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Dario Pergolizzi
Napoli-Barcellona: un pendolo tra la sofferenza e la noia
22 feb 2024
22 feb 2024
Il pareggio dell'andata dice molto sulle difficoltà che stanno vivendo le due squadre.
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Dario Pergolizzi
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IMAGO / Maciej Rogowski
(foto) IMAGO / Maciej Rogowski
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Per la sua prima, delicatissima partita da allenatore del Napoli, Calzona ha scelto di tornare alle origini, attingendo dalla la storia recente della squadra. Quindi il 4-3-3 che ha caratterizzato prima il Napoli di Sarri e poi quello di Spalletti, o se volete uno schieramento con due linee a quattro in difesa e a centrocampo, intervallate dalla presenza di Lobotka nel mezzo e con Osimhen in prima linea.

Senza palla il blocco del Napoli si muoveva con cautela, cercando di schermare il centro e non scoprirsi sulla circolazione paziente del Barcellona. Nella strategia difensiva degli azzurri però è sembrato subito chiaro che ci fosse qualcosa che non andava. La squadra di Xavi, dall’altra parte, si è disposta con una formazione abbastanza lineare, costruendo a tre con Koundé, Araujo e Inigo Martinez dietro ai due mediani De Jong e Christensen, tenendo aperti in ampiezza Cancelo e Yamal, e con Pedri e Gundogan perfettamente inseriti negli interstizi tra centrali e terzini del Napoli, alle spalle e/o ai lati di Lewandowski.

Un’occupazione degli spazi radicalmente posizionale, che ha trovato nella piattezza difensiva del 4-5-1/4-4-2 del Napoli ben pochi ostacoli per la progressione verso la trequarti. Con un ritmo forse un po' blando, ma il Barcellona ha mantenuto un sostanziale controllo per almeno due terzi della partita, arrivando a creare diversi pericoli a ridosso e dentro l’area del Napoli, di fatto gettando le basi per il gol di Lewandowski al 59esimo.

La zona di campo in cui il Barcellona è stato più pericolosa è stata quella tra i quattro giocatori più esterni nel blocco difensivo del Napoli, cioè tra centrali, terzini, esterni e interni. La passività estrema con cui il Napoli ha affrontato i movimenti dei trequartisti di Xavi - in particolare Pedri e, anche se in misura minore, Gundogan - non riuscendo quasi mai ad assorbirne le ricezioni o le corse di rottura in profondità, ha dato un vantaggio enorme al Barcellona. E i ritmi bassi lo hanno reso per paradosso ancora più evidente.

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Una serie di progressioni compiute dal Barcellona grazie al coinvolgimento di Pedri e Gundogan negli spazi interni.

Nei primi minuti il Barcellona sembrava quasi affrettarsi a trovare l’inserimento in profondità tra terzino e centrale avversari, usando in qualche occasione il lancio diretto da ter Stegen o da un difensore. Una volta capita la passività difensiva del Napoli e consolidato il possesso all’altezza del centrocampo, i blaugrana sono riusciti a trovare un gran numero di ricezioni pericolose sulla trequarti anche con un possesso più ragionato. Nella galleria qui sopra, per esempio, troviamo sia degli sviluppi con terzo uomo verticale (Lewandoski che appoggia a scarico su Pedri, sapientemente posizionato dietro “l’ombra” di Anguissa, dopo una verticalizzazione dal difensore); verticalizzazioni in diagonale verso il lato cieco dei difendenti del Napoli (prevalentemente verso Gundogan); combinazioni laterali tra l’interno e l’esterno offensivi, che potevano prendere in mezzo il terzino avversario di parte.

