
Superata la mezzanotte, a Londra, il social media manager del Chelsea pubblica una foto per rassicurare i tifosi che a Charlotte, in Carolina del Nord, è ancora in corso una partita. Nell’immagine si vedono Cucurella, Caicedo e Dewsbury-Hall tenere i muscoli caldi sulla cyclette, mani sui fianchi, mentre alle loro spalle c’è chi scrolla in maniera annoiata un cellulare. Mancano quattro minuti di tempo regolamentare dell’ottavo di finale del Mondiale per Club, contro il Benfica, ma non è ancora chiaro quando potranno essere giocati.
La partita è stata sospesa per una tempesta di fulmini che ha investito la zona e i giocatori sono negli spogliatoi come se fossero in fila per il medico di base. Il protocollo della FIFA non lascia scampo: il gioco deve essere interrotto fino a quando non saranno passati almeno trenta minuti dall’ultimo fulmine registrato nel raggio di otto miglia (circa 13 chilometri) dallo stadio.
L’interruzione ha gettato la partita in una condizione di incertezza. Il Chelsea è avanti per 1-0 solo per la serata di grazia di Anatolij Trubin, che ha salvato almeno due occasioni clamorose, ma, come sa bene chi segue il tennis, un’interruzione può rimescolare le carte, e quando succede, spesso è chi è in svantaggio a ritrovarsi con una buona mano. Ha questa fortuna anche il Benfica, che quando torna in campo trova nei quattro minuti che le rimangono il rigore che porta ai supplementari la partita. Di Maria ha l’ultimo acuto della sua leggendaria esperienza nel club di Lisbona, Prestianni la sporca con un’espulsione ingenua e la sfida improvvisamente diventa tesa e interessante, anche se sugli spalti non c’è praticamente più nessuno e in Europa ormai quasi tutti dormono. Alla fine, forte della superiorità numerica, il Chelsea completa l’opera che sarebbe dovuta essere compiuta un paio d’ore prima e dilaga in dei tempi supplementari che portano la partita sul 4-1.
Dopo la partita Enzo Maresca parla con l’adrenalina di chi è appena scampato a un pericolo mortale, metafora ardita - me ne rendo conto - per riferirsi a un uomo che tecnicamente ha vinto una partita di calcio dopo essere stato salvato da una tempesta di fulmini. L’allenatore del Chelsea è infuriato all’idea che abbia rischiato di perdere solo perché un giocatore o uno spettatore potesse essere colpito da un fulmine. «È uno scherzo. Non abbiamo concesso nulla, abbiamo creato occasioni sufficienti per vincere. E poi, dopo l'interminabile pausa, la partita è cambiata completamente. Per me questo non è calcio. Sono già sette, otto, nove le partite che hanno sospeso. Capisco che per motivi di sicurezza si debba sospendere la partita. Ma se accade sette o otto volte, significa che probabilmente questo non è il posto giusto per disputare questa competizione».
Le partite rimandate o interrotte in questo Mondiale per club finora in realtà sono state sei, e Chelsea-Benfica non è nemmeno quella che ha dovuto aspettare di più prima che riprendesse il gioco. A detenere il record per l’interruzione più lunga è Benfica-Auckland City 6-0, giocata a Orlando lo scorso 20 giugno dopo un ritardo di circa due ore. Quello delle tempeste di fulmini, però, è stato un problema per tutto il torneo e non solo a Orlando, dove effettivamente in questo periodo sono piuttosto frequenti. Il 18 giugno, per esempio, Red Bull Salisburgo-Pachuca è stata posticipata di 97 minuti per lo stesso motivo, nonostante si svolgesse a Cincinnati, in Ohio, quasi 1500 chilometri più a nord rispetto a Orlando. Il giorno dopo al MetLife Stadium, vicino New York, l’arbitro ha deciso di sospendere Palmeiras-Al-Ahly per qualche minuto, in attesa che una tempesta di fulmini passasse sopra all’impianto senza che ci fossero danni o feriti. Poche ore dopo è arrivata la notizia che un ragazzo si era salvato per miracolo dopo essere stato colpito da un fulmine a Central Park, circa 22 chilometri dal MetLife Stadium.
Dopo le parole Maresca si è iniziato a parlare del protocollo, come se in fondo si trattasse di una questione logistica, di un numero sbagliato su un foglio Excel. Ridurre la crisi climatica a una pratica burocratica ci permette di gestirla, almeno nelle nostre teste, e di dargli un senso più semplice nelle polemiche che agitano oggi il nostro mondo. I giornalisti presenti al Bank of America Stadium per Benfica-Chelsea, per esempio, ci hanno messo poco a far rientrare le dichiarazioni di Maresca nella contrapposizione tra chi è a favore e chi è contro il Mondiale per Club. Con “posto” Maresca intendeva che fosse Charlotte a non essere adatta, o addirittura gli Stati Uniti in generale? A quel punto l’allenatore italiano ha capito di aver fatto un passo di troppo. «Ragazzi, non mi state capendo. Ho già detto che è una competizione fantastica. È un Mondiale per Club. È il massimo. Siamo contenti di essere ai quarti. Ma non è normale sospendere una partita. In un Mondiale [per Nazionali, ndr], quante partite vengono sospese? Zero, probabilmente. In Europa, quante partite? Zero». Probabilmente Maresca si era dimenticato o aveva rimosso gli Europei dell’anno scorso, in Germania, quando un’altra tempesta di fulmini aveva interrotto per circa 25 minuti l’ottavo di finale tra Germania e Danimarca.
