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Foto IPA / Fotogramma
Serie A Emanuele Atturo 26 gennaio 2021 9'

Perché il Milan ha ricevuto così tanti rigori

Un ragionamento sul rapporto tra rigori e VAR.

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Con quello ricevuto contro il Cagliari, lo scorso 18 gennaio, al Milan sono stati fischiati 12 rigori in 19 partite: un bell’andare. Si calcolava che proseguendo con questa media, in proiezione, il Milan avrebbe ricevuto 24 rigori a fine campionato, frantumando ogni record precedente e ogni fegato dei tifosi non rossoneri. Se ne sta parlando molto, ovviamente, nei canali ufficiali e nei corridoi paludosi delle chat su WhatsApp. La chat di famiglia, quella del fantacalcio, quella del lavoro, quella del calcetto: i veri organi di informazione di questo paese. Il tono con cui se ne parla, quando non è furibondo e pieno di risentimento, è sarcastico. Nelle chat non esiste un rigore giusto: ogni rigore è una colpa, un marchio di disonestà. In queste ultime settimane dopo ogni rigore del Milan arriva la notifica, un commento strisciato, qualcuno magari che fa notare che il rigore c’era, altri che dicono che non c’era.

 

Quasi sempre l’insinuazione ammiccante è che – lo sappiamo tutti, siamo persone cresciute – c’è qualcosa dietro. Un piano, un grande disegno, un complotto, come vogliamo chiamarlo. In genere riguarda la Juventus, l’anno scorso riguardava la Lazio, quest’anno il Milan. In fondo lo insinuano anche gli allenatori, che ci sono squadre favorite e sfavorite: si lamentano spesso dei rigori e, nello specifico, Gian Piero Gasperini davanti ai microfoni ha detto, in sostanza, che i rigori bastano a spiegare la differenza di classifica tra l’Atalanta e il Milan. Perché allora le persone non dovrebbero crederlo. Proprio nell’ultima partita, in seguito a qualche protesta dei rossoneri per un contatto in area di rigore, Duvan Zapata ha provocato Ibrahimovic dicendogli: «Non riuscite a chiudere una partita senza rigori, volete il tredicesimo?».

 

Ora, noi su l’Ultimo Uomo non parliamo mai di arbitri. Non lo facciamo neanche nelle analisi di partite in cui le decisioni arbitrali hanno finito per incidere non poco, e ovviamente non gli dedichiamo spazio per articoli interi. Le motivazioni sono diverse e le trovate scritte tutte qui. In sostanza diamo per scontato che ci possano essere degli episodi controversi, perché il regolamento calcistico è ricco di zone grigie che possono essere chiarite solo da interpretazioni soggettive. Ma diamo per scontata anche la buona fede e crediamo anche che parlare di arbitraggi, in sostanza, non porti a nulla se non a intossicare un discorso sportivo già involuto. Rifaccio queste premesse per dire che neanche stavolta vogliamo parlare di arbitraggi: non crediamo ci sia alcun complotto nella quantità di rigori data al Milan, né vogliamo riguardare gli episodi uno a uno analizzandoli. Ci sono già scrupolosi commentatori e persino ex arbitri a farlo. Però c’è anche da dire che i rigori sono un evento peculiare in una partita di calcio, e il numero di rigori dati al Milan comincia a essere una notizia, o comunque un’anomalia statistica difficile da ignorare. 

 

Ad esempio: la squadra di Pioli ha ricevuto più del doppio dei rigori di Roma, Sassuolo e Juventus, le tre squadre seconde in questa classifica. Diciamo inoltre che 19 squadre di Serie A hanno ricevuto una cifra di rigori compresa tra i 5 e gli uno di Udinese, Parma e Genoa. La media dei rigori ricevuti da queste 19 squadre è di 3. Messi così, i 12 rigori avuti dal Milan sono grotteschi. Potrebbe venire in mente l’esempio della Lazio lo scorso anno, che riuscì a battere il record storico di rigori a favore nella storia della Serie A: in effetti, alla fine dello scorso girone di andata, la squadra di Simone Inzaghi aveva ricevuto solo un rigore meno del Milan. Ma contestualizzando il dato alla scorsa stagione diventa meno assurdo. Il Genoa a fine anno avrà solo 2 rigori in meno rispetto ai biancocelesti, il Lecce 3, la Juventus 4. Insomma, una classifica omogenea e condizionata dalla regola sui falli di mano, o dalle sue interpretazioni, o da qualsiasi cosa abbia determinato il fischio di così tanti calci di rigore per falli di mano. Un’anomalia su cui è stato impossibile capirci qualcosa, visto che nessuna autorità arbitrale ha spiegato al pubblico cosa stava succedendo. 

 

Quest’anno, pur restando su medie alte, si assegna circa un rigore in meno a giornata, quindi il dato del Milan spicca di più. Ci sono delle spiegazioni intellettualmente oneste del perché una squadra riceve più rigori di altre o è una lotta contro i mulini a vento? 

 

Cagliari vs Milan - Serie A TIM 2020/2021

Foto LaPresse / Spada.

 

Qualche spiegazione

Dico subito che non ci può essere una spiegazione chiara e inconfutabile del perché, ed è per questo che in fondo ha successo una risposta facile come PERCHÉ RUBANO. Ci sono però delle metriche statistiche che di solito sono la spia che una squadra può essere più “incline” a ricevere rigori: la quantità di passaggi, il numero di tocchi e di uomini portati in area di rigore avversaria. Statistiche che potrebbero indicare il fatto che il Milan gioca molto vicino alla porta, e in una zona in cui è facile fischiare rigore. Che, quindi, porta le difese avversarie a situazioni di stress tale da commettere fallo in area di rigore. Queste statistiche, per esempio, rappresentavano una parziale spiegazione ai molti rigori assegnati alla Lazio lo scorso anno: fino alla sosta per il lockdown – dopo il quale pure il dato sui rigori è crollato – era una di quelle che giocava di più in area avversaria, seconda per passaggi completati e quarta per tocchi in area.

 

In realtà, però, il Milan non spicca in nessuna di queste statistiche avanzate. Per tocchi in area è quinto, per passaggi sesto e guardando questo grafico di Statsbomb non sembra neanche tra le squadre che portano più uomini in area di rigore. Insomma, queste metriche non aiutano a creare una relazione col numero di calci di rigore del Milan.

 

Quindi rubano? No, guardando i rigori assegnati al Milan ci si accorge di alcune cose che possono valere da spiegazioni. Ci sono, per esempio, delle questioni tattiche. Il Milan è una squadra che attacca in modo veloce e diretto, anche quando è costretta a un attacco posizionale giocatori come Ibrahimovic o Calhanoglu sono capaci di dare sterzate improvvise all’azione con la rapidità delle loro letture. È una squadra che gioca molte transizioni, lunghe e corte, e che porta spesso i suoi giocatori ad attaccare in velocità la porta avversaria. Quando le squadre avversarie si abbassano e lo costringono a un attacco posizionale, il Milan pare comunque avere fretta nel modo in cui muove la palla cercando di disordinare gli avversari.

 

Va detto anche che esistono giocatori più bravi a guadagnare calci di rigore, e forse dovremmo cominciarne a parlarne come se non fossero dei banditi. Lo scorso dicembre è uscita la statistica che Sterling è il calciatore che ha guadagnato più rigori nella storia della Premier League: 20. Qualcuno non sarà sorpreso: Sterling ha una torbida fama di simulatore, ama giocare molto ai bordi filosofici di cosa è un contatto e cosa non lo è, dribbla tanto vicino alla porta, muove le gambe più velocemente di tutti i difensori che ha davanti e, insomma, è quasi fisiologico che riceva tanti rigori. Il Milan porta spesso i suoi giocatori in situazioni di uno contro uno in velocità dentro l’area di rigore. Contro il Torino, Brahim Diaz ha portato palla in area con un’altissima frequenza di passo, e se l’è spostata proprio nel momento dell’intervento di Belotti.

 

Il migliore del Milan nel guadagnarsi i rigori è senz’altro Ante Rebic, che a dispetto del non eccezionale minutaggio accumulato quest’anno ha già guadagnato 4 calci di rigore. Contro il Crotone con un dribbling improvviso di tacco, dopo una transizione corta attaccata con grande intensità; contro il Benevento ha riconquistato la palla in area di rigore avversaria, durante una costruzione avventurosa della squadra di Filippo Inzaghi, intuendo il passaggio all’indietro ci si è buttato da stunt-man: Tuia aveva comunque un grosso vantaggio ma a quel punto l’azione era diventata una specie di ruba-bandiera, Rebic è arrivato prima, ha spostato la palla al difensore e si è fatto fare fallo.

 

Rebic è molto bravo a far pensare al difensore di intervenire sul pallone e poi a mettergli davanti la gamba. Questo tipo di malizia ovviamente non manca a Ibrahimovic, ma neanche a Bennacer e Kessié, altri giocatori che hanno guadagnato calci di rigore arrivando prima degli avversari su palle sporche, e subendo il contatto di difensori imprudenti. Su questo tipo di duelli, di palle contese che chiamano interventi sbagliati per una frazione di secondo, il Milan ha guadagnato molti rigori. C’entra forse anche la convinzione psicologica di una squadra che sembra crederci sempre un po’ di più dei suoi avversari, su ogni singola palla.

 

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Foto di Tano Pecoraro / LaPresse.

