Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Marco D'Ottavi
Delusione dell'anno: Moise Kean
26 mag 2022
26 mag 2022
Il centravanti della Juventus ha avuto una stagione apatica.
(di)
Marco D'Ottavi
(foto)
LiveMedia/Francesco Scaccianoce / IPA
(foto) LiveMedia/Francesco Scaccianoce / IPA
Dark mode
(ON)

Moise Kean dovrebbe prendere con orgoglio, o almeno come stimolo, la vittoria di questo premio, l’unico davvero negativo tra quelli assegnati da Ultimo Uomo (dopo la vittoria del premio di MVP di Leao quest'anno, il “giocatore più fumoso” è ormai diventato praticamente un buon augurio). Deludere prevede delle aspettative a monte e le aspettative prevedono una percezione di possibile grandezza in chi ti ha votato. E tutto possiamo dire di Kean, tranne che non abbia lasciato intravedere del talento, in un ruolo in cui in Italia è sempre più difficile trovarne. Forse anche per questo ci sono alte aspettative su Kean, anche alla luce di alcune stagioni difficili, proprio per l’unicità del suo stile all’interno del panorama italiano e della nostra Serie A. Era la fine di maggio del 2017 e con un colpo di testa nel recupero dell’ultima partita stagionale della Juventus, Kean diventava il primo calciatore nato nel nuovo millennio a segnare in uno dei cinque principali campionati europei (almeno prima di scoprire che il millennio dovrebbe partire nel 2001, ma insomma: dettagli). https://youtu.be/TO8yU5Mmg0M Kean era giovanissimo, fresco e intrigante; un fisico già pronto, alcune mosse da centravanti vero. Aveva approcciato il mondo dei grandi con il buzzo buono di quelli che ce la fanno. L’anno dopo si era guadagnato un prestito in Serie A, titolare del Verona a neanche 18 anni, una cosa che nel calcio italiano non si vede praticamente mai. Non era andata benissimo, ma Kean aveva mostrato quei lampi che fanno i grandi attaccanti, era solo tempo di crescere. La Juventus se l’era tenuto un’altra stagione, con la scusa di farlo crescere accanto a Cristiano Ronaldo (e chi non vorrebbe allenarsi con uno così) ottenendo in cambio altri gol nel finale della stagione, ma poi - anche un po’ stranamente - aveva smesso di crederci, attratta dall’offerta dell’Everton, che in lui aveva visto un centravanti da Premier League. In Inghilterra Kean aveva fallito malamente, ma non era stato di certo il primo. L’anno dopo, in prestito al PSG, aveva fatto vedere cosa deve fare un attaccante. Ritagliandosi spazi qui e lì in una squadra formidabile aveva segnato 17 gol a 21 anni, riuscendo di nuovo a mostrare che il suo gioco poteva essere utile oggi, e non solo in prospettiva. Il club parigino, però, aveva altri obiettivi e con un mercato faraonico da portare a compimento non è sembrata intenzionata a fargli spazio in rosa o nel mastodontico monte ingaggi. In questo modo, Kean all’ultimo ha anche perso il treno per un Europeo che si sarebbe rivelato meraviglioso. In questo orizzonte era rispuntata la Juventus. In un gioco di intrecci che nel calcio funziona sempre, Kean era stato preso in fretta e furia il 31 agosto da Liverpool, dov'era tornato teoricamente per vestire la maglia dell'Everton che ne deteneva il cartellino, per sostituire la partenza capricciosa di Cristiano Ronaldo per Manchester, proprio quello che 3 anni prima doveva insegnargli il mestiere. Certo il tempismo non era stato gentile nei confronti di Kean: pretendere da lui i 30-35 gol stagionali del portoghese sarebbe stata pura cattiveria. Eppure il ritorno tra le mani di Allegri, all’interno di un pacchetto offensivo che poteva contare su giocatori come Dybala, Morata e Chiesa aveva acceso qualche lumicino. E se fosse il posto e la stagione adatta per il successivo salto di qualità di Kean? La realtà si era dimostrata da subito meno fantasiosa delle possibili aspettative. Entrato a otto minuti dalla fine della partita col Napoli, la prima dal suo ritorno, Kean si era fatto praticamente autogol nei minuti di recupero. Una giocata