Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Fabio Barcellona
Per battere la Juventus ormai basta poco
09 ott 2022
09 ott 2022
Al Milan è bastato affidarsi ai cardini del gioco di Pioli per vincere in maniera netta.
(di)
Fabio Barcellona
(foto)
LiveMedia/Nderim Kaceli / IPA
(foto) LiveMedia/Nderim Kaceli / IPA
Dark mode
(ON)

Per la Juventus la sfida con il Milan poteva essere l’occasione per dare una svolta alla propria stagione. Dopo due vittorie consecutive, battere in casa i campioni d’Italia, o almeno offrire una prestazione d’orgoglio, avrebbe dato una scossa ai calciatori, spesso i primi a mostrarsi poco convinti delle loro possibilità, e ai tifosi, sempre meno propensi a sostenere la squadra. Non è andata così. La squadra di Allegri ha mostrato ancora una volta il suo lato più oscuro: scialba con il pallone e troppo attendista senza. Anche la prova dei singoli, come spesso accade in questa stagione, è stata insufficiente, permettendo al Milan, in formazione rimaneggiata e non nella migliore giornata della gestione Pioli, di dominare la partita dopo 20 minuti di incertezza iniziale, dando anche l'idea di aver tolto il piede dall'acceleratore dopo il secondo gol, senza voler infierire. Se nelle ultime stagioni la superiorità del Milan sulla Juventus, un passaggio che si può far risalire a una vittoria in rimonta per 4-2 in un San Siro deserto, era sembrata più evidente sul lungo periodo e dovuta alla freschezza e intraprendenza dei rossoneri, in questa vittoria per 2-0 è sembrata piuttosto il naturale stato delle cose, come se stessimo parlando di due squadre dal livello molto diverso. Le mosse dei due allenatori Dopo le sconcertanti prestazioni contro Benfica e Monza, le vittorie contro Bologna e Maccabi Haifa avevano ridato un po’ di ossigeno alla Juventus, ma più per le classifiche delle due competizioni che non nell’idea generale di come questa squadra dovrebbe vincere le partite. A San Siro Allegri ha scelto di schierare di nuovo insieme Milik e Vlahovic, la coppia offensiva preferita dall’allenatore in assenza di Di Maria. Ai loro lati agivano due esterni puri schierati sul piede forte, Cuadrado e Kostic, che con Locatelli e Rabiot in mezzo disegnavano un 4-4-2 più lineare del solito. Pioli, alle prese con tanti assenti, ha scelto Gabbia in mezzo alla difesa al fianco di Tomori, con Kalulu spostato a terzino destro; Diaz sulla fascia destra e Pobega come terzo centrocampista assieme a Bennacer e Tonali. I due allenatori hanno messo in campo alcuni accorgimenti nelle posizioni dei giocatori. Prevedendo una Juventus schierata con due linee da 4 piuttosto compatte in fase di non possesso, Pioli ha provato a facilitare il gioco nella zona tra la difesa e il centrocampo avversario chiedendo ai suoi giocatori di disporsi in una sorta di 3-2-4-1 in fase di possesso. Kalulu rimaneva sulla linea arretrata coi due centrali, mentre Theo Hernandez si alzava al fianco di Bennacer, con Tonali e Pobega che provavano a giocare alle spalle del centrocampo avversario muovendosi negli spazi di mezzo e Leao e Diaz aperti sulle due fasce. Oltre all'occupazione della zona alla spalle del centrocampo bianconero, questo schieramento mirava anche a isolare Leao, ad avvicinare giocatori a Giroud, per migliorare l’efficacia nella riconquista delle seconde palle e a guadagnare superiorità numerica in zona arretrata contro il lavoro di pressione e schermo di Vlahovic e Milik.

Linea a 3 dietro, Hernandez al fianco di Bennacer, Tonali e Pobega ai fianchi di Locetelli e Rabiot, Leao e Diaz (fuori inquadratura) in ampiezza: lo schieramento del Milan in fase di possesso palla.