Il Napoli è sembrato avere poche soluzioni per gestire queste situazioni, e solo le imprecisioni del Barcellona nell’ultimo passaggio, nella finalizzazione o nella scelta hanno consentito alla squadra di Calzona di rimanere a lungo in partita con la porta inviolata. Il gol di Lewandowski è arrivato dopo ben un’ora di gioco e l'ennesima ricezione sulla trequarti, gestita malissimo dalla difesa azzurra, con Rrahmani - forse spazientito dalle continue ricezioni di Pedri - che è uscito alla cieca sul centrocampista del Barcellona aprendo uno spazio pericolosissimo alle sue spalle. Lewandowski ci si è infilato e, dopo ben tre occasioni non convertite (al 14’, 22’ e 33’), è riuscito a sfruttare la più grossa.

È stato proprio a questo punto, quando il Barcellona sembrava avere la strada spianata per chiudere la pratica passeggiando, con un gol di vantaggio su un avversario sostanzialmente innocuo, che la situazione si è inaspettatamente ribaltata. La componente emotiva è una delle meno analizzate di questo sport, eppure a volte ha un peso tale da ribaltare anche le situazioni che sembrano più solide. Di fatto, comunque, il Napoli è riuscito a trascorrere più tempo nella metà campo del Barcellona e finalmente a produrre qualche tiro. Subito dopo il gol di Lewandoski, Calzona ha cambiato i due giocatori impiegati sulla sinistra offensiva, Kvaratskhelia e Cajuste, per inserire Lindstrom e Traoré, magari cercando di togliere qualche riferimento all’organizzazione difensiva del Barcellona, attraverso una diversa interpretazione degli spazi.

È servita però la superiorità atletica di Osimhen per passare in vantaggio. Al 75esimo il numero 9 nigeriano ha ricevuto la verticalizzazione di Anguissa e, sfruttando il posizionamento azzardato di Inigo Martinez che forse avrebbe voluto anticiparlo, ha utilizzato vigorosamente le braccia per sfruttarlo come perno e girarsi su se stesso. Un gol potremmo dire “alla Osimhen”, che, come nelle migliori tradizioni delle notti di Coppa, ha fatto improvvisamente valere la sua supremazia contro il diretto avversario nell’unica vera grossa opportunità avuta. In realtà sarebbe più preciso dire che questa opportunità se l’è creata da sé, generando lo spazio per guardare la porta col cinismo di chi sa approfittare dell’unica incertezza avuta dal marcatore.

È stato uno dei pochi picchi di una partita particolarmente piatta, che ha visto un Napoli svuotato di ogni energia vitale, ma anche da un controllo un po' grigio del Barcellona, incapace di alzare ulteriormente l’asticella contro un avversario ai minimi termini, magari tenendo un ritmo ancora più alto nelle trasmissioni palla o dell'aggressività della riaggressione. Questi elementi sono mancati alla squadra di Xavi e hanno consentito a un Napoli imperfetto difensivamente e improduttivo offensivamente di diluire la sofferenza nel corso dei minuti, per poi trovare un impeto di reazione concreto per la mezz’ora finale, chiusa con la convinzione di poter anche provare a vincere la partita.

Per il ritorno entrambe le squadre dovranno fare qualcosa di più, anche se i loro problemi di certo non si diraderanno nelle prossime due settimane. Una qualificazione da giocarsi in 90 minuti da zero, però, potrebbe essere un innesco per uno spettacolo più stimolante, quantomeno dal punto di vista dell’intensità e del coinvolgimento dei giocatori più creativi di entrambe le squadre. Calzona e il suo staff dovranno sicuramente provare a trovare delle soluzioni più efficaci per contenere l’uso della trequarti interna del Barcellona, che, è plausibile, cercherà di fare una partita molto simile a quella dell’andata, avendo trovato la soluzione per bucare le linee. Nello stato anemico in cui si ritrova la squadra catalana al momento però non è detto che basti contro un Napoli che perlomeno da un punto di vista mentale sembra poter ancora rimanere dentro le partite per tutti i 90 minuti. Adesso ne mancano solo altri 90 e per Napoli e Barcellona non c'è più molto spazio di manovra.

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