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Alfredo Giacobbe
Guida al Mondiale di snooker
30 lug 2020
30 lug 2020
Che inizia domani a Sheffield.
(di)
Alfredo Giacobbe
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Se ho avuto una carriera scolastica e universitaria decente, lo devo al fatto che il biliardo più vicino a casa mia era comunque a due autobus di distanza e la mia proverbiale pigrizia ha reso quelle visite solo saltuarie. Non che pensassi a un futuro come giocatore, i frequentatori anziani del circolo mi tolsero presto ogni illusione: arrivavano al mio tavolo e scuotendo il capo passavano oltre. Ciononostante, ancora oggi la mia passione per i giochi con la stecca è viva più che mai.

 

In questa strana estate, al di là delle code dei tornei calcistici che stanno per esaurirsi, c’è un altro evento molto atteso dagli appassionati. Il 31 luglio inizieranno le fasi finali del World Snooker Championship, il campionato mondiale di snooker, abbreviato per semplicità in “Mondiale” o anche in “Crucible”, dal nome del teatro di Sheffield dove l’evento ha luogo ogni anno dal 1977. Lo snooker è una specialità storica del biliardo anglosassone, che ha tutta una serie di particolarità che lo rendono un vero e proprio sport, a volte violento come la boxe o come il tennis, nell’accezione che ne dava Andre Agassi nel suo

.

 

A prima vista, un neofita può essere spaventato dal numero di biglie in gioco, che sono 22 in tutto: oltre alla biglia battente bianca, sul panno verde ci sono 15 biglie rosse e altre 6 biglie colorate. Il gran numero di biglie da un’idea delle dimensioni del tavolo, che sono enormi: 366 centimetri di lunghezza per 183 di larghezza. Le dimensioni del tavolo creano grosse difficoltà sulle imbucate “lunghe”, quelle in cui la biglia bianca e la biglia bersaglio sono agli estremi opposti del tavolo.

 

Per vincere al gioco dello snooker è necessario imbucare alternativamente una biglia rossa e una colorata. È un gioco di una difficoltà estrema: i giocatori devono pensare ad almeno due mosse per volta e devono avere la capacità di controllare con precisione finissima dove finirà la biglia bianca dopo ogni colpo, per prepararsi al colpo successivo. Le rosse assegnano al giocatore 1 punto; le colorate, dalla gialla alla nera, assegnano un punteggio crescente da 2 a 7 punti. Una volta imbucate, le rosse sono fuori dal gioco, mentre le colorate vengono ripescate dall’arbitro e riposizionate nelle loro piazzole sul tavolo.

 

Finché un giocatore imbuca la sua serie alternata di biglie, continua a giocare. Quindi, il suo avversario può restare seduto ad assistere alla partita dell’altro anche dall’inizio alla fine. Il massimo punteggio ottenibile è di 147 e si raggiunge con una serie perfetta: 15 imbucate consecutive con le biglie rosse, alternate ad altre 15 con la nera, fino alla

del tavolo. La ripulitura del tavolo avviene quando un giocatore imbuca tutte le biglie colorate nell’ordine di punteggio – gialla, verde, marrone, blu, rosa, nera – dopo aver imbucato l’ultima delle rosse.

 

Il giocatore che realizza più punti vince un

. Chi si aggiudica più frame, vince la partita. Di solito le partite internazionali sono al meglio degli 11 frame, ovvero vince la partita chi se ne aggiudica per primo 6. Al Crucible le cose si complicano: il numero di frame necessari per vincere una partita sale dai 10 del primo turno fino ai 18 della finale. Per questo le partite necessariamente si allungano e sono spezzettate in più sessioni, intervallate da una pausa salutare per gli atleti.

 

https://twitter.com/campagnandrea33/status/1227329446123798530

 

Ho rivolto alcune domande ad Andrea Campagna, telecronista dello snooker per Eurosport, l’emittente che trasmetterà il Crucible in Italia. Andrea ci offre il suo sguardo esperto ed esclusivo verso tutto ciò che vedremo al campionato mondiale.

