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MVP 2018: Alisson Becker
22 mag 2018
22 mag 2018
Il portiere brasiliano della Roma è il miglior giocatore della stagione 2017/18.
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6 min
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Quando tutto intorno trema ci si ricorda dell’importanza di fondamenta solide: allo stesso modo, ci si ricorda dei portieri solo quando gli altri giocatori sembrano un po’ deluderci o non ancora pronti. Yashin vinse il pallone d’oro nel 1963 davanti a un Gianni Rivera che aveva vinto la Coppa dei Campioni, ma ancora ventenne, un anno più giovane del portoghese Eusebio, che la finale invece l’aveva persa. A tutti sembrò normale che quel premio andasse al “ragno nero”.

Il titolo di MVP nel calcio ha una sua inafferrabilità logica, in uno sport in cui, come diceva Di Stefano, cioè un calciatore che era stato praticamente una divinità in terra nella squadra più forte del pianeta: «Nessun giocatore è così forte come tutti quanti insieme». Eppure la redazione si è espressa, e il pubblico pure, ed ha scelto come MVP della Serie A un portiere: Alisson Becker.

Si è pensato alle fondamenta mentre tutti intorno tremavano: Higuain, Dybala, Hamsik, Mertens, Nainggolan, i principali favoriti, hanno disputato stagioni non ai loro livelli. Per motivi molto diversi, tutti hanno un po’ deluso nel corso di questo campionato: c’è chi si è fatto un lungo periodo di panchina punitiva, chi è stato sempre sostituito e persino fischiato dal proprio pubblico, chi ha smesso di segnare, chi si è ritrovato più bloccato in campo, a causa di un sistema tattico nuovo. Allo stesso tempo, i grandi bomber (Immobile e Icardi, 29 e 28 gol) sono stati leggermente penalizzati, forse anche perché realizzatori puri: i migliori nell’attacco alla profondità o nell’occupazione dell’area e nell’esecuzione, ma non particolarmente a loro agio in tutto il resto (e infatti in Nazionale, in contesti tattici completamente diversi, a volte sembra di vedere dei loro simulacri), cioè alla partecipazione del gioco che ormai viene richiesta persino ai portieri.

Alisson è uno di questi: abbiamo finalmente in Italia un portiere che possiamo definire moderno, cioè in grado di partecipare in tutte e quattro le fasi con lo stesso livello di qualità. Arrivato in Italia con il tipico scetticismo con cui accogliamo i portieri brasiliani, nonostante fosse il titolare nella sua Nazionale, Alisson è rimasto in panchina per un anno dietro a Szczesny, senza addirittura mai esordire in Serie A, diventando invece il portiere delle coppe (15 presenze tra Europa League e Coppa Italia). Quest’anno è riuscito a mostrarci tutte le sue qualità, da quelle più tradizionali per un portiere, a quelle che sono richieste nel 2018 ma che in Serie A difficilmente si trovano.

Alisson è un portiere che fa del piazzamento tra i pali la sua arma principale: la prevenzione del tiro, la capacità di anticiparlo e farsi trovare esattamente nel posto dove il pallone finirà. Si tratta probabilmente dell’insegnamento più tradizionale che esista, risalente ai tempi in cui i portieri non avevano bisogno di apparire, ma di parare e basta. Certe parate di Alisson sembrano incredibilmente facili, anche su tiri ravvicinati, come se ci fosse un grande campo magnetico ad attirare il pallone verso il suo corpo: non a caso è il miglior portiere delle ultime 5 stagioni per percentuale di parate su tiri da dentro l’area, 72,83%.

Anche se è difficile vederlo in allungo, il portiere della Roma ha un’agilità non comune considerato il suo fisico statuario, mostrando tutto il campionario delle parate miracolose che servono a riempire le playlist di YouTube e i servizi di due minuti dei TG sportivi. Alisson è un grandissimo portiere, ma non è solo questo: e altrimenti non si capirebbe perché votare proprio lui, davanti a un maestoso Milinkovic-Savic e a un devastante Douglas Costa.

