
George Springer dei Toronto Blue Jays si presenta in battuta nell’ottavo inning di gara-7 contro i Seattle Mariners. Seattle è avanti 3-1, gli “basterebbe” eliminare otto battitori per prendersi le prime World Series della propria storia. Sul monte di lancio c’è Eduard Bazardo, uno dei migliori lanciatori della stagione di Seattle, che però lascia la palla troppo centrale; Springer lo punisce, con un fuoricampo da 3 punti che ribalta la partita e manda Toronto in finale.
Come fanno notare su X, sul fuoricampo decisivo di George Springer, sarebbe bastato che la palla lanciata da Eduard Bazardo fosse andata un centimetro e mezzo più dentro, e il fuoricampo da 3 run di Springer sarebbe diventato una eliminazione con presa al volo piuttosto comoda. Il baseball è un gioco di centimetri come pochi altri, e quella volta il centimetro ha fatto la differenza tra un out decisivo e Toronto che ribalta 4-3 la partita e vola al suo primo October Classic dal 1993, quando i Blue Jays avevano vinto il titolo su un’altra questione di centimetri, uno dei più famosi fuoricampo della storia del baseball, quello di Joe Carter da 3 punti nel nono e decisivo inning contro i Philadelphia Phillies.
Se contro gli sfavoriti Mariners erano stati i Blue Jays a recitare il ruolo dei cattivi spezzasogni, in finale, almeno da un punto di vista narrativo, i cattivi erano certamente i Los Angeles Dodgers. Tra star power, soldi spesi e soprattutto delle World Series viste come un giudizio universale sul modello di gestione del baseball presente e futuro. Una eventuale vittoria dei Dodgers infatti, almeno secondo certi analisti, sarebbe stata usata dai proprietari come arma nelle prossime trattative con i giocatori per il rinnovo del contratto collettivo, in scadenza a fine 2026.
Nel corso delle sette lunghissime e durissime gare delle World Series, forse la squadra più forte si è dimostrata proprio Toronto. I Blue Jays si sono presentati alle ultime due sfide in casa avanti 3-2, con l’inerzia di due vittorie consecutive a LA, e una lineup più profonda e in forma di quella di Los Angeles, unito a un reparto lanciatori più riposato dal punto di vista dei partenti e più qualitativo come rilievi. Con il fattore campo a disposizione, e Toronto con 54 vittorie in stagione in casa, alla fine hanno vinto i Los Angeles Dodgers. Hanno vinto gara-6 per 3-1 e gara-7 per 5-4, dopo dieci inning di pura follia.
Com’è potuto accadere? Ancora una volta questione di centimetri.
Il primo episodio decisivo c'è stato in gara-6. Siamo 3-1 per i Dodgers, per merito dell’ennesima grande prestazione di Yoshinobu Yamamoto, dopo Ohtani forse il giocatore migliore di LA in questa post-season. A rilevarlo è un altro giapponese, un altro frutto dell’arrivo di Ohtani due anni fa, Roki Sasaki. Il giovanissimo lanciatore giapponese, sottratto proprio ai Blue Jays nella scorsa estate dopo una lunga corte, ha vissuto un’annata complicata, partito da possibile stella come starting pitcher e finito a doversi fare le ossa in AAA. Con la sua famigerata fastball da oltre 100 miglia orarie che sembrava essere svanita durante l’anno, passato principalmente nelle minors della squadra losangelina. Poco prima dell’inizio dei playoff però Sasaki ritrova improvvisamente velocità di palla e torna nella prima squadra dei Dodgers, questa volta però nella bullpen. E Sasaki, potendo concentrare i suoi lanci, ha dato una mano enorme a una bullpen molto difettosa nonostante le spese estive.
Torniamo a gara-6 però, con Sasaki che al primo battitore colpisce il catcher di Toronto Alejandro Kirk e poi lancia una fastball alta da 160 chilometri orari ad Addison Barger, uno dei protagonisti dei playoff di Toronto. Barger fa contatto e riesce ad alzarla, tanto che la palla si avvicina al muro del Rogers Centre. Non serve un fuoricampo, anche facesse contatto con il muro sarebbe sicuramente almeno due basi e Myles Straw, entrato al posto di Kirk, andrebbe facilmente in casa base per il 3-2.
