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Marco Lai
Le migliori partite del 2022
27 dic 2022
27 dic 2022
Un anno pieno di emozioni.
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Marco Lai
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Angel Martinez/Getty Images
(foto) Angel Martinez/Getty Images
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È stato un lunghissimo anno di calcio. Agli ormai già quasi insostenibili ritmi del calcio di club si è aggiunta anche la prima edizione invernale della Coppa del Mondo. L’ingente numero di partite ha portato da una parte a un logorio senza pari per i calciatori, i quali hanno patito continui infortuni muscolari come forse mai prima d’ora; dall’altra parte ha regalato a noi appassionati numerosi momenti iconici ed emozionanti. Riuscire a stilare una lista con le migliori (o più belle) partite dell’anno è stato un esercizio difficile principalmente per due motivi, esattamente quelli che immaginate. Il primo sta nell’impossibilità da parte di chi scrive di riuscire a vedere anche solo un quarto di tutte le partite giocate nel corso dell’anno, il che rende questo un articolo che non ha la benché minima superbia di risultare completo. Il secondo consiste nell’ineluttabile soggettività del giudizio: Kant diceva che la bellezza non determina nulla dell’oggetto di cui è predicato, bensì esprime un qualcosa riguardo al soggetto stesso che formula il giudizio in questione.

Al netto di questi due limiti ineludibili (non solo per me), ho provato comunque a inserire le partite che più si sono contraddistinte per raffinatezza tattica, carica emotiva, battaglia fisica e bellezza estetica. Ecco le migliori dieci del 2022.

10. Real Madrid-Barcellona 0-4, 20 marzo

Alla vigilia del 245° Clásico, la distanza tra Real Madrid e Barcellona sembrava la più ampia della storia recente a favore dei "blancos", che arrivavano con ben 15 punti di vantaggio sui rivali di sempre. Rispetto alla partita d’andata, vinta senza troppi patemi dalla squadra di Ancelotti, i catalani hanno stravolto tutto: il primo grande cambiamento è stato sulla panchina, con il leggendario Xavi che ha sostituito Ronald Koeman dopo un inizio di stagione molto negativo. Gli altri sono arrivati dal mercato: sono arrivati anche Adama Traoré, Aubameyang, Ferran Torres e Dani Alves. Dall’altra parte, Ancelotti deve rinunciare a Benzema, giocatore simbolo e autore di una stagione straordinaria. Curioso come l’ex allenatore del Milan abbia deciso di sostituirlo in modo catalano con Rodrygo, alzando Modric in posizione da falso 9.

Ho inserito questa partita soprattutto per merito del Barcellona, che l'ha dominata dall'inizio alla fine. L'unico aspetto negativo, a parte la quasi totale assenza del Real Madrid, è la scelta delle maglie delle squadre: nera per il Real Madrid, gialla per il Barcellona.

La squadra di Xavi è partita fortissimo e Courtois ha capito da subito che non si tratterà di una serata tranquilla. Al 29’ Dembélé scherza Nacho grazie all’imprevedibilità dettata dal suo ambidestrismo, cross dal fondo di destro, Aubameyang approfitta del liscio di Alaba per mettere in rete di testa sul primo palo. Al 38’ calcio d’angolo da destra per il Barcellona, altro cross di destro di Dembélé che trova Araújo, salto imperioso e bel colpo di testa per il raddoppio. Nel secondo tempo il copione non cambia: al secondo minuto il Barça trova il 3-0 con Ferran dopo una transizione. Passano quattro minuti e il Barça trova anche il quarto gol con un’azione che mette a tacere chi vede in Xavi un pedissequo imitatore di Guardiola: il Real pressa alto in maniera scoordinata e sbilanciata, Ferran attacca la profondità sul lato cieco di Nacho e viene trovato da un lancio lungo di Piqué in apparente fuorigioco. La difesa del Real letteralmente si ferma e smette di giocare, l’ex City continua l’azione e serve Aubameyang davanti a Courtois, tocco sotto di sinistro e il Barça è davanti 0-4 al Bernabeu al 51’. Il Barça ha qualche altra occasione per ripetere la manita al Bernabeu del 1974 ma le fallisce e pian piano smette di giocare. I tifosi del Barça aggiungono alla loro collezione un'altra vittoria netta ai danni del Real negli ultimi 15 anni, dal canto loro i tifosi del Real possono ricordare ai rivali che avranno pure perso 0-4 in casa ma alla fine sono stati loro ad aggiudicarsi Liga e Champions League.