Alisson ha portato anche una grande novità nella Serie A, che ha sicuramente colpito molti: è l’evoluzione della specie, in questo caso del ruolo del portiere. In fase difensiva, giocando in una squadra con la linea difensiva molto spesso a centrocampo, è costretto a giocare in posizione molto avanzata e a chiudere lo spazio dietro la linea: è il primo vero sweeper-keeper della Serie A. Nella speciale statistica delle spazzate riuscite del portiere (in inglese le Keeper Sweepings), cioè quando il portiere è costretto ad uscire dai pali per spazzare un pallone alle spalle della linea difensiva, Alisson è a quota 41, a distanza siderale dal secondo, Reina, a 20: lo spagnolo del Napoli era in effetti finora l’unico portiere di questo tipo presente nel nostro campionato (oltre a Szczesny, quest’anno però riserva di Buffon). Ovviamente molto dipende dalla volontà di Di Francesco di mantenere costantemente alta la propria linea difensiva, ma è innegabile che Alisson sia una risorsa per i giallorossi nelle transizioni difensive: se la linea difensiva si fa trovare impreparata, lui c’è (a conferma, Alisson è primo in questo dato anche in Champions League: con le stesse partite di Karius e tre in più rispetto a Ederson).

La Roma però ha avuto spesso problemi nell’inizio azione, anche a causa della volontà di risalire il campo costantemente dalle fasce e la difficoltà nel trovare uomini tra le linee avversarie: le capacità calcistiche di Alisson sono state fondamentali anche in questo.

Dalla tradizione della scuola brasiliana (e più in generale sudamericana), il portiere della Roma ha preso la capacità di giocare nel lungo, in particolare dopo aver bloccato il pallone, per lanciare una transizione offensiva. A questa abilità, Alisson aggiunge quella di servire passaggi taglialinee, cioè dietro la linea di pressione avversaria, aiutando così la squadra in molte occasioni, quando le difficoltà di Manolas emergono a causa dei dispositivi di pressione avversaria. Ciliegina sulla torta: Alisson a volte si diverte a trasformarsi in un giocatore offensivo, con giocate tecniche folli, palla al piede, che determinano svenimenti tra i tifosi romanisti. Il brasiliano è il primo portiere per dribbling riusciti in Serie A, ben 6, ed è davanti a molti giocatori di campo in questa statistica: Bonucci, Pavoletti, Albiol, Benatia, Eder, ad esempio, e a pari merito con Cutrone (le statistiche aggiornate alla 37esima giornata).

Alisson è un degno MVP perché ha disputato un campionato a livelli di eccellenza, con continuità massima: difficile ricordare anche solo un errore su un gol subito. Il suo apporto alla ottima stagione (con rendimenti diversi tra Italia ed Europa) della Roma è stato fondamentale: nelle fasi di difficoltà è riuscito a contenere i danni, in alcune occasioni evitando il probabile affondamento di una squadra che viveva sul precario equilibrio dell’ennesima rivoluzione tecnica, tattica e dirigenziale.

Il pubblico ne è rimasto colpito perché Alisson è diverso da tutti gli altri portieri a cui siamo abituati, pur avendo quello stile tradizionale che ci fa sentire a casa. In qualche modo, Alisson ha nel suo stile dei tratti di italianità calcistica - la tecnica nel piazzamento, le capacità di previsione - che ce lo rendono meno alieno rispetto ai Ter Stegen, Neuer ed Ederson (che tra l’altro è la sua riserva in Nazionale): se fosse nato nel nostro paese, sarebbe stato uno splendido esempio di nuovo portiere italiano. Invece continuiamo a produrre portieri con difficoltà nella partecipazione al gioco, e quindi godiamoci questo splendido regalo venuto dal Brasile: Alisson Becker, MVP della Serie A, portiere.

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