Il baseball visto da fuori è uno sport bizzarro, prodotto di un regolamento cementato in secoli di gioco. La palla di Barger arriva a fare contatto con il muro, ma si infila perfettamente tra il muro e il campo, con una traiettoria francamente difficile da credere sia avvenuta per davvero. La palla c’entra così perfettamente lo spazio tra muro e campo che si blocca all’impatto. L’esperto Kiké Hernandez fa gesto al center-fielder Dean di alzare le braccia, Straw nel frattempo entra facilmente per il 3-2 e addirittura Barger potrebbe facilmente fare un clamoroso fuoricampo senza che la palla abbia lasciato il campo. L’arbitro però fa con le mani il gesto del due, è un ground rule double, ovvero due basi date in automatico, con Straw che avanza sì, ma in terza, annullando il 3-2.
Nel regolamento infatti è previsto che se la palla è giudicata “morta” e impossibile da giocare allora viene assegnato il ground rule double, complice anche le differenze peculiari di ogni campo da gioco in giro per l’America (come il leggendario Wrigley Field, in cui se la palla si incastra in mezzo all’edera dell’outfield è un ground rule double). Una grande sfortuna per Toronto, che però si ritrova con due uomini in terza e seconda base e nessun out, una situazione in cui basta una palla in gioco per pareggiare la partita. Ernie Clement viene subito eliminato e Andrés Gimenez anche, ma il flyout di quest’ultimo resta corto e permette a Kiké Hernandez di sorprendere proprio Barger, che si era staccato dalla seconda base per provare ad avanzare. Hernandez la passa in seconda base per la doppia eliminazione che vale una decisiva gara-7 forzata dai Los Angeles Dodgers. Se quella palla avesse avuto una traiettoria diversa di un centimetro difficilmente si sarebbe infilata proprio là sotto, tra il muro e il campo.
Prima di passare alla gara decisiva è giusto dedicare un po’ di tempo a parlare di una delle più incredibili partite di una World Series nella storia, gara-3, in cui i Dodgers si sono portati avanti 2-1 al termine di 18, infiniti, inning. Ci sarebbe da fare un articolo a parte per raccontare una partita del genere, ma a questo punto non c’è di meglio per esprimerla che con i due antipodi che hanno aperto e chiuso la partita, Max Scherzer e Will Klein. Il primo, 3 premi come lanciatore partente dell’anno (Cy Young) e Hall-of-Fame,e assicurata, a 41 anni ha dimostrato nel corso dei playoff di essere ancora Mad Max, uno dei più duri e leggendari lanciatori della storia, giocando una gara6 eccezionale contro i Mariners e con 3 punti concessi in quasi 5 inning in gara3. A decidere i 18 inning di gara 3 però sono stati i 4 lanciati da Will Klein, mandato sul monte di lancio da Dave Roberts come decimo lanciatore in una sfida che ha sfinito talmente tanto i lanciatori dei Dodgers che dopo Klein era pronto Yamamoto, che aveva lanciato nove inning in gara 2 due giorni prima.
Klein ha lanciato 4 inning con solo una valida e zero punti, permettendo a Freddie Freeman di risolvere gara 3 a fine diciottesimo inning con un fuoricampo, come l’anno prima aveva fatto contro gli Yankees sempre nelle World Series (anche se nel più normale decimo inning). Klein è l’opposto del pedigree di Scherzer, addirittura mai nelle majors in tutto il 2025, passato con risultati mediocri (una media di 5 punti concessi a partita) nelle minors di Seattle e LA, che l’hanno aggiunto alla squadra delle World Series dopo che il rilievo Alex Vesia ha dovuto alzare bandiera bianca per motivi personali. Un lanciatore con 22 partite giocate in 5 anni di MLB che si ritrova a lanciare 4 inning senza concedere niente in una sfida infinita e durissima nel palcoscenico più importante, storie che solo il baseball può regalare.
