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Emanuele Mongiardo
Cosa può salvare il Milan dalla partita di ieri
12 ott 2022
12 ott 2022
Una partita difficile da analizzare, ma che ha dato segnali.
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Emanuele Mongiardo
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Foto di Nderim Kaceli / IPA
(foto) Foto di Nderim Kaceli / IPA
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Non è mai facile esaminare la sconfitta di una squadra costretta a giocare in dieci dal 18’ del primo tempo. Cosa considerare come significativo nell’analisi? Un piano partita ben eseguito, ma durato appena una ventina di minuti per cause di forza maggiore? Una risposta all’apparenza coraggiosa ma insostenibile? Le possibili sliding doors che avrebbero potuto cambiare la gara?Milan-Chelsea, infatti, si è chiusa dopo il colpo di testa di poco alto di Giroud su cross di Brahim Diaz, l’occasione migliore per i rossoneri, con il francese libero di colpire dal cuore dell’area a debita distanza da Chalobah e Reece James. Era il 27’ del primo tempo, il Milan giocava già con un uomo in meno e stava provando a mantenere comunque un atteggiamento aggressivo. Sette minuti più tardi sarebbe arrivato lo 0-2, conseguenza dell’intelligenza del Chelsea nel capire dove i rossoneri non avrebbero potuto coprire l’uomo in più. Quel gol avrebbe tagliato le gambe ai rossoneri, frustrati dall’incapacità di contestare il pallone agli inglesi. Il Milan di Pioli, si sa, ha costruito molte delle sue fortune sul pressing alto e sulla riconquista immediata del pallone. Da più di un anno il tecnico ha accentuato l’aggressività, accettando di giocare uomo contro uomo. Va da sé che l’espulsione di un giocatore diventa pregiudizievole per questo tipo di calcio. Eppure, qualcosa da salvare rimane. Finora il Milan non era mai riuscito a imporre la propria aggressività senza palla in Champions: lo scorso anno, il pressing alto aveva funzionato solo contro una squadra con gravi difficoltà in costruzione come l’Atletico Madrid (e anche lì per pochi minuti a causa di un’espulsione), ma non si era visto contro il Liverpool ed era stato orchestrato male contro il Porto. Ieri sera, allora, per la prima volta in Europa il Milan di Pioli sembrava padrone del contesto grazie al proprio pressing, contro una squadra abile in palleggio. Nei venti minuti circa di parità numerica, l’uomo contro uomo rossonero aveva funzionato, persino nei potenziali anelli deboli del sistema – come Gabbia, chiamato spesso a scalare in avanti su Aubameyang.In quel contesto di controllo, però, il rigore di Tomori su Mount non è arrivato in maniera casuale e anzi, insieme a qualche altra azione, indica a Pioli quale sia il rischio di portare in Europa un sistema che accetta gli uno contro uno in ogni zona del campo.La prima fase di partita: l’aggressività del Milan Rispetto alla partita d’andata, Pioli aveva cambiato assetto alla difesa e adottato lo stesso schieramento della vittoria con la Juventus: Theo, con la fascia di capitano, recupera il suo posto a sinistra, mentre Kalulu si sposta a destra per agire da terzino, segno di come Dest sia ancora troppo poco solido per dimostrarsi utile, anche come rincalzo. Sul centro destra, a fianco del centrale sinistro Tomori, si posiziona Gabbia. A centrocampo, nominalmente, Krunic si piazza davanti alla coppia di mediani Tonali – Bennacer, mentre le ali sono Leao a sinistra e Brahim a destra (lo spagnolo al posto dell'infortunato de Ketelaere è l’altra variazione rispetto a settimana scorsa). Il Chelsea, invece, sostituisce l’infortunato Fofana con Chalobah sul centro destra della difesa a tre. Per il resto, nel 3-4-3 di Potter, rispetto alla gara di Stamford Bridge, Jorginho prende il posto di Loftus-Cheek al fianco di Kovacic.Come detto, la prima fase della partita è caratterizzata dal forte pressing del Milan. Al