In fase di non possesso Pioli ha assegnato a Pobega il controllo ravvicinato di Locatelli e a Tonali lo scontro atletico con Rabiot, accettando, come di consueto, di difendere in parità numerica contro i due esterni e, soprattutto, i due attaccanti della Juventus. Dal canto suo Allegri ha provato a evitare che il suo 4-4-2 fosse troppo piatto, progettando meccanismi di gioco differenziati sulle due fasce. A sinistra Kostic e Alex Sandro si sono mossi in maniera piuttosto ortodossa, con il brasiliano poco intraprendente nelle sue salite. Sul lato opposto, invece, Cuadrado e Danilo hanno giocato con maggiore varietà posizionale, alternandosi nell’occupazione dell’ampiezza e in movimenti verso l’interno per andare a occupare la posizione al fianco destro di Locatelli. Particolarmente interessanti, sono stati i tagli interni di Danilo - non la prima volta che succede - che è riuscito spesso a creare situazioni di potenziale superiorità posizionale muovendosi, sul lato debole, verso l’interno del campo. Il principale nodo di raccordo verso la zona d’attacco era invece Milik, i cui movimenti verso il pallone, avrebbero dovuto, nelle intenzioni di Allegri, costituire il collegamento verso la zona di rifinitura e finalizzazione e consentire a Vlahovic di concentrarsi sull’attacco della profondità.

Danilo taglia dentro e riceve un filtrante da Bremer e libero di condurre giunge al tiro.

Nei primi venti minuti di gioco è stata la Juventus a rendersi pericolosa, difendendo compatta e più aggressiva del solito con il suo stretto 4-4-2 e ripartendo con pericolosità, sfruttando il lavoro di protezione del pallone delle due punte e le corse di Cuadrado, Rabiot e Kostic. Dei 10 tiri totali effettuati in tutta la partita dalla Juventus, 5 sono giunti nei primi 20 minuti di gioco, quasi sempre in situazione di ripartenza, situazione che d’altronde sin dall’inizio dell’anno è l’unica che permette ai bianconeri di creare pericoli per la porta avversaria.

Locatelli in pressione vince il duello aereo con Tonali generando una transizione offensiva 5 vs 3 a favore della Juventus che Cuadrado finalizzerà con una conclusione dall’esterno ignorando i 4 compagni al centro dell’area.

Il tiro al ventesimo minuto di Filip Kostic è stato l’ultimo della Juventus fino al colpo di testa di Milik, al minuto 70, sul risultato di 2-0 per il Milan. È bastato un calo nell’aggressività della pressione sui portatori di palla avversari e nell’intensità delle ripartenze per rendere la Juventus inoffensiva a far volgere il match in direzione rossonera. Il Milan non ha certo giocato la sua migliore partita. Dopo avere sofferto all'inizio, anche sul piano dell'efficacia delle transizioni e dell’aggressività, i rossoneri hanno alzato il livello del proprio pressing e l’intensità delle proprie giocate riequilibrando la partita. Le mosse di Pioli in fase di possesso hanno generato meno vantaggi del previsto: Pobega e Tonali hanno lavorato parecchio in fase di contesa del pallone nella zona loro assegnata ai fianchi di Locatelli e Rabiot , ma non hanno quasi mai ricevuto palloni di qualità che tagliassero fuori il centrocampo avversario; anche Leao e Diaz hanno raramente messo in difficoltà i diretti avversari, Danilo e Alex Sandro. La Juventus si è però mostrata insospettabilmente fragile nella difesa dei calci d’angolo concedendo sui corner rossoneri un palo a Leao e, sul finire dei primi 45 minuti, il gol del vantaggio di Tomori. Al contempo la qualità delle prestazioni di Gabbia e Tomori su Vlahovic e Milik è salita di livello e la Juventus non ha potuto appoggiare il proprio gioco sui due attaccanti. Era l'unico modo con cui i bianconeri potevano alzare il proprio baricentro. I tanti stravolgimenti di Allegri Nell’intervallo Allegri ha sostituito Cuadrado con McKennie, finendo però per rendere ancora meno efficace il già farraginoso attacco posizionale della Juventus. I tagli interni di Cuadrado erano una delle poche armi dei bianconeri per avere ricezioni di qualità all’interno della struttura difensiva avversaria, approfittando della zona di conflitto tra la marcatura individuale di Theo Hernandez e la consegna dell’uomo al mediano Bennacer. McKennie, abile negli inserimenti profondi senza palla e nelle corse guardando la porta avversaria, non ha mai dimostrato di trovarsi a suo agio partendo dall'esterno e la sua presenza ha finito per abbassare la qualità della manovra, vanificando il piccolo vantaggio ottenuto dal lavoro coordinato tra Cuadrado e Danilo. In vantaggio di un gol, e con una Juventus in palese difficoltà a generare pericoli con il pallone tra i piedi, il Milan ha iniziato il secondo tempo lasciando il pallone all'avversario e alzando l'intensità della pressione. E proprio da una pressione su Vlahovic, all'ennesima ricezione spalle alla porta, è arrivato il secondo gol: il serbo ha sbagliato la misura del passaggio verso Milik (dopo la partita Allegri ha parlato di "errori nei passaggi" come una delle cause della sconfitta, difficile non credere si riferisse in particolare a questo), il polacco ha avuto un'indecisione, credendo - o sperando - che il passaggio non fosse per lui e lasciandolo soccorrere, e Diaz alle sue spalle ha avuto l'occasione di intercettarlo e partire in campo aperto, mettendo in imbarazzo la difesa della Juventus prima di segnare il secondo gol. https://youtu.be/3DsR7lh-oc0?t=89 Allegri ha provato a cambiare subito le caratteristiche del proprio attacco, provando a puntare sulla qualità tecnica di Paredes e Miretti che hanno preso il posto di Locatelli e Kostic. La Juventus è quindi passata da una linea di centrocampo con due interni e due esterni a un reparto il cui punto di forza sarebbe dovuta essere la fluidità posizionale di Rabiot, Miretti e McKennie, con Paredes come organizzatore. Ma i giocatori della Juventus sono disabituati a giocare un calcio fluido, e la squadra è andata ulteriormente in confusione. Le cose sono migliorate con l'ennesimo stravolgimento, e cioè il passaggio a un più canonico 4-3-3 con Kean e Soulè come esterni d’attacco, finendo per creare solo qualche pallone buttato dentro in maniera caotica che non delle vere e proprie occasioni, mentre dal canto suo il Milan si è accontentato di sentirsi padrone del risultato, controllando i due gol di vantaggio più che provare a cercare il terzo e il quarto gol, che pure potevano quasi sembrare nelle sue corde.