9. Atalanta-Inter 0-0, 16 gennaio

Può sembrare paradossale inserire una gara terminata a reti bianche all’interno di un articolo sulle migliori partite della stagione, ma niente vieta che una partita priva di gol possa comunque rivelarsi una partita interessante. Per gli amanti della tattica e di un calcio quasi scacchistico Atalanta-Inter del 16 gennaio è stata una bella partita. Innanzitutto, lo 0-0 finale non deve indurre a pensare che si sia trattata di una partita noiosa e avara di occasioni: con ogni probabilità i due migliori in campo sono stati i due portieri, Musso e Handanovic.

Ciò che ha contraddistinto questa partita è stata la stimolante sfida tattica tra Inzaghi e Gasperini, che consapevoli delle caratteristiche degli avversari si sono cimentati in uno scontro fatto di misure e contromisure all’insegna della fluidità: se Inzaghi cercava di mandare in confusione il sistema a uomo dell’Atalanta con l’incessante scambio di posizioni in fase di costruzione, Gasperini rispondeva con la fluidità del suo pressing alto teso a mantenere il ritmo alto e forzare palle perse degli avversari in zone pericolose. Il dato che meglio esemplifica questo gioco delle parti è quello relativo ai ben quattro minuti passati da Handanovic in possesso del pallone, uomo libero e quasi spettatore dello scontro tra le due squadre.

Al di là dell’aspetto prettamente tattico, Atalanta-Inter ha visto al suo interno anche alcune memorabili giocate di livello, tanto difensivamente quanto offensivamente. La giocata difensiva è stata quella al 66’ di Giuseppe Pezzella, che si è sacrificato per la causa schiantandosi sul palo pur di evitare un facile gol di Darmian a porta vuota dopo una bella azione di Dzeko sulla sinistra. La giocata offensiva che per poco non decideva la partita al 90’ è quella di Nicolò Barella, che porta via dalla sua zona Palomino creando un varco centrale nella difesa bergamasca e colpisce di tacco di prima nello spazio creato dal suo movimento per l’inserimento di D’Ambrosio, che si fa però ipnotizzare in uno contro uno da Musso. Chi ha detto che gli 0-0 non possono essere divertenti?

8. Roma-Juventus 3-4, 9 gennaio

Roma – Juventus del 9 gennaio è stata una partita unica. La sfida nella sfida vedeva affrontarsi due allenatori, Mourinho e Allegri, noti più per la solidità difensiva che per la ricerca zemaniana del fare un gol in più dell'avversario. Per questo motivo, il 3-4 finale appare ancora più mistico. La Roma passa in vantaggio all’11' grazie a un colpo di testa di Abraham su angolo, a cui risponde meno di dieci minuti dopo Dybala – fa strano pensarci oggi – con un sinistro dal limite che mette in evidenza gli atavici difetti della Roma nell’abbassarsi in area lasciando troppo spazio agli avversari in quella zona di campo.

