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Valentina Buzzi
L'incredibile 2018 di Francesco Molinari
30 dic 2018
30 dic 2018
Il 2018 è stato anche l'anno in cui un golfista italiano ha vinto per la prima volta nella storia un Major ed è stato fondamentale per la vittoria dell'Europa nella Ryder Cup.
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Valentina Buzzi
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Scrivere dell’Open Championship, il più antico e prestigioso Major di golf del mondo (nato nel 1860, secondo nella storia solo all’America’s Cup e alla sua magica brocca delle "cento ghinee", in palio dal 1851) è di per sé una proposta fortemente allettante, ma diventa irrinunciabile quando nella rosa dei candidati alla Claret Jug, come viene chiamata la coppa, c’è anche il nome di un golfista italiano. Per farlo rinuncio ad un matrimonio che ho in agenda da sei mesi, con in mente la frase dell’ex golfista e giornalista Mario Camicia: «Ho commentato centinaia di tornei di golf nella mia carriera. Ma se c’è una notizia che vorrei dare e che non ho mai dato è la vittoria di un italiano in un Major». Nel 1995 Camicia aveva solo sfiorato quello storico annuncio: all’Open Championship di St. Andrews, Costantino Rocca perdeva al playoff contro l’americano John Daly.

 

23 anni dopo il golf italiano ha una nuova chance. Dalla 72esima buca di Wentworth (27 maggio) alla 72esima buca del Quicken Loans di Washington (1 luglio), Francesco Molinari ha inanellato due vittorie e un secondo posto (all’Open d’Italia), caricandosi di appena 6 bogey, cioè una buca ottenuta con un colpo in più di quanto convenuto, su un totale di 216 buche.

 

Nei Major, però, ci sono sempre almeno una trentina di legittimi pretendenti, senza tener conto delle sorprese che periodicamente si verificano. Carnoustie, sede scozzese dell’edizione 2018 dell’Open Championship, poi, è il campo più difficile dei dieci che ogni anno, a rotazione, accolgono il torneo. E infatti all’inizio anche Molinari sembra patire "il Mostro", come viene chiamato il terribile campo scozzese per sottolineare la crudeltà con cui punisce ogni minimo errore. Le ultime quattro buche, soprattutto, dove nei primi due giri perde la bellezza di 5 colpi.

 





 

Nel weekend, però, succede qualcosa di particolare. La qualità scintillante del suo gioco inizia a essere esibita con disarmante regolarità, drive dopo drive, approccio dopo approccio, buca dopo buca. Alla vigilia dell’ultimo round, Molinari è a soli 3 colpi dalla vetta del leaderboard e si inizia a percepire nell’aria la possibilità che l’impresa storica possa essere davvero compiuta.

 

Ma le cose non sono mai così semplici. C’è Tiger Woods in odore di resurrezione che raduna intorno a sé le simpatie e il tifo del pubblico, insieme ad un gruppo di giovani talenti statunitensi (come Spieth e Schauffele), che sembra potergli togliergli il titolo. A complicare ulteriormente la situazione c’è un vento terribile che arriva a sfiorare i 40 chilometri l'ora. L’impresa di Molinari, insomma, era tutt’altro che scontata ed è solo quando, intorno alle sette di sera, lo vediamo abbracciato alla Claret Jug sul green della 18 che realizziamo che ce l’ha fatta davvero.

 

Molinari diventa quindi il primo italiano della storia a vincere un Major e scrive il proprio nome accanto a mostri sacri del golf come Gary Player, Ben Hogan, Tom Watson (tutti vincitori a Carnoustie). Un miracolo sportivo che costringe forse per la prima volta i grandi media italiani, telegiornali compresi, a mettere il golf in prima pagina. Appaiono per la prima volta sulle TV termini quasi sconosciuti: putt, Major, Open Championship, Ryder Cup. Quella Ryder Cup che, dopo la vittoria del Major, era l'ultima cosa che mancava all’incredibile 2018 di Molinari. Vincere la Ryder Cup, il torneo di golf più conosciuto al mondo (lo stesso che Roma avrà l’onore di ospitare al Marco Simone nel 2022), è, però, se possibile, ancora più complicato: spesso, infatti, oltre al talento ci vuole una fortunata concentrazione di fattori che esula dai meriti del singolo.

 





 

In questo senso, sarebbe già stata una vittoria importante vedere Molinari battere in singolare Tiger Woods, contro cui non era andato oltre il pareggio nel 2012, in occasione del famoso "miracolo di Medinah" (la più grande rimonta della storia della Ryder messa a segno dalla squadra europea che nel 2012 vinse 8 singolari, pareggiandone uno, nell’ultima giornata di gara, ribaltando così lo svantaggio iniziale). Ma l’impatto del campione italiano, in coppia con l’amico Tommy Fleetwood, va molto oltre: 4 vittorie su 4, 3 contro Woods. In pratica: ogni volta che scende in campo, Tiger si ritrova a giocare contro Molinari, e ogni volta che gioca contro Molinari, perde.

 

Nel singolare della domenica, Molinari fa crollare un altro totem del golf mondiale, Phil Mickelson, e segna la vittoria decisiva che consente all’Europa di riappropriarsi della Coppa. Al trionfo di squadra si aggiunge quello individuale. 5 punti su 5 in Ryder Cup: Molinari diventa il primo europeo e il quarto giocatore in assoluto a centrare un simile record nella storia della competizione.

 

Se settembre è il mese dell’apoteosi, dicembre è quello della celebrazione. Molinari chiude l’anno da numero 1 d’Europa (in vetta alla Race to Dubai), si ritrova sulla copertina di Golf Digest (la più importante rivista americana di golf), riceve il Collare d’Oro del CONI (riservato finora solo ai vincitori di Olimpiadi e Mondiali), e viene eletto dalla BBC come miglior sportivo non inglese dell’anno. Il suo nome si aggiunge a quelli illustrissimi di Mohammed Alì, Roger Federer, Cristiano Ronaldo, Jonah Lomu, Bolt, tra gli altri.

 

Nessun altro atleta italiano ci era mai riuscito prima. E nessuno avrebbe mai pensato che il primo sarebbe stato un golfista.

 

 

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