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Dario Pergolizzi
Il secondo tempo incredibile tra Milan e Juventus
08 lug 2020
08 lug 2020
Una rimonta che i milanisti ricorderanno a lungo.
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Dario Pergolizzi
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Il calcio post-lockdown ci sta insegnando a dare una diversa valutazione a tutti gli elementi che compongono una partita, o quanto meno a vederli da altre angolazioni. Tra questi: come si presenta realmente un ritardo di condizione fisica, che in tempi normali viene spesso evocato in modo superficiale per motivare cali o buone performance; l’impatto delle sostituzioni; la pressione mentale di dover mantenere uno standard di rendimento adeguato agli obiettivi nonostante i tempi di recupero inesistenti, e così via.

 

Milan-Juventus è stata forse la partita simbolo dell’instabilità di questo periodo, e ha dato alcune conferme sulla natura di entrambe le squadre, sia per quanto riguarda l’ottimo momento del Milan di Pioli, che sembra aver ritrovato il filo interrotto a inizio marzo, sia per la Juventus di Sarri, che non è riuscita a portare a casa una vittoria che, a un certo punto, era di fatto acquisita. Per tutto il secondo tempo, la Juventus ha dovuto combattere con alcuni fantasmi che il lockdown sembrava aver portato via, fino a farsi travolgere, senza resistenza, dall’entropia della parte finale della gara.

 

Certo, le assenze di de Ligt e Dybala, forse i due giocatori della Juventus più costanti nel rendimento dalla ripresa, potevano preannunciare qualche difficoltà in più per i bianconeri, soprattutto contro un avversario che era già stato ostico sia in campionato che in Coppa Italia, e che peraltro veniva da un periodo di ottimi risultati e buone prestazioni.

 

Il primo tempo ci ha mostrato due squadre equilibrate sia col pallone che senza, e questo bilanciamento si è riflesso anche nel risultato parziale. Ancora una volta, il Milan di Pioli è sceso in campo dimostrando una certa cura dei meccanismi di pressing e di uscita del pallone, con una forte responsabilizzazione dei singoli e la giusta tenacia nell’applicazione. La Juventus è sembrata da subito complessivamente un po’ più misurata nelle uscite rispetto alle ultime partite, forse mostrando un certo rispetto dell’avversario, e si è così ritrovata a giocare più minuti del solito senza pallone, circostanza che sappiamo essere poco gradita dal suo allenatore. In questo caso, però, era sembrata adattarsi piuttosto bene alla partita.

 



Il 4-2-3-1 di Pioli aveva come novità, rispetto alle ultime gare, Paquetá sulla fascia sinistra al posto dell’acciaccato Calhanoglu, e Rebic dietro Ibrahimovic. Sarri invece ha confermato ancora una volta il blocco titolare con il trio di centrocampo formato da Bentancur, Pjanic e Rabiot, e Bernardeschi nella solita posizione ibrida tra terzo di attacco e quarto di centrocampo, sostituendo de Ligt e Dybala con Rugani e Higuain.

 

L’atteggiamento delle due squadre è stato quello che ormai ci siamo abituati a conoscere: il Milan alternava fasi di pressing alto e intenso ad altre di contenimento ad altezza media, mentre in fase di possesso l’idea era quella di allungare la Juventus sfruttando le corse di Rebic in profondità, la connessione tra i reparti di Ibra e le iniziative delle coppie di esterni, Saelemaekers e Conti da un lato, Paquetá e Theo dall’altro. Bennacer, in avvio azione, aveva il compito fondamentale di prendersi qualche rischio per attirare la pressione di Pjanic e aprire spazi alle sue spalle, dato che Pioli preferisce alzare i suoi terzini già dalle prime battute per avere ampiezza sulla costruzione.

 

La Juventus, col suo 4-4-2 senza palla, in assenza di un pressing asfissiante (per caratteristiche) delle due punte, cercava di giocarsi la riconquista del pallone soprattutto orientando il palleggio verso la fascia sinistra del Milan, sia per evitare che Theo Hernandez ricevesse in posizioni troppo avanzate, sia per cercare di limitare le scalate in orizzontale sui cambi di campo avversari. Questo piano ha funzionato a metà: la Juve si è in effetti specializzata, nell’ultimo periodo, nell’organizzazione del pressing sulla fascia destra, grazie alla posizione di Bernardeschi, che si posiziona nel mezzo spazio per invitare il passaggio verso il terzino, e successivamente porta il raddoppio a supporto di Cuadrado, sempre pronto a uscire aggressivo. Qualche problema, però, la Juve ce l’ha avuto nel coprire con altrettanta costanza anche le ricezioni centrali del Milan.

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Il chiaro atteggiamento con cui la Juventus cerca di invitare l’avversario verso l’esterno, e la posizione stretta di Bernardeschi.