I meriti di Pioli e i demeriti di Allegri Contro la Juventus il Milan ha dimostrato ancora una volta la bontà del proprio progetto. Non era nella sua giornata migliore ma i calciatori sapevano di poter seguire la traccia disegnata da Stefano Pioli. Il pressing individuale aggressivo, le ripartenze verticali, l’attacco della seconda palla sui lanci lunghi e le conduzioni dei suoi uomini più pericolosi in campo aperto sono bastate per vincere, anche senza esecuzioni perfette. Allora il confronto con la Juventus di Allegri risulta impietoso, e non solo per le parole del tecnico, che qualche settimana fa aveva imputato alle assenze la cattiva partenza della sua squadra, chiedendosi proprio cosa sarebbe successo al Milan nella stessa situazione. I suoi giocatori sembrano zavorrati, tirati sott'acqua da una struttura tattica rigida e monodimensionale, incapace di rispondere alla complessità del gioco e a cui i giocatori stessi sembrano non credere fino in fondo. Dopo 64 partite sulla panchina della Juventus dal suo ritorno e un profondo cambiamento della rosa, Allegri non è ancora riuscito a dare efficacia alla sua squadra né con il pallone né senza. Il baricentro basso e il controllo degli spazi in fase difensiva, preferiti a una ricerca più aggressiva della riconquista del pallone, si sono quasi sempre tradotti in un’eccessiva passività. La Juventus è una squadra vulnerabile. La scelta immutabile di attaccare in un campo grande, svuotando il centrocampo, ha reso scheletrica la manovra offensiva, con una circolazione di palla sempre prudente, più per necessità, vista l’assenza di linee di passaggio comode ed efficaci, che per scelta. Senza un gioco credibile, creare occasioni appare incredibilmente difficoltoso, con gli attaccanti sempre costretti a giocare spalle alla porta. Dopo un tempo così lungo, l'assenza del ben che minimo miglioramento, nonostante gli acquisti, dimostra che c'è un problema più profondo delle assenze, degli errori tecnici dei giocatori, della loro condizione fisica, dei giovani o dei vecchi. La Juventus di Allegri è una squadra piatta, con difetti che appaiono immutabili, calciatori involuti e un gruppo che non sembra in grado di assimilare le idee del suo allenatore - ogni settimana più confuse. Pensare che possa essere lo stesso Allegri a risollevare questa squadra, a questo punto, pare una pura utopia.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura