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Il nuovo inizio di Moise Kean
09 nov 2020
09 nov 2020
I numeri fin qui ci dicono che le brutte prestazioni con l'Everton sono solo un ricordo.
(articolo)
8 min
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In estate la giovanissima carriera di Moise Kean sembrava giunta a un bivio. L’attaccante italiano era da considerarsi in uscita dall’Everton, dove non aveva trovato continuità e gol sotto le gestioni di Marco Silva e Carlo Ancelotti, ma era difficile capire chi avrebbe voluto puntare sul suo riscatto. Anche le sue prestazioni in Nazionale, pur giocando spesso fuori ruolo per ragion di Stato, avevano fatto storcere il naso a più di un osservatore.

Il suo arrivo al PSG, seppur in prestito, è stato per molti sorprendente. L’accordo è stato ufficializzato il 4 ottobre, ovvero un giorno prima della chiusura del mercato, quando Kean sembrava ormai a un passo dal ritorno alla Juventus, dove avrebbe completato il parco attaccanti piazzandosi alle spalle di Ronaldo, Morata e Dybala. A giudicare dalle prime uscite, con Kean capace di segnare 5 gol in 7 partite, la mossa del DS Leonardo è stata più che azzeccata.

Cos’è cambiato nel giro di un’estate?

Moise il parigino

A cambiare è stato innanzitutto il contesto tattico. Kean è un attaccante che soffre nei duelli con i difensori più strutturati fisicamente, lo si è visto anche mercoledì in Champions League nella sfida contro il RB Lipsia: Dayot Upamecano, mastodontico centrale di difesa dei tedeschi, ha letteralmente dominato su Kean, che ha perso 7 duelli aerei su 7. La Premier League è un campionato dove la fisicità e l’intensità sono elementi essenziali. All’Everton, per di più, Kean ha dovuto dividere il fronte d’attacco con un’altra punta, l’astro emergente della nazionale inglese Dominic Calvert-Lewin, che occupava gli spazi centrali dove Kean è solito muoversi.

In poche parole, in un contesto tattico avverso, non deve sorprendere che Kean abbia faticato a imporsi (e, a mio parere personale, tutti i fatti relativi a violazionidisciplinari sono sempre da considerarsi sintomi, e non cause, del malessere di un atleta).

A Parigi Kean ha trovato un contesto radicalmente diverso. Il PSG è una vera e propria macchina da guerra offensiva, quest’anno ha 13 punti percentuali di possesso palla in più rispetto all’Everton dell’anno scorso e genera occasioni per 2,5 xG a partita. Solo il Bayern in Europa ne genera di più (2,7 xG a partita). Kean, che nelle gerarchie della carta stampata partiva alle spalle di Mauro Icardi, ha avuto l’opportunità di mettersi in mostra quando l’attaccante argentino è stato fermato da un problema al ginocchio e ha saputo cogliere la sua occasione.

Problemi fisici o meno – in fondo l’allenatore Thomas Tuchel aveva preferito Eric Maxime Choupo-Moting a Icardi sul finire della scorsa stagione – ci sono anche ragioni tattiche per cui Kean potrebbe alla fine riuscire a tenersi stretta la titolarità. Tuchel alterna due moduli, a seconda dell’avversario affrontato, il 4-3-3 o una sorta di 4-2-4 con Neymar (o Sanabria) e Di Maria (o Draxler) ai lati di Mbappé e una punta a scelta tra Kean e Icardi. Kean è stato utilizzato in entrambi i sistemi, anche se il suo set di movimenti base sembrerebbe più adatto al 4-3-3.

In zone più alte del campo, i movimenti incontro di Kean nella fascia centrale funzionano come specchietti per le allodole per l’inserimento centrale di Mbappé alle spalle dei difensori invitati ad alzarsi dal movimento dell’attaccante italiano. Nelle occasioni in cui effettivamente riceve il pallone tra le linee al centro del campo, la preoccupazione di Kean è spesso quella di scaricare il pallone per attaccare la linea con un movimento senza palla. È quasi un automatismo, per Kean, l’appoggio corto verso il compagno più vicino, spesso restituisce il pallone a chi glielo ha dato solo pochi secondi prima. Anche quando la sua ricezione non è contestata da un marcatore e potrebbe girarsi per attaccare la linea palla al piede, Kean scarica il pallone restando spalle alla porta.

Il confronto con Icardi

Nel frangente tattico descritto, ciò che Kean può offrire non è così diverso da quello che può dare alla squadra Icardi. In più l’argentino è un attaccante estremamente verticale, lavora di continuo per muovere la difesa e avvantaggiarsi sul marcatore su un unico asse, a ogni altezza del campo. Icardi diventa necessario quando Tuchel sceglie il 4-4-2 con due ali a piede invertito, per creare spazi dove le ali possono inserirsi. In questo senso, né Kean né Icardi sono attaccanti associativi, non sentono il bisogno di partecipare alla manovra per costruire il proprio gioco.

Ciò che distingue Kean da Icardi è il lavoro che fa per aiutare la risalita del pallone. Nessuno dei due giocatori è particolarmente preciso nei tocchi di prima. Icardi quasi mai li esegue, se non di testa, e ha bisogno di un tocco in più. Kean invece prova la giocata di prima verso un compagno, soprattutto quando sente il contatto con il corpo del difensore alle sue spalle e ne teme l’anticipo, finendo però per regalare un possesso troppe volte.