 



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Non seguo il calcio quindi non so cosa sia successo ma per lo snooker la risposta è sì: la pausa forzata ha cambiato le cose e lo si è già visto nei due tornei che si sono disputati prima del Mondiale. I motivi sono molteplici. Uno dei più importanti è che avere il tavolo a casa è prerogativa di pochi giocatori (per questioni di costo e soprattutto spazio che occorre in casa) quindi la maggior parte dei professionisti è stata costretta a una lunga inattività totale, visto che i club in cui si allenano abitualmente sono rimasti chiusi fino all’inizio di Luglio. E nello snooker la pratica continua è non solo utile ma necessaria, anche per i giocatori più forti e talentuosi.

 

Poi c’è la questione relativa alla stanchezza (mentale ma anche fisica) che normalmente a fine stagione diventa un fattore (il ‘burnout’ come dicono gli inglesi) mentre qui si riparte praticamente da zero, con vantaggio o svantaggio a seconda che il giocatore regga o meno quel tipo di stress. Il Mondiale chiude la stagione ed è un torneo particolare, dura 17 giorni e viene definito “la maratona della mente” proprio perché è particolarmente esigente da questo punto di vista. Ma questo sarà un Mondiale strano, come dicevo.

 

E poi, forse ancora più importante, c’è l’aver perso il ritmo-gara, per così dire. Anche chi ha potuto allenarsi ha fatto un lavoro sicuramente utile ma molto diverso da quello richiesto per un torneo. Questo perché lo snooker è uno sport in cui l’aspetto mentale è preponderante rispetto a tutto il resto. In particolare, quello che abbiamo visto nel dopo-lockdown è che alcuni dei big sembrano aver perso un po’ di smalto.

 

L’esempio lampante è il campione del mondo in carica e numero uno del mondo Judd Trump, che ha fatto una stagione eccezionale vincendo sei titoli validi per il ranking (nuovo record) e che ancora a marzo stava giocando uno snooker superlativo. Se il Mondiale si fosse disputato tra aprile e maggio (come previsto e come da tradizione) sarebbe stato non solo il favorito numero uno ma forse addirittura il favorito unico. Invece sia in Championship League che al Tour Championship è apparso fuori fase, un lontano parente del dominatore della stagione. Questo non vuol dire che sicuramente farà male al Crucible, però non è più così nettamente favorito. Ma resta il principale pretendente al titolo, senza alcun dubbio.

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https://twitter.com/Enlargeyournerd/status/852914548067708930

 



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L’enorme talento di Trump non è in discussione, però non credo che sia così. Prima di tutto perché c’è ancora in circolazione un certo Ronnie O’Sullivan, unanimemente considerato il giocatore di maggiore talento di sempre. Ma in generale i giocatori di grande talento sono sempre stati tanti, anche se poi non tutti sono riusciti a convertire in grandi risultati quel talento e soprattutto a giocare per tanti anni ai massimi livelli.

 

Quello che è certo è che il Trump visto negli ultimi due anni ha fatto uno scatto in avanti notevole in termini di maturità e continuità, per tutta una serie di motivi che qui non sto a spiegare per motivi di spazio. In tante occasioni – l’esempio più evidente è la finale mondiale dello scorso anno – ha giocato uno snooker sbalorditivo e a tratti irreale, facendo sembrare facile un gioco di per sé difficilissimo. Qualcuno lo ha definito “Snooker 2.0” e la cosa ci sta anche, però Trump deve riuscire a giocare a questi livelli ancora per qualche altra stagione per entrare nella lista dei più forti di sempre. E soprattutto deve vincere molto di più nei tornei della cosiddetta Triple Crown, cioè quelli che definiscono la carriera dei più grandi campioni. Non sto dicendo che non succederà, anzi la cosa è sicuramente possibile. Ma non sarà facile, neanche per lui.

 

In questa edizione del Mondiale, oltre alla questione dell’inattività di cui ho già parlato, Trump deve anche vedersela con la “Maledizione del Crucible”, che prevede che nessuno abbia vinto il secondo titolo mondiale l’anno dopo aver vinto il primo. Nessuno ci è mai riuscito, neanche quei campioni che poi hanno vinto titoli in sequenza, cioè Steve Davis, Stephen Hendry, Ronnie O’Sullivan e Mark Selby. Personalmente non credo alle maledizioni ma sicuramente il favore del pronostico e tutti gli occhi puntati addosso sono fardelli difficili da portare in uno sport come lo snooker, dove come dicevo gli aspetti mentali sono decisivi come e più del talento. E l’aver vinto il titolo mondiale porta una pressione a cui nessuno può essere preparato. Ma prima o poi qualcuno ce la farà e quest’anno Trump ha la sua occasione.

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https://twitter.com/WeAreWST/status/1252197823153610752

 



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Detto di Trump favorito numero uno, la lista dei potenziali vincitori è abbastanza ampia, anche – anzi soprattutto – per l’incertezza dovuta alla pausa forzata e a un ritorno all’attività che presenta molte incognite. Sarà un mondiale strano, anche per la presenza contingentata del pubblico che in una sala piccola come il Crucible può fare la differenza.

 

Prima del lockdown l’unico che sembrava poter tenere testa a Trump era il campione del mondo del 2010 Neil Robertson, ma anche lui dopo la pausa non è apparso al meglio. Vale comunque lo stesso discorso fatto per Trump e al Crucible potremmo ritrovare l’australiano in grande forma. Un nome che va per la maggiore tra gli esperti del settore (giornalisti ed ex-giocatori britannici) è quello di Shaun Murphy, in questa stagione tornato a giocare a livelli altissimi dopo un periodo disastroso. Anche lui è un ex campione del mondo (e due volte finalista) quindi sa come arrivare in fondo.

 

La mia sensazione è che potrebbe essere l’anno buono per Mark Allen, reduce da una stagione senza acuti ma con grande continuità di risultati. Però va detto che il bilancio al Crucible del nordirlandese non è per niente positivo, visto che non arriva in semifinale dal lontano 2009, quando era ancora un giocatore emergente. Ma parlavo di una mia sensazione e si sa, la logica con le sensazioni c’entra ben poco.

 

Attenzione anche a Stephen Maguire, reduce dalla sua miglior stagione in carriera. Lo scozzese è un cavallo di razza e in quanto tale è anche parecchio bizzoso, però sembra che l’età gli abbia portato maggiore solidità mentale e la recente vittoria nel Tour Championship (che insieme ad altri bonus gli ha permesso di intascare la bellezza di 260.000 sterline) potrebbe dargli la giusta serenità. Ma come dicevo la lista è lunga e le (relative) sorprese sono sempre possibili, quest’anno ancor più del solito.

 

Per quanto riguarda i nomi citati, John Higgins è apparso ben poco brillante in questa stagione e solo l’atmosfera del Crucible potrebbe ridargli smalto. Quattro titoli mondiali su otto finali disputate (di cui le ultime tre consecutive, anche se tutte perse) rappresentano un blasone difficile da ignorare, ma il grande campione scozzese dovrà alzare parecchio il livello del suo gioco per fare bene anche quest’anno. Per Mark Selby il discorso è un po’ diverso. In realtà la sua stagione è stata positiva, per lui però pesa molto il paragone con gli anni precedenti in cui ha di fatto dominato il circuito. Certamente non è più lo stesso Selby che ha vinto tre mondiali in quattro anni, e soprattutto nei tornei più importanti i risultati non arrivano da troppo tempo. Ma non credo che abbia già sparato le ultime cartucce, anche se effettivamente in questa edizione non è da considerare tra i primi favoriti.