goffa e sfortunata che però poteva essere letta come un cattivo presagio per la stagione (sua e di tutta la Juventus). https://youtu.be/2Yv3OGTKu4g?t=150 La costante ricerca di un equilibrio di squadra aveva spinto presto Allegri a sottrarre giocatori offensivi più che aggiungerli. Kean ha giocato poco fin dall’inizio, mentre la Juventus viveva una delle partenze più meste della sua storia recente e la notizia più curiosa che lo riguarda è una frase dell’allenatore livornese, che dopo un colpo di tacco lisciato in allenamento gli aveva urlato: «Che fai, il calzolaio?».Kean comunque aveva segnato nelle prime due partite giocate da titolare - un bel gol da centravanti vero contro lo Spezia, uno quasi casuale contro la Roma, con la palla che gli sbatte in testa - e forse era sembrato una risposta alle difficoltà di Morata di costruirsi occasioni da gol. Poi però era rimasto fuori per infortunio tra fine ottobre e inizio novembre e al suo ritorno, se già partiva dietro a Morata nelle gerarchie, il confronto si era sbilanciato verso lo spagnolo. Nessuno dei due segnava con la regolarità richiesta al ruolo, anche perché la Juventus mostrava atavici problemi nel creare occasioni da gol, ma Morata era sembrato più reattivo nel ruolo di centravanti, più disposto al sacrificio e anche più associativo. Allegri aveva provato Kean anche a sinistra, per scampoli di partita in cui c’era da recuperare, ma l’attaccante era sembrato davvero a poco agio in quel ruolo, tanto che, parliamo sempre di pochi minuti, con tutti e due in campo era stato Morata a occupare il ruolo di esterno largo a sinistra.

A gennaio il bottino nella casella di centravanti era comunque magrissimo: Kean aveva segnato 3 gol, Morata 5. Poi è arrivato Vlahovic. L’acquisto del serbo non è stata solo una bocciatura dei due - la Juventus lo ha preso a gennaio anche per anticipare la concorrenza - ma certo è stato anche un messaggio chiaro della dirigenza ai suoi attaccanti. Allegri poi si era speso in prima persona per convincere Morata a rimanere invece di accettare la corte del Barcellona e il motivo era apparso subito chiaro: la nuova Juventus di Vlahovic prevedeva la presenza dello spagnolo nel ruolo ibrido di esterno di sinistro/seconda punta, proprio lì dove Kean aveva dimostrato di non trovarsi bene. A questo punto la sua stagione ha smesso praticamente di essere: Kean ha giocato 5 minuti nel doppio confronto con il Villarreal, 17 contro l’Inter in campionato, è entrato nei supplementari nella finale di Supercoppa e di Coppa Italia. In generale è diventato il rincalzo del rincalzo, mostrando nei minuti in campo nessuna particolare motivazione per cui dovesse essere titolare. Kean più di tutto è sembrato accettare passivamente la sua situazione di subalterno, senza fare niente di particolarmente vitale per provare a ribaltare le gerarchie. Certo, lui è un centravanti e la presenza di Vlahovic, che semplicemente (al momento) è un calciatore migliore, non lo ha aiutato. C’è da chiedersi se poteva fare di più. Quello che più è saltato all’occhio della sua stagione sono stati alcuni errori sotto porta, culminati con quello incredibile contro il Genoa, quando dopo aver ricevuto da Morata all’altezza del dischetto del calcio di rigore, con la porta praticamente vuota - c’era Gudmundsson in un tentativo disperato di recupero - ha calciato a lato. Pochi minuti dopo il Genoa aveva completato la rimonta grazie a un rigore di Criscito, dando vita alla sconfitta più brutta del campionato della Juventus, simbolica di una stagione estremamente negativa in molti aspetti. https://youtu.be/C47X5AD6des?t=147 Prima della partita col Genoa, a tirare le somme della stagione, Nedved aveva detto che l’anno successivo si sarebbero aspettati più gol dagli attaccanti, a partire proprio da Kean: «Kean ha un grande potenziale, non possiamo chiedergli i gol di Ronaldo ma io gli chiedo tanto perché i gol li sa fare: non ne farà 35, ma 25 sì». Nedved