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FantaMilan
30 mag 2019
Cinque possibili allenatori per la panchina rossonera, rimasta vacante dopo l'addio di Gattuso.
(articolo)
12 min
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Eusebio Di Francesco

Il nome di Eusebio Di Francesco come allenatore del Milan al posto di Gennaro Gattuso circola già da qualche settimana, e si dice che piacesse soprattutto a Leonardo. Anche adesso che è ufficiale l’uscita dalla società del dirigente brasiliano, Di Francesco resta un profilo coerente con la strategia che starebbe organizzando l’amministratore delegato Ivan Gazidis, orientata a combinare lo scouting e la valorizzazione di talenti in cerca di affermazione con le cessioni per generare plusvalenze e sistemare il bilancio.

Di Francesco ha già fatto i conti con strategie simili sia al Sassuolo che alla Roma, e in entrambi i casi è riuscito a valorizzare diversi giocatori e a raggiungere obiettivi prestigiosi. Nel 2016 ha guidato il Sassuolo alla prima qualificazione in Europa League della sua storia e l’anno scorso è arrivato con la Roma fino alle semifinali di Champions League, un traguardo che ai giallorossi mancava da oltre trent’anni.

È vero che Di Francesco arriva da un brutta stagione con la Roma, conclusa con l’esonero dopo l’eliminazione agli ottavi di Champions League contro il Porto, ma non sono molti gli allenatori che possono garantire questa esperienza ad alti livelli e allo stesso tempo accettare il Milan in questo momento, ora cioè che le prospettive non sono molto chiare e sembra cercare un equilibrio delicato tra sviluppo della rosa, stabilità economica e risultati sportivi.

Scegliere Di Francesco significa ovviamente supportare le sue idee, costruendo una squadra il più possibile vicina ai suoi principi di gioco. Anche se con Gattuso il Milan ha giocato stabilmente col 4-3-3, ci sono comunque diversi giocatori che potrebbero avere dei problemi ad adattarsi al calcio di Di Francesco, a partire dai due riferimenti creativi principali, Suso e Calhanoglu.

Lo spagnolo continuerebbe ad avere grandi responsabilità nel far avanzare l’azione e in rifinitura, come Berardi al Sassuolo, ma nel sistema di Di Francesco è importante che gli esterni diano profondità, segnino un buon numero di gol e spendano molte energie nel primo pressing, tutte cose che Suso farebbe fatica a garantire.

Calhanoglu dovrebbe trovarsi bene in un sistema aggressivo e verticale ma nel 4-3-3 è di difficile collocazione. Da esterno sinistro potrebbe accentrarsi e rifinire la manovra, ma sulla fascia opposta dovrebbe esserci un esterno abile a dare profondità per non appiattire il gioco occupando gli ultimi metri con giocatori portati a ricevere solo sui piedi; da mezzala invece non avrebbe molta influenza allargandosi per facilitare la risalita del pallone sulle catene di fascia. Lo stesso discorso vale per Paquetá, e per utilizzare meglio le loro qualità Di Francesco potrebbe adattare le rotazioni sulle fasce lasciandoli ricevere tra le linee, un po’ come aveva fatto con Strootman e Nainggolan nel suo primo anno alla Roma.

Non va poi dimenticato che in quelle zone del campo si muove anche Bonaventura, che rientrerà dopo il grave infortunio che lo ha tenuto fuori per quasi tutta la stagione. Tre dei giocatori con maggiore qualità nella rosa potrebbero così trovarsi in concorrenza per un unico posto nel 4-3-3, riducendo quindi le possibilità di far nascere intese tecniche che facilitino la risalita del campo.

Sempre a sinistra, ma in difesa, Rodríguez può essere utilizzato da regista esterno ma non ha le caratteristiche per avanzare spesso come ad esempio faceva Kolarov, a centrocampo invece resta fondamentale Kessié, che nelle rotazioni sulla fascia destra è già abituato a muoversi senza palla per facilitare le ricezioni dell’esterno d’attacco (Suso), mentre da vertice basso l’unica opzione credibile al momento è Biglia, visto che sembra certo che Bakayoko non verrà riscattato.

Insomma, la rosa attuale non sembra molto adatta al gioco di Di Francesco, ma il Milan sta attraversando una fase di grande cambiamento e non possiamo sapere come verrà trasformata la squadra dal calciomercato, e se il nuovo allenatore, specie se sarà uno dalle idee riconoscibili come Di Francesco, verrà supportato con investimenti adatti. Nel suo primo anno alla Roma, il tecnico abruzzese ha saputo scendere a patti con le qualità del materiale a disposizione adattando i suoi principi di gioco, ma nella stagione appena conclusa ha avuto grandi difficoltà a gestire una rosa molto rinnovata e poco coerente con le sue idee.

Ci sono diversi motivi per cui Di Francesco può essere il profilo giusto per il Milan in questa fase di rinnovamento: la voglia di riscatto dopo l’esonero a Roma, l’esperienza ad alti livelli, la capacità di valorizzare la squadra dandole un’identità tattica definita. Le sue idee, però, dovranno essere al centro del progetto, per non mandarlo in crisi come negli ultimi mesi della sua esperienza giallorossa.

Marco Giampaolo

Sono ormai quattro stagioni che si parla di Marco Giampaolo come uno dei tecnici più interessanti della Serie A. Uno dei pochi a offrire un'idea di gioco con principi chiari e definiti, oltre che basati sul controllo del pallone. Un’anomalia in un campionato che tende a premiare gli allenatori che preferiscono il controllo degli spazi a quello della palla e la flessibilità nei moduli al rigore.

Le idee di Giampaolo sono state efficaci. La Sampdoria è stato uno dei progetti più interessanti delle ultime tre stagioni, arrivando a una stabilità di gioco e risultati - due decimi posti e un nono - che non è scontata nel campionato italiano. Nonostante i piazzamenti della squadra siano stati in fondo in linea col valore della rosa a disposizione, la Sampdoria ha spesso stravolto la squadra nelle mani di Giampaolo per seguire la propria strategia di player-trading. Questa è stata permessa anche dalla capacità del tecnico di creare valore sulla rosa, di mettere i calciatori nelle migliori condizioni possibili.

Questo aspetto è quello che renderebbe Giampaolo un ottimo candidato per la panchina del Milan. Un tecnico che difficilmente sbaglia una stagione e che è in grado di valorizzare i giocatori che ha a disposizione. Qualcosa di cui ha un disperato bisogno il Milan, che negli ultimi anni ha dissipato il valore di troppi giocatori arrivati nel mercato e che non è ancora riuscita a qualificarsi in Champions League.

Il 4-3-1-2 del tecnico avvantaggia il lavoro di chi farà il mercato, che potrà scegliere giocatori che possano calzare dentro quel modulo senza troppo timore che possano svalutarsi. Giampaolo, in più, non dovrebbe partire da zero. Già con Gattuso il Milan era una squadra che amava gestire il pallone, con giocatori tecnici e un po’ compassati. Il Milan ha anzi giocato con il rombo in alcune partite o fasi di partite anche in questa stagione, provando ad affiancare Cutrone a uno tra Higuain e Piatek.

Giampaolo, insomma, ha già molto materiale per sistemare i suoi attorno al rombo. Romagnoli è bravo a far ripartire l’azione da dietro, Biglia davanti la difesa a gestire i ritmi; Paqueta mezzala o persino trequartista, davanti Piatek ha già dimostrato di trovarsi meglio in un attacco a due punte, con un altro attaccante che lavora per lui sulla trequarti.

Un profilo interessante per affiancarlo potrebbe essere quello di Kouamé del Genoa, che ha già giocato con Piatek e che è formidabile in quei movimenti ad allargarsi vitali per dare ampiezza al sistema di Giampaolo. Servirebbe forse anche una mezzala più tecnica o un trequartista, a seconda di come si volesse usare Paqueta. In ogni caso la rosa a disposizione sarebbe già sufficiente per dare a Giampaolo del materiale interessante in prospettiva, senza neanche troppi stravolgimenti di mercato. Un aspetto da non sottovalutare per una squadra che non è ancora chiaro quanto potrà spendere nel prossimo calciomercato.




Roberto De Zerbi

Era una stagione fondamentale per Roberto De Zerbi: dopo le panchine di Palermo e Benevento, per la prima volta aveva a disposizione un progetto tecnico coerente e solido da gestire dall’inizio stagione. Una qualità della rosa che lasciava sognare qualcosa di meglio di una semplice salvezza e costruita per esaltare le caratteristiche del suo calcio.

Il rendimento del Sassuolo ha dato risposte ambigue. L’undicesimo posto in classifica rispecchia forse né più né meno il valore degli emiliani nel contesto della Serie A. La squadra ci è arrivata giocando un calcio originale e brillante per lunghi tratti della stagione, ma vivendo anche momenti di profonda difficoltà, specie nella fase difensiva. Il Sassuolo ha chiuso la stagione con la quinta peggior difesa della Serie A e tra febbraio ed aprile non è riuscito a vincere neanche una partita. In quella fase della stagione la macchina costruita da De Zerbi ha cominciato a perdere i pezzi, somigliando a un meccanismo amputato. La squadra continuava a stare alta sul campo pur non riuscendo ad esercitare una pressione coordinata e permettendo agli avversari di giocare a palla scoperta. Ci voleva davvero il minimo sforzo per segnare al Sassuolo, che a tratti sembrava una squadra del peggior Zeman.

Eppure ci sono stati anche momenti brillanti, dove il Sassuolo ha giocato in maniera originale ed efficace. Sempre aggressivo e con meccanismi di circolazione palla raffinati per il contesto italiano, puntando molto sull’uscita bassa della palla dopo aver attirato il pressing con la ricerca dei mezzi spazi e del terzo uomo.

È difficile contestare che De Zerbi sia una specie di eretico del calcio italiano e l’idea di affidargli un progetto di livello più alto è affascinante e dovrebbe intrigare qualsiasi tifoso. C’è naturalmente un rischio alto, perché le squadre di De Zerbi hanno dimostrato di non avere mezze misure e non è ancora chiaro quanto la rinuncia agli equilibri possa pagare sul lungo termine in un campionato cinico come la Serie A. Eppure stiamo anche parlando del tecnico più ambizioso del nostro calcio, i cui margini di riuscita rimangono misteriosi e per questo molto promettenti.




Rudi Garcia

Una settimana fa Rudi Garcia ha rassegnato le proprie dimissioni da tecnico dell’Olympique Marsiglia, almeno tre mesi in ritardo a quanto gli chiedevano i tifosi. La stagione dell’OM è stata un travaglio: la squadra è restata quasi sempre fuori dalla zona europea, è uscita malamente dall’Europa League e dalla Coppa di Francia e ha chiuso a un quinto posto molto deludente per le ambizioni del club.

Dopo un primo anno estremamente positivo, impreziosito dalla sfortunata finale di Europa League, insomma, è arrivata la crisi del secondo anno classica delle squadre di Rudi Garcia. Un allenatore che riesce a trasmettere una grande carica iniziale al suo gruppo, facendolo sentire in una specie di guerra santa, ma che poi tende a svuotare la squadra di qualsiasi energia.

Insomma, Garcia ha ancora una volta confermato i propri pregi e difetti. Un allenatore che solo con la forza dei nervi riesce ad alzare le montagne; ma che non ha abbastanza idee per permettere alle proprie creature abbastanza a lungo da raggiungere risultati significativi. Ma non è esattamente questo quello che serve al Milan?

Rudi Garcia era arrivato alla Roma in un momento catastrofico, ed era riuscito a proporsi come un uomo forte a 360 gradi, in grado di colmare i vuoti societari e anche quelli tecnici. Stabilì il record di punti della storia della Roma e nonostante la flessione del secondo anno e il crollo nel terzo ha inaugurato un ciclo che ha permesso alla Roma di consolidarsi nelle gerarchie italiane e anche ed europee. Garcia, insomma, ha già dimostrato di essere un uomo in grado di rimettere insieme le macerie di un progetto e di saper lavorare anche all’interno del caos e dell’anarchia. Anzi, sembra proprio trovarsi a proprio agio.

Anche sul piano comunicativo Garcia ha sempre fatto da parafulmini, con conferenze stampa sopra le righe che alla lunga possono stancare, ma che all’inizio sembrano esattamente ciò di cui si ha bisogno.

Potrebbe quindi essere una scelta intelligente per il Milan affidarsi a un uomo del genere in questo momento di transizione, dove la società sembra doversi riorganizzare e un uomo forte al comando potrebbe aiutare a tenere la barra dritta almeno per la prossima stagione.




Simone Inzaghi

Simone Inzaghi ha 43 anni, allena da tre stagioni in Serie A e ha sollevato due trofei in un contesto in cui la Juventus non è disposta neanche a lasciare che gli altri vincano le partite del cuore. Lo ha fatto con una squadra ben costruita, è vero, ma comunque attraverso investimenti decisamente inferiori rispetto alle squadre che le sono arrivate sopra o addirittura sotto. Il Milan sono due anni che non riesce a qualificarsi in Champions nonostante il secondo monte ingaggi della Serie A.

Certo, i problemi sono stati soprattutto di come si sono spesi i soldi - è difficile sostenere che il Milan abbia la seconda rosa con più valore in Italia - ma comunque è mancato anche un allenatore in grado di aumentare il valore dei giocatori che aveva a disposizione. Lo dovrà fare in particolare modo se il Milan non potrà lanciarsi in grossi investimenti estivi. Simone Inzaghi, oggi, è uno dei migliori tecnici a fare le nozze con i fichi secchi, insomma, e quasi nessun giocatore arrivato alla Lazio negli ultimi anni ha visto diminuire il proprio valore.

Un tecnico pragmatico, flessibile, bravo a costruire la strategia di gioco attorno alle caratteristiche dei propri giocatori. In queste stagioni ha mostrato sia un attacco brillante che una difesa attenta ed equilibrata, si è trovato bene con giocatori tecnici che amano palleggiare (Milinkovic-Savic, Luis Alberto, Biglia) che con quelli più atletici e verticali (Felipe Anderson, Correa, Immobile).

Nel Milan avrebbe già alcuni giocatori adatti alle sue idee. La difesa a tre, innanzitutto, con Romagnoli, Caldara e uno tra Musacchio e Zapata. Tutti difensori non particolarmente a proprio agio nel giocare con molto campo alle spalle e che si troverebbero bene nel baricentro medio che solitamente Inzaghi imposta per le sue squadre. Biglia davanti la difesa ha già brillato con Inzaghi in panchina e, al di là di Kessié, sembra invece mancare qualcosa a centrocampo, a meno che Bakayoko non venisse riscattato. Due giocatori che di certo si troverebbe più a proprio agio in un calcio più diretto e che apre spazi come quello di Inzaghi.

L’attacco rimane il reparto più difficile da capire ma il tecnico ha già dimostrato di cambiare le soluzioni a seconda dei giocatori a disposizione, rispolverando magari le due punte che ha utilizzato sia nel primo l’anno alla Lazio che in questa stagione, dove la squadra faticava di più nell’attacco della profondità.

Il Milan sembra alla ricerca di un allenatore dalle idee di gioco forti, ma deve soprattutto stare attento a non fallire un’altra stagione, che significa più che altro non veder ripagati i propri investimenti. Simone Inzaghi è, tra i più giovani allenatori prendibili, forse quello che offre più garanzie in questo senso, ed è probabilmente per questo che secondo i bookmaker è al momento il favorito a sedere sulla panchina del Milan.




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