 

E poi c’è Ronnie O’Sullivan, croce e delizia della maggior parte degli appassionati di questo sport. Al Crucible ha vinto ben cinque volte ma non ottiene grandi risultati da diversi anni, anche per la difficoltà di mantenere la concentrazione per tutta la durata del torneo. E se (come sembra) ci sarà quarantena con l’obbligo di restare in albergo potrebbe vivere molto male la permanenza a Sheffield. Ma è pur sempre Ronnie O’Sullivan – imprevedibile in un senso e nell'altro – e una sua vittoria non sarebbe una sorpresa, tutt’altro.

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https://twitter.com/guardian_sport/status/1288725754243579904

 



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La mia opinione, che vale per tutti gli sport, è che non ci sia correlazione tra sport televisivo e sport praticato. Certo, un’esposizione televisiva buona o anche ottima (e quella dello snooker su Eurosport è obiettivamente eccellente) può essere di stimolo per qualcuno, ma a mio avviso non in maniera direttamente proporzionale. Questo per dire che non credo che il tanto snooker in TV renderà mai veramente popolare questo sport in Italia. Sono troppe le variabili socio-culturali che non coincidono a livello di mentalità. Per non parlare delle obiettive difficoltà gestionali dovute soprattutto alle dimensioni e al costo dei tavoli, oltre al fatto che negli ultimi anni il declino della pratica del biliardo in generale è stato molto vistoso. I motivi sono troppi e troppo articolati per poterne parlare approfonditamente in questa sede.

 

Però resta il fatto che a livello televisivo i dati di ascolti sono molto buoni, a maggior ragione considerando che si tratta di uno sport ben poco praticato da noi. E in particolare con il mondiale il nostro pubblico è molto vasto. La cosa che personalmente mi fa più piacere è che si tratta di un pubblico eterogeneo e trasversale. Andiamo dai bambini agli anziani, uomini e donne, single e famiglie intere. Lo snooker unisce e guardarlo è un po’ come mettersi davanti al focolare per farsi coinvolgere dalle storie che si sviluppano attorno a questo immenso tavolo verde. Bisogna considerare che spesso gli incontri sono molto lunghi e il ritmo non sempre è travolgente, quindi siamo ben lontani dall’ascolto mordi-e-fuggi che va tanto di questi tempi. Ma per fortuna c’è ancora spazio per una fruizione di questo tipo, in TV ma non solo.

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In parte ho già risposto in precedenza. Guardare un match di snooker – e ancor di più seguire un torneo e una stagione intera – è come leggere un romanzo. C’è una storia da seguire, ed è spesso una storia ricca di ‘drama’ come dicono gli inglesi. I colpi di scena sono sempre dietro l’angolo, proprio per la natura estremamente mentale di questo gioco combinata all’estrema difficoltà dello stesso. Un giocatore sta facendo faville e poi d’improvviso scatta qualcosa e si blocca, o viceversa. Gli errori fanno parte della bellezza di questo gioco perché ne aumentano l’imprevedibilità, sempre che si capisca quanto il gioco sia difficile. D’altro canto, spesso e volentieri questo grande rettangolo verde si trasforma in un quadro su cui i giocatori più talentuosi sanno dipingere capolavori. Ma ai veri appassionati piacciono anche i match ‘brutti’ perché i motivi di interesse sono sempre tanti, vista la complessità del gioco e la possibilità di cogliere reazioni ed espressioni dei giocatori.

 

A livello di dinamiche si seguono spesso schemi preordinati ma l’improvvisazione e la capacità di inventare fanno sempre la differenza. E la sfida psicologica tra i due giocatori è importante tanto quanto l’aspetto tecnico, se non di più. Da un punto di vista più superficiale, l’immagine televisiva ha un che di lisergico. La staticità delle inquadrature, che può essere vista come un limite, diventa in realtà un punto di forza. Ogni aspetto tecnico è visibile, come è visibile ogni reazione dei giocatori. E la magia delle bilie colorate in movimento fa il resto. Lo snooker è ipnotico. Una battuta che faccio spesso è che se si regge più di 10 minuti a guardarlo, è finita: lo snooker dà dipendenza immediata. Oddio, detta così non suona come una cosa positiva, mi rendo conto… ma evidentemente a noi che ci siamo appassionati va bene così.

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