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Dario Saltari
Gli acquisti più assurdi di fine mercato
04 set 2023
04 set 2023
L'ultimo capitolo di questa strana sessione estiva.
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Dario Saltari
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IMAGO / Matthias Koch
(foto) IMAGO / Matthias Koch
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Eccoci qui, il calciomercato è finito, almeno per quanto riguarda i principali campionati europei. È stata un’ultima settimana convulsa, in cui il mercato si è acceso. Non necessariamente in modo positivo o negativo, ma è sembrato come se le squadre - quasi tutte le squadre - fossero mosse da un ballo di San Vito. Questo si è ripercosso sugli acquisti, più o meno assurdi, di questi giorni di cui proviamo a fornirvi una breve panoramica senza voler essere definitivi (la lezione di questi mesi di calciomercato è che gli acquisti assurdi diventano tali in base a come li vivete sulla vostra pelle) (non tutti, alcuni sono assurdi e basta, guardate quello di Bonucci). Davy Klaassen all'Inter Avete presente quando vi svegliate la mattina con la voglia di qualcosa da mangiare in particolare? Il cornetto di quel bar, una pasta che non mangiate da tanto, cose così. All'Inter deve essere accaduto lo stesso: Marotta - o chi per lui - si è svegliato il primo settembre con una voglia irresistibile di Davy Klaassen. In realtà sono stati sondati più centrocampisti, con l'idea - giusta o sbagliata - che ne servisse un altro da aggiungere alle rotazioni di squadra, che sembravano piuttosto profonde anche considerando che è rimasto Sensi. Certo, poche settimane fa l'Inter aveva comprato Samardzic, ma quella era sembrata una mossa anche per la futuribilità della rosa, Klaassen al contrario è una scelta che descrive un bisogno immediato. https://twitter.com/TheEuropeanLad/status/1697342435376992538

Così parlava il 31 agosto, il giorno dopo è diventato un giocatore dell'Inter.

Ovviamente esiste un Klaassen ideale che corrisponde a quello visto nell'Ajax dei miracoli di qualche stagione fa. L'Inter probabilmente prende una sua versione edulcorata, seppur appena trentenne. È però un calciatore con qualità ideali per il gioco di Inzaghi, sia nella capacità di associarsi con i compagni sia negli inserimenti in area di rigore. L'Inter sembra voler risolvere in tutti i modi quella risacca offensiva vista a un certo punto della scorsa stagione, quando fare gol era diventato difficilissimo. Klaassen da questo punto di vista è un altro piccolo mattoncino aggiunto. Reinier al Frosinone Quando il Real Madrid ha comprato Reinier Jesus dal Flamengo per 35 milioni era sembrata che ce l’avesse fatta di nuovo sotto il naso. Dopo Vinicius Junior e Rodrygo, gli spagnoli avevano speso di nuovo tantissimi soldi per un calciatore neanche maggiorenne che poi si sarebbe rivelato essere un fenomeno. Reiner era già stato decisivo per la vittoria del titolo del Flamengo, galleggiando sulla trequarti come se fosse la cosa più normale del mondo. Quando dopo un anno di Real Madrid Castilla con Raul (arrivato a gennaio 2020 e fermato subito dalla pandemia) Reinier era andato in prestito al Borussia Dortmund sembrava ancora tutto perfetto: un trequartista brasiliano a imparare il calcio tedesco. Da qui la realtà si è incrinata: Reiner non ha rispettato gli standard altissimi del calcio d’élite e dopo due anni incolore ha fatto un passo indietro al Girona, dove l’anno scorso ha giocato meno di 700 minuti. Che spazio può avere al Frosinone? Difficile dirlo, prima di tutto perché la Di Francesco gioca col 4-3-3, poi perché in questi giorni il club si è rafforzato molto nei ruoli davanti (Cheddira, Kaio Jorge e Soulé) e anche a immaginarlo ala la concorrenza sarà tanta. Ibrahimovic al Frosinone Già: c’è un altro Ibrahimovic in città (in Serie A). Si chiama Arijon, è nato nel 2005 e arriva dal Bayern Monaco. Non ha nessun tipo di parentela specificano sulla sua pagina Wikipedia e non gioca neanche nello stesso ruolo, se ve lo stavate chiedendo. Arijon è un trequartista/ala che nel calcio giovanile tedesco ha fatto sfracelli, segnando come un attaccante.

