Genoa, ha rianimato i dubbi sulla sqaudra di Allegri; quanto a Sarri: gli chiedevano di un suo possibile esonero nella conferenza stampa successiva al 5-0 di Europa League, figurarsi quali mal di pancia avrà generato il pareggio di Carpi.

 



Il tecnico toscano, comunque, ha confermato gli uomini e l’impianto di gioco dell'ultimo Napoli, quello fondato sul 4-3-3. Aver sistemato Insigne in zone del campo in cui si sente più a suo agio e aver riportato Callejon nell’undici titolare sono gli unici vantaggi che il Napoli ha tratto dal cambio rispetto al precedente 4-3-1-2: per il resto i fondamentali del gioco pensato da Maurizio Sarri sono rimasti immutati.

 

Persino la sincronia con la quale si muovono le punte hanno tempi e modi del tutto simili. Nel 4-3-1-2, al movimento incontro della prima punta seguiva quello ad allargarsi dell’altro attaccante e lo scatto in profondità del trequartista. Ora, nel 4-3-3, quando Higuain torna ad offrire una sponda ai suoi centrocampisti, una delle due ali resta larga per creare l’ampiezza e l’altra, solitamente quella dal lato opposto a dove viene giocato il pallone, si butta nello spazio creato nella difesa avversaria dall’uscita del centravanti.

 

Ai sarriani (o #

) della prima ora segnalo che in alcuni momenti si è anche visto il vecchio rombo di centrocampo. Anzi, se ne sono visti due, entrambi larghi sulle fasce: il primo, formato da terzino, centrale difensivo, regista e interno di centrocampo, con lo scopo di semplificare la costruzione bassa e la salita del pallone; il secondo, costruito da terzino, interno di centrocampo, punta centrale e attaccante esterno, provava a mettere in inferiorità numerica gli avversari nei pressi del vertice della loro area di rigore.

 

Il Napoli ha creato i pericoli maggiori a sinistra, ma è a destra che ha sviluppato maggiormente gioco, quasi che cercassero volontariamente di spostare la squadra avversaria da un lato per attaccarla dal lato opposto. Hysaj e Allan, i due uomini presenti in entrambi i rombi sopra descritti, hanno toccato la maggior parte dei palloni (190), combinando tra di loro 34 volte.

 


Mertens e Hamsik attendono sul lato opposto creando un pericoloso due contro due.


 

Al di là del feticismo verso le figure geometriche, è importante notare che questa sistemazione permette al portatore di palla del Napoli di avere sempre due, se non tre, possibili scelte di passaggio. Inoltre, la squadra resta corta e compatta nella zona del pallone, favorendo la fluidità nella circolazione del pallone e i tentativi di riconquista dello stesso.

 

All’idea di compattezza dell’intera squadra dà un contributo fondamentale anche la linea difensiva, che inizia finalmente a muoversi in maniera coerente secondo i dettami del proprio allenatore, con i quattro difensori sempre alti, fino al limite della linea di centrocampo in fase di possesso. In questo modo si toglie spazio gli avversari annullando con il fuori gioco un’intera metà campo, e si offre un appoggio ai propri centrocampisti qualora non si riesca a sfondare da un lato e sia necessario riciclare il possesso dall’altra parte.

 

In questa linea dei quattro sono i terzini a giocare un ruolo fondamentale. Quando la squadra è in possesso si muovono coordinandosi come i due piatti di una bilancia: se uno sale dal lato del pallone, l’altro si abbassa e entra nel campo per accompagnare lo scivolamento dei centrali verso l’altra fascia. Oppure, coprono entrambi l’uscita di un centrale dalla linea, andando ad affiancarsi all’altro centrale. Si potrebbe dire che il Napoli difenda, nella maggior parte delle situazioni, con una linea a tre, tanto è frequente e ben coordinata l’azione di Hysaj e Ghoulam.

 



Sull'altra panchina, dopo molti dubbi e riflessioni, Allegri ha preferito rifugiarsi nell’amato 4-3-1-2, scegliendo la testa e i piedi di Hernanes per fare da regia, dirottando Lemina, un mastino che davanti alla difesa aveva fatto bene contro Genoa e Frosinone, nella zona di Marek Hamsik. Nelle prime fasi di gioco i bianconeri hanno spesso trovato la loro linea di passaggio preferita, quella che va dalla propria difesa alle spalle del centrocampo avversario e che sull’asse Pirlo-Tevez aveva fatto le fortune della Juventus nelle scorse stagioni.

 

È successo sopratutto quando il Napoli ha provato a controllare gli spazi, sistemandosi con un 4-1-4-1 in fase di non possesso, e dalle posizioni di partenza erano costretti ad uscire Hamsik, per andare a prendere Hernanes (lasciato spesso solo da Higuain) e i due esterni che cercavano la pressione sui terzini. Lemina e Pogba, sempre molto larghi quando la Juve era in possesso, svuotavano il centro del campo e permettevano la ricezione del pallone al trequartista Pereyra, che poteva girarsi e puntare la difesa avversaria.

 


 

Quando il Napoli ha rotto gli indugi, iniziando a pressare gli avversari più in alto sul campo, ha finito per togliere tempo e spazio all’iniziativa dei bianconeri e l’unica loro alternativa di gioco si è ridotta al lancio lungo in diagonale di Bonucci verso Pogba. Il tentativo di sfondare sul lato destro della retroguardia è sempre fallito (gol a parte) perché il francese non è mai riuscito ad avere la meglio su Hysaj.

 

I problemi in fase di costruzione di gioco dei bianconeri sono evidenti. Non meno grave è l’atteggiamento remissivo in fase di non possesso: solo 2 i palloni riconquistati nella metà campo avversaria, l’altezza media dei 60 recuperi è appena di 28,2 metri. Contro il Napoli i contrasti vinti sono stati 8, contro i 29 dei partenopei, e la Juventus ha la peggior squadra di tutta la Serie A per percentuale di contrasti riusciti (27%).

 

L’addio di Arturo Vidal è stato forse il più dannoso tra quelli di quest’estate, ma l’atteggiamento di squadra dei bianconeri è sembrato comunque sbagliato, lontano anni luce dagli intenti della prima Juventus di Antonio Conte. All’intervallo Allegri non ha cambiato niente, nonostante sul finale del primo tempo fosse in svantaggio di un gol e in balia dell’avversario. Lo ha fatto solo dopo la seconda rete del Napoli: con l’ingresso di Cuadrado al posto di Hernanes ha scelto di sistemarsi col 4-4-2.

 

Questa mossa era sensata se, come credo, era  mirata alla rottura delle catene dei partenopei e all’annullamento del vantaggio sugli esterni. Ma Allegri dopo sei minuti si è smentito sostituendo Dybala con Morata e riportando la Juventus al precedente sistema di gioco, stavolta con Cuadrado a fare il trequartista. Più per scrupolo, che per un’effettiva efficacia tattica, va segnalato il quarto cambio di modulo chiesto da Allegri: un 3-5-2 iper-offensivo con Cuadrado e Alex Sandro (entrato all’ottantanovesimo) sulle corsie esterne.

 



Il Napoli ha punito la Juventus in occasione di due “turnover” nel possesso, su due palle rubate, cioè. Merito agli azzurri che hanno avuto un atteggiamento aggressivo finché la condizione fisica ha retto: il Napoli ha riconquistato palla 14 volte nella metà campo avversaria, il 25% sul totale dei recuperi.

 


 

Ed è interessante notare come, in occasione del primo gol, su Insigne si trovi in marcatura un centrocampista, Lemina, anziché un difensore. Questo perché quando il Napoli ha riconquistato palla nel cerchio di centrocampo Padoin era addirittura sulla linea degli attaccanti. Insigne era scattato proprio nello spazio lasciato libero dal terzino della Juventus (diciamo, il

della Juventus) quando ancora il pallone non era in possesso di Koulibaly, che poi effettuerà il lancio. Padoin sceglie di marcare l’uomo più vicino, mentre Lemina prova a recuperare la posizione, con una copertura comunque inefficace.

 

Higuain ha battuto Buffon di sinistro dopo aver riconquistato un pallone giocato in orizzontale da Hernanes, con tutta la Juventus salita in proiezione offensiva. Il brasiliano aveva giocato un’improbabile palla a metà strada tra Padoin e Lemina, quando aveva la possibilità di servire Dybala davanti a sé in verticale. Il gol di Lemina è arrivato 84 secondi dopo, con i partenopei che sono sembrati distratti dai festeggiamenti per il doppio vantaggio, e l’uscita intempestiva di Hysaj dalla difesa che ha lasciato spazio a Dybala per servire un cross pericoloso dalla sinistra.

 

È difficile dire, oggi, dove sarà il Napoli di Sarri a fine stagione. Di certo, i progressi degli azzurri dal punto di vista del gioco e della personalità sono evidenti, e sono confortanti perché inattesi a questo punto della stagione. Tutto il merito va all’allenatore toscano che avrà rinunciato ad un modulo feticcio o al suo vicario in campo Valdifiori, ma non ha fatto un passo indietro sui suoi principi di gioco. Convincendo dei suoi precetti i vari Higuain, Callejon e Hamsik, che sembravano sfiduciati.

 

In casa bianconera, invece, non si vede la luce in fondo al tunnel. Forse una causa sono i troppi esperimenti tattici cercati da Allegri, che non hanno consolidato il volto di una squadra già logorata dalle uscite in sede di mercato e dai molti infortuni, quelli di Khedira e Marchisio su tutti. La Champions League può ridare nuova linfa ai bianconeri per una seconda volta, ma per Allegri è arrivato comunque il tempo di fare delle scelte importanti e agire di conseguenza.

 


 

 

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