Sudafrica – Galles, sabato 17 ottobre 2015, ore 17, Twickenam, Londra
Si tratta forse del quarto più interessante di questa Coppa del Mondo di rugby 2015. Il ranking mondiale stilato dall’International Rugby Board (IRB) pende dalla parte del XV gallese, al quarto posto e in vantaggio di una posizione sui sudafricani. Mettendo da parte il ranking, però, sembra che sia la squadra guidata da Heyneke Meyer a partire con i favori del pronostico nella sfida contro i Dragoni di Warren Gatland. I sudafricani arrivano da una prima fase cominciata sotto i peggiori auspici dopo la storica sconfitta contro il Giappone; eppure, a partire proprio da quella sconfitta, gli Springboks sono riusciti a ricompattarsi e, paradossalmente, a trovare quell’equilibrio tattico e mentale che potrebbe adesso portarli molto avanti nella competizione. L’umiliazione internazionale ha risvegliato il XV sudafricano, che ha chiuso la prima fase mettendo insieme 23 mete ed un totale di 176 punti, numeri inferiori soltanto a quelli raggiunti da Nuova Zelanda, 25 segnature, ed Argentina, con 179 punti a referto (l’Italia, giusto per fare un confronto impietoso, ha chiuso con 7 mete e 74 punti, più o meno lo stesso risultato portato a casa dalla Namibia, che ha segnato più mete, 8, ma meno punti complessivi, 70).
Solidità difensiva, pochi fronzoli, impatto fisico devastante: il Sudafrica è tornato all’antico ed ha dimostrato di essere forse la squadra più ruvida, con punti di incontro durissimi, pick and go continui in ripartenza dal raggruppamento e un utilizzo costante della mischia anche sul rilancio del gioco fuori dalle ruck. Schalck Burger, il numero 7 sudafricano, non solo è il “ball carrier” di riferimento Springboks, con 54 penetrazioni, ma anche l’uomo che spesso giostra in posizione di play nelle situazioni di attacco negli ultimi 22 metri, con la palla che passa dalle mani di Burger prima di un rilancio rapido, spesso interno, verso un uomo di mischia. Nelle partite giocate contro Samoa, Scozia e Stati Uniti il Sudafrica ha concesso una sola meta, tornando a quello che il nuovo capitano Fourie Du Preez ha chiamato“rugby della disperazione”, un concentrato di irruenza, forza fisica e dinamismo.
I sudafricani hanno perso per strada i due uomini di maggiore esperienza, il capitano Jean De Villiers e la seconda linea Victor Matfield, defezioni che in realtà fatto bene alla squadra sudafricana. Lood De Jager, 22 anni, entrato con il numero 5 a sostituire il totem Matfield, è stato uno dei giocatori più interessanti visti nella prima fase mondiale, con 49 placcaggi messi a segno, 21 penetrazioni oltre il vantaggio ed un gioco moderno, totale, di altissimo livello: insieme a Eben Etzebeth, che di anni ne ha 23, compone una delle coppie di seconde linee più forti della competizione e l’impressione è che Meyer potrebbe scommettere su di loro anche qualora Matfield dovesse recuperare.
Gli highlights della partita fra Sudafrica e Scozia mostrano perfettamente la durezza fisica del gioco imposto dagli Springboks.
Dalla parte gallese gli interrogativi riguardano innanzitutto gli infortuni. Il Galles ha perso Jonathan Davies, Leigh Halfpenny, Rhys Webb, Liam Williams, Scott Williams, Corey Allen, Hallam Amos, tutti giocatori fondamentali per gli equilibri tattici messi in campo da Gatland. Eppure, nonostante ciò, il XV gallese è riuscito a passare il turno eliminando i padroni di casa inglesi, perdendo onorabilmente contro l’Australia e domando le Fiji, forse il team di seconda fascia più difficile da affrontare fra quelli presenti a questo mondiale. Proprio le energie spese nelle partite contro Inghilterra e Wallabies, considerando anche gli infortuni appena menzionati, rendono difficile immaginare l’ennesimo exploit dei gallesi, che hanno però abituato il pubblico, ormai da tempo, a non rassegnarsi ai pronostici.