Il suo arrivo a Frosinone segna un inspiegabile gemellaggio con il Bayern Monaco, visto che a inizio mercato lo stesso destino era toccato a Marvin Cuni. Se per Reinier è difficile dire quanto spazio troverà, per Ibrahimovic è difficile anche solo dire se troverà spazio. Spesso questi talentini ubriacanti delle giovanili hanno bisogno di un po’ di tempo per costruirsi un gioco tra i più grandi. Difficile credere che Di Francesco oltre a pensare alla salvezza possa anche occuparsi di costruire un nuovo Ibrahimovic. In ogni caso da questa settimana Frosinone è un po' più vicino alla Baviera e a noi va bene così. Giannelli Imbula all’IstanbulsporQuante squadre ci sono a Istanbul? Dopo Basaksehir, Besiktas, Fenerbahce, Galatasaray, Fatih Karagümrük e Kasimpasa grazie a Giannelli Imbula oggi ne scopriamo un’altra: l’Istanbulspor, l’unica che porta il nome della città al suo interno (chissà come è vissuta in Turchia questa cosa del nome). Fondata nel 1926 in un liceo, è uno dei club più antichi della Turchia. Dopo aver vinto un titolo nel 1932 la squadra è lentamente sprofondata nella mediocrità. Anni di alti e bassi, fino a tornare nel massimo campionato turco nel 2022. Ora prendete questa notizia con le molle: nel 2019 l’Istanbulspor ha ritirato la maglia di Zeki Çelik. Sì, quel Zeki Çelik che ora sta alla Roma.

Comunque, siamo qui per parlare di Giannelli Imbula. Vi ricordate quando andò al Lecce? Era l’estate del 2019, neanche così tanto tempo fa, eppure sembra passata una vita. Imbula al Lecce è riuscito a non lasciare nessun ricordo, solo la sorpresa per il suo arrivo. Da quel momento i suoi trasferimenti hanno preso una piega decadente: Soci, Guingamp, Portimonense giocando in tutto una miseria di minuti. L’anno scorso al Tuzlaspor è andata un po’ meglio, ma non abbastanza da restarci. In ogni caso Giannelli Imbula ha appena 30 anni e almeno per un anno lavorerà in una delle città più belle del mondo e il suo lavoro sarà giocare a pallone. Leonardo Bonucci all’Union BerlinAlla fine l’acquisto più assurdo del calciomercato estivo 2023 si è concretizzato. È stata una possibilità così a lungo che sembrava solo uno scherzo. Non è tanto il fit tecnico-tattico, come si dice in questi casi, è che Bonucci e l’Union Berlin sembravano due rette parallele, di quelle destinate a incontrarsi solo all’infinito. Beh, all’infinito ci siamo arrivati.

