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Milan-Juventus 0-0, il contrario della perfezione
24 gen 2022
24 gen 2022
Un pareggio figlio della paura di entrambe le squadre.
(articolo)
10 min
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Uno stadio semivuoto e un terreno di gioco in pessime condizioni non erano certo l'ambiente migliore per una serata di calcio spettacolare. Milan-Juventus, in effetti, non è stata una partita spettacolare, e allora vale la pena chiedersi: sono state le due squadre a fare troppo poco per andare oltre le difficili premesse, oppure lo 0-0 finale riflette una partita di alto livello, in cui le due squadre hanno finito per annullarsi?

Da fuori è sembrato che per Milan e Juventus l’importanza del match - sia simbolica che pratica, per via degli obiettivi di classifica da raggiungere - abbia spinto le squadre a un atteggiamento prudente, volto a minimizzare i rischi e a non offrire il fianco agli avversari. La cautela di Milan e Juve si è però poggiata sui difetti strutturali delle due squadre, generando una partita asfittica e priva di slancio.

La partita della Juventus

La Juventus ha confermato il 4-2-3-1 visto nelle ultime giornate, con Cuadrado alto a destra, coperto alle spalle da De Sciglio, e McKennie a sinistra. In mezzo al campo ancora una volta Allegri ha rinunciato a schierare assieme due palleggiatori come Arthur e Locatelli, preferendo al brasiliano le doti da incontrista di Bentancur. Per una volta la scelta in fase di non possesso della Juventus è stata più aggressiva e, adattando con relativa facilità il suo 4-2-3-1 allo speculare schieramento utilizzato dal Milan, ha provato più spesso del solito a sporcare col pressing il primo possesso rossonero e a tenere la linea difensiva alta. Una scelta forse dettata dalle difficoltà rossonere in fase di impostazione e che ha forzato il Milan a cercare spesso i lanci lunghi, prima su Ibrahimovic e poi su Giroud, per risalire il campo contando sul lavoro fisico del proprio centravanti e sull’attacco delle seconde palle. La Juventus ha cercato, specie nel primo tempo, di pressare anche dopo la palla persa giocando buone fasi di riaggressione.

Sul possesso consolidato avversario, invece, i bianconeri si sono accomodati sul loro consueto 4-4-2 orientato principalmente a proteggere il centro del campo e che, nell’occasione specifica, si è preoccupato di fornire un costante raddoppio sulla marcatura di De Sciglio su Leão, identificato come la principale fonte di pericolo per la propria difesa. Il portoghese ha provato ben 16 dribbling, riuscendo solo 8 volte, ma dopo avere saltato De Sciglio si è sempre trovato davanti l’opposizione di Rugani, Cuadrado o di uno dei due interni bianconeri. La fase difensiva della Juventus ha controllato bene gli attacchi, per la verità timidi, del Milan. Sulle palle lunghe Rugani e Chiellini hanno prevalso nettamente su Giroud, che ha fatto rimpiangere non poco Ibra, che invece aveva fatto soffrire il più giovane dei centrali bianconeri. Nelle fasi di difesa posizionale la Juventus, controllando Leão, ha avuto buon gioco a ridurre al minimo i pericoli per la porta di Szczȩsny, difendendo bene il centro dell’area con Rugani - ottima la sua prestazione con 9 dei 13 duelli aerei vinti, 9 palle intercettate e 6 spazzate – Chiellini e il supporto dei due terzini. La zona davanti la linea difensiva è stata ben difesa dal lavoro di Locatelli e di Bentancur, che ha messo in mostra tutte le sue doti di recuperatore di pallone (13 palloni recuperati di cui 5 nella metà campo avversaria), e Cuadrado e McKennie hanno collaborato puntualmente con i due terzini.

C'è da dire che anche la prestazione non certo esplosiva dell'attacco del Milan ha facilitato notevolmente le cose, e che l'atteggiamento passivo della Juventus in fase difensiva ha finito di influenzare anche le sue possibilità di rendersi pericolosa in avanti. La Juventus ha concluso la partita con il bottino, piuttosto magro, di 8 tiri totali senza mai centrare la porta di Maignan. La qualità dei pochi tiri è stata oltretutto piuttosto bassa, generando solo 0.5 xG. Il palleggio della Juventus è stato tutto sommato piuttosto fluido e i bianconeri non hanno sofferto particolarmente i tentativi di pressing, nemmeno troppo convinti, del Milan. Complessivamente gli uomini di Allegri hanno mantenuto il possesso più a lungo degli avversari (53% di possesso palla) e sono riusciti spesso ad abbassare col palleggio la difesa rossonera, è tuttavia mancato ogni presupposto di pericolosità nell’ultimo terzo di campo e, a preoccupare i tifosi bianconeri, è l’impressione che, specie in assenza di Federico Chiesa, le difficoltà offensive della squadra siano più strutturali che contingenti.

