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Una morte assurda
20 ott 2025
Raffaele Marianella è morto mentre lavorava, colpito da una pietra lanciata presumibilmente dai tifosi di Rieti.
(articolo)
7 min
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Domenica sera un pullman di tifosi del Pistoia Basket è stato assalito da un lancio di pietre e altri oggetti mentre stava viaggiando sulla superstrada Rieti-Terni. Secondo le ricostruzioni tutto è durato molto poco: due pietre lanciate frontalmente si sono infrante contro il parabrezza del mezzo, una delle quali ha sfondato il vetro e colpito Raffaele Marianella, l’accompagnatore dell’autista, alla trachea. Marianella, che aveva 65 anni e in quel momento stava lavorando, è morto poco dopo adagiato sull’asfalto della Statale, circondato dai sanitari che hanno provato a rianimarlo e dai tifosi.

La sua, non ci sono altre parole per descriverla, è una morte assurda, insensata, che apre un nuovo squarcio negativo sulla cultura del tifo in Italia. La reazione dell’opinione pubblica è stata di particolare stupore questa mattina, perché si è trattato di un episodio di violenza avvenuto a margine di una partita di basket e non di calcio. Storicamente in Italia è il calcio lo sport della cultura del tifo violento, a cui fanno da contraltare gli altri sport di squadra con un seguito di tifosi - come il basket, la pallavolo e il rugby - dove invece il racconto del tifo è generalmente più positivo, un momento di socialità dove il tifoso è un avversario e non un nemico. Questa però è una verità parziale, e gli eventi di domenica sera sono purtroppo lì a ricordarcelo: la cultura della violenza non può e non deve essere inserita in delle categorie di sport.

Mentre scrivo non sono stati ancora accertati i colpevoli, ma l’ipotesi più accreditata è che l’assalto al pullman sia opera dei tifosi della Real Sebastiani Rieti, avversari di turno di Pistoia nella partita giocata domenica alle 18 al PalaSojourner, il palazzetto di Rieti. La Questura di Rieti ha confermato che una decina di tifosi locali sono stati accompagnati negli uffici della Squadra Mobile per essere ascoltati sull’accaduto. Al momento, però, nessuno risulta trattenuto. Gli inquirenti stanno proseguendo con la raccolta delle testimonianze e l’analisi dei filmati delle telecamere. Cosa può aver spinto a un atto tanto vile e violento?

La Nazione ha scritto che tra le due tifoserie non c’era una particolare rivalità e che “sugli spalti, per la verità, non c’era stato granché da segnalare: alcuni cori e qualche offesa, ma nessun contatto fisico”. Anche su PistoiaSport hanno scritto parole simili: “non si si erano registrati episodi particolarmente gravi sugli spalti durante la partita: solo cori e offese reciproche tra le tifoserie, e alcuni momenti di tensione durante l’intervallo, che avevano richiesto l’intervento delle forze dell’ordine. Nulla, però, che potesse far presagire un agguato premeditato e letale”, mentre al Corriere della Sera hanno parlato di “tensione sugli spalti, con l’intervento delle forze dell’ordine per separare le tifoserie”.

Sappiamo bene come all’interno delle dinamiche del tifo ultras in Italia esistano delle rivalità ben precise, e che quando due tifoserie rivali si incontrano, all’interno di un evento sportivo che vede le due squadre affrontarsi, il rischio di incidenti sia più alto. In questo caso però non sembra esserci nessuna particolare rivalità, soltanto, scrivono sempre a La Nazione “gemellaggi incrociati poco graditi”. Questo spiega forse perché la scorta della polizia al pullman dei tifosi di Pistoia lo abbia seguito solo per un breve tratto, lasciando poi che proseguisse sulla statale 79 verso Terni. Il pullman è stato assaltato circa 10-15 minuti dopo la sua partenza dal palazzetto. Sembra sia stato anche “pedinato” da altri tifosi di Rieti.

Nelle ore successive alla morte di Marianella sono arrivate molte dichiarazioni, soprattutto dalla politica. “Ma come è possibile morire così, mentre si torna a casa dopo una partita di basket? È sconvolgente l'assalto perpetrato questa sera vicino Rieti da delinquenti che si sono trasformati in assassini e non potranno mai essere definiti tifosi”, ha scritto su X il ministro per lo sport, Andrea Abodi, mentre la premier Giorgia Meloni ha espresso «profondo cordoglio alla famiglia della vittima», chiedendo che i responsabili di questo «gesto vigliacco e criminale vengano individuati e assicurati rapidamente alla giustizia». Altre dichiarazioni sono arrivate da sindaci, presidenti di regione e altre cariche istituzionali sempre pronti a mettersi dalla parte giusta.