solito, Pioli aveva disseminato il campo di scalate sull’uomo. In maniera naturale, Leao, Giroud e Brahim si orientavano sui tre difensori, mentre i terzini salivano sugli esterni Reece James e Chillwell. A centrocampo, Tonali si alzava su Jorginho, mentre Krunic controllava Kovacic. Alle loro spalle Bennacer rimaneva più bloccato e agiva quasi da terzo centrale: l’algerino pensava soprattutto a coprire il centro destra, la zona dell’attaccante di sinistra Sterling, mentre, in maniera più pronunciata, Gabbia e Tomori si occupavano rispettivamente delle altre due punte Aubameyang e Mount. [gallery columns="6" ids="84706,84707"] Nonostante l’elevato tasso tecnico del Chelsea e l’abitudine a giocare sotto pressione, il sistema difensivo del Milan aveva funzionato davvero bene. La costruzione avversaria non trovava sbocchi puliti: se non si poteva uscire sul corto, i difensori provavano a lanciare direttamente sulle punte, ben controllate, però, dalla linea arretrata rossonera. Gabbia, in particolare, un centrale senza troppa mobilità, per cui potrebbe risultare rischioso staccarsi troppo in avanti per seguire l’uomo, era puntuale su Aubameyang e non gli consentiva mai di girarsi: se un rincalzo, un potenziale punto debole, riesce a infastidire in modo così preciso e aggressivo un avversario del genere, vuol dire che il sistema regge bene e gli offre la sicurezza di azzardare un modo di difendere in teoria lontano dalle sue caratteristiche.A consolidare il senso di controllo del Milan non c’era solo il pressing alto, ma anche i tentativi immediati di riaggressione, favoriti da una fase di possesso che portava tanti giocatori rossoneri ad addensarsi intorno al pallone, così da rendere facile riconquistarlo dopo un’eventuale perdita. Il Milan, sulla carta, schierava il solito 4-2-3-1, ma in realtà non lo ha mai adottato. In fase di possesso, l’impostazione partiva sempre con tre uomini davanti a Tatarusanu. Di solito Kalulu rimaneva stretto da terzo di destra, con Gabbia al centro e Tomori terzo di sinistra. In mediana, accanto a Bennacer, Theo stringeva e difatti diventava interno sinistro di centrocampo, mentre Tonali si alzava da trequartista sulla stessa linea di Krunic. L’alternativa, meno frequente, prevedeva la discesa di Bennacer tra i difensori, con uno tra Kalulu e Tomori chiamato a salire per dare ampiezza come un vero esterno di centrocampo: per l’intraprendenza del francese e dell’inglese, sarebbe stato interessante vedere come il Milan avrebbe sviluppato questo pattern. [gallery columns="6" ids="84709,84710"] In ogni caso, i rossoneri Il Milan hanno costruito soprattutto sulle fasce. Al solito, Pioli ha demandato molto alle individualità anche nelle combinazioni di catena. Mentre a sinistra l’obiettivo era costruire l’uno contro uno frontale o la conduzione per Leao, a destra ci si poggiava sulla qualità di Brahim in protezione di palla, chiamato a conservare il possesso con l’uomo addosso per far muovere intorno a sé i compagni e permettergli di creare linee di passaggio. La circolazione sulle fasce non è stata troppo pulita, ma, in maniera diretta, ha contribuito al controllo del Milan. Il resto della squadra si avvicinava alle catene di fascia, pronta a offrire il proprio contributo in fase di gegenpressing se il Chelsea avesse recuperato palla: con la linea laterale vicina, la riconquista per il Milan diventava più agevole. Lodevole, in particolare, il lavoro di Bennacer e Giroud in aggiunta ai compagni in fascia per la riaggressione. L’attaccante francese, ricordandosi di schermare il passaggio verso il centrale alle spalle, scivolava verso la fascia per chiudere il difensore più vicino. Bennacer, invece, da mediano che rimaneva più arretrato, si avvicinava alla zona palla e se il Chelsea, in assenza di sbocchi sul corto, provava a giocare lungo, si occupava di intervenire sulla linea di passaggio e recuperare il pallone.

Gegenpressing Milan: Theo dalla fascia stringe su Thiago Silva. Giroud dal centro dell’area arriva in raddoppio, schermando anche Koulibaly alle proprie spalle. Thiago Silva lancia e Bennacer, che si trovava già sul lato palla, interviene sulla linea di passaggio.

Vero, in quei venti minuti di superiorità tattica il Milan non ha creato vere occasioni. Non bisogna dimenticarsi, però, che si tratta di una squadra che non ha bisogno di una costruzione sempre pulita per colpire gli avversari. In molte partite, a un certo punto, i rossoneri iniziano a creare palle gol perché il piano della gara si inclina dalla loro parte, dopo fasi di pressing in cui conquistano il centro del ring fino a trovare la crepa nel sistema rivale. Sarebbe andata così anche senza l’espulsione di Tomori? Impossibile saperlo, anche per la solidità del Chelsea. Chissà, se su quel contropiede nato da un calcio d’angolo degli inglesi Tonali avesse servito Theo a sinistra o avesse trovato il modo di mettere il pallone sulla corsa di Brahim alle spalle della difesa invece di darglielo sui piedi, magari il Milan avrebbe segnato e la partita sarebbe cambiata.

Le alternative che avrebbe potuto battere Tonali. La palla, però, invece di farla passare alle spalle dell’ultimo uomo per attivare Brahim sulla corsa, gliela fa passare davanti, così Brahim è costretto a fermarsi al momento del controllo e il Chelsea può rientrare sotto la linea della palla.

Elucubrazioni inutili, comunque. Di utile, invece, c’è la lezione su quali siano i rischi dell’uno contro uno a tutto campo contro giocatori con la qualità di Kovacic, Reece James e Mount.L’uomo contro uomo in EuropaTutte le squadre italiane che provano a pressare alto impostano la propria difesa sui duelli individuali. Sia Milan che Chelsea cercavano di recuperare la palla subito, ma la differenza di principi era evidente: mentre i rossoneri pareggiavano gli avversari in impostazione (e quindi anche i difensori rimanevano in parità numerica con gli attaccanti inglesi) e cercavano scalate in avanti, igiocatori di Potterpreferivano aggredire scivolando da un lato all’altro di reparto, con Sterling, Kovacic e Mount stretti alle spalle di Aubameyang per scivolare insieme a seconda del lato palla, con il più esterno dei tre aggressivo sull’uomo in possesso e Jorginho alle loro spalle pronto a coprire le linee di passaggio: il pressing veniva effettuato con un uomo in meno rispetto a chi imposta, ma la compressione degli spazi, scivolando sul lato palla, permetteva di annullare la superiorità numerica; inoltre, l’uomo in meno nella prima linea di pressione diventava un uomo in più nella linea arretrata, per cui anche per i difensori, nella propria trequarti, diventava più agevole scivolare o alzarsi verso il rivale in possesso. C’era più copertura alle proprie spalle. Le italiane, come detto, adottano un principio diverso. Contro una squadra con la qualità del Chelsea, può capitare, in determinate azioni, di non riuscire a conquistare subito la palla perché i giocatori sanno reggere l’uno contro uno, con la protezione o con la precisione nel gioco di prima e nei movimenti. Il rischio più grande, però, arriva se ci si distrae un attimo e ci si fa sorprendere alle spalle. Per un sistema dove il riferimento è l’uomo, se l’avversario si muove alle spalle di un difendente è più difficile offrire aiuto reciproco: scivolare per coprire il compagno diventa più complicato, perché magari l’avversario, con intelligenza, ha dilatato le distanze tra i difensori, oppure perché si ha paura di perdere il proprio uomo. Il Milan, contro il Chelsea, è stato vittima di una situazione del genere. Dopo un tentativo di gegenpressing mandato a vuoto dal dinamismo di Kovacic e dalla sua qualità nei passaggi, Reece James riceve aperto sulla destra, una ventina di metri oltre il centrocampo. Il Milan sta scivolando sul suo lato. Theo si abbassa quanto basta per negargli la conduzione e fa per avvicinarsi. Più al centro, Mount si era abbassato nel mezzo spazio di destra per offrire un appoggio a James, e Tomori lo aveva seguito, allontanandosi così dall’altro centrale Gabbia. Appena James controlla palla, Mount scatta alle spalle di Tomori; il difensore inglese perde un millesimo di secondo a guardarlo e così Mount gli sfila davanti. James disegna un bel rasoterra a giro sulla corsa del compagno, indirizzato verso la porta.

Il momento in cui Tomori si gira per guardare Mount e questi gli si infila alle spalle.