Come è solito, e non solo in questa stagione, la Juve di Allegri ha avuto il suo lato forte a destra, sull’asse Cuadrado-Dybala, supportato da De Sciglio e da uno dei centrocampisti. Cuadrado e talvolta anche De Sciglio hanno tagliato internamente in occasione degli spostamenti verso l’esterno di Paulo Dybala, mentre gli interni, più spesso Bentancur, hanno provato ad attaccare la profondità. Il consolidamento del palleggio e la discreta fluidità di palleggio sul centro-destra si sono però quasi sempre sviluppati in una ricerca del lato debole o, in alternativa, in un cross dalla fascia destra stessa. McKennie, a cui è stato assegnato il ruolo di incursore e che per questo è stato spesso impegnato nella ricerca della profondità o nell’occupazione dell’area di rigore, ha quindi sempre assunto una posizione interna lasciando al solo Alex Sandro l’onere di occupare l’ampiezza sul lato debole. Purtroppo per la Juventus il brasiliano non è, o almeno non è più, un giocatore in grado di produrre gioco con continuità in isolamento. Pienamente coinvolto dai frequenti cambi di gioco dalla destra, Alex Sandro è stato il giocatore della Juventus che ha perso più palloni (16) anche perché costretto, probabilmente suo malgrado, a tentare ben 8 dribbling, riuscendo a superare il diretto avversario solo 3 volte. In assenza di un compagno vicino, l’attacco del lato debole di Alex Sandro, una delle principali direttrici offensive della Juventus sia nella partita contro il Milan che in tutta la stagione, si è rivelato improduttivo, col brasiliano costretto a forzare soluzione individuali o a temporeggiare in attesa di un sostegno, vanificando così gli eventuali vantaggi posizionali conseguiti.

D’altro canto il palleggio nella zona di centro-destra, non è riuscito quasi mai a tradursi in ricezioni interne vantaggiose nella zona tra il centrocampo e la linea difensiva avversaria. Con Dybala quasi sempre aperto a destra, McKennie alla disperata ricerca della profondità di cui la squadra ha enorme bisogno e la particolare attenzione a tenere sempre un buon numero di uomini dietro la linea del pallone per coprire la transizione difensiva, che in effetti ha funzionato, la Juventus ha avuto, come spesso le accade, enormi difficoltà ad accedere nella zona tra le linee difensive avversarie. La squadra di Allegri in questo modo ha finito per riciclare frequentemente il possesso in maniera perimetrale o rifinire con un cross dentro un’area troppo sguarnita di uomini, con i soli McKennie e Morata ad attaccare la porta avversaria. Troppo poco per creare preoccupazioni alla fase difensiva degli uomini di Pioli.

La partita del Milan

Il Milan è riuscito a produrre più tiri della Juventus - 14 di cui però solo 4 nello specchio della porta – ma anche per i rossoneri la qualità delle occasioni non è stata eccelsa (0.9 xG dai 14 tiri effettuati). Il Milan non ha disdegnato di alzare la palla verso il proprio centravanti nelle occasioni in cui la propria impostazione di gioco è stata pressata dalla Juventus, ma come detto Giroud non è riuscito a essere un porto sicuro per i lanci dei propri compagni. In fase di possesso consolidato invece i rossoneri non sono riusciti a muovere e disordinare l’attenta difesa avversaria che è riuscita a prevenire tutto sommato agevolmente i pericoli per la propria porta. La squadra di Stefano Pioli ha giocato una fase offensiva eccessivamente prudente e conservativa, rinunciando di fatto alle più evidenti qualità del proprio attacco che, nelle occasioni migliori, mette in mostra grossa fluidità nelle posizioni, dinamicità e tante rotazioni tra gli interpreti per generare confusione nella fase di non possesso avversaria. Contro la Juventus, invece, l’attacco posizionale del Milan è stato particolarmente attento al mantenimento delle posizioni, forse preoccupato di non compromettere troppo la stabilità dello schieramento in previsione della transizione difensiva. La consueta occupazione con gli esterni della zona alle spalle del centrocampo avversario è stata limitata. Messias ha provato più frequentemente di Leão ad occupare una posizione interna dietro gli interni bianconeri con Calabria più aperto sulla destra, ma anche questo set di movimenti è stato portato in campo in maniera piuttosto rigida e meccanica. L’esterno portoghese è stato utilizzato maggiormente sull’esterno in duelli individuali contro i diretti avversari, con Theo Hernandez che ha quindi occupato posizioni più avanzate solo dopo le ricezioni di Leão per fornirgli supporto o andare in sovrapposizione.