Nella ripresa la Roma parte forte e trova prima il vantaggio al 48’ con un destro di Mkhitaryan che fortunosamente trova una deviazione e raddoppia al 53’ con un calcio di punizione magistrale di Lorenzo Pellegrini. Il 3-1 si mantiene fino al 70’, quando inizia una fase quasi inspiegabile della partita che vede la Juventus passare in vantaggio nel giro di sette minuti: al 70’ segna Locatelli di testa dopo un’azione sulla destra di Morata; al 72’ gol di Kulusevski con un destro in area; al 77’ la Juve trova il vantaggio con il secondo gol in carriera di Mattia De Sciglio dopo una bella triangolazione sulla sinistra con Mckennie e Morata. Non finisce qui: all’81’ viene dato il secondo giallo a de Ligt per l’ennesimo fallo di mano in area della sua avventura italiana. Sul dischetto si presenta Pellegrini, Szczesny respinge il pallone che torna nuovamente sui piedi di Pellegrini che ha tutta la porta libera per pareggiare, ma sfortunatamente per lui perde l’equilibrio e riesce solo a svirgolare il pallone, sancendo l’incredibile vittoria bianconera.

Le tante emozioni non sono l’unica motivazione per cui ricordiamo questo Roma – Juventus. Si tratta infatti anche della partita che ha visto il grave infortunio di Federico Chiesa, che dopo un contrasto con Smalling ha riportato la lesione del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro.

7. Atlético Madrid – Manchester City 0-0, 13 aprile

Il ritorno dei quarti di finale di Champions League tra Atlético Madrid e Manchester City è stata senz’altro una partita spettacolare per gli amanti delle partite fisiche, intense e polemiche. È quasi un peccato scegliere e raccontare questa partita in maniera isolata senza considerare anche la gara d’andata, perché la doppia sfida tra Simeone e Guardiola, impossibile essere più agli antipodi di loro due, è stato un lungo ed emozionante film di circa tre ore con molteplici evoluzioni che potrebbe essere diviso in capitoli come un film di Quentin Tarantino. La sfida d’andata verrà ricordata per l’approccio ultradifensivo di Simeone che per larghi tratti della gara si è schierato con un incredibile 5-5-0, attirando tante critiche. Questo approccio in realtà ha pagato per 70 minuti, finché Guardiola non ha inserito Foden che appena un minuto dopo essere entrato in campo si è reso protagonista di una giocata da fenomeno nello stretto per servire De Bruyne che ha dato il gol decisivo per la vittoria e per il passaggio del turno del City.

Nella gara di ritorno Simeone era costretto a cambiare qualcosa nel suo approccio per cercare di ribaltare il risultato, ma in realtà nel primo tempo ha deciso di mantenere un atteggiamento conservativo, probabilmente nella speranza di mantenere vivo il discorso qualificazione fino agli ultimi minuti, cosa poi effettivamente successa. Se nel primo tempo è stato il City a controllare il gioco in maniera piuttosto simile a quanto accaduto all’andata, gli ultimi trenta minuti della gara sono stati dominati dall’Atlético per mentalità, intensità e numero di occasioni. Basti pensare che nel primo tempo il conto dei tiri è stato di 8 a 1 per la squadra di Guardiola, mentre nel secondo tempo di 13 a 2 a favore dei colchoneros. All’89’ la partita si accende anche dal punto di vista del temperamento in seguito a una scivolata di Felipe su Foden con successivo calcetto del difensore brasiliano. Foden cade dolorante fuori dal campo, ma con un paio di piroette rientra furbamente dentro al campo, si fionda su di lui Savic per spingerlo con le cattive di nuovo dietro la linea laterale; nella stessa zona si trova anche Zinchenko (si stava scaldando) che difende il suo compagno. Nel giro di pochi secondi allora arrivano tutti i giocatori più diversi elementi delle panchine e scoppia una rissa con un Savic quasi posseduto che prima prende per il collo Aké e poi tira per i capelli Grealish. L’arbitro Siebert al termine di questa sequenza surreale si limita a espellere per secondo giallo Felipe non per l’intervento su Foden, ma per il successivo calcio.