Detto che Tomori era riuscito a recuperare, sporcando la conclusione di Mount con un fondamentale, quello di ostacolare la corsa dell’avversario col contatto fisico, che è la base del mestiere del difensore e che, nel rispetto dello spirito del gioco, non avrebbe mai dovuto portare ad un rigore, è interessante chiedersi se Gabbia poteva, con un pizzico di anticipo, derogare dalla marcatura di Aubameyang per scivolare verso sinistra e dare copertura a Tomori, affidando a sua volta il centravanti gabonese allo scivolamento di Kalulu. Gabbia, invece, rimane a controllare Aubameyang, allontanandosi di qualche altro passo da Tomori, forse perché non pensa di essere abbastanza veloce da poter tamponare Mount alle sue spalle, o forse perché rimane troppo legato al principio di controllare l’uomo nella propria zona – ma forse è anche ingiusto nei confronti dello splendido passaggio di Reece James porsi questa domanda.

Gabbia rimane su Aubameyang mentre Mount si lancia alle spalle di Tomori. Valutare da uno screenshot è impossibile, ma resta forse la domanda su dove nasca la scelta del difensore italiano e se fosse effettivamente possibile intervenire.

Dopo l’espulsione, e dopo l’occasione di testa di Giroud, la partita di fatto termina. Il Milan inizialmente si risistema con un 4-4-1 non più aggressivo sui centrali ma che cerca di mantenere un baricentro medio-alto. Nell’unica occasione in cui i rossoneri, anche in inferiorità numerica, provano a pressare uomo su uomo i giocatori in costruzione del Chelsea, arriva il 2-0. Gli inglesi sono perfetti nell'annusare dove c’è l’uomo in più: se il numero di avversari in pressing pareggia i propri uomini in costruzione, vuol dire che in zona arretrata il Milan rimane con un uomo in meno. La squadra di Pioli attiva il pressing all’altezza del centrocampo. Leao, Giroud e Brahim si alzano sui tre difensori e di conseguenza Tonali si alza su Jorginho. Bennacer, a quel punto, rimane solo a centrocampo contro tre uomini: Mount vicino a lui, Chillwell sul centro destra e Kovacic sul centro sinistra (addirittura due uomini in più rispetto all’algerino perché Kalulu, che avrebbe dovuto dividersi Mount e Chillwell con lui, resta basso). Koulibaly, così, gioca un filtrante per Chillwell.

L’inglese torna indietro, Tonali rientra e da un loro contrasto la palla arriva a Mount. Il centrocampista inglese prova a trovare Kovacic, libero alle spalle di Bennacer, con un pallonetto che lo scavalchi.

La palla è imprecisa, Leao avrebbe potuto recuperarla rientrando, ma invece si ferma, e così la sfera diventa di Aubameyang che si sfila dalla difesa. Il gabonese prende palla sul centro destra, dove non c’è nessuno del Milan visto che erano scalati tutti sul centro sinistra. Da lì Kovacic appoggia a Mount, Aubameyang si inserisce dalla seconda linea e in corsa batte Tatarusanu.Nel secondo tempo Pioli passa al 4-3-2 e a quel punto l’uomo in più, per il Chelsea, sono i due braccetti, cercati con grande lucidità dalla squadra di Potter: Koulibaly e Chalobah, liberi di portare palla in avanti quasi fino all’area rossonera, assestano la squadra nella metà campo avversaria.Ancora una volta, il Milan si ritrova a raccogliere meno di quanto seminato in Europa, almeno per quello che si era visto fin quando c’è stata parità numerica. Competere contro squadre più forti è la base per giocare in Champions. D’ora in avanti, però, dovranno arrivare anche vittorie contro squadre del calibro del Chelsea, anche perché i venti minuti del primo tempo di ieri fanno da contraltare a partire come quella col Salisburgo, o come quelle col Porto dello scorso anno, dove la squadra di Pioli è sembrata intimorita davanti ad avversari sulla carta più deboli. Grazie al pareggio tra Dinamo Zagabria e Salisburgo la qualificazione rimane ancora tra le mani dei rossoneri. Dovessero arrivare gli ottavi di finale, però, le buone prestazioni contro squadre di caratura più alta non saranno più sufficienti. Il percorso di crescita in Europa, per un progetto al suo secondo anno di Champions, passa anche da vittorie inaspettate, ma costruite sulle proprie certezze.

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