Il Galles nella prima fase ha segnato 11 mete ed un totale di 111 punti, 42 dei quali messi a referto da Dan Biggar, nel quale Watland ha trovato un numero 10 affidabile, calmo, consistente in difesa, preciso al piede (il suo rituale pieno di tic prima dei calci di punizione è stato ribattezzato dai tifosi “Biggarena”, vedere per credere) e capace di prendere per mano la squadra nei momenti decisivi. Forse contro l’Australia l’apertura degli Ospreys ha mostrato qualche segno di cedimento in termini di personalità, ma tutto sommato è un calo di tensione comprensibile per un ragazzo chiamato a sostituire nel cuore del gioco gallese Leigh Halfpenny, considerato uno dei talenti più cristallini del rugby mondiale.
Gli ultimi 60 secondi del successo gallese sull’Inghilterra, una vittoria storica, che ha eliminato per la prima volta la squadra organizzatrice del torneo al primo turno e permesso agli uomini di Gatland di raggiungere i quarti di finale.
Sarà una partita che si deciderà soprattutto con i primi 8 uomini, una battaglia campale nella quale la mischia gallese dovrà provare a reggere l’urto del pacchetto Springboks, evitando calci di punizione (sinora una media di 3 infrazioni in mischia chiusa a partita per il pack del Galles, contro l’1.25 del Sudafrica) e raccogliendo la sfida che i sudafricani lanceranno sui punti d’incontro. Difesa aggressiva, salita sul limite del fuorigioco, rallentamento dell’uscita del pallone da ruck con tentativi di turnover, precisione al piede per portare a casa punti preziosi dai calci di punizione e linea di tre-quarti pronta a scatenarsi non appena il Sudafrica dovesse abbassare l’intensità. In poche parole, se vuol provare a portare a casa il match, il Galles dovrà ripetere il copione messo in scena contro l’Inghilterra, dunque una partita di trincea, sacrificio ed attesa, pronti a sfruttare episodi e cali di tensione. Il Galles ha battuto il Sudafrica solo due volte in trenta incontri: l’ultima nell’incontro più recente fra le due squadre, quasi un anno fa, un epico 12 a 6 che autorizza i Dragoni a continuare a sperare.
Nuova Zelanda – Francia, sabato 17 ottobre 2015, ore 21, Millennium Stadium, Cardiff
Uno dei grandi classici della Coppa del Mondo di rugby, una partita che nel tempo ha sempre dimostrato di essere impermeabile a previsioni e pronostici. È la quarta volta che Nuova Zelanda e Francia si incontrano in un turno ad eliminazione diretta nella fase conclusiva di un mondiale. Il bilancio è in perfetta parità, con le vittorie neozelandesi nelle finali del 1987 e del 2011 ed i successi Bleus nella semifinale del 1999 e nei quarti del 2007, giocati proprio a Cardiff. Ed è alla partita del 2007 (un 20 a 18 in favore della Francia considerato ancora oggi una delle più grandi sorprese nella storia dei campionati del mondo di rugby) che guardano speranzosi i tifosi francesi, convinti di poter ribaltare una sfida che sulla carta non ammette discussioni,
Gli All Blacks arrivano da un fase a gironi gestita senza particolari affanni, ma durante la quale non hanno mostrato una condizione particolarmente brillante. Nonostante i 174 punti segnati e le 25 mete messe a referto, la Nuova Zelanda ha dato un’impressione spesso svagata, con errori di handling gratuiti, manovre confuse ed una difficoltà costante a trovare gli equilibri nel pacchetto di mischia, anche contro avversari nettamente inferiori. A questo si aggiungono i due gravi episodi di indisciplina che hanno visto protagonisti Kieran Read, contro Tonga, e soprattutto Richie McCaw, mandato fuori con un cartellino giallo, il terzo della sua carriera (se fosse stato rosso non ci sarebbe stato nulla da dire) contro l’Argentina per uno sgambetto assolutamente non all’altezza di quello che in molti considerano il giocatore più forte di tutti i tempi. Proprio nella sfida contro l’Argentina gli All Blacks hanno dimostrato di non essere imbattibili. Per quasi un’ora i Pumas hanno tenuto testa al XV allenato da Steve Hansen, che è riuscito a portare a casa il successo per 26 a 16 solo grazie alla scossa arrivata dopo l’entrata in campo di Sonny Bill Williams.