Messias occupa una posizione interna alle spalle del centrocampo avversario, Calabria occupa l’ampiezza. Sul lato opposto Theo Hernandez è più basso e Leão rimane aperto.

Le rotazioni del centrocampo del 4-2-3-1, che spesso sposta fluidamente il vertice dall’alto verso il basso ruotando uno degli interni e il trequartista, sono state limitate, così come il contributo interno al palleggio dei terzini. Inoltre i rossoneri, come la Juventus e in controtendenza con le proprie migliori abitudini di gioco, hanno portato pochi uomini sopra la linea del pallone e non hanno invaso l’area in occasione dei cross dalle fasce laterali. La fase offensiva rossonera, improntata più di altre volte a criteri di prudenza e stabilità dello schieramento, non è stata in grado di mettere sufficientemente sotto pressione la concentrata difesa bianconera, finendo per dipendere eccessivamente dalle iniziative individuali di Leão, cui Allegri ha dedicato un’attenzione particolare, e di Messias e Brahim Diaz, che hanno però faticato particolarmente a vincere i propri duelli. In quest’ottica l’ingresso di Saelemaekers al posto di un timido Messias è sembrato fornire più vivacità e incisività all’attacco rossonero, ma non è bastato a cambiare l’inerzia di un attacco spuntato. Il Milan non è riuscito neanche a compensare le difficoltà in fase di attacco posizionale con veloci ripartenze in transizione offensiva, che di solito sono il suo vero punto forte.

Come per i bianconeri, la fase difensiva del Milan ha funzionato decisamente meglio di quella offensiva, favorita, anche in questo caso, dalle scelte e dalle difficoltà in attacco degli uomini di Allegri. Pioli, pur non abdicando a pressare la costruzione dal basso avversaria, ha adottato un approccio al pressing meno audace, rinunciando ad attaccare in parità numerica la prima impostazione degli uomini di Allegri. Contro il triangolo formato da Rugani, Chiellini e Locatelli – o Arthur dopo il suo ingresso il campo – Pioli, pur modificando in corso d’opera le uscite, ha sempre concesso superiorità numerica ai bianconeri scegliendo così di proteggere con la solita notevole prestazione difensiva di Tonali – 13 duelli su 17 vinti e 11 palle recuperate – la zona davanti alla linea difensiva.

Il Milan concede superiorità numerica alla Juventus in fase di impostazione pressando solo col centravanti e il trequartista il triangolo di costruzione bianconero.

La prudenza nelle uscite del pressing ha regalato alla Juventus una certa tranquillità nell’impostazione da dietro, ma più avanti il Milan è stato abile a togliere ogni varco all’attacco juventino, negando l’accesso alle zone interne, marcando ottimamente l’isolato Morata con Kalulu e Romagnoli e difendendo con attenzione sull’esterno con Calabria, spesso impegnato in duelli individuali con Alex Sandro e, dal lato opposto, con Theo Hernandez.

Anche se le sue scelte possono essere giustificate dalla caratura tecnica dell'avversaria e dalla distanza in classifica, in vista del derby in programma nella prossima giornata di campionato Pioli dovrà interrogarsi se un approccio più prudente e conservativo sia davvero nei migliori interessi di una squadra che ha centrato i propri momenti migliori sul coraggio del proprio pressing e sulla fluidità dell'attacco.

Più strutturali appaiano invece i problemi offensivi della Juventus che ciclicamente, specie contro avversari di livello superiore, mostra difficoltà a disordinare le difese avversarie e a penetrare nelle zone calde del proprio attacco. Allegri alla fine del match si è mostrato soddisfatto per l’ottavo clean sheet nelle ultime 12 partite, ma per la Juventus il tempo sta stringendo per recuperare un posto tra le prime quattro del campionato.

Entrambe le squadre, comunque, sono risultate piuttosto pavide e lo spettacolo restituito è inevitabilmente stato deludente, molto lontano da quello che Gianni Brera considerava la partita perfetta.

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