Quello che Kean fa in particolare è l’esecuzione dei tagli interno-esterno, soprattutto dal centro del campo verso la fascia destra. In questo modo, offre un’uscita semplice da leggere per il portatore di palla che sta per ricevere la pressione dell’avversario. Il suo movimento crea uno spazio centralmente, che può essere occupato da Mbappé o dalla mezzala. Inoltre non tutti i difensori hanno lo strapotere fisico di Upamecano e, quando la palla viaggia a pelo d’erba, Kean è capace di proteggerla e di permettere alla squadra di alzarsi.

Come detto, Kean va in difficoltà quando la palla è per aria o quando riceve un pallone forte addosso. Ma quando si isola sulla fascia e può fermare il pallone tra i piedi, Kean spesso trova soluzioni per girarsi o per saltare l’uomo in dribbling, creando i presupposti per un attacco in superiorità numerica. Kean è senza dubbio una punta centrale, che gioca meglio quando non ha un compagno di reparto e può muoversi liberamente in cerca di uno spazio per la ricezione lontano dal centrale di difesa o del duello con un terzino. Kean ha forza nelle gambe ed è bruciante nello scatto, oltre che resistente allo sforzo prolungato.

Si sottolinea spesso quanto sia prestante fisicamente Kean, ma non si dice abbastanza delle sue doti tecniche, che sono innegabili. Contro il RB Lipsia, ha servito a Di Maria per il gol dello 0-1 un assist complicatissimo: accarezza la palla e la spinge verso il compagno, addolcendo il movimento di calcio dopo uno sprint bruciante per superare per una volta la guardia di Upamecano. Avere un tale controllo del busto, della gamba, e una simile sensibilità nel piede dopo uno scatto di quel tipo non è da tutti. Contro l’Istanbul Başakşehir, Kean trova la coordinazione in un fazzoletto per calciare di sinistro al volo verso la porta. Negli attimi precedenti al calcio, si libera del difensore fintando lo sprint per raggiungere il primo palo e staccandosi successivamente verso il secondo. Una tattica individuale propria solo dei numero nove, un movimento alla Mauro Icardi.

In verde il numero di Expected Goals, prodotti ogni 90 minuti giocati, nelle ultime quattro stagioni. In nero l’efficienza, che è superiore a 1 quando un attaccante segna oltre le attese.

I numeri di Kean fin qui

Guardando ai numeri, c’è una grossa disparità tra le stagioni passate al Verona e all’Everton, da un lato, e la stagione juventina 2018/19 e questo primo scorcio di stagione al PSG, dall’altro. Nel primo caso, Kean ha accumulato un minutaggio vicino ai 1000 minuti e dobbiamo perciò considerare queste stagioni più credibili da un punto di vista statistico.

Il diciottenne Kean a Verona aveva prodotto un numero molto consistente di occasioni (0,52 xG per ogni 90 minuti giocati), che lo aveva reso uno dei cinque attaccanti più pericolosi del campionato: infatti solo Dzeko, Lasagna, Icardi e Immobile hanno prodotto una media superiore di Expected Goals nella Serie A 2017/18.

La sua capacità di convertire le occasioni create non era però altrettanto buona. Kean ha segnato su azione 0,31 gol ogni 90 minuti giocati, che è stata solo la ventiseiesima prestazione del campionato. Attaccanti che militavano in squadre in lotta per non retrocedere come Simy, Budimir, Pavoletti e Paloschi, pur avendo avuto a disposizione meno occasioni, hanno tutti segnato più di Kean.

All’Everton la musica è cambiata in peggio. Il numero di occasioni procurate si è ridotto (0,40 xG/p90), il valore più basso in carriera per Kean e su un livello inferiore a quello del compagno di squadra Dominic Calvert-Lewin (0,52 xG/p90). Anche la capacità di convertire le occasioni in gol si è ulteriormente deteriorata. Si è notato però un incremento degli Expected Assist, mai visto nella carriera di Kean e anomalo per una punta centrale: in presenza di un’altra prima punta, forte fisicamente e che occupava gli spazi centrali, Kean ha provato in qualche modo a trasformarsi in un attaccante di manovra.

Tornando al grafico, è importante sottolineare ancora un aspetto. L’efficienza, intesa come rapporto tra gol segnati e gol che, secondo le statistiche, un attaccante avrebbe dovuto segnare, può variare di molto da un anno all’altro. Per fare un esempio, Ciro Immobile è un attaccante da più di 200 gol in carriera e ha avuto un’efficienza, nelle ultime quattro stagioni complete, di 1,20, 0,64, 1,31 e 0,87. Quello che è confortante, per Kean, è che il livello di coinvolgimento che ha, la capacità di concretizzare il gioco della sua squadra espresso dagli Expected Goals, è stabile, se non addirittura in leggera ascesa, e già su livelli di prim’ordine. Kean oggi ha 0,63 xG per ogni 90 minuti giocati, tanti quanti ne ha Luis Suarez all’Atletico, e poco meno di quelli che ha Karim Benzema al Real Madrid. Insomma la brutta stagione passata sembra davvero solo un incidente di percorso.

Quest’anno Kean è partito in quarta e i suoi numeri andranno riconsiderati alla luce di un minutaggio maggiore. Stiamo parlando in ogni caso di un calciatore che deve ancora compiere 21 anni, e che ha già presenze e gol in due dei maggiori club del panorama europeo, oltre a un’alta considerazione da parte del CT della nostra Nazionale. Al di là di come andrà a finire questa stagione, che sarà sicuramente importante per il suo percorso di crescita, la sensazione è che le migliori stagioni di Kean sono di là da venire.

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