Le 5 migliori mete della pool c, quella in cui giocavano Argentina e All Blacks e che mostra le skills individuale dei tre quarti delle due squadre.
Nonostante questo, la Nuova Zelanda resta la favorita per la vittoria finale. Nessuna delle squadre rimaste in gioco ha a disposizione il potenziale tecnico degli All Blacks, un gruppo al quale basta alzare il ritmo per riuscire a risolvere qualsiasi incontro nel giro di venti minuti. A dimostrarlo sono proprio le sfide della prima fase giocate contro Argentina e Tonga, due match che hanno visto i neozelandesi fornire prestazioni complessivamente deludenti, ma che sono stati risolti, entrambi, grazie a dei rush finali straordinari per intensità, capacità atletica e skills individuali. Gli All Blacks hanno dimostrato di poter mantenere lo stesso livello di forza fisica ed efficacia tecnica per 80 minuti, alzando il ritmo di gioco proprio quando gli avversari sono al limite dello sforzo atletico. È il segreto di una squadra che può permettersi di tenere in panchina un talento come Sonny Bill Williams e che ha in Romano, Mealamu, Barrett, Naholo, Cane, dei ricambi che sarebbero probabilmente titolari in qualsiasi altro XV del torneo.
Per giocarsi qualche chance di vittoria ed evitare una disfatta che al momento sembra inevitabile, la Francia dovrà mostrare di essere una squadra molto diversa da quella scesa in campo durante la prima fase del torneo. È grazie soprattutto alla modestia delle avversarie incontrate nelle partite del girone eliminatorio che il XV guidato da Philippe Saint-Andrè è riuscito a raggiungere i quarti di finale e non certo per la qualità del gioco mostrato. Sin qui la Francia si è caratterizzata soprattutto per le solite polemiche interne fra giocatori, allenatore e stampa nazionale, mentre sul campo si è limitata a raccogliere il minimo indispensabile, soccombendo nettamente alla prima vera partita della competizione, messa sotto per 24 a 9 da un Irlanda che nonostante gli infortuni dei suoi due giocatori chiave, Sexton e il capitano O’Connell, ha nettamente dominato l’incontro, sia dal punto di vista fisico che tattico, chiudendo nella sua metà campo, per quasi tutto il secondo tempo, una Francia inerme, che avrebbe dovuto attaccare per recuperare il risultato e che si è invece limitata a portare a casa una sconfitta onorevole.
Molte delle speranze francesi dipenderanno, ancora una volta, da Freddie Michalak. Il numero 10 francese formerà una sperimentata coppia mediana con Parra (Tillous-Borde, sin qui numero 9 titolare, viene spedito addirittura in tribuna) e dovrà tirare fuori dal cilindro una delle prestazioni mirabolanti di cui ogni tanto è capace, restando preciso al piede e provando a dare fantasia ad una linea di tre-quarti che sin qui ha dato la sensazione di poter esprimere molto di più dal punto di vista tecnico, grazie ad individualità come quelle di Spedding e Fofana (Saint-Andre ha deciso di lasciare in panchina il gigante Basteurad e di inserire Dumoulin al secondo centro) che, se ben sviluppate, possono mettere in difficoltà anche una difesa organizzata come quella neozelandese. Determinante sarà soprattutto la sfida in terza linea: il capitano Dusatoir dovrà alzare il livello dello scontro sulle fasi a terra e provare a contendere ogni punto di incontro a McCaw e compagni.
