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La Roma è piena di problemi e Mourinho parla di arbitri
07 gen 2022
07 gen 2022
Un Milan rimaneggiato batte la Roma al completo con facilità.
(articolo)
11 min
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​​Forse per la concitazione della partita, forse per tenere fede al proprio personaggio, nel post gara di Milan-Roma, Mourinho si è soffermato soprattutto sulle decisioni dell’arbitro, invitando gli ufficiali al VAR a bere un tè invece di intervenire dove non c’è nessun chiaro ed evidente errore.

Chiamato a parlare di questioni di campo, il portoghese ha dato più che altro la colpa ai suoi giocatori. Si è soffermato sulle loro imprecisioni, senza rimproveri dal punto di vista collettivo: «Abbiamo commesso tanti errori tecnici, però non ho avvertito alcun problema di organizzazione, nessun problema tattico». Certo, la decisione di Chiffi sul tocco di braccio di Abraham, a pochi minuti dall’inizio, cambia il contesto per la Roma. E in effetti ci sono stati diversi errori banali dei giallorossi: Mourinho ai microfoni di DAZN cita un cambio gioco di Zaniolo – «sembrava che la stesse passando a me» - e i sanguinosi passaggi di Ibanez e Cristante sul secondo e sull’azione dell’espulsione di Mancini.

È difficile, però, negare i problemi tattici della Roma, che nei 90’ non ha mai trovato un modo di per impensierire il Milan, né ha avuto le idee chiare su come comportarsi senza palla. È così che il Milan, incanalato invece in un solco di principi chiari a tutta la rosa, ha saputo sopperire alle numerose assenze, con una vittoria ottenuta a marce basse.

Tra Coppa d’Africa, infortuni e Covid, Pioli ha dovuto rinunciare a tre quarti della difesa titolare (Calabria, Kjaer e Tomori, oltre che a Romagnoli) e a Bennacer e Kessié a centrocampo, mentre in attacco ha preferito non rischiare i rientranti Leao e Rebic. Così ha schierato Florenzi, Tomori, Gabbia e Theo davanti a Maignan. A centrocampo ha preferito Krunić a Bakayoko come compagno di Tonali, mentre in avanti, oltre a Giroud e Brahim, hanno agito Messias a destra e Saelemaekers nell’insolita posizione di ala sinistra. Mourinho, invece, ha proseguito col 3-5-2 delle ultime giornate, con tutti i titolari. C'era curiosità per capire dove avrebbe inserito Pellegrini in un modulo scelto anche per sopperire alla sua assenza; a finire in panchina è stato Cristante, con Veretout spostato quindi davanti alla difesa, con Pellegrini e Mkhitaryan mezzali, e la coppia Zaniolo-Abraham in attacco.

In Serie A, il Milan controlla attraverso il pressing

Se c’è un aspetto del gioco trasmissibile a tutta la squadra, senza differenze tra titolari e riserve, quello è il pressing. L’identità del Milan di Pioli, in Serie A, passa dalla conquista alta del pallone. È uno strumento che non riesce a imporre in Champions League, ma che in Italia gli garantisce spesso il dominio del contesto, anche contro le grandi squadre. Ai rossoneri bastano i primi accenni di aggressione alta per mettere la gara dalla propria parte. Il pressing, al secondo minuto, frutta al Milan la punizione da cui nasce il calcio d’angolo del tocco di braccio di Abraham. L’azione parte con la Roma in impostazione: Karsdorp rimane quasi all’altezza dei centrali e il Milan modula le proprie scalate sulla posizione del terzino olandese. Saelemaekers scivola su Karsdorp, Giroud rimane sul centrale più vicino, Mancini; Krunic, che aveva scambiato momentaneamente la posizione con Brahim, marca il regista Veretout, mentre Tonali controlla la mezzala del lato Mkhitaryan; Theo sale su Zaniolo che si propone. Senza sbocchi sul corto, Karsdorp prova il filtrante in diagonale per Abraham. Tonali, però, vista la posizione si trova vicino alla linea di passaggio e intercetta. La palla arriva a Brahim che guadagna la punizione per fallo di Mkhitaryan.

L’azione rivela come ormai il Milan abbia imparato, in maniera automatica, ad adattare il pressing alla disposizione dell’avversario. Con l’esterno del lato palla basso (qui Karsdorp), come fosse una difesa a quattro, è l’ala (qui Saelemaekers) a scivolare su di lui. Se però l’esterno rimane alto, allora è il terzino (uno tra Theo e Florenzi) a uscire alto su di lui. Con Vina e Karsdorp più alti, per il Milan è facile trovare i riferimenti, dato che il 3-5-2 della Roma è speculare al 4-2-3-1 del Milan: nella maggior parte dei casi, gli accoppiamenti sono Theo o Florenzi su Karsdorp o Vina, Giroud e le ali sui tre centrali, e Brahim sul regista Veretout. Uno tra Tonali e Krunic, a seconda del lato, sale sulla mezzala, mentre l’altro resta alle sue spalle in copertura.