 

Con Rabiot impegnato a difendere l’ampiezza sul lato sinistro, e dunque deputato al controllo di Conti, Bentancur si accoppiava a Kessié e Pjanic doveva uscire su Bennacer. Ibrahimovic, come spesso gli è capitato durante la sua carriera, non ha giocato praticamente mai addosso ai centrali come riferimento avanzato per le verticalizzazioni, ma ha cercato la ricezione negli spazi più congeniali a seconda della situazione, talvolta arretrando dalla trequarti centrale, talvolta defilandosi verso sinistra. I suoi movimenti non hanno prodotto tante giocate “dirette” dalla sua regia, però hanno avuto l’utilità di costringere i mediani della Juve a guardarsi un po’ più alle spalle, e i due centrali a stare attenti alle corse in profondità di Rebic. Di conseguenza, la Juventus si è ritrovata a difendere stringendo le linee, in maniera forse non desiderata, ma tutto sommato funzionante.

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Ibra pronto a farsi trovare alle spalle di Pjanic quando usciva in pressione su Bennacer.


 

La fluidità della fase di possesso del Milan, però, non finiva qui: Paquetá, stringendo la sua posizione verso l’half-space di sinistra, rendeva il sistema del Milan asimmetrico, generando così più spazio per le avanzate di Theo Hernandez. Dall’altra parte, Saelemaekers invece si teneva più aperto e Conti rimaneva più bloccato, a supporto dei centrali.

 


Giro palla da destra a sinistra, Theo si fa trovare già molto avanzato sfruttando lo spazio lasciato da Paquetá.


 

In fase di possesso, i bianconeri hanno beneficiato di una buona partita di Pjanic, che abbassandosi e collegandosi con i due centrali creava superiorità contro la coppia di attaccanti di Pioli, e consentiva ai due terzini di alzare la loro posizione in maniera più pronunciata del solito durante la costruzione dell’azione, in particolar modo Cuadrado. Da quando la Juve gioca con Bernardeschi titolare sulla fascia destra, il colombiano ha raggiunto un grande livello di influenza nello sviluppo dell’azione. Non sono mancate le azioni in cui il Milan ha costretto la Juve a esasperare il palleggio nei pressi dell’area, ma a differenza di altre volte in campionato, i bianconeri hanno reagito abbastanza bene, al netto di qualche errore tecnico.

 

La Juventus sembra insomma aver trovato dei pattern nel suo gioco, che riguardano prevalentemente l’utilizzo della catena di destra sia per la risalita del campo che per la gestione del pressing. Questo si è riflesso anche nell’utilizzo del centravanti: rispetto alle partite della prima parte di stagione in cui Higuain era il riferimento centrale, le verticalizzazioni per i suoi movimenti a rimorchio sono state sporadiche, forse anche a causa della sua condizione opaca. Nonostante l’assenza di Dybala, che da punta continua a catalizzare i suoi movimenti sul lato destro del campo e ad aiutare coi sovraccarichi di fascia, la Juventus ha sviluppato buona parte dei suoi possessi da quel lato.

 

La mancanza del numero dieci si è però notata soprattutto nella varietà di soluzioni nelle giocate a ridosso della linea del Milan, con Higuain meno attrezzato per l’iniziativa individuale, e alla ricerca di connessioni sul corto con un secondo attaccante (più Bernardeschi che Ronaldo), che sono arrivate solo nella parte centrale della partita. Va detto che il pressing del Milan di Pioli sembra dare il suo meglio quando riesce a sfruttare i sovraccarichi posizionali dei mediani che escono in orizzontale verso la fascia di competenza, creando una parità o superiorità numerica difensiva che rendono più difficile per gli avversari velocizzare la manovra, e quindi c’è anche una discreta influenza dei rossoneri nella minore incisività della Juventus, che si è dovuta accontentare di diversi calci piazzati.

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Bennacer e Kessié sono importantissimi per il pressing laterale del Milan, a volte scivolando entrambi sullo stesso lato.


 

A non funzionare benissimo, per la squadra di Sarri, è stato il recupero palla attivo durante le fasi di difesa posizionale medio-bassa. Qui la Juventus riusciva a ritardare il giro palla del Milan, ma non ha creato ripartenze credibili, sia per la poca reattività in alcune pressioni individuali, che per qualche imprecisione nelle trasmissioni immediate. Sul finire del primo tempo i bianconeri sono riusciti a produrre diverse giocate concatenate ad altissima velocità, arrivando in area in maniera temibile, ma senza raccogliere nulla.

 



Insomma, il primo tempo è stato ricco di particolari tattici e abbastanza avaro di occasioni pulite, ed è soprattutto per questo motivo che quello che è accaduto nella seconda parte sembra uscito da un’altra partita. La Juventus ha trovato il gol dell’1-0 con un’azione individuale inedita di Rabiot, che ha raccolto un lancio di Cuadrado sul lato opposto a quello di sua competenza, dopo un’uscita non pulitissima del pallone dalla difesa. Sempre Cuadrado, pochi minuti dopo, ha premiato uno scatto in profondità di Ronaldo, che ha mandato completamente in tilt Kjaer e Romagnoli. L’equilibrio e la prudenza che avevano caratterizzato il primo tempo si sono dissolti in due azioni che sembravano aver spaccato definitivamente la partita, con il Milan molto più passivo per i successivi 10 minuti, e la Juventus in totale controllo.

 

Il fallo di mano di Bonucci, però, ha rivoltato nuovamente le cose, ed è lì che la Juventus è sembrata ritrovare i fantasmi di inizio anno, smarrendosi completamente. Quando entrano in gioco gli elementi intangibili è sempre difficile, soprattutto da osservatori esterni, cercare di dare una spiegazione ponderata a questo tipo di crolli verticali (e, di riflesso, all’ascesa del Milan), e capire se siano effettivamente propiziati da alcune difficoltà tattiche o tecniche, però per quanto riguarda la Juventus l’ansia del gol subito sembra diventata una regola, una causa che scatena piccole crisi dalla durata variabile e che si possono autoalimentare.

 

In questo senso, è soprattutto l’azione del 2-2 ad avere i connotati di una squadra intimorita. Per tutto il primo tempo, oltre a un pressing alto tutto sommato efficace, anche quando è stata costretta a difendere più in basso, la Juventus aveva mostrato una buona reattività nelle scalate e nelle uscite sul portatore, limitando così i pericoli per Szczesny. In questo caso, tutta l’azione del Milan è affrontata con grande passività, a partire dalla libertà con cui i rossoneri riescono, con una doppia verticalizzazione consecutiva, a trovare Calhanoglu e Rebic, per poi cambiare lato su Leao, portandosi a ridosso dell’area.

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Il Milan ha attaccato pressoché indisturbato l’area con sei uomini, mostrando una buona capacità di aggressione degli spazi e un bel palleggio, ma godendo della remissività dei bianconeri, incapaci di andare a contrasto o anche solo ritardare ogni giocata dell’azione. Certo, forse non è del tutto casuale il fatto che i due subentrati del Milan abbiano avuto un coinvolgimento importante in questa azione, Calhanoglu a sinistra con la sua verticalizzazione e il successivo movimento in appoggio in area, Leao con la sua ricezione in isolamento a destra e il conseguente accentramento. È evidente che le sostituzioni di Pioli siano state ben più efficaci di quelle di Sarri, non tanto nella scelta degli uomini, quanto nell’impatto: sempre Leao, pochi istanti dopo, è stato bravo a raccogliere una palla vagante dopo il tackle di Rugani su Rebic, e a sfruttare l’eccessiva passività di Bonucci in copertura.

 

La Juventus, a questo punto, non è più riuscita a essere efficace in nessuna fase di gioco, e il Milan ha potuto raggiungere l’area indisturbato sia sfruttando gli errori avversari (ad esempio nella ripartenza al 73’, nata da una pressione di Theo su Cuadrado e seguita da un lancio in profondità verso Rebic ancora una volta in mezzo a Rugani e Bonucci) sia partendo dal basso (il palleggio sul centro-sinistra con progressione di Kessié che triangolando con Calhanoglu è arrivato sul fondo al 75’).

 

L’inserimento di Ramsey, Costa, Matuidi e Sandro per Rabiot, Higuain, Pjanic e Cuadrado non è servito a fermare la spirale negativa in cui si era ritrovata la Juventus, e anzi è stato proprio un errore banalissimo di Alex Sandro a propiziare il 4-2. La Juventus aveva concluso sette partite di campionato e due di Coppa Italia senza subire gol su azione e senza concedere molto agli avversari, e forse è stato proprio averne subiti due in così pochi minuti, e dopo un primo tempo di buon livello, a minarne le certezze. Non un bel segnale, sicuramente, considerando che per anni la forza della Juventus è stata proprio quella di riuscire a raccogliere il massimo dalle situazioni sporche e sofferte, quanto meno in campionato.

 

C’è stato poco di lineare e razionalizzabile, insomma, nel modo in cui si è definito il risultato finale. Il Milan ha sicuramente dimostrato di essere una squadra caparbia e di saper leggere e sfruttare i momenti decisivi, ma la sensazione dominante è che sia soprattutto la Juventus ad avere un problema di assorbimento dell’imprevisto nelle partite più complesse, un problema che evidentemente neanche il lockdown è riuscito ad attenuare, e su cui Sarri dovrà inevitabilmente lavorare, in vista del ciclo decisivo in cui i bianconeri affronteranno Atalanta, Lazio e Sassuolo, e soprattutto della Champions, per non sprecare l’evoluzione della squadra vista nelle ultime settimane.

 

Pioli, intanto, può godersi la sua creatura e alcune intuizioni che continuano a pagare, e anche se la Champions è ormai troppo lontana, questo finale di campionato potrebbe dare dei rossoneri una percezione decisamente migliore di quella di inizio stagione, grazie a una fluidità godibile in entrambe le fasi, alla valorizzazione di alcune individualità e alla gestione dell’intensità. In un momento così transitorio a livello societario non c'è niente di scontato.

 

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