La partita riprende e al 96’ Gundogan si divora davanti a Oblak il gol della sicurezza, dando nuova vita e spinta emotiva all’Atlético che continua ad attaccare fino al dodicesimo minuto di recupero (ora ci abbiamo fatto un po’ l’abitudine con i Mondiali, all’epoca aveva dell’incredibile), ma senza trovare il gol. La partita ufficialmente finisce, ma la partita nella partita (ossia la rissa) continua anche nel tunnel con protagonisti il solito Savic e un indemoniato Vrsaljko.

6. Spagna-Germania 1-1, 27 novembre

Spagna-Germania si è rivelata più una partita tra club che una tra Nazionali. Se il Mondiale è stato il torneo dei ritmi bassi, dei blocchi medi e del possesso orizzontale, la sfida tra la squadra di Luis Enrique e quella di Flick ha dato vita a uno scontro dai ritmi altissimi che ci ha riportato per 90 minuti al calcio di club europeo di cui iniziavamo già a sentire la mancanza. Da un certo punto di vista non poteva che andare così: l’undici titolare della Germania vedeva 6 giocatori provenienti dal Bayern Monaco, a cui possiamo aggiungere Sule che fino a pochi mesi fa era in Baviera e lo stesso Flick che ha lasciato la panchina del Bayern nel 2021; dall’altra parte l’undici della Spagna contava 5 giocatori del Barcellona, 6 con Balde subentrato. In pratica è stato un Bayern Monaco-Barcellona in piccolo, incontro che avevamo già visto due volte nei mesi precedenti.

Un aspetto che ha reso ancora più divertente Spagna-Germania è stata la capacità delle due squadre di scivolare nel giro di 90 minuti tra passato, presente e futuro del calcio. È iniziata come la partita simbolo della rivoluzione di Pep Guardiola – non è un caso, infatti, che queste due squadre negli ultimi anni abbiamo proposto un calcio simile considerando che l’allenatore catalano ha allenato sia in Spagna che in Germania lasciando alle sue spalle delle orme indelebili. Il primo esito è stato quello di creare un doppio falso nove, da una parte e dall'altra: Asensio e Thomas Muller. È stata la partita del presente, figlio del gegenpressing, con difese alte, pressing intenso e ritmi frenetici. È stata la partita del futuro che ha visto come protagonisti assoluti Pedri e Musiala, rispettivamente di 20 e 19 anni, che forse segneranno il prossimo decennio calcistico. È stata la partita decisa dai numeri 9, Morata da una parte e Fullkrug dall’altra, ma lascio a voi stabilire se lo strapotere dei numeri 9 in questa partita ci abbia riportato a un’era passata pre-Guardiola o ci abbia trasportato in un’anteprima dell’era futura.

5. Milan-Inter 3-2, 3 settembre

Il primo derby di Milano della stagione ha dato vita a una partita spettacolare vinto dalla squadra di Pioli 3-2. Dopo la battaglia per lo Scudetto della stagione scorsa protrattasi fino all’ultima giornata, che ha visto i rossoneri vincere il diciannovesimo campionato della sua storia, le aspettative per questa gara erano altissime e sono state più che rispettate.

Ciò che rende i derby di Milano così affascinanti negli ultimi anni è il diverso approccio tattico dei due allenatori: da una parte Pioli che propone un calcio estremamente intenso, aggressivo e basato sui riferimenti a uomo, dall’altra Inzaghi con un’accennata fluidità in costruzione e un atteggiamento più conservativo in fase di non possesso. Dal punto di vista tattico la grande novità è stata quella da parte di Pioli di allargare Tonali da esterno basso a sinistra in costruzione, sfruttando l’uscita di Barella su Theo e il fatto che Dumfries fosse troppo preoccupato da Leao per salire in pressione sull’ex Brescia. Ciononostante, la prima mossa vincente l’ha trovata l’Inter con il gol di Brozovic al 21’: sfruttando i riferimenti a uomo del Milan, l’Inter tiene i quinti molto larghi e abbassa sia che Correa che Lautaro per portare via dalla linea Tomori e Kalulu, creando un enorme varco centrale che viene attaccato da Brozovic.

La risposta del Milan non tarda ad arrivare: al 28’ l’Inter costruisce sulla sinistra con Calhanoglu che tenta un pericoloso passaggio di prima rasoterra e in orizzontale su cui arriva Tonali, conduzione centrale per liberare Leao che trova il gol del pari con un bel mancino di prima sul palo lontano. Al 54’ il Milan trova il vantaggio, tanto per cambiare, con un gol importante in una partita importante di Giroud che gira di sinistro un pallone servito da Leao. Sarà lo stesso portoghese ad allungare il vantaggio e a trovare la doppietta personale cinque minuti dopo con una serpentina impressionante. L’Inter però non si arrende e accorcia le distanze al 67’ con Edin Dzeko che batte sul primo palo Tomori e Maignan. Negli ultimi venti minuti di sofferenza per la squadra di Pioli emerge Maignan, che salva prima su un colpo di testa di Lautaro, e poi su un destro violentissimo dai 35 metri di Calhanoglu diretto all’incrocio.

4. Manchester City-Aston Villa 3-2, 22 maggio

L’ultima giornata di Premier League della scorsa stagione è già storica. L’ennesimo round dell’infinita lotta tra Manchester City e Liverpool, tra Guardiola e Klopp, ci ha riportato indietro di dieci anni alla sfida per il titolo tra il Manchester City di Mancini e il Manchester United deciso solo all’ultima giornata dal leggendario gol di Aguerooooo, con la voce di Martin Tyler che risuona nella testa di tutti gli appassionati.

Le partite decisive si giocano entrambe in casa: Manchester City-Aston Villa all’Etihad, Liverpool-Wolves ad Anfield. Passano appena 3 minuti e il Liverpool è già sotto, gol di Pedro Neto. Dopo venti minuti i "reds" trovano il gol del pari con Mané su uno splendido assist di tacco di Thiago Alcantara. Incredibilmente però va sotto il City al 37’, gol gasperiniano da terzino a terzino: cross di Digne da sinistra e colpo di testa di Cash sulla destra. Entrambe le squadre sono a 90 punti, ma il City mantiene la testa della classifica per via degli scontri diretti a favore. Al 50’ del secondo tempo il Liverpool trova il 2-1 ancora con Mané, ma il VAR annulla per fuorigioco del senegalese. Nel frattempo a Manchester il City continua a spingere per trovare il gol, ma incredibilmente è l’Aston Villa a raddoppiare al 69’ con l’ex Liverpool Coutinho, appena un minuto dopo l’ingresso in campo dell’eroe della partita Gundogan. I citizens sono ancora in testa, ma a venti minuti dalla fine sembra ormai chiaro come il destino della squadra di Guardiola sia nelle mani del Liverpool.

Al 76’ Sterling gioca un uno contro uno sulla destra, va sul fondo e mette un pallone perfetto per Gundogan, che sul secondo palo accorcia le distanze di testa. L’Aston Villa non ha nemmeno il tempo di far ripartire il gioco che il Manchester ha già riconquistato palla: azione individuale di Zinchenko sulla sinistra (anche lui subentrato) che obbliga le due linee basse dell’Aston Villa a schiacciarsi in area, pallone al limite per Rodri che con un piattone di prima trova anche il gol del pari. Teoricamente cambia poco, al Liverpool infatti basta comunque un gol per vincere il titolo, ma è chiaro che ormai il City è totalmente in trance agonistica. 81’, Cancelo gioca il pallone da terzino destro invertito, cerca l’attacco alla profondità di Gabriel Jesus ma Mings legge l’idea e allontana il pallone su cui si avventa Kevin De Bruyne. Il belga anticipa Douglas Luiz, entra in area, si sposta il pallone sul destro e serve un assist rasoterra perfetto dove arriva ancora una volta Ilkay Gundogan che deve solo appoggiare in rete. È 3-2 per il Manchester City, l’Etihad è in festa e Guardiola salta esultante. A poco servono per il Liverpool i gol di Salah e Robertson negli ultimi cinque minuti della gara che ribaltano il risultato, il Manchester City è ancora una volta campione d’Inghilterra, quarto titolo in sei anni per Pep Guardiola.