Anche il monsignor Vito Piccinonna, vescovo di Rieti, ha diffuso un messaggio, questo particolarmente significativo: “Da sempre vediamo nello sport una delle anime della nostra comunità”, ha scritto, “E la pensavamo matura, capace di contenere l’agonismo nel perimetro del gioco, di trovare nel confronto tra squadre l’occasione per riconoscersi, non per dividersi. Quando la violenza prende il posto del tifo, quando un incontro sportivo genera morte, si rompe qualcosa che riguarda tutti – non solo chi ha commesso il gesto, ma anche chi abita gli stessi luoghi, chi ne condivide il nome e la storia. C’è una vergogna silenziosa che non possiamo eludere”.

Una vergogna che trapela anche dalle parole con cui la Sebastiani Rieti ha commentato l’accaduto, scegliendo un rigoroso silenzio stampa: “Forse non riusciremo mai a metabolizzare quanto è accaduto. Il trascorrere delle ore rende tutto ancora più amaro e inspiegabile, ore in cui come club abbiamo portato avanti delle riflessioni. In attesa del progredire delle indagini che, ci auguriamo, possano far luce in maniera chiara e definitiva su quanto accaduto, abbiamo deciso che in senso di rispetto verso la vittima ed i suoi cari osserveremo un silenzio stampa che si protrarrà a tempo indeterminato [...] La richiesta è quindi di rispettare questa decisione, dopo fatti che ci sconvolgono e che lasciano un segno profondo dentro tutti noi”. Tra qualche giorno la Nazionale Italiana di basket avrebbe dovuto affrontare proprio Rieti in amichevole, ma probabilmente la partita verrà annullata.

I tifosi di Pistoia che si trovavano a bordo del pullman colpito dalla sassaiola, che fanno riferimento al gruppo "la Baraonda Biancorossa", hanno scritto di “essere profondamente sconvolti per quanto accaduto”. “Le scene strazianti che abbiamo vissuto ci hanno lasciato completamente senza parole”, continua il loro comunicato, in cui rivolgono le condoglianze alla famiglia di Marianella per “questa morte ingiusta”. Come gruppo organizzato hanno scelto di non rilasciare ulteriori dichiarazioni, lasciando al silenzio il dolore per una morte per cui è impossibile trovare le parole giuste.

Inevitabilmente nei prossimi giorni il discorso intorno a questo episodio vedrà l’opinione pubblica concentrarsi sulla violenza del tifo e dei tifosi, soprattutto se, come si spera, verranno accertate le responsabilità degli autori. Assisteremo a una condanna unanime degli “ultras” come parola usata un tanto al chilo, alla richiesta di pene esemplari, di “fare come la Thatcher", di “chiuderli in carcere e buttare via la chiave”. Come sempre un problema complesso verrà discusso in maniera semplice, sull’onda emotiva del momento. Si farà di tutto il tifo un problema, senza analizzare o provare a comprendere le ragioni dietro a un atto così violento e ingiustificato. E con queste parole non voglio minimamente giustificare la violenza avvenuta a Rieti, o più in generale quella della cultura ultras, una realtà che qui abbiamo sempre provato a raccontare nella maniera più neutrale possibile, provando a confrontarci con chi la studia, più che metterci dalla parte di chi la condanna o di chi la esalta.

Oggi però a restare è la morte tragica di Raffaele Marianella, che lavorava da alcuni mesi per l'azienda di trasporti Jimmy Travel e che tra poco sarebbe andato in pensione. Per quanto può essere strano pensarlo, la sua è una morte avvenuta sul posto di lavoro. In una nota la CGIL lo ha definito “un vero e proprio atto criminale contro il mondo del lavoro”, in un Paese in cui le morti bianche sono in aumento. Certo, in questo caso è davvero difficile provare a capire cosa poteva andare diversamente, chi poteva tutelare la sicurezza di Marianella e dell’altro autista. È una domanda senza risposta, che non vuole essere un atto d'accusa né verso la polizia né verso la ditta che noleggiava il pullman su cui era Marianella.

La sua morte può diventare l'ennesimo atto d'accusa oppure uno spazio di riflessione serio e propositivo, perché lo sport e il tifo sono e restano un momento sociale importante e la sua dignità dobbiamo difenderla soprattutto dopo morti assurde come questa.

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