Non si andava a una gara-7 di World Series dal 2019, in cui i Washington Nationals vinsero il loro primo storico titolo contro gli Houston Astros. Proprio contro Houston i Dodgers avevano perso la loro ultima gara7 nelle WS, quelle del 2017 che avevano dato il via alla dinastia dei texani, che come centerfielder schieravano George Springer, protagonista anche nei Blue Jays. Proprio l’ex Astros si ritrova dentro i tre punti del fuoricampo di Bo Bichette, tornato da un infortunio proprio per queste finali, che spedisce in casa base lui e Vladimir Guerrero Jr per il 3-0 di Toronto nel terzo inning contro Shohei Ohtani, usato come partente per una questione di regolamenti (se fosse subentrato come rilievo nel corso della partita sarebbe stato tolto come battitore). L’inning dopo Scherzer (e chi se non lui per gara 7) lascia riempire le basi con solo un eliminato. Teoscar Hernandez (ex Toronto) colpisce forte e la palla scende rapidamente verso il centerfielder Daulton Varsho, che si tuffa in avanti e la prende con l’ultimo pezzo di guanto disponibile. Will Smith entra in casa base e accorcia a 3-1, ma se la palla fosse andata un centimetro prima di Varsho quasi sicuramente i Dodgers avrebbero pareggiato.
I Dodgers accorciano sul 2-3 ma nel sesto inning torna protagonista la parte principale del successo di Toronto in questa post-season, i battitori in fondo alla lineup. Il trio Barger (questa volta avanzato in quinta)-Clement-Gimenez era stato decisivo contro i Mariners, ed è proprio grazie a due valide di Kiner-Falefa e Gimenez che Springer è potuto andare a battere in gara 7 con il fuoricampo decisivo. Ernie Clement è stato assieme a Vladimir Guerrero Jr il miglior giocatore di Toronto, con una pazzesca media in battuta di .411 con 30 valide in tutti i playoff, e come per Will Klein parliamo di un giocatore che ai Blue Jays ci è arrivato dopo essere stato lasciato andare sia dai Cleveland Guardians che gli Oakland Athletics, da cui è arrivato a Toronto come minor league free agent. Proprio Clement dà il via al sesto inning con una valida e poi ruba la seconda base, permettendo poi a Gimenez di mandarlo in casa base con un double per il 4-2 di Toronto.
Non è solo Toronto però ad avere dalla sua la narrazione di un Dio minore che segue le sue sorti. Con il fenomenale rookie Trey Yesavage sul monte di lancio, che nemmeno una sera prima li aveva dominati come partente, il veterano Max Muncy riesce a spingere fuori dal campo uno splitter di 133 km/h per il 3-4 Dodgers. La sfida arriva al nono inning, Kiké Hernandez è il primo eliminato dal closer Jeff Hoffman, entrato al posto di Yesavage, e i Blue Jays sono a due eliminati dal vincere le World Series. In battuta si presenta il 36enne Miguel Rojas, 57 fuoricampo in 12 stagioni e tradato dai Dodgers ad inizio carriera proprio per Kiké Hernandez (poi diventato un cult hero di LA). Rojas non è proprio il battitore che vorresti quando ti serve un fuoricampo per non chiudere la stagione, e con Shohei Ohtani che aspetta dopo di lui (anche se probabilmente sarebbe stato mandato in prima base senza battere) l’obiettivo è più che altro sopravvivere. Hoffman lascia uno slider da 130 km/h orari troppo in mezzo e troppo alto, Rojas riesce ad alzarlo e spingerlo quanto basta per non farla prendere a nessuno, 4-4 e i Dodgers sono ancora vivi, con il nono colpitore della lineup dei Dodgers, sette fuoricampo in stagione, che con le spalle al muro trova l’home run più insperato.