3. Olanda – Argentina 2-2, 9 dicembre

Se siete amanti delle partite rissose e piene di emozioni i quarti dei Mondiali tra Olanda e Argentina non potevano non avere un posto in classifica. Prima della finale tra Francia e Argentina, la sfida tra la squadra di Scaloni e quella di van Gaal avrebbe vinto a mani basse il premio di miglior partita di quest’ultima edizione della Coppa del Mondo perché ha avuto tutto: giocate geniali, sorprese, alterchi, polemiche ed emozioni. Al 35’ l’Argentina passa in vantaggio con un gol di Molina servito da un assist immaginifico che solo un genio come Leo Messi può pensare e fornire. Al 73’ sarà proprio Messi a raddoppiare sul dischetto, siglando il 2-0 che sembrava ormai sancire il passaggio del turno dell’albiceleste con un’esultanza polemica verso van Gaal che riprende il gesto che era solito fare Riquelme.

L’Olanda però non molla, van Gaal schiera i giganti che aveva in panchina, Luuk de Jong e Weghorst, per bombardare l’area argentina con i pelotazos come dirà Messi critico nel post-partita. La strategia funziona, all’83’ Weghorst (ormai per tutti soprannominato Bobo per il video virale di Messi che non gentilmente lo invita a togliersi di torno) accorcia le distanze con un bel colpo di testa su cross di Berghuis. La partita diventa sempre più nervosa (anche a causa di una gestione terrificante di Mateu Lahoz che sventolerà ben 18 gialli) ed esplode definitivamente quando all’89’ Paredes entra in maniera scomposta su Aké e poi scaglia una pallonata a tutta velocità contro la panchina olandese che fa scoppiare una rissa. Al 100’ minuto Pezzella, entrato per Romero, commette un fallo estremamente ingenuo al limite dell’area. Sul pallone vanno Gakpo e Koopmeiners, batte l’atalantino che invece di calciare serve con una giocata estremamente ingegnosa Weghorst posizionato al lato della barriera. L’attaccante del Besiktas controlla di destro, difende il pallone contro Enzo Fernandez e con un sinistro un po’ sporco riesce a superare Martinez, è incredibilmente 2-2.

Partita ormai indirizzata verso i rigori, ma all’ultimo secondo c’è un calcio d’angolo per l’Argentina che viene battuto corto, Messi serve Enzo Fernandez al limite dell’area, controllo, tiro, palo pieno. Si va ai rigori, dove i protagonisti assoluti saranno il "Dibu" Martinez con il suo ipnotico ballo e Lautaro Martinez con il rigore decisivo. Come nel 2014, l’Argentina elimina l’Olanda di van Gaal ai calci di rigore.

2. Real Madrid – Manchester City 3-1, 4 maggio

Qua c’era davvero l’imbarazzo della scelta. Nella leggendaria e per certi versi mistica cavalcata del Real Madrid verso la quattordicesima Champions League della sua storia, avrebbero meritato un posto in questa classifica anche Real Madrid-PSG e Real Madrid-Chelsea, ma per l’attonimento prodotto e il blasone della partita ho optato per la semifinale, che a mio parere non va presa come partita a sé stante, bensì come evoluzione finale della versione calcistica dell’Idra di Lerna che è stata la squadra di Carlo Ancelotti.

