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Dario Pergolizzi
Il Milan all'ultima curva
16 mag 2022
16 mag 2022
La squadra di Pioli ha imposto la sua identità con due giocate dei singoli.
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Dario Pergolizzi
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Il Milan è riuscito a mantenere la vetta con una brillante vittoria contro l'Atalanta, l'avversaria forse più pericolosa rimasta in calendario (se non per classifica quanto per capacità di tirare fuori grandi prestazioni anche contro avversari di livello).

 

Lo scudetto verrà assegnato negli ultimi 90 minuti e tutto è ancora in gioco, ma la squadra di Pioli ha legittimato una volta di più, se necessario, la straordinarietà della sua stagione, sia nei singoli che nella proposta di squadra. L’Atalanta è riuscita solo a rallentare l’inesorabile, arrivando alla ripresa senza aver subito gol, ma anche senza aver creato grossi pericoli a Maignan.

 



Gasperini ha scelto di tenere fuori Demiral e Scalvini, nonostante l’assenza di Toloi, per puntare su De Roon alla destra di Palomino e Djimsiti; i due esterni erano Zappacosta e Hateboer, i due mediani Freuler e Koopmeiners e davanti Muriel, Pasalic e Pessina componevano il tridente offensivo. Pioli, invece, ha confermato in blocco la formazione titolare della bella vittoria contro l’Hellas della settimana scorsa, con la difesa composta da Calabria, Kalulu, Tomori, e Theo Hernandez, Tonali e Kessié in mediana, Saelemakers, Krunic e Leao dietro a Giroud.

 

È possibile che la scelta di De Roon da parte di Gasperini fosse, dal punto di vista difensivo, dovuta alla posizione di Leao, reduce da una serie di notevoli prestazioni in cui con il suo repertorio di scatti, trick e ondeggiamenti del corpo aveva messo in difficoltà più o meno qualsiasi avversario affrontato. Se così fosse, la bontà di questa mossa non si è vista nel primo tempo, dato che la partita si è sviluppata su un piano parzialmente diverso da quello solito delle due squadre per quanto riguarda l’occupazione degli spazi e le scelte per risalire il campo. Leao è stato poco servito sull’esterno e la squadra di Pioli ha usato altri stratagemmi per attaccare, che comunque hanno messo in apprensione l’Atalanta.

 


La contrapposizione tra i sistemi: il tridente di impostazione del Milan, la posizione di Calabria, la disposizione del trio avanzato di Gasperini, con Muriel che dal centrosinistra della coppia di attacco si è ritrovato spesso molto aperto.


 

Durante la costruzione, la squadra di Pioli si disponeva allargando Kalulu verso l’esterno e bloccando Theo Hernandez al fianco sinistro di Tomori, con Kessié primo riferimento davanti a questo trio, pronto ad abbassarsi a supporto. L’Atalanta rispondeva con Muriel aperto a sinistra, Pessina centrale e Pasalic a destra. Questo scaglionamento degli uomini in campo non si è però limitato solo ai momenti in cui il Milan costruiva partendo dal basso, ma è stato predominante anche per la maggior parte delle situazioni offensive dell’Atalanta, almeno finché Muriel è rimasto in campo. Se da un lato è vero che le migliori risalite sono arrivate sfruttando proprio il fianco sinistro, grazie a qualche corsa di Zappacosta e al lavoro di cucitura di Muriel, dall’altro la squadra di Gasperini, quest’anno lontana parente del rullo compressore delle stagioni passate, si è mostrata ancora una volta fin troppo rigida e poco intensa rispetto a come ci aveva abituati e a quanto gli sarebbe servito per impensierire il Milan, finendo per giocare una partita offensivamente insufficiente.

 

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Le azioni più convincenti dell’Atalanta sono arrivate dalla sinistra e hanno visto il coinvolgimento di Zappacosta e dei movimenti di Muriel.


 

L’intenzione di sfruttare Pasalic negli spazi lasciati scoperti dalle avanzate di Theo Hernandez e dallo “scarso” contributo difensivo di Leao non si è concretizzata, dato che Theo ha tenuto una posizione  arretrata per la maggior parte del tempo. Le volte in cui l’Atalanta ha provato a imbastire un attacco all’area sfruttando il suo fianco destro, il contrasto con le immagini delle triangolazioni rapide degli anni passati è stato impietoso, non è bastata la presenza di De Roon in catena a dare supporto ad Hateboer e Pasalic, né i tentativi di taglio di Pessina; il Milan ha gestito alla grande sfruttando le puntuali coperture in scivolamento di Kessié e l’ennesima prestazione maiuscola della coppia di centrali.

 


Kalulu avvia una ripartenza feroce dopo aver anticipato centralmente su una combinazione abbastanza leggibile dell’Atalanta, che aveva portato Djimsiti molto avanti.


 

Gasperini al 55’ aveva provato a cambiare gli attaccanti inserendo Zapata e Malinovskij per Muriel e Pasalic, ma dopo appena un minuto è arrivato il gol del vantaggio del Milan. Le diverse dinamiche di occupazione degli spazi, con Zapata un po’ più accentrato di Muriel e pronto a ingaggiare duelli con Kalulu, non sono servite ad aggiustare le cose.

 



Pur rimanendo all’interno della sua cornice caratteristica, il Milan ha effettivamente avuto delle accortezze particolari rispetto all’avversario. Oltre alla già citata asimmetria della linea dei difensori, che vedeva Theo Hernandez bloccato in impostazione, la posizione di Calabria è stata quasi sistematicamente molto accentrata, e spesso più avanzata rispetto a quella del mediano Kessié. Per compensare l’ampiezza a destra veniva data da Saelemakers, mentre Tonali si alzava parecchio, spesso a ridosso di Giroud, e altrettanto faceva Krunic, teoricamente il trequartista. Sulla sinistra, invece, Leao aveva un atteggiamento più variabile, che oscillava dalla solita partenza dalla riga laterale a momenti in cui si portava molto stretto al centro.

 


Con Muriel su Kalulu, Zappacosta fissato da Saelemakers e la posizione alta di Tonali che impegnava Freuler, gli accentramenti di Calabria erano di difficile assorbimento per l’Atalanta.


 

La fluidità negli scambi di posizione è stata una costante della gestione Pioli, ma quest’anno è stata l'arma in più del Milan, raggiungendo una ricchezza di sfumature e un'interpretazione tanto estrema quanto variabile. Theo Hernandez per la maggior parte della sua esperienza in rossonero è stato il “terzino di spinta”, ma in un modo che esula dalle sole classiche corse sulla fascia in sovrapposizione. Spesso l'abbiamo visto entrare dentro al campo e ieri contro l’Atalanta è stato usato anche in maniera controintuitiva, bloccato in difesa, con l'idea di prendere alla sprovvista il sistema di scalate dei giocatori di Gasperini. Sul lato opposto Calabria, più spesso usato in maniera canonica da terzino più equilibrato, doveva invece entrare dentro al campo e fungere da appoggio ravvicinato per far salire il possesso in verticale alle spalle del pressing.

 

Pioli ha pensato all'ennesima soluzione diversa per affrontare un avversario con un gioco peculiare, rendendogli la vita difficile. Nel primo tempo l'Atalanta ha avuto qualche possibilità di far male in ripartenza, ma il Milan non ha cambiato atteggiamento: Pioli, nonostante ciò, insisteva molto affinché i suoi, in particolare Maignan, ricercassero rapidamente la verticalizzazione per andare ad attaccare la seconda palla intorno a Giroud, o direttamente la profondità, con i movimenti a stringere vicino al nove di tutti gli altri giocatori avanzati (e non solo), presumibilmente volendo sfruttare l’atteggiamento aggressivo dei difensori di Gasperini.

 

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La verticalità del Milan non si esauriva su Giroud.


 

Insomma, il Milan si è creato diverse opzioni per risalire e costringere l’Atalanta a rinculare annaspando, anche se le richieste del suo mister erano abbastanza esplicite. Finché Giroud è stato in campo, però, questo non ha portato a grosse occasioni. Paradossalmente (o forse no) sono stati gli ingressi di Rebic e Messias a sbloccare la fase offensiva del Milan. In occasione del primo gol, Leao ha potuto fare un lungo taglio da sinistra a destra nello spazio alle spalle di Palomino perché questo, durante la transizione, si era sganciato per seguire l’abbassamento di Rebic e, dato che de Roon era rimasto alto attirato da Krunic, era rimasto il solo Koopmeiners a provare a contenere il portoghese, senza però grande successo. Leao si è portato avanti di testa il lancio di Messias e ha resistito alla carica dell'avversario per poi infilare Musso sotto le gambe con il piatto destro, l'ennesima grande giocata di un attaccante che in questa stagione ha fatto un salto di qualità enorme.

 



 

Se il gol di Leao simboleggia il Milan degli ultimi mesi, che non brillando particolarmente in attacco si è affidato molto alla capacità del suo esterno di battere gli avversari da solo, il secondo di Theo Hernandez rappresenta ancora meglio quello che è il Milan di Pioli. Il terzino è stata una delle sorprese più grandi di questa nuova versione dei rossoneri e spesso ci aveva abituato a corse lungo tutto il campo di pura potenza, ma quella di ieri è ancora più indicativa proprio perché arriva al culmine di una partita (fondamentale) in cui al francese era stato chiesto di non attaccare. Theo, come se qualcuno l'avesse improvvisamente liberato da una gabbia, deve aver visto davanti a sé una strada che nessun altro aveva visto: con la sua corsa ritmata è partito in una percussione micidiale, tagliando il campo in diagonale e lasciandosi dietro i corpi di Koopmeiners, Djimsiti e De Roon, trovando anche la lucidità per battere Musso una volta entrato in area di rigore.

 

A un certo punto della stagione il Milan è sembrato una squadra ancora troppo imperfetta per competere per il titolo, con una rosa un po' corta e alcune difficoltà da squadra inesperta nel risolvere i problemi che trovava lungo il cammino. Oggi invece la squadra di Pioli è capace di vincere le partite proprio girando intorno ai propri limiti, grazie a giocate estemporanee dei singoli, che arrivano anche quando il pallone inizia a pesare di più. Forse è da questi momenti che possiamo dire che il Milan di Pioli è davvero diventato grande, perché giocate come il taglio di Leao su Koopmeiners, o la corsa di Theo, ma anche la grande prestazione di Tonali col Verona o la costante aggressività con cui Kalulu e Tomori vincono i duelli con gli attaccanti avversari, tutte queste cose, apparentemente merito dei singoli, sono possibili solo grazie all'identità che l'allenatore ha creato, il vero fattore su cui si regge la capacità di imporre il proprio stile di partita in partita. Questa volta a farne le spese direttamente è stata l’Atalanta, forse la squadra che più negli ultimi anni aveva invece vinto le partite in questo modo.

 

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