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Guida al Milan 2025/26
20 ago 2025
Per i rossoneri sta iniziando l'anno della restaurazione.
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10 min
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IMAGO / ABACAPRESS
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POSIZIONE LO SCORSO ANNO: 8°.

CHI IN PIÙ: Ardon Jashari, Samuele Ricci, Pervis Estupinan, Luka Modrić, Pietro Terracciano.

CHI IN MENO: Tijjani Reijnders, Theo Hernández, Emerson Royal, Marco Sportiello, Luka Jović, Francesco Camarda, Mattia Liberali, Alessandro Florenzi, Noah Okafor.

UNA STATISTICA INTERESSANTE DALLA SCORSA STAGIONE: il Milan è stata la squadra ad aver conquistato il maggior numero di punti da situazione di svantaggio dello scorso campionato (21, contro i 19 dell’Atalanta), dato interpretabile in due modi diversi, a seconda del vostro grado di ottimismo. Il primo è che la squadra spesso non è presente a sé stessa e va sotto facilmente. Il secondo è che per qualità, probabilmente, non è inferiore a nessuno in Italia.

Il 2025/26 per il Milan è l’anno della restaurazione, in tutti i sensi. Lo è per la necessità di ricostruire, sia a livello dirigenziale che di rosa, dopo il disastro della scorsa stagione. E lo è perché per farlo si è scelto di tornare al metodo classico, con una distribuzione più chiara dei poteri: con un DS tra i più navigati d’Italia - che è solito seguire sentieri di mercato più tradizionali - e con l’allenatore più conservatore tra quelli disponibili. Insomma, è bastata una sola stagione storta a sconfessare il progetto tecnico dello scorso anno e a rivelare quanto fossero fragili le sue fondamenta.

Il cambio di direzione era necessario, perché i problemi del Milan della passata stagione erano soltanto il riflesso di una catena di comando che non funzionava per niente. Non c’era coerenza tra la rosa e gli allenatori scelti, lo spogliatoio non aveva figure di riferimento con cui interfacciarsi e forse la cultura di lavoro che si respirava a Milanello non era delle migliori.

Creare un ambiente più professionale è una premessa decisiva per la prossima stagione del Milan. Vanno in questa direzione scelte come la cessione di Theo Hernández e l’arrivo di Luka Modrić, che già solo con la sua presenza dovrebbe dare l’esempio. Segue la stessa linea anche la scelta di Massimiliano Allegri in panchina; il livornese dovrà occuparsi non solo di allenare, ma anche di colmare alcuni di quei vuoti che hanno segnato il fallimento dell’ultimo Milan, qualcosa di simile a ciò che era successo nel periodo di transizione della Juventus post-Agnelli.

Sul fatto che Allegri possa occuparsi di questioni così delicate ci sono pochi dubbi. Ma, dal punto di vista del campo, cosa potrà dare ai rossoneri? La rosa del Milan continua ad avere forte vocazione offensiva e alcuni giocatori, specie in difesa, non sembrano totalmente conformi alle sue idee.

Gli ultimi mesi di Allegri alla Juve, due anni fa, ci avevano restituito l’immagine di un allenatore troppo rigido. Si è affermato come uno dei migliori tecnici d’Europa per la sua versatilità ma, al secondo mandato in bianconero, per lui sembrava esserci solo un modo di giocare, a prescindere dall’avversario: quello più reattivo possibile. Avrà cambiato qualcosa nell’ultimo anno lontano dai campi? Il fatto di ritrovarsi in un ambiente che, rispetto alla Juve, sembra meno ossessionato dalla finta diatriba gioco-risultati, lo aiuterà a non arroccarsi sulle sue posizioni? Difficile dirlo adesso.

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Di certo le squadre di Allegri mutano nel corso della stagione. È probabile che il tecnico livornese usi la prima parte di campionato per sperimentare, per poi raggiungere una forma definitiva con l’arrivo del nuovo anno.

In attesa di conoscere che volto avrà il Milan nel momento clou della stagione, possiamo provare a trarre qualche indicazione dal precampionato. Guardare il calcio d’agosto serve a poco – il Milan di Fonseca aveva destato ottime impressioni nelle amichevoli – tuttavia le prime uscite potrebbero averci lasciato qualche indicazione generale.

La prima, forse la più interessante, riguarda la posizione di Leão: Tare è ancora alla ricerca di un centravanti; qualora non arrivasse un numero nove, però, pare che il principale indiziato a ricoprire il ruolo di punta sia proprio Leão, perché evidentemente Gimenez non dà sufficienti garanzie. Negli ultimi minuti, comunque, gli insider di mercato danno il Milan molto vicini a Victor Boniface, che ingarbuglierebbe ancora di più le gerarchie davanti.

In un Milan da transizioni come quello che Allegri dovrebbe disegnare contro le grandi, Leão potrebbe trovarsi bene anche da punta, ruolo in cui peraltro la sua scarsa attitudine difensiva sarebbe meno dannosa. E quando invece il Milan ha il possesso? Da punta il portoghese toccherebbe meno palloni, ma potrebbe essere stimolato ad attaccare la profondità, un movimento che ha sfruttato con continuità solo negli ultimi mesi di Fonseca.

Leão in profondità permette di verticalizzare anche improvvisamente, come fa Saelemaekers in questo caso; il portoghese, attaccando l'ultima linea col tempismo giusto, arriverà quasi sempre prima del difensore e saprà reggere il contatto.

Indipendentemente dalla posizione iniziale, è importante che il gioco di Leão non si atrofizzi, come troppe volte è successo negli ultimi anni. Anche se dovesse partire da sinistra, bisognerebbe evitare di relegarlo in fascia, variandone di più le ricezioni.

Se Leão non ha fatto un vero salto di qualità non è solo per colpa sua, ma anche perché troppe volte il Milan gli ha dato la palla semplicemente in attesa che risolvesse situazioni impossibili. Leão è autosufficiente, ma costringerlo a ricevere sempre da fermo e senza quasi mai nessuno a sostegno gli ha impedito di esplorare il suo talento e diventare un giocatore migliore.

Da questo punto di vista, sarà importante creare piccole sinergie che ne amplifichino le possibilità. Allegri dice di voler lasciare libero il talento, senza dare troppi input. Alla Juve, il fatto di attaccare spesso su distanze lunghe e di disporre di giocatori mediocri nelle letture e con una vena associativa, aveva reso vana quella libertà.

Al Milan, però, il discorso potrebbe cambiare. Molti dei migliori giocatori rossoneri sono portati ad avvicinarsi ai compagni e comprimere le distanze per dialogare. Estupiñan impostando da dietro, Jashari e Ricci a centrocampo, Pulisic e Saelemaekers davanti. Per non parlare di Modrić, dal quale si spera di avere quella ventina di partite che cambino senso al modo di attaccare del Milan. Sono tutti giocatori dinamici, ai quali piace scambiare posizione e pallone. Non hanno bisogno di particolari strutture, hanno l’intelligenza e la tecnica per capire dove muoversi e che scelta prendere. Se sapranno coinvolgere anche Leão nel loro modo di vedere il calcio, allora Allegri potrebbe avere ragione: sono questi i giocatori a cui lasciare libertà.

Questo tipo di Milan non avrebbe il controllo costante della palla, magari in alcuni casi potrebbe risultare farraginoso, ma gli basterebbero pochi momenti per attivarsi e portare dalla sua le partite.

Al resto dovrebbe pensarci la difesa, ciò che più di tutto preoccupa Allegri. Non è difficile immaginare quale sarà l’atteggiamento dei rossoneri quest’anno. Dal punto di vista dello schieramento, vedremo più in là quale sarà la sistemazione definitiva. Contro il Liverpool, ad esempio, si è visto un 4-4-2 che man mano che ci si abbassava diventava 5-3-2. Contro il Leeds il blocco si disponeva in un 5-4-1 anche se un po’ più alto.

In ogni caso, il Milan di Allegri non difenderà in maniera troppo aggressiva, se non in particolari momenti di partita. Le fasi di difesa posizionale saranno più o meno lunghe, a seconda della qualità dell’avversario. I rossoneri avranno sufficiente qualità difensiva per sostenerle?

Il pacchetto di centrali non sembra proprio il massimo per una squadra di Allegri. Pavlović è troppo impulsivo e in area non è una sicurezza. Gabbia è il più riflessivo, ma ha il livello per giocare da titolare nel Milan? Tomori nelle ultime stagioni non è stato per niente affidabile: giocare per un allenatore che lo solleciti di più in difesa lo aiuterà a ritrovarsi?

Nemmeno il centrocampo sembra troppo solido per qualità senza palla. Mentre in fase di possesso il reparto sembra abbastanza adatto ad Allegri per assortimento di qualità tecniche e fisiche (Loftus-Cheek sarebbe la mezzala ideale per lui, ma fare affidamento su un giocatore con la sua tenuta atletica è impossibile), e per l’attitudine dei centrocampisti di tocco (Modrić, Ricci, Jashari) a organizzarsi da soli e cercare di continuo i cambi gioco. Senza palla, però, il Milan non ha un vero frangiflutti, di quelli abituati a schermare la linea difensiva (Fofana è un centrocampista più aggressivo e da recuperi, piuttosto che un mediano in grado di difendere in modo posizionale).

