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Cosa dobbiamo pensare dell'esclusione del Milan dall'Europa League
28 giu 2019
28 giu 2019
Alcuni ragionamenti sulla sentenza del TAS.
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Adesso è ufficiale: il Milan è stato escluso dall’Europa League 2019/20 per violazione delle regole del Fair Play Finanziario relative ai trienni 2015/17 e 2016/18. Per il momento la UEFA non ha comunicato nulla su ulteriori conseguenze future di questa decisione, ma è già possibile fare delle previsioni partendo dal comunicato stampa con il quale il TAS di Losanna ha reso nota la decisione.

Innanzitutto il TAS fa sapere che quanto deciso è frutto di un Consent Award, quindi non una sua delibera, ma la semplice ratifica di un accordo fra le parti (cioè il Milan e la UEFA, per l'appunto) che “sana” la situazione di stallo venutasi a creare con l’appello del Milan al TAS contro la decisione della Camera Giudicante della UEFA del 20 novembre e con la notifica della Camera Investigativa della UEFA del 10 aprile.

La Camera Giudicante, infatti, aveva sanzionato il Milan per violazione del break-even nel triennio 2015/17 con una multa, la limitazione della rosa utilizzabile per le successive competizioni europee e soprattutto con l’obbligo di raggiungere il pareggio di bilancio richiesto dalla UEFA (equivalente a un passivo massimo di 30 milioni complessivi in un triennio) al termine del triennio 2018/21, decisione fino a oggi sospesa dall’appello presentato dal Milan al TAS che era ancora in attesa di sentenza. La Camera Investigativa aveva invece richiamato in causa la Camera Giudicante per valutare un’eventuale nuova punizione visto il mancato raggiungimento da parte dei rossoneri del break-even per il triennio 2016/18 e il protrarsi della sospensiva sulla sanzione precedente.

Il Milan e la UEFA hanno oggi raggiunto un accordo per unificare le due sanzioni, cancellando di fatto in un colpo solo la punizione decisa dalla UEFA per il triennio 2015/17, l’appello contro questa sanzione e la procedura di infrazione relativa al triennio 2016/18. Questo accordo prevede come unica sanzione da scontare per i rossoneri l’esclusione dall’Europa League 2019/20 oltre al pagamento delle spese legali per i procedimenti portati davanti al TAS.

Foto di FABRICE COFFRINI/AFP/Getty Images

Quanto è successo è una buona notizia per il Milan?

Se da un punto di vista puramente sportivo la risposta non può che essere negativa, vista l’esclusione da una competizione europea, dal punto di vista economico - e in relazione alla delicata situazione dei rossoneri rispetto alle richieste del Fair Play Finanziario - invece il club ha di che essere contento. Se l’appello presentato al TAS in merito alla sanzione del 20 novembre fosse stato respinto, infatti, il Milan avrebbe avuto la quasi automatica certezza di non partecipare alle coppe 2021/22 (con il rischio di venire esclusa dalla Champions League in caso di qualificazione) perché i conti dei rossoneri richiedevano veri e propri salti mortali per raggiungere il break-even già nel triennio 2018/21. Il nuovo scenario comporta invece un azzeramento totale delle “mancanze” passate del Milan rispetto alle richieste UEFA, ripulendo di fatto la posizione del club. Almeno per qualche giorno.

Il 30 giugno 2019, infatti, si chiuderà il bilancio del triennio 2016/19 per il quale il Milan sarà nuovamente passibile di sanzione visto che il bilancio 2016 (ultimo calcolato su anno solare) si è chiuso un passivo di 75 milioni, quello 2017/18 con un passivo di 126 milioni e per quello di quest’anno si parla di un passivo compreso fra gli 80 e i 100 milioni.

Nel corso del 2019/20, quindi, la Camera Investigativa della UEFA aprirà un nuovo procedimento nei confronti del Milan che culminerà con ogni probabilità con la sottoscrizione di un Settlement Agreement davanti alla Camera Giudicante visto che, a differenza di quanto accaduto sotto la gestione cinese che non era riuscito a ottenerlo, il club questa volta rispetta il requisito della Continuità Aziendale.

La gestione Elliott non potrà però accedere al Voluntary Agreement a causa della sanzione di esclusione dalle coppe subita in questa stagione. È ipotizzabile che il nuovo Settlement Agreement sarà costruito a immagine e somiglianza di quelli che abbiamo già visto comminare a Inter e Roma negli scorsi anni. All’interno di un periodo di tempo di tre o quattro anni al Milan verrà richiesto di raggiungere traguardi intermedi di bilancio con l’obiettivo di raggiungere alla fine del periodo considerato il tanto agognato break-even. In questo modo i rossoneri hanno ottenuto un allungamento dei tempi, che da una parte non pregiudica la partecipazione alle coppe europee dal 2020/21 in poi, ma dall’altra non fa venire meno la necessità di operare delle politiche di riduzione dei costi e aumenti dei ricavi che, insieme alle sempre presenti plusvalenze, possa permettere al club rossonero di risanare finalmente i buchi di bilancio che ormai lo affliggono da troppe stagioni.

E sul mercato?

Per quanto riguarda le conseguenze sul mercato estivo, al momento abbiamo una sola certezza: non solo al Milan non è richiesto fare plusvalenze entro il 30 giugno 2019, ma non conviene neppure, perché nel futuro Settlement Agreement la stagione 2018/19 non verrà considerata. Nel caso in cui si volesse cedere Donnarumma al Paris Saint-Germain, come da voci di mercato degli ultimi giorni, sarebbe quindi conveniente inserire la plusvalenza nel bilancio 2019/20 che invece sarà quasi certamente preso in considerazione nel prossimo accordo con la UEFA. Non avendo alcuna altra anticipazione sugli obiettivi intermedi di bilancio che la UEFA richiederà ai rossoneri, è impossibile a oggi fare stime più precise su quale sia il margine di manovra del club da qui al 2 settembre, quando chiuderà la sessione estiva di mercato, ma visti i precedenti è molto probabile che la società si muova fin da ora in accordo con la UEFA per iniziare l’opera di risanamento dei conti.

Non sono quindi ipotizzabili nuovi all-in come quello chiamato, e fallito, dalla gestione Fassone-Mirabelli per approfittare dell’allungamento dei tempi. Molto più probabile la chiusura di operazioni oculate e possibilmente lungimiranti che possano garantire un aumento del valore della rosa nel corso del tempo, unite a un taglio dei costi favorito dalla esclusione dalle coppe che può permettere la costruzione di un parco giocatori numericamente meno ampio con conseguenti effetti positivi sulla riduzione del monte ingaggi.

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