 

Introduzione alla categoria dei “falletti”

C’è forse da fare un discorso generale sui calci di rigore. Guardiamo per esempio il rigore assegnato al Napoli in Supercoppa italiana: Dries Mertens è molto furbo a infilare la gamba davanti a quella di McKennie mentre quello sta calciando. L’americano non l’ha proprio visto arrivare, non c’è volontarietà: pensava di calciare il pallone e ha calciato la gamba di un calciatore che se l’è fatta calciare. C’è più volontarietà di Mertens nel farsi fare fallo che in McKennie nel fare fallo. In più, Mertens è in una posizione piuttosto innocua dell’area: avesse conquistato il pallone non si sarebbe trovato in una situazione così pericolosa. Per il regolamento attuale né la volontarietà né l’effettiva pericolosità sono cose rilevanti, ma siamo sicuri che sia un regolamento al servizio di un calcio più giusto e godibile? 

 

Un altro esempio è proprio a discapito del Milan, nella recente partita contro l’Atalanta. Kessié allarga il gomito e colpisce Ilicic sulla faccia: è fallo, e quindi è rigore. Ma che danno ha procurato Kessié a Ilcicic in quel momento, che forse neanche sarebbe riuscito a prendere il pallone?

 

L’occhio del VAR ha ampliato la casistica di questi che volendo possiamo chiamare “falletti”, di questi rigori burocratici: una volta che un contatto c’è, e le immagini lo mostrano, l’arbitro è quasi costretto a fischiare il rigore per non far credere di essere stato pagato dai Poteri Forti™. Ma quello di McKennie, in ogni caso, è fallo, direte voi. Così come quello su Ilicic e quelli fatti su molti giocatori del Milan bravi a frapporsi tra le gambe avversarie e il pallone. Ed è vero. Il problema, allora, pare essere di fondo quello del rigore in sé, come sanzione spesso sproporzionata rispetto ai falli commessi e alle azioni che vengono interrotte.

 

Nella sanzione del calcio di rigore finiscono situazioni di gioco molto diverse tra loro: un uomo lanciato a rete solo davanti al portiere, e magari steso da un difensore disperato da dietro; e poi un calcio dato involontariamente a un giocatore spalle alla porta, all’angolo di un’area piena di persone. Sarebbe interessante, forse, anche solo ragionare sulla possibilità di introdurre o ampliare l’uso di sanzioni più sfumate, come le punizioni a due in area che ormai sono rarissime. Anche nel basket, per fare un esempio multidisciplinare, si valuta la furbizia di chi attacca il ferro a trovare il contatto avversario, di ottenere un fallo. Ma nel basket i tiri dalla lunetta incidono infinitamente meno nel punteggio finale rispetto a quanto facciano i rigori in uno sport a basso punteggio come il calcio.

 

L’unico modo per valutare un intervento falloso attraverso parametri come la gravità, l’intenzionalità, la pericolosità dell’azione sarebbe aumentare l’incidenza della sfera soggettiva nella decisione. Quindi lasciare che lo staff arbitrale abbia più margini di interpretazione, ma significherebbe andare nella direzione contraria a quello a cui stiamo andando. Con l’introduzione della tecnologia quello che volevamo, infatti, era una minimizzazione dell’interpretazione soggettiva degli arbitri.

 

Questo è un malinteso sul VAR che non abbiamo ancora capito fino in fondo. Pensavamo fosse uno strumento di per sé neutro, un semplice tramite tra gli arbitri e l’oggettività del giudizio. Ma i media e la tecnologia non sono mai neutri: abitano la nostra realtà modificando il nostro rapporto con essa. Così sta aumentando la casistica di cui abbiamo parlato finora: rigori in cui i contatti in area e i tocchi di mano vengono fotografati e sanzionati in modo insensibile, come una pallina da tennis dentro o fuori da una riga. Proviamo a far diventare il sistema di giustizia del calcio – imperfetto e soggettivo perché si applica su un gioco dinamico – perfetto e oggettivo, senza renderci conto dell’impossibilità dell’impresa.

 

È un discorso che c’entra relativamente con i rigori assegnati al Milan, ma che è necessario quando parliamo di rigori nel calcio italiano, oltre a ogni discussione “da bar”, come si dice, e oltre ogni complotto immaginario. L’alternativa, ancora più paradossale, è cominciare a celebrare i giocatori che si stanno specializzando nel gioco sui contatti al limite, nel manipolare i difensori per fargli fare fallo, mettendo dalla propria parte il regolamento. Un mondo in cui allo stadio ci troveremo ad applaudire una simulazione fatta come si deve come un bel colpo di tacco. Con un po’ di senso dell’umorismo, mica male.

 

Tags : milanvar

Emanuele Atturo è nato a Roma (1988). Laureato in Semiotica, è caporedattore de l'Ultimo Uomo. Ha scritto "Roger Federer è esistito davvero" (66thand2nd, 2021).

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