E le questioni di centimetri tornano nel finale di questa gara-7 incredibile. L’eroico Yamamoto, vincitore di gara 6, prende il posto di Blake Snell con le basi piene e un solo eliminato, a Toronto basterebbe che la palla andasse oltre il diamante, anche per un flyout, per vincere il titolo. La palla di Daulton Varsho trova il guanto di… Miguel Rojas, che lancia a casa base, fuori equilibrio per evitare che Kiner-Falefa entri con il punto decisivo. Il catcher Will Smith riceve e all’ultimo riesce a mettere un pizzico di punta del piede in casa base, forse due centimetri, tanto basta per eliminare IKF e fare in modo che a Toronto serva una valida, poi non trovata, per vincere. E forse se IKF avesse continuato a correre invece che gettarsi in scivolata sarebbe riuscito comunque a “battere” il lancio di Rojas. Il turno dopo si ritrova in battuta Ernie Clement, l’uomo del destino, e dovesse trovare una valida vincente lui sarebbe perfettamente nello script, come nei migliori film americani sul baseball. La palla di Clement viaggia verso il muro, come quella di gara 6, Hernandez e Pages (appena entrato proprio per la sua difesa) sono in rotta di collisione, è una palla molto più complicata di quello che sembrava inizialmente. Pages però decide che la palla sarà sua, e lo fa praticamente all’ultimo, sbattendo a terra il compagno di squadra e concludendo una delle prese più assurde della storia delle World Series.
Le World Series e gli incubi di chi tifa Toronto si fermano tutti lì, in quel nono inning. I “cattivi” vengono fermati dal segnare nel decimo inning nello stesso modo in cui avevano fermato Toronto, fermando il corridore in casa base (anche se con meno stress della giocata di Rojas). Il pezzo di piede di Will Smith che aveva chiuso la porta in faccia a Toronto contribuisce nello spedire fuori dal campo lo slider di Shane Bieber nel dodicesimo inning, all’ultimo out disponibile, e chi meglio di uno con una carriera intera nei Dodgers (dal 2019) per il fuoricampo decisivo? Yamamoto infatti ritorna nell’undicesimo, Vladimir Guerrero Jr. trova un double e Barger va in prima senza colpire, con un solo out all’altro catcher, Alejandro Kirk, basterebbe una valida per pareggiarla, un double, per vincerla. All’impatto con la palla lanciata da Yamamoto però la sua mazza si spezza, e Kiké Hernandez, che aveva chiuso gara 6 con una double play, chiude una doppia eliminazione piuttosto semplice. I Dodgers vincono il loro secondo titolo consecutivo, e per la prima volta dal 2000 (in cui gli Yankees chiusero il three-peat) una squadra riesce a laurearsi campione per due anni consecutivi. Qualcosa di incredibile se si pensa al sistema economico MLB e alle sue disparità.
Per i Toronto Blue Jays bisognerà quindi ancora aspettare, anche se è stata una stagione incredibile e contro ogni aspettativa, dato che ogni analista di alto livello li aveva dati in fondo alla AL East ad inizio stagione. Giustamente, aggiungerei. A stento sarebbero dovuti entrare nei play-off, figuriamoci le World Series. Il materiale per tornare lì lo avrebbero anche, vedasi anche il rinnovo multimilionario a Vladimir Guerrero, autore di una delle post-season più allucinanti della storia del baseball, con una media di .397 condita da 8 fuoricampo e 18 punti creati. Il problema è che nel baseball (sport ad altissima varianza), citando la Cocotte di Guido Gozzano, spesso la rosa che non colsi è anche l’unica che vedrai, anche se tutto ti porterebbe a pensare che tornerai lì. Un ragionamento che vale meno per una squadra poco “poetica” come i Dodgers, strafavoriti anche nel 2026 e con chance concrete di chiudere un clamoroso three-peat, con la possibilità di aggiungere ulteriori pezzi in estate. In quel caso la rosa-che-non-colsi ce la potrebbero dare i Dodgers stessi a noi tifosi, dato che è molto probabile che saranno proprio i Dodgers a causare indirettamente (a meno di sorprese) un lockout per la stagione 2027 che rischia di far saltare gran parte della stagione, se non la stagione stessa. Intanto godiamoci lo spettacolo offerto da delle World Series e playoff in generale tra i migliori degli ultimi vent’anni di baseball, nella speranza che chi governa questo universo sportivo, tra proprietari e giocatori, capisca il momento. Il baseball è in una fase scintillante, ce ne siamo accorti?