Lo sciagurato passaggio di Ibanez, da cui nasce il 2-0 è provocato da questo tipo di pressione. Su retropassaggio di Pellegrini, il Milan alza il baricentro e incastra il suo 4-2-3-1 col 3-5-2 di Mourinho: mentre Ibanez riceve, Messias si alza su di lui; al centro Giroud già marca Smalling, mentre sul lato opposto Saelemaekers è pronto ad alzarsi su Mancini; a centrocampo, Brahim rimane su Veretout e Tonali segue Pellegrini. Niente di nuovo per gli avversari del Milan, ma a Ibanez si annebbia la mente e regala palla agli avversari.

La Roma, da anni ormai, ha troppi difensori inclini a errori banali, il modo più facile per perdere punti, e basta davvero poco a mandarli in confusione. I giallorossi non riescono mai a evadere dal pressing del Milan. I difensori non hanno molto coraggio in possesso, ma a livello di squadra non sembra esserci neanche un piano per aggirare gli avversari. L’aggressività senza palla non solo vale ai rossoneri i primi due gol, ma nega alla Roma il suo piano A, con Zaniolo e Abraham quasi mai liberi di ricevere in situazioni comode.

La povertà della Roma senza palla

Che Zaniolo e Abraham toccassero più palloni possibile, probabilmente, era l’idea di Mourinho per vincere la partita. Il portoghese deve aver ragionato sulle caratteristiche delle due squadre per trovare, in teoria, la strada più semplice verso la porta: il punto forte della Roma sono Zaniolo e Abraham, il punto debole del Milan l’inedita coppia di centrali Gabbia-Kalulu, allora meglio innescare con frequenza le punte in due contro due. La Roma, però, non costruisce quasi mai ricezioni vantaggiose dei suoi attaccanti: le verticalizzazioni non sono precise e, soprattutto, il possesso è troppo diretto per riuscire a creargli spazio intorno, allontanando i terzini milanisti dai centrali.

La Roma cerca giocate di prima, a memoria, senza però disordinare la struttura difensiva del Milan. In particolare, c’è fretta di cercare il passaggio in diagonale da uno dei due esterni verso la punta. Se la Roma porta palla da Kardsorp o Vina, però, il Milan scivola compatto sul lato palla, e mentre un mediano aggredisce la mezzala, l’altro resta in copertura, schermando il passaggio verso le punte, puntualmente intercettato. Per liberare la traccia, Vina e Karsdorp dovrebbero mostrare più intraprendenza col pallone: invece di giocare a uno o due tocchi, dovrebbero superare la pressione portando palla verso l’interno – tratto comune a sempre più terzini, non solo ad altissimi livelli. In questo modo si porterebbero fuori posizione i giocatori del Milan e si aprirebbero linee di passaggio vantaggiose.

La palla, però, sembra scottare tra i piedi dei giocatori di Mourinho. Non solo in fase di attacco statico, ma anche in transizione, il pane quotidiano di ogni squadra del portoghese. Persino Pellegrini, un centrocampista a cui è impossibile imporre di giocare in maniera predefinita e a pochi tocchi, spreca dei contropiedi per verticalizzare di prima sulle punte circondate da difensori e mediani. Zaniolo e Abraham, insomma, possono solo sperare in errori grossolani di Kalulu e Gabbia, arrivati in un paio d’occasioni a fine primo tempo: un anticipo a vuoto del francese, culminato in un tiro di Zaniolo respinto da Maignan; Gabbia fregato da una finta di corpo dello stesso Zaniolo, poi caduto a terra in un contrasto con Tonali.

La Roma non regge il proprio pressing

A proposito di Tonali, l’approssimazione della Roma favorisce l’ennesima grande partita del centrocampista bresciano. Tonali non solo scherma le linee di passaggio dietro Krunic in pressione, ma rimane vicino a Gabbia per togliere spazio a Zaniolo e copre i terzini con ripiegamenti profondi sui tagli alle loro spalle. Per non parlare di un paio di uscite palla al piede di grande tecnica, come quella che porta al rigore su Leao in cui si aggiusta la palla di suola per passare nel corridoio tra Mkhitaryan e Cristante, prima di disegnare un bel filtrante sulla corsa. In quel momento la partita è già sul 3-1 e, con Bakayoko in campo da un quarto d’ora, Tonali ha più libertà di associarsi con Theo e Leao sulla sinistra. Un bel finale da mezzala dopo una gran partita da metodista, più che da mediano di un 4-2-3-1. Prima dell’ingresso di Bakayoko Tonali gioca da vertice basso di centrocampo, con Krunic più avanzato, quasi alla stessa altezza di Brahim.