Per rimanere in partita bisognerà obbligare gli All Blacks a giocare con addosso un’enorme pressione difensiva ed essere pronti a sostenere fisicamente il gioco e gli impatti multifase cui i neozelandesi obbligano i loro avversari. Diversamente, per la Nuova Zelanda l’incontro potrebbe diventare una facile passerella verso la semifinale.
Irlanda – Argentina, domenica 18 ottobre 2015, ore 14, Millennium Stadium, Cardiff
Questa, invece, è la sfida più equilibrata dei quarti di finale. L’Irlanda sulla carta è superiore ai Pumas argentini, ma arriva al match di domenica con una serie di assenze molto importanti. Il capitano O’Connell, anima del XV irlandese, ha chiuso la sua World Cup ed una carriera internazionale straordinaria uscendo per infortunio nell’ultima sfida della prima fase, giocata contro la Francia. Oltre a privare la squadra di Joe Schmidt del suo leader carismatico, l’assenza di O’Connell obbliga la mischia irlandese alla rinuncia di un uomo fondamentale anche nella gestione delle rimesse laterali, un punto importante, soprattutto se si considera che dall’altra parte gli argentini potranno contare sull’esperienza di un giocatore come Juan Martin Fernandez Lobbe.
L’Irlanda dovrà fare a meno anche delle due terze linee titolari O’Mahony, fuori fino alla fine del mondiale per un problema al ginocchio, ed O’Brien, fermato dal giudice sportivo per una giornata dopo il colpo proibito rifilato al francese Papè: si tratta di altre due assenze che obbligheranno Schmidt a ridisegnare completamente il pacchetto di mischia e le giocate da touche. La speranza è quella di poter recuperare per la linea di tre-quarti il mediano di apertura Sexton ed il centro Earls, usciti malconci dalla sfida contro la Francia e sin qui protagonisti di un ottimo campionato. Nonostante Madigan abbia assicurato consistenza nel ruolo di numero 10 quando chiamato in causa, la presenza di Sexton in campo sarebbe fondamentale per garantire agli irlandesi lucidità nella gestione al piede e quell’equilibrio tattico che, a maggior ragione considerate le rinunce forzate in mischia, potrebbe spostare le sorti dell’incontro.
La sintesi di Francia – Irlanda mostra l’ottima prestazione di Madigan, entrato al posto di Sexton, e la compattezza della squadra irlandese durante l’intero arco degli 80 minuti.
Dal lato argentino è fondamentale il recupero di Juan Martin Hernandez, che in posizione di primo centro permette al XV allenato da Daniel Hourchade di ampliare le soluzioni in fase di attacco e togliere pressione al numero 10 Sanchez per quel che riguarda la gestione tattica della partita. L’Argentina ha dimostrato durante la prima fase di aver sviluppato una manovra che va ben oltre la tradizionale potenza del suo reparto di mischia. L’esperienza maturata nel Championship contro Nuova Zelanda, Australia e Sudafrica ha evidentemente portato i frutti sperati: oggi i Pumas sono una squadra compatta e organizzata, probabilmente una delle formazioni ad avere offerto il gioco più interessante e spettacolare nella fase a gironi.
Il punto debole dell’Argentina sta probabilmente nei ricambi al XV di partenza, a volte non all’altezza dei titolari. L’incontro fra Irlanda e Argentina metterà soprattutto di fronte due delle difese più agguerrite viste sino ad ora in questi mondiali. La sontuosa prestazione difensiva sfoderata dagli irlandesi contro la Francia (8 turnover conquistati, appena 11 placcaggi mancati contro i 23 francesi, 2 rimesse laterali rubate nonostante l’infortunio di O’Connell a partita in corso), fa il paio con la bellissima partita giocata dai Pumas contro la Nuova Zelanda, specie nel primo tempo.