Insomma, potrebbe non essere facile per Allegri abituare la rosa alla sua idea di fase difensiva. Il fatto di disputare una sola partita a settimana, però, dovrebbe aiutarlo nel processo.

MIGLIOR SCENARIO POSSIBILE
Il Milan parte a rilento, battendo la Cremonese ma pareggiando col Lecce, che per la verità avrebbe meritato la vittoria. Iniziano i primi mugugni, ma alla terza giornata ecco il capolavoro che compatta tutto l’ambiente intorno alla proposta di Allegri: il Bologna di Italiano fa il 70% di possesso palla e mette dentro 47 cross, che fruttano 0.86 xG e 0 gol. Il Milan vince con l’unica zampata di Leão. Adani in una storia Instagram dice che quel modo di intendere il calcio è miope e che alla lunga il Dio Pallone darà le sue risposte. Il Milan, però, continua a mantenere la barra dritta. Ad un certo punto, tra gennaio e febbraio, sembra addirittura poter competere per lo scudetto: «Dobbiamo stare ancora lì a marzo, poi si vedrà. Dovremo essere pronti ad approfittarne se qualcuno non farà il suo dovere», ripete Allegri. Dopo la vittoria nel derby con un gol di Estupiñan, in un’intervista particolarmente polemica ai microfoni della Domenica Sportiva, Allegri dice che se vuole può spiegare ai presenti in studio come utilizzare correttamente il terzino ecuadoriano. I tifosi del Milan hanno riacquistato orgoglio, il messaggio del nuovo allenatore li ha conquistati. Non arriva lo scudetto – il Milan smetterà di crederci proprio a marzo – ma torneranno la qualificazione in Champions e più ottimismo in vista del futuro.

PEGGIOR SCENARIO POSSIBILE
Il Milan parte a rilento e dopo le illusorie vittorie con Cremonese e Lecce conquista un solo punto nelle successive tre partite: l’1-3 subito a domicilio dal Napoli di Conte solleva i primi dubbi. Allegri predica calma, dice che il Milan migliore lo si vedrà da febbraio-marzo in poi. Intanto, però, la squadra zoppica e le altre guadagnano margine. Napoli, Inter e Juve occupano saldamente i primi tre posti, la Roma di Gasperini convince al quarto e anche Como, Atalanta e Bologna sembrano più performanti dei rossoneri. A gennaio, dopo una sconfitta per 0-1 contro la Fiorentina, lo stadio subissa di fischi squadra e tecnico all’uscita, mentre riserva un “Pioli is on fire” al vecchio allenatore, che va a salutare la curva. Tare prova a porre rimedio acquistando un centravanti di origini kosovare che sta facendo bella figura nel campionato svizzero. Troppo poco, però. Ibrahimović intanto pubblica storie mentre è in vacanza, con la squadra che sembra giocare senza obiettivi. La stagione si chiude col sesto posto e una semifinale di Coppa Italia. RedBird, per l’ennesima volta, rade al suolo il progetto tecnico, tornando a dare pieni poteri a Ibrahimović.

GIOCATORE CHIAVE
È inutile chiedersi chi sia il giocatore più importante, perché fino a quando Rafa Leão resterà rossonero sarà lui a dover spostare l’ago della bilancia. Per il portoghese quello che sta per cominciare potrebbe essere una sorta di anno zero a livello tattico. Leão è chiamato a fare un passo in avanti e a dimostrare di poter approfittare della libertà che gli verrà concessa dal nuovo allenatore. Anche da un punto di vista mentale, questo dovrà essere l’anno della maturità. Sul campo, quando nelle lunghe fasi di difesa posizionale che attendono il Milan non dovrà disconnettersi dalla partita. Con quel talento, a 26 anni non sono più accettabili stagioni anonime.

GIOCATORE DI CUI AVERE LA MAGLIETTA
Se abitate a Milano e tifate Milan, avete l’onore di poter vedere dal vivo ogni domenica uno dei cinque più grandi centrocampisti di sempre. Per cui va da sé che è impossibile non farsi tentare dalla maglia di quella che potrebbe essere l’unica stagione di Luka Modrić in Italia. Dovreste prenderla soprattutto in caso siate tifosi un po’ più attempati, che magari all’epoca avevano la maglia di Boban, l’uomo che calcisticamente Modrić considera suo padre. Non bastasse il nome, Modrić ha scelto il numero delle origini, il 14, di quando era noto come il "Cruijff dei Balcani": quello degli esordi con la Croazia e degli anni al Tottenham. Romanticismo alle stelle.

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