Cosa lì rende così diversi? Da una parte l’Union Berlin, squadra della parte est della città, simbolo dell’Ostalgie, una club il cui legame coi tifosi è indissolubile, così indissolubile che è difficile dire dove finisca uno e inizi l’altra. Dall’altra parte Bonucci, un calciatore che per tutta la carriera ha rappresentato lo spirito più cinico di questo sport, dove tutti sono nemici ed esiste solo la vittoria, uno spirito che sulla carta fa a pugni con quello dell’Union Berlin. Non che ci sia niente di sbagliato: Bonucci ha giocato 500 partite con la Juventus, è stato una colonna della Nazionale, uno dei difensori che ha portato il ruolo nella modernità.Da un certo punto è bello vedere Bonucci calarsi in questa realtà così diversa, vuol dire che il calcio può ancora uscire dai suoi schemi. Cosa può dare all’Union a 36 anni compiuti e dopo un paio di stagioni davvero negative? La squadra tedesca gioca con una difesa a tre, dal baricentro piuttosto basso, che è il pane e burro del difensore italiano. L’anno scorso è stata tra le migliori della Bundesliga e i tre titolari sembrano inamovibili. Quest’anno però l’Union per la prima volta nella sua storia farà la Champions League. Bonucci con le sue 84 presenze nella competizione ne ha più di tutti i suoi compagni messi insieme o quasi. L’esperienza nel calcio è un concetto vago, soprattutto la sua trasmissione. Bonucci è un leader vocale, ma sarà difficile esserlo in uno spogliatoio dove ci sono molti tedeschi, diversi danesi e un paio di francesi. In ogni caso seguirlo in Bundesliga sarà uno dei motivi per seguire la Bundesliga e l’Union Berlin, un campionato troppo spesso sottovalutato e che invece potrà farci divertire (a noi, a Bonucci non lo sappiamo onestamente). Ola Solbakken all’OlympiacosLa cessione di Ola Solbakken è arrivata a poche ore dalla chiusura della finestra italiana di calciomercato. La Roma sembra essersi ricordata di lui all’ultimo momento, come quegli scontrini che ritrovi dopo mesi nei cappotti invernali e che butti con un certo sdegno, come se la loro presenza rivelasse una tua trasandatezza. Il suo arrivo era stato per certi versi ancora più strano della sua partenza: un giocatore norvegese che era sembrato fuori scala in Conference League, che giocava in una squadra del circolo polare artico con cui i giallorossi avevano instaurato un’istantanea rivalità che da fuori deve essere sembrata ridicola. Vi ricordate? Il 6-1 in Norvegia, le epurazioni nella vecchia rosa, le palle di neve su Mourinho, i tifosi locali vestiti da Gesù Cristo, e poi il secondo capitolo con il doppio confronto nella fase ad eliminazione diretta. Prima l’andata da incubo in Norvegia, con annesse risse tra le panchine, poi il 4-0 dell’Olimpico con Solbakken che sembrava un eroe omerico ferito dai fischi dello stadio giallorosso. Il suo approdo a Roma sembrava una specie di tributo agli dei per aver assecondato questo vortice dell’energia negativa che alla fine aveva portato la squadra di Mourinho fino all’indimenticabile finale di Tirana.Con l'allenatore portoghese, però, nulla può resistere di fronte alla sconfitta, e chissà che dopo la finale di Europa League persa a Budapest l’allenatore portoghese non abbia pensato di ripetere il tributo di sangue. Dentro un giocatore da una delle squadre più detestate nel cammino verso la maledetta partita contro il Siviglia (Sardar Azmoun, dal Bayer Leverkusen), fuori Solbakken, che nel frattempo, nel mondo intellegibile dove non possiamo vedere l’influenza dei riti esoterici, non aveva fatto quasi niente. Qualche scampolo di partita in cui semplicemente non era sembrato al livello, un gol, una lunga wave di meme che deve essere stata deprimente vedere da fuori. Appena arrivato in Grecia, Solbakken ha rimarcato per ben due volte l’importanza del gioco spettacolare della sua nuova squadra, e viene da chiedersi se non fosse un messaggio cifrato nei confronti del precedente allenatore. «L'Olympiacos è un grande club che propone un calcio offensivo che mi affascina. [...] Questo è il motivo principale per il quale penso che sia il posto giusto dove stare per migliorare e giocare un bel calcio». Arrivate nei giorni dell’approdo di Lukaku e di un inizio di stagione nero per la Roma, nessuno ha fatto davvero caso a queste parole. Solbakken com’era arrivato così se n’è andato, come qualcosa di strano che ci riguarda solo da lontano.

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