Innanzitutto va ricordato che anche la partita d’andata all’Etihad è stata incredibile e degna di una menzione in questa classifica: al 25’ il Manchester City era sopra 2-0, e nel giro di pochi minuti aveva avuto altre due occasioni limpidissime prima con Mahrez e poi con Foden davanti a Courtois. 2-1 di Benzema al 34’, Foden che colpisce il palo e Carvajal a porta vuota sulla ribattuta al 48’ per poi segnare di testa al 53’, l’immediato gol di Vinicius al 54’, l’eurogol di Bernardo Silva al 74’, il gol di cucchiaio su rigore di Benzema all’82. Se non abbiamo bene impresso nella mente tutto questo, facciamo più fatica a capire quanto sia stato emozionante il ritorno al Bernabeu, anche perché per 70 minuti non era successo poi granché.

Al 73’ il City trova il gol dello 0-1 con un gran sinistro sul primo palo di Mahrez, per quello che sembrava il passo decisivo per l’approdo in finale della squadra di Guardiola. All’87’ Grealish si invola verso la porta del Real e riesce a superare Courtois, ma il suo tiro viene fermato in maniera miracolosa da Mendy sulla linea, che nel salvataggio indirizza il pallone verso Foden alle sue spalle in una situazione che nel 99% dei casi porta a un gol, ma non in questo caso. Azione del City che non finisce lì però, gli inglesi recuperano palla, ancora Grealish sulla sinistra, giocata à la Milito nel 2010 proprio in quello stadio e in quella porta, Courtois è battuto ma il tiro di sinistro fa soltanto la barba al palo.

Ormai è il 90’, la partita e il turno sembrano ormai indirizzati; una grafica dà al Manchester City ormai il 99% di probabilità di passare il turno, ma novanta minuti al Bernabeu sono molto lunghi, come si dice. 89 minuti e 17 secondi sul cronometro, il City è interamente schiacciato nella sua area; per quanto la squadra di Guardiola sia una delle migliori al mondo nella fase difensiva, non è abituata a difendere in situazioni del genere e si vede. Cross di Camavinga sul secondo palo dove alle spalle di un non attentissimo Cancelo spunta Benzema, cross di prima con il sinistro, Rodrygo anticipa Ruben Dias ed Ederson sul primo palo e accorcia le distanze. 90 minuti e 47 secondi sul cronometro, cross di Carvajal sulla destra, pallone deviato leggermente da Asensio che allunga il pallone verso Rodrygo che salta tra Ruben Dias e Laporte, impatta di testa e trova il gol per mandare la partita ai supplementari. Il City ormai è in pieno shock: al 93’ Laporte stende Benzema in area, sul dischetto il francese spiazza Ederson e manda in finale il suo Real Madrid mettendo ufficiosamente le mani sul suo primo Pallone d’oro.

1. Argentina – Francia 3-3, 18 dicembre

Forse è perché le emozioni della finale dei Mondiali sono ancora troppo vivide, ma era impossibile non mettere Argentina – Francia al primo posto. Una partita pregna di significati e ricca di aspettative: da una parte la Francia che cerca il back-to-back che era riuscito solo all’Italia ’34-’38 e al Brasile ’58-’62, guidata da un Kylian Mbappé decisivo e pronto all’incoronazione ufficiale come miglior giocatore al mondo; dall’altra parte l’Argentina di Leo Messi, autore di un torneo sensazionale e alla sua ultima partita in un Mondiale e alla disperata ricerca di quella coppa che i suoi connazionali hanno sempre preteso che vincesse. Ridurre una partita alla sfida tra i due giocatori simbolo, specialmente una finale di un Mondiale, è un esercizio superficiale, ma per com’è andata la gara non è del tutto errato.

Secondo qualcuno il livello complessivo della finale è stato un po’ sopravvalutato dalle tante emozioni nel finale, e non è un pensiero del tutto sbagliato considerato che i primi 80 minuti hanno visto soltanto una squadra in campo: l’Argentina. La squadra di Scaloni ha giocato senza alcun dubbio la miglior partita del suo torneo grazie al sorprendente pressing alto e alla qualità delle combinazioni strette fra gli interpreti di miglior qualità. Buona parte del merito va proprio all’allenatore argentino, che ha optato a sorpresa per Angel Di Maria dal primo minuto e sulla fascia sinistra. "El Fideo" l’ha ripagato alla grande ed è è stato semplicemente indifendibile nei suoi 64 minuti in campo. Il rigore poi segnato da Messi che ha portato avanti l’Argentina nasce proprio da lui: Argentina che attacca con una sorta di 2-2-6 alzando entrambi i terzini nell’ultima linea e con Tagliafico addirittura nel mezzo spazio a sinistra. La posizione dell’ex terzino dell’Ajax obbliga Dembélé a dare una mano dietro, scelta che lo porta a giocare un uno contro uno difensivo - non esattamente la specialità della casa - contro Di Maria, che lo scherza e si fa tamponare per guadagnarsi il rigore.

Di Maria metterà poi il suo nome nel tabellino per il 2-0: è la terza finale consecutiva con gol per il "Fideo" dopo quelli segnati contro il Brasile nella Copa America e contro l’Italia nella finalissima a Wembley. L’azione del gol meriterebbe un pezzo a parte, ma in questo pezzo già lungo mi limito a ricordarvi il movimento di Messi a venire incontro che trascina Varane e lo stop con annesso magico tocco d’esterno sinistro del 10 per Alvarez sulla destra.

Negli ultimi dieci minuti si è svegliato l’altro fenomeno con la 10, Kylian Mbappé. Se il calcio di rigore poi trasformato è più frutto di un errore dettato forse dall’eccessiva sicurezza da parte di Otamendi, il gol del 2-2 che segna appena un minuto dopo con un destro al volo in caduta è da autentico fuoriclasse.

Nei supplementari ci si sarebbe aspettato un cambio d’inerzia, con l’Argentina un po’ fuori dalla partita e la Francia galvanizzata dall’insperato pareggio, ma il copione di fatto è nuovamente quello dei primi 80 minuti con l’Argentina in controllo. Al minuto 108 è la squadra di Scaloni a passare in vantaggio, ancora una volta con Messi che stavolta appoggia in rete sulla ribattuta del tiro di Lautaro Martinez; l’esultanza liberatoria degli argentini sembra quella di chi pensa di aver vinto, ma Mbappé aveva ancora alcune cartucce da sparare. Al 116’ un calcio d’angolo della Francia viene ribattuto al limite dell’area sui piedi del numero 10, il suo tiro a giro sul secondo palo viene bloccato con il gomito dal neoentrato Montiel. Calcio di rigore per la Francia, Mbappé spiazza Martinez, pari 3-3 e tripletta.

La partita ci regala però altre emozioni prima dei rigori finali, al 123’ Otamendi commette un altro gravissimo errore e di fatto manda Kolo Muani da solo contro Emiliano Martinez, il portiere dell’Aston Villa fa una parata sensazionale, forse la più importante della storia dei Mondiali. Capovolgimento di fronte, attacca l’Argentina con Montiel sulla destra, cross perfetto per Lautaro che gira di testa ma spedisce il pallone lontanissimo dai pali, ennesimo errore grave della sua finale. C’è ancora tempo per un ultimo piccolo tuffo al cuore per i tifosi dell’Argentina, con Mbappé che attacca sulla sinistra e dribbla tutti i giocatori che incontra sulla sua strada, prima dell’insperato arrivo di Dybala che da centrale vecchia scuola butta il pallone fuori mandando le squadre ai rigori. È lì che l’Argentina riesce a vincere la tercera, come hanno intonato tifosi e giocatori nell’ultimo mese nell’ormai virale En Argentina Nací, alzata al cielo da Leo Messi che finalmente ce l’ha fatta.

Qualcuno sicuramente dirà che non è stata la miglior partita dell’anno, ma vi sfido a trovare una partita che abbia

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