ha individuato negli errori sotto porta il problema della Juventus e di Kean, ma i numeri dicono il contrario. Kean, ad esempio, in Serie A ha segnato 5 gol da 4.1 npxG, che magari non è un overperformance da fenomeno, ma non è neanche negativa. Per 90 minuti, inoltre, è solo dietro a Vlahovic per xG creati, un numero comunque molto basso per un centravanti (0,34, giocando spesso contro le squadre meno forti; i migliori attaccanti del campionato ne fanno circa il doppio). Tornando all’errore col Genoa, più che l’errore in sé, è la passività con cui Kean calcia a preoccupare. Se avesse spaccato la traversa forse saremmo stati più indulgenti, ma l’attaccante della Juventus calcia nello stesso modo in cui ha attraversato tutta la sua stagione: in maniera sciatta. Ci sono infatti due piani su cui possiamo leggere la sua annata. Il primo è quello di squadra, dove è facile ammettere che Kean semplicemente si è fatto trascinare nel vortice delle difficoltà offensive della Juventus, senza avere gli strumenti per essere lui il cambiamento della situazione. C’è però anche il piano personale, che riguarda Kean e quello che dovrebbe fare un calciatore come lui - nel giro della Nazionale, con quasi 40 presenze nel PSG la stagione precedente. Durante la prima esperienza alla Juventus, Kean era forse un calciatore immaturo, ma era anche uno che controllava i lanci lunghi con il tacco, che aveva fatto un tunnel davvero brutto a Musacchio in una partita con il Milan in cui aveva segnato gol pieni di vitalità (sembra una vita fa). Un calciatore che magari poteva finire per essere inconcludente, troppo egoista o spavaldo, ma non certo sciapo, apatico. https://youtu.be/gcgXY48k_Dw E invece la sua stagione è stata proprio questa: nessuna luce, niente da conservare, neanche come speranza per il futuro di un calciatore che dopotutto ha ancora 22 anni. Tutto quello che ha fatto Kean è stato segnare 4 gol di testa su 8 totali (prendendo in considerazione anche le altre competizioni) e sembrare troppo impacciato. Se infatti vogliamo parlare del Kean calciatore - e non è facile proprio perché c’è poco di cui parlare - la sua crescita fisica (anche tramite i propri social è possibile vedere come cura il lavoro in palestra) sembra sia stata più deleteria che utile. È un discorso che va avanti da un po’ ed è molto complicato: abbiamo conosciuto il Kean 17enne, non ancora formato, quindi è strano vederlo ora così grosso, in un percorso che spesso fanno i centravanti (vale anche per Vlahovic, nessuno però si sognerebbe di dire che ha fatto male a farsi crescere una corazza di muscoli). Kean però è un calciatore che fa dell’elasticità il suo pregio più grande, che avevamo visto volare sui primi passi. Oggi quel tipo di calciatore, su cui infatti si discuteva se fosse più centravanti o più ala, è più lontano.

Le voci di mercato dicono che voglia lasciare la Juventus (che intanto deve riscattarlo a 28 milioni dall’Everton) e che la Juventus voglia lasciare lui. Allegri non sembra vederlo molto o avere interesse a tenerlo. Da una parte può dispiacere che questo secondo capitolo possa essere fallito: Kean e la Juventus a un certo punto sembravano fatti l’uno per l’altro, anche solo per la tradizione di calciatori italiani resi grandi dal bianconero. Dall’altra il rischio è che rimanendo a Torino finisca come con Bernardeschi e Rugani, due promesse del calcio italiano che alla Juventus dovevano fare il salto di qualità e che invece hanno finito per essere schiacciati dai loro limiti o forse dal contesto. Per Kean c’è ancora tempo, certo, i centravanti sono quelli che maturano più tardi, ma l’apatia di questa stagione è un monito. Che tipo di calciatore vuole essere Moise Kean? Se vuole accontentarsi probabilmente non vincerà più questo premio (l’anno prossimo nessuno avrà grandi aspettative su di lui), ma non sarebbe certo la cosa migliore per la sua carriera.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura