
Nell’indifferenza generale, persino all’interno della nicchia di appassionati italiani di MMA, venerdì notte a Riyadh un fighter italiano di quasi 38 anni combatterà nel main-event di una promozione internazionale.
Daniele Miceli sarà il primo europeo a presenziare in un incontro titolato di PFL Mena, la lega regionale creata da PFL per il bacino del Medio Oriente e Nord Africa, e combatterà contro l'idolo di casa Omar El Dafrawy, di otto anni più giovane, campione dei pesi welter che viene da sette vittorie consecutive (dalle 18 su Dazn).
La carriera di Miceli ha preso un’impennata pochi anni fa, a un’età in cui la maggior parte degli atleti si ritira. «Io ho sempre avuto voglia di mettermi in gioco, di provarmi con i migliori. Le occasioni sono arrivate un po’ tardi ma sono arrivate. Non mi interessa la mia età, se ho la possibilità e mi sento bene io voglio provare».
Quattro anni fa, dopo tre sconfitte consecutive, Miceli sembrava arrivato a un punto di stop. Dopo una sconfitta arrivata in pieno periodo Covid, in un match che ha accettato con appena un giorno di anticipo e in cui era fuori forma perché le palestre erano chiuse, ha conosciuto Luca Cardano, che è diventato ilsuo allenatore. Da quel giorno Miceli si allena tra Lamezia Terme, dove vive, e Novara, dove ha sede il Cardano Top Team. La svolta è arrivata poco dopo.
«Penso che tutto sia cominciato con Peter Queally», dice Miceli. Nel settembre del 2023 la promotion americana Bellator (in quel momento la seconda più importante dopo UFC; oggi confluita proprio in PFL) lo chiama per farlo combattere un fighter irlandese, a Dublino. «Doveva essere la grande serata di Queally, ma avevano fatto male i conti», ricorda Cardano.
Miceli si rivela tutt’altro che un mestierante da dare in pasto all’idolo di casa, l’incontro finisce con un “no contest” (né con una sconfitta né con una vittoria) in seguito al ritiro di Queally, ferito da un calcio irregolare di Miceli. Con un primo calcio alle gambe aveva tolto l’equilibrio a Queally, che si stava rialzando quando lo ha colpito con un secondo calcio, e con la punta del piede gli ha aperto una ferita sull’occhio.
Un finale strano, deludente, ma il suo stile aggressivo ed esplosivo ha attirato l’attenzione di PFL Europe che, poco dopo, lo ha invitato a partecipare al torneo da otto atleti con in palio centomila dollari (Miceli ha più volte sfidato Queally in un re-match ma per qualche ragione non è stato organizzato).
«Siamo chiari», dice Cardano, «ci hanno chiamato per perdere». Il primo incontro - i quarti di finale, per capirci, si tiene a Parigi, dove Miceli affronta il francese Yassin Najid. Dopo 27 secondi appena, Miceli vince con una von flue choke (uno strangolamento con la spalla).
In semifinale affronta un altro francese Ibrahima Mané, un metro e novanta circa contro il metro e settanta di Miceli, che nei welter è quasi sempre il più basso tra i due contendenti. Dopo il face-off, dopo aver visto Mané di persona per la prima volta, Miceli va da Cardano e gli dice: «Certo che è grosso». Cardano bluffa: «Grosso… ma non così grosso». Oggi ricorda: «I bookmakers ci danno per spacciati, sconfitti al 98%». A sorpresa, Mané va KO dopo neanche un minuto e mezzo del primo round, con una coppia di uppercut dal clinch.
In finale (lo scorso dicembre) Miceli ha trovato l’albanese Florim Zendeli. «È stato un casino. Sono arrivato lì che avevo la febbre a quaranta. Non era la prima volta che mi capitava, sapevo come gestire la febbre. Il taglio del peso ovviamente è stato una tragedia: nella sauna a ottanta gradi o nella vasca a quarantadue gradi, con la febbre a quaranta, non è stato gradevole. Ma c’era qualcosa di strano in quella febbre, in quel malessere, le braccia e le gambe che non rispondevano… era una sensazione che non avevo mai provato prima».
Certo PFL non avrebbe rinunciato alla finale, lo avrebbe semplicemente sostituito. «Allora ho preferito combattere lo stesso. Ed è andata come è andata...». In realtà Miceli è partito forte - con un leg kick dei suoi, sempre molto pesanti, tentando poi uno strangolamento - ma dopo pochissimo sembra esaurito ogni energia e a un minuto dalla fine del primo round Zendeli lo ha sottomesso: «Ho dato tutto nei primi secondi, di più non ne avevo».
In aereo Miceli ha un fortissimo mal di testa e in Italia va subito in ospedale. «Mi parlavano addirittura di meningite, poi per fortuna era solo una mononucleosi. Mi ha massacrato, mi ha distrutto, meglio di così non potevo proprio fare».
Adesso Miceli ha una nuova opportunità per mettersi in mostra contro Omar El Dafrawy. Ancora una volta da underdog, ancora con poco preavviso: «Ho avuto un mesetto per prepararmi. Nel frattempo avevo programmato le vacanze, quindi c’è stato un po’ di trambusto, però credo sia stata una preparazione più che sufficiente per fare quello che devo fare».
Come detto, El Dafrawy viene da sette vittorie consecutive, ma per Miceli non è un problema: «Anche Mané veniva da 7 vittorie consecutive. Sono cose che lasciano il tempo che trovano. Sicuramente sarà nel picco della forma atletica ma insomma nulla toglie che il calo è dietro l’angolo e che questa cosa possa fermarsi proprio il 4 luglio».
Miceli è consapevole che la promotion ha altri programmi, ma pensa anche che se gli hanno dato questa nuova opportunità è anche per quello che di buono ha fatto vedere: «Credo che adorino il mio modo di combattere, aggressivo, che fa spettacolo. Sto andando contro il campione in carica, di casa, però sono sicuro di poterlo mettere in difficoltà. Sicuramente loro si sono fatti i loro calcoli, perché a 38 anni non ho la forma di un 30enne, ma mi auguro di essere stato chiamato anche per lo spettacolo che ho dato negli altri match».
Quanti sono gli atleti in grado di costruirsi una nuova carriera dopo i trent’anni? Cosa è cambiato nella vita di Miceli, cosa stava sbagliando fino a qualche anno fa? «È una cosa a cui penso spesso: cosa mi ha tenuto fermo? Io ho avuto un ex coach che mi teneva legato alla Calabria, facevamo solo eventi in Calabria. Quindi ho dovuto prima abbandonare tutto e mettermi in proprio, formare una palestra, formare atleti per allenarmi. E non intendo “atleti professionisti” ma proprio atleti, li ho formati anche per avere degli sparring partner. Ho iniziato a prendere l’aereo per andare ad allenarmi all’estero, per avere una crescita e costruirmi qualche contatto per fare match un po’ più importanti. Poi con Cardano ho avuto il supporto di un team, di una persona esperta che mi fornisce tipologia e metodo di allenamento. Vado a Novara anche per fare sparring».
Come è naturale che sia, Miceli sta già pensando al post-carriera. «Nel resto della mia vita insegno. Sto cercando di creare i miei successori, penso sia molto importante perché la Calabria merita, ha dei ragazzi veramente bravi, veramente forti, io in palestra ne ho molti».
In questi anni si è discusso molto della necessità, per gli atleti italiani, di trasferirsi all’estero per fare carriera nelle MMA. «Io ci sono andato all’estero a fare esperienza. E se è appunto per fare esperienza, per fare un test e provare il proprio livello con atleti stranieri, ok, sono d’accordo. Sono però fortemente contrario con i camp completi all’estero. Primo perché io non ho visto miracoli. Non ho mai visto cambiamenti eclatanti in atleti italiani andati all’estero. Magari sarò io ad avere gli occhi bendati ma tutti questi miglioramenti non li ho visti. Secondo, perché abbiamo anche in Italia metodi, palestre e persone competenti. Sono sicurissimo di questa cosa. Io voglio allenarmi in Italia e essere un atleta completamente formato in Italia, voglio mostrare al resto del mondo che anche dall’Italia possiamo combattere nei main-event di promotion del genere. Poi io ho anche due figli, una moglie e sto bene dove sto…».
Secondo Cardano quella di Miceli è «la storia di Rocky, quella di un atleta che tutti davano per finito e che a 38 anni si ritrova a prendere delle borse che tra gli atleti italiani prendono in pochi. E, secondo poi, a combattere contro atleti veri. Ci stanno chiamando per perdere anche in questo caso. Sempre ci chiamano per perdere. Ma poi gli scombiniamo i piani. È una grande storia».
Riusciranno a scombinare i piani di PFL Mena anche questo venerdì? Dalla Calabria all’Arabia Saudita, quella di Daniele Miceli, in ogni caso, è una grande storia che il pubblico italiano meritava di conoscere.