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Dario Pergolizzi
Il Napoli ha avuto l'ultima parola
04 mar 2024
04 mar 2024
Il Napoli è riuscita a battere la Juventus in casa per cinque volte consecutive per la prima volta nella sua storia.
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Dario Pergolizzi
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IMAGO / Antonio Balasco
(foto) IMAGO / Antonio Balasco
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Fino a poche settimane fa i campionati di Napoli e Juventus sembravano andare in direzioni opposte, con gli azzurri in caduta libera e i bianconeri seri contendenti per lo scudetto. Il mese di febbraio ha però ribaltato le cose, come a ricordarci che nel calcio è sempre troppo presto per farsi delle certezze. Il Napoli ha ingaggiato il terzo allenatore della stagione e ha riguadagnato quantomeno una parvenza di entusiasmo e di chiarezze di idee in campo; la Juventus, invece, ha fatto registrare il suo peggior filotto stagionale con una sola vittoria raccolta in sei partite, per giunta allo scadere contro il Frosinone in casa.

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La partita del Maradona, oltre alla rivalità, era quindi particolarmente delicata, e il risultato potrebbe aver cambiato di nuovo la direzione delle stagioni delle due squadre. Per dire di quanto peso abbia avuto la vittoria azzurra di ieri basti ricordare che il Napoli è riuscito, per la prima volta nella sua storia, a battere per cinque volte consecutive in casa la Juventus; mentre la Juventus ha perso cinque volte consecutive contro un’avversaria di Serie A per la prima volta dopo sessant’anni.

La partita è stata incerta fino agli ultimi minuti e, forse inaspettatamente, non sono mancante le occasioni per entrambe le squadre, nonostante diverse siano arrivate sugli sviluppi di azioni caotiche. È stata una partita imperfetta da un punto di vista tattico. Il Napoli ha provato a imporre il possesso nella metà campo avversaria riuscendoci quasi sempre, ma perdendo alcune palle pericolose in fase di costruzione. La squadra di Allegri, infatti, si era presentata in campo con intenzioni particolarmente aggressive senza palla, quasi con una strategia da guerrilla - cercando quindi di recuperare la palla in alta per andare immediatamente in porta oppure rintanandosi immediatamente nella propria metà campo. In uno strano paradosso si può dire che entrambe le strategie abbiano pagato, nonostante la poca brillantezza.

Il pressing della Juventus sulla costruzione del Napoli era organizzato in maniera asimmetrica rispetto alla disposizione in campo, con Alcaraz che da interno di destra usciva sul terzino sinistro del Napoli, Olivera, mentre sul lato opposto era Iling-Junior ad andare su Di Lorenzo. Questa scalata consentiva ai bianconeri di tenere, a destra, Cambiaso più basso con Kvaratskhelia, mentre Bremer era accoppiato con Osimhen e Alex Sandro con Politano. In questo contesto, Rugani era spesso libero, pronto a scalare in avanti su Traoré.

La maggior parte delle migliori occasioni della Juventus (tranne due, su cui tornerò più avanti) sono nate in seguito a recuperi alti nella metà campo avversaria o a riaggressioni immediate sulle seconde palle. Per ben due occasioni, per esempio, Oliveira ha regalato il pallone agli avversari nel mezzo della trequarti napoletana. La prima è stata dopo appena un minuto di gioco, con la palla recuperata da Alcaraz: sugli sviluppi dell’azione Iling Junior è arrivato sul fondo e ha messo dentro un pallone che lo stesso Alcaraz si è goffamente tirato addosso alla gamba d’appoggio. La seconda, al decimo minuto, tirando il pallone addosso a Chiesa, che ha preso velocità e e ha crossato per Vlahovic a centro area (l'attaccante serbo di testa manderà il pallone leggermente a lato). Pochi minuti dopo aver subito il gol di Kvaratskhelia, poi, la Juventus è andata a un passo dal pareggio sempre con Vlahovic, questa volta su un recupero altissimo di Rugani su Traoré, che si era abbassato a ricevere da Meret.

Insomma, l’arma offensiva migliore per la Juventus è stata sicuramente la capacità di sporcare i disimpegni del Napoli, e anche se le sue azioni sono state quasi tutte fulminee, a volte la squadra di Calzona ha faticato a uscire dalla propria metà campo.

Il Napoli, in generale, è però rimasto sempre in partita, in senso letterale e figurato. È in particolare sul lato destro del campo che la squadra di Calzona è stata più pericolosa, dove, una volta consolidato il possesso, si potevano sfruttare le rotazioni di Politano, Anguissa e Di Lorenzo per tirare fuori dal blocco i tre giocatori corrispondenti della Juventus (Iling-Junior, Miretti e Alex Sandro). Da questa parte di campo, una volta arrivato sulla trequarti bianconera, il Napoli è riuscito diverse volte a penetrare fin dentro l’area o a creare palle gol interessanti attraverso il cross.

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Sfruttando la tendenza di Politano a volere il pallone addosso abbassandosi, oppure a portarlo dentro in conduzione, il Napoli poteva approfittare delle corse in sovrapposizione interna ed esterna di Di Lorenzo, alla ricerca dello spazio alle spalle di Alex Sandro. Il terzino brasiliano è stato spesso in difficoltà, a volte bloccato da Anguissa che si alzava molto da quel lato. Ovviamente le marcature non erano fisse e la mobilità del trio del Napoli ha dato vita ad abbinamenti pericolosi per la Juventus, che non a caso hanno dato vita ad occasioni da gol. Le più rilevanti sicuramente sono state il colpo di testa di Oliveira al trentottesimo e, ovviamente, il gol di Kvaratskhelia, che è stato bravissimo a concludere al volo di prima su una respinta di testa di Bremer dopo un tentato traversone di Di Lorenzo.

Il giocatore della Juventus che forse ha mostrato meno fatica a gestire questa situazione difensiva è stato Fabio Miretti, che oltretutto ha giocato una partita di ottimo livello sia sotto il profilo difensivo - scalando prontamente in marcatura dietro le punte quando necessario e assorbendo o disturbando gli inserimenti di Anguissa e Di Lorenzo - che per quanto riguarda la partecipazione in possesso, con buoni posizionamenti alle spalle della linea di centrocampo del Napoli. Il centrocampista italiano si è anche concesso il lusso di alcune giocate “di rottura”, come ad esempio il tunnel rifilato a Lobotka al ventunesimo minuto prima di scaricare a sinistra su Iling-Junior (arrivato al tiro da fuori area di destro).

Il Napoli in generale non ha dato l’idea di essere particolarmente solido quando non era in possesso, e forse la Juventus avrebbe potuto creare ancora più pericoli, oltre a quelli creati in ripartenza, approfittando di una gestione più oculata del possesso.

Nelle due azioni qui sopra (la prima ha portato al palo di Vlahovic, la seconda al gol del momentaneo pareggio di Chiesa), per esempio, la Juventus progredisce agevolmente sfruttando il grande spazio concesso dal Napoli alle spalle della seconda linea di pressione, con i difensori centrali comprensibilmente preoccupati di rimanere in controllo di Vlahovic e Chiesa. La squadra di Allegri però non ha messo il Napoli spesso in questo tipo di situazione, per via di una gestione del possesso un po' troppo sbrigativa. Il passaggio di Allegri al 433, con l’ingresso di Nonge per Miretti e di Yildiz per Iling-Junior (dopo aver sostituito anche Cambiaso per Weah), ha consentito a Chiesa di ricevere defilato sulla destra in occasione del gol, ma ormai non c'era più molto tempo per provare a sfruttare questo vantaggio.

Alla fine, un’ingenuità di Nonge è costata il rigore (e pochi minuti dopo, a lui, la sostituzione dopo neanche un quarto d’ora dall’ingresso in campo). Osimhen ha calciato male e Raspadori è riuscito ad arrivare prima di tutti sulla respinta, aiutato da un po’ di fortuna ma anche dall’atteggiamento proattivo del Napoli sulla battuta.

I cinque giocatori del Napoli partono diversi metri dietro alla linea dell’area guadagnando un’accelerazione decisiva rispetto a quelli della Juventus, che forse non sono stati particolarmente reattivi. Può sembrare un aspetto secondario, ma trattandosi probabilmente di un posizionamento ricercato volutamente, è comunque affascinante notare che anche la respinta di un rigore calciato male può tramutarsi in opportunità “calcolata”, come pochi giorni fa del resto era avvenuto nel gol del 3-0 dell’Inter contro l’Atalanta. In quell’occasione, Inzaghi aveva esplicitamente richiamato Dimarco e Dumfries a tenersi più larghi e distanti.

Alla fine, il Napoli è stato più preciso della Juventus quando si è trattato di finalizzare le occasioni, e un po’ più fortunato quando gli avversari si sono ritrovati di fronte a Meret. Ma nelle pieghe dell’atteggiamento delle due squadre si nascondono anche i segni del momento di entrambe. Da una parte, un Napoli più fiducioso e capace di incassare e reagire ai suoi stessi errori. Dall'altra, una Juventus che avvolge con una specie di aura negativa ogni sua scelta. È bastato un mese sfortunato per ribaltare l'apparente ineluttabilità con cui la squadra di Allegri vinceva le partite nella prima parte del campionato.

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