Anche sui quotidiani più attenti all’emergenza climatica il tema è diventato questo: non si poteva pensare meglio il calendario delle partite, la loro collocazione? “Perché giocare una partita alle tre del pomeriggio a Charlotte?” si è chiesto per esempio sul Guardian, uno dei quotidiani più all’avanguardia nel coprire la crisi climatica. “Di certo la FIFA può lavorare con gli organizzatori dei Mondiali per far sì che le partite pomeridiane si giochino in città come Seattle, San Francisco o Vancouver (anche se la crisi climatica comporta che anche queste città debbano sopportare la loro quota di giornate soffocanti)”.
Maresca, però, si era già lamentato del caldo prima della partita con l’Esperance, giocata lo scorso martedì sera a Philadelphia, una delle grandi città più a nord degli Stati Uniti. «È quasi impossibile allenarsi con questo caldo», aveva dichiarato prima della partita, mentre l’aria fuori dalla conferenza stampa climatizzata bruciava intorno ai 36 gradi. «Adesso stiamo semplicemente cercando di conservare le energie per la partita. La sessione di stamattina è stata molto, molto, molto corta». Il caldo era stato un tema già all’inizio del torneo, durante la partita tra PSG e Atletico giocata il 17 giugno a Pasadena, in California, quando molti tifosi avevano provato a salvarsi dal caldo soffocante comprando una bottiglietta d’acqua, scoprendo però che era piuttosto difficile procurarsene una dentro al Rose Bowl (fornitissimo invece di stand beer-only). Ne erano usciti anche articoli molto condivisibili sui social: la notizia, per esempio, che la polizia americana aveva messo delle mini Crocs sulle zampe dei propri cani per proteggerle dall’asfalto rovente.
Anche le partite che non si sono fermate hanno vissuto momenti notevoli, come l'epico temporale che ha colpito Juventus-Manchester City.
The Athletic, la rivista d’approfondimento sportivo del New York Times, ha guardato ai problemi che sta avendo questo Mondiale per Club per capire come potrebbero influenzare i Mondiali per Nazionali del prossimo anno, che si terranno sempre negli Stati Uniti (oltre al Canada e al Messico). Nel articolo si fa notare che quattro delle cinque città in cui si sono verificate delle interruzioni per via delle tempeste di fulmini (cioè Cincinnati, Nashville, Orlando e Charlotte) sono state escluse dalla candidatura nord-americana ai Mondiali per Nazionali del prossimo anno, e che tre dove le temperature medie sono piuttosto alte d’estate (Atlanta, Dallas e Houston) hanno stadi a “temperatura controllata”. Qualcuno ha fatto notare che al MetLife Stadium di New York, vicino al quale un ragazzo è stato colpito da un fulmine, si giocheranno ben cinque partite dei gironi, un sedicesimo di finale, un ottavo e la finale. Quanto sarà sicura New York, tra un anno?
Secondo il sindacato globale dei calciatori, FIFPro, le condizioni estreme in cui si è giocato questo Mondiale per Club saranno praticamente le stesse, se non peggiori, di quelle in cui si giocherà il Mondiale per Nazionali l’anno prossimo più o meno nelle stesse date (dall'11 giugno al 19 luglio), con 9 delle 16 città che lo ospiteranno che presentano un rischio che va dal “molto alto” all’”estremamente alto” di infortunio legato allo stress da caldo per i calciatori. Per queste ragioni, FIFPro chiede che l’intervallo venga allungato di cinque minuti (una misura che necessiterebbe l’approvazione dell’IFAB, l’organismo indipendente che decide sulle regole del gioco), che vengano raddoppiati i cosiddetti “cooling break”, e che la FIFA non organizzi partite pomeridiane in città ad alto rischio. «La salute e la sicurezza dei calciatori dovrebbe avere la priorità rispetto agli interessi commerciali, inclusi quelli dei broadcaster», ha dichiarato il professor Vincent Gouttebarge, chief medical officer di FIFPro.
D’altra parte, gli interessi da mettere in equilibrio sono molti e non basta consultare un calendario e una mappa, pratica di questi tempi comunque complicata. Sto svelando il segreto di Pulcinella qui, ma stati come la Florida, dove il caldo sopra ogni media stagionale sta rendendo la stagione delle tempeste di fulmini più pericolosa, vengono inclusi per il loro potenziale bacino di utenza, quindi sulle prospettive dei biglietti venduti, in questo caso specifico creato dall’approdo di Messi all’Inter Miami, e per la presenza di una grande comunità sudamericana. Allo stesso modo, le partite pomeridiane non sono certo frutto di un errore logistico, ma vengono incontro all’esigenza di mettere davanti al televisore il pubblico europeo, che ancora oggi è quello che più di tutti segue il calcio. Era già così per i Mondiali del 1994, quando nell’atmosfera danzavano migliaia e migliaia di tonnellate di emissioni in meno, e il caldo già sembrava insopportabile.
Nel 1994, però, le squadre che partecipavano al Mondiale erano ancora 24, cioè la metà di quante prenderanno parte a quello dell’anno prossimo, e anche questo deve essere tenuto in conto. Più squadre significa più partite, e più partite significa più spostamenti, tra l’altro più lunghi, vista la volontà delle confederazioni calcistiche di accorpare candidature di Paesi diversi. Nel 2021 la FIFA aveva pubblicato la sua "strategia per il clima", che teoricamente avrebbe dovuto costringerla a dimezzare le sue emissioni entro il 2030, e a eliminarle del tutto entro il 2040. La quantità di spostamenti richiesti a giocatori e spettatori, per la stessa ammissione della FIFA, produrrà però il Mondiale dal più grande impatto ambientale della storia, almeno dal punto di vista delle emissioni di CO2. Parliamo di 3.7 milioni di tonnellate in prospettiva, 0.1 in più dei Mondiali in Qatar, che, insomma, si giocavano in mezzo al deserto.