Per questo motivo la sfida fra Irlanda e Argentina si deciderà probabilmente proprio sull’intensità difensiva. Se l’Irlanda riuscirà a tenere a bada l’irruenza fisica e tattica dei Pumas sui punti d’incontro, gestendo il ritmo della partita, dovrebbe riuscire a spuntarla. L’Argentina dovrà difendere con pazienza, evitare di concedere cartellini e calci di punizione nella propria metà campo (un punto debole dei Pumas, addirittura 22 dall’inizio del torneo, decisamente troppi) e sfruttare il vantaggio di una mischia chiusa sicuramente più organizzata di quella irlandese. Di certo si sfidano due delle squadre più coraggiose e passionali della competizione, la partita andrà dunque ben oltre l’aspetto tattico e atletico, ma si giocherà, soprattutto negli ultimi 20 minuti, con la testa ed il cuore.
Australia – Scozia, domenica 18 ottobre 2015, ore 17, Twickenham, Londra
Questo è il quarto meno equilibrato. L’Australia ha impressionato per personalità ed equilibrio, dando una lezione di rugby ai padroni di casa inglesi e mostrando alcune individualità di enorme impatto sul gioco complessivo della squadra. Foley, il mediano di apertura esordiente nella competizione mondiale, ha preso in mano con sicurezza le redini della squadra, mentre Pocock e Hooper hanno fornito una serie di prestazioni mostruose in terza linea, dando intensità a tutta la manovra difensiva australiana e dominando sui punti d’incontro in difesa ed attacco, specie nelle fasi cruciali delle partite. Ad un reparto di tre-quarti che unisce qualità e potenza fisica con elementi ad altissimo tasso tecnico come Folau, Ashley-Cooper, Giteau, Quade Cooper, Beale, Kuridrani, Drew Mitchell (probabilmente la linea arretrata più completa di questo mondiale) si aggiunge, a differenza di quanto accadeva in passato, un pacchetto di mischia che, grazie allo straordinario lavoro di Mario Ledesma, si è trasformato in una macchina dinamica ed incredibilmente organizzata. Una specie di miracolo quello dell’ex tallonatore e simbolo della nazionale argentina, che in pochi mesi è riuscito a mettere in piedi il miglior pack australiano degli ultimi 15 anni.
La Scozia, dalla sua parte, avrà la leggerezza di chi può andare a giocarsi la partita da vittima designata, dunque senza pressioni e con la serenità di aver già portato a casa il risultato richiesto. Certo le già scarse possibilità di passaggio del turno vengono ridimensionate al ribasso dalla squalifica comminata a Jonny Gray e Ross Ford per il placcaggio pericoloso ai danni del samoano Jack Lam. Gray è infatti il miglior placcatore della squadra scozzese, oltre che una risorsa fondamentale in rimessa laterale, mentre Ford, da tallonatore, costituisce un elemento quasi insostituibile per mantenere intatti gli equilibri di una touche che sin qui ha rappresentato una delle poche sicurezze del XV allenato dal neozelandese Cotter. Greg Laidlaw, il capitano scozzese e top scorer di questo mondiale dopo la prima fase, con 60 punti messi a referto sui 136 totali della Scozia, ha dimostrato di gestire la manovra scozzese in maniera scaltra, ma in alcuni momenti, specie contro Samoa, non è riuscito a dare ritmo all’attacco di una squadra che fatica terribilmente a costruire gioco in maniera fluida e ordinata. Anche per questo il confronto contro l’Australia ammirata sin qui appare proibitivo.
L’Australia ha mostrato solidità con la mischia sia nelle fasi statiche che nel gioco dinamico, ha esplorato lo spazio al largo ogni volta che ne ha avuto la possibilità, peraltro con ottimi risultati, abbinando alle manovre di attacco un’eccezionale maturità anche nella gestione dei momenti difensivi; la trincea eretta contro gli attacchi gallesi nell’ultima partita della fase a gironi è un buon esempio: soltanto 6 punti concessi e 134 placcaggi portati a segno nonostante l’assenza di Hooper in terza linea, un giocatore fondamentale per mantenere alta l’intensità sui punti d’incontro. Per passare il turno alla Scozia servirebbe un’impresa molto simile, se non più difficile, a quella raggiunta dal Giappone all’esordio contro il Sudafrica.