Interrogato a fine gara sulle scelte in fase di impostazione, Pioli ha offerto una spiegazione del proprio piano partita, della posizione di Tonali e di come mai avesse preferito Krunic a Bakayoko. «Se avessi deciso di costruire con due centrocampisti, avrei scelto sicuramente Bakayoko e non Krunic. Invece, studiando l’avversario, abbiamo scelto di costruire solo con un vertice basso, Tonali, e con Krunic e Diaz ai lati di Giroud, in modo da lavorare alle spalle delle loro mezzali e qualche volta di far uscire i loro terzi per cercare la profondità».

Sembra una soluzione coerente con il momento del Milan, oltre che con le debolezze della Roma. Senza le conduzioni e la protezione palla di Kessié, e senza la dimestichezza sotto pressione di Bennacer, Pioli preferisce semplificare la fase di possesso del Milan: le occasioni possono arrivare anche col pressing, specie contro difensori pasticcioni come quelli della Roma.

Maignan, i difensori e Tonali non hanno bisogno di particolare supporto: una volta attratta la pressione della Roma, cercano il lancio verso gli attaccanti. Oltre a Giroud, Messias e Krunic, destinatari dei lanci, alle spalle del centrocampo giallorosso c’è anche Brahim pronto a calamitare le seconde palle. La Roma in pressione non ha un atteggiamento deciso, perciò il Milan costruisce il suo gioco lungo in maniera abbastanza pulita, senza mai rinviare la palla a caso in avanti. Se alla prima azione la squadra di Mourinho aveva abbozzato un pressing aggressivo – con le due punte sui due centrali e l’esterno del lato palla, Karsdorp, addirittura alto su Theo – per tutto il resto della partita cerca una soluzione di compromesso: Zaniolo e Abraham non pressano Kalulu e Gabbia, schermano solo le linee di passaggio verso il centrocampo; Karsdorp e Vina, gli esterni, rimangono bassi, perché sui terzini rossoneri devono scivolare le mezzali (Pellegrini su Florenzi e Mkhitaryan su Theo).

Il pressing più cauto, evidentemente, serve a tenere la squadra più corta. Nel primo tempo il Milan non genera molto dai lanci, ma nella ripresa la situazione cambia. Con un solo gol di svantaggio, la Roma accentua il pressing, fino ad aggredire i centrali del Milan. La linea difensiva giallorossa, però, non accompagna l’aggressione, così la squadra si spezza in due: sui lanci, per i rossoneri diventa facile conquistare la seconda palla e attaccare frontalmente la difesa.

Subito dopo l’intervallo, per esempio, Veretout si stacca da Tonali per alzarsi su Kalulu; l’ex Fiorentina non controlla la foga, il difensore lo salta con una finta e lancia verso Giroud in duello con Mancini.

L’inquadratura è impietosa, perché tra gli attaccanti romanisti in pressing e i loro difensori ci sono circa quaranta metri senza alcun giocatore giallorosso.

Tra i giocatori in pressione della Roma e Mancini a contrasto con Giroud, distanti quasi una metà campo intera, c’è il solo Mkhitaryan.

La seconda palla arriva a Krunic che innesca Messias; il brasiliano guadagna il fondo e mette un cross a rimorchio, respinto dalla difesa sui piedi dello stesso Krunic; il bosniaco, invece di calciare, fa un controllo di troppo e grazia Rui Patricio.

Anche il 3-1, per quanto merito della sensibilità del petto di Ibrahimovic (non si capisce in realtà se la tocca lui o Smalling) e della potenza di Leao, arriva da un lancio su pressing della Roma in cui la squadra di Mourinho è del tutto sfaldata tra chi aggredisce in avanti e chi rimane dietro.

Per vincere con così tante assenze, di solito, servono prestazioni straordinarie. Il Milan è stato puntuale in ogni fase della partita, ma non ha mai dovuto strafare per battere questa Roma.

La vittoria non è stata mai in discussione, anche perché la squadra di Mourinho, oltre ai propri problemi con la palla, ha dovuto affrontare un portiere straordinario come Maignan, eccezionale sulle conclusioni estemporanee di Zaniolo e Abraham. La partita è andata in maniera naturale dalla parte del Milan e la Roma non ha fatto molto per impedirlo, anzi. L’atteggiamento dei giallorossi, con gli errori dei difensori, con Vina e Karsdorp in affanno su Messias e Theo, non sembrava poter portare ad altro: in un certo senso, la gara ha ricordato quella scena dei Simpson in cui Lenny, Carl e gli altri colleghi aspettano alla porta che Homer faccia qualcosa di stupido con i tasti della centrale nucleare, cosa che poi accadrà.

Scegliere un allenatore dai tratti estremamente difensivi come Mourinho e affidargli dei centrali capaci di compromettere in ogni momento la partita, è incoerente. Il portoghese, di contro, non sembra riuscire a valorizzare un reparto offensivo che non può limitarsi a verticalizzazioni disperate verso le punte. Gli errori tecnici ci sono, e forse vengono dai limiti della rosa, ma forse, con direttrici più chiare, si potrebbero limitare.

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