
Qualche giorno fa un utente è andato su X per provare a interagire con Daniele Adani. “Per caso sai chi è quel limone del Brescia che a un certo punto corre senza motivo in avanti e poi si gira a guardare il pallone che entra?”. Sotto c’è il video di un gol di Massimiliano Allegri segnato in Serie B con la maglia del Perugia.
Era il 1996, Allegri aveva 29 anni e ancora tutti i capelli sulla testa, ma il meglio della sua carriera era già alle spalle. Il guizzo, come forse l’avrebbe chiamato da allenatore, era però ancora lì, a fargli vedere i due improvvidi passi in avanti di Paolo Di Sarno, che viene bruciato da un pallonetto che poco più di quattro anni più tardi inizierà a essere chiamato cucchiaio. Il limone del Brescia, cioè Daniele Adani, dovrebbe invece essere quello che in alto a sinistra sale nel tentativo di alzare la linea del fuorigioco, prevedendo un filtrante in area che però non avverrà mai.
Non è la prima volta che la carriera da calciatore di Massimiliano Allegri viene letta a posteriori, e non farò finta che questo articolo non stia facendo lo stesso. La domanda implicita è sempre la stessa: cosa ci dice questo gol, questo assist sul nuovo allenatore del Milan? Per i sostenitori dell’allenatore livornese, oggi, anche che Daniele Adani è un limone (i motivi li conosciamo). È un’operazione crudele ma anche rivelatoria, o almeno così speriamo. Guardando le vecchie immagini si ha il vantaggio di sapere qualcosa che chi è dentro quelle immagini non può ancora sapere, e l’illusione è che quelle vecchie immagini ci mostrino qualcosa di più reale del reale stesso. Ma è davvero così? Mi sono andato a rivedere i gol segnati nel corso della carriera da Massimiliano Allegri, o almeno quelli che si riescono a trovare ancora oggi, nella speranza di poter rispondere di sì.
CONTRO IL BRESCIA, IN SERIE B
Sarebbe inutile a questo punto cominciare da un gol diverso da questo, e devo avvertirvi che a livello di bellezza canonica si può solo scendere. Non parlo solo del gesto tecnico, che comunque è notevole, ma anche di atmosfera, se siete tra quelli che provano nostalgia del calcio italiano degli anni ’90 - e come si fa a non essere romantici con il calcio italiano degli anni ’90. Il Perugia di Gaucci, una rosa che contiene Marco Materazzi e Gennaro Gattuso, le maglie larghe, il logo di TELE+2, la telecronaca pacata di Massimo Tecca: un picco estetico che il campionato italiano continua a rimpiangere, e che chi ha vissuto da protagonista porta nel presente come il fuoco di Prometeo.
In quel momento, però, Allegri stava in un certo senso già vivendo nel passato. Arrivato a Perugia nell’estate del 1995, sarebbe stato protagonista di una storica promozione grazie all’arrivo in panchina indovinate di chi? Esatto: Giovanni Galeone. Tutti e sette i gol segnati in quella stagione, che il Perugia concluse miracolosamente al terzo posto nonostante solo due vittorie nelle prime sette giornate, Allegri li ha segnati dopo l’arrivo del suo mentore (subentrato alla fine di ottobre dopo le panchine di Diego Gianattasio e Walter Novellino), che già gli aveva fatto raggiungere il suo picco realizzativo tre stagioni prima a Pescara (12 gol e 3 assist, in Serie A). Decisivo in quella stagione sarà il rigore segnato alla terzultima giornata contro il Venezia, che forse a Perugia ricordano ancora.
CONTRO LA ROMA, IN SERIE A
A proposito di rigori, a proposito di cucchiai. Una buona fetta dei gol segnati in Serie A da Allegri sono rigori (mi dispiace, adepti di Allegri), ma solo uno è stato segnato col cucchiaio. Se credete ai corsi e ai ricorsi storici, alle coincidenze che non sono solo coincidenze avete già capito.
CONTRO IL MECHELEN, IN COPPA UEFA
Questo non è necessariamente un gol bello, ma di sicuro è un gol significativo, in quella che forse può essere considerata la più grande prestazione della sua carriera (se la grandezza la misuriamo con le misure del contesto competitivo in cui è avvenuta, cioè gli ottavi di finale di Coppa UEFA). Allegri era arrivato a giocare questa partita (contro quella che allora veniva chiamata Malines, alla francese, e che adesso viene chiamata Mechelen, alla fiamminga) dopo la grande stagione al Pescara, nel 1992/93, che aveva convinto l’allora giovane e nuovo presidente del Cagliari, Massimo Cellino, a spendere sette miliardi di lire. “Una cifra allora iperbolica”, come poi scrisse Pierpaolo Marino, che nel 1991 l’aveva portato a Pescara da Pavia, in un affare che includeva anche Frederic Massara (sì, quel Frederic Massara che è appena diventato il nuovo direttore sportivo della Roma). Marino l’aveva preso per convincere i proprietari del Pavia, che avevano già promesso Massara al Venezia, ma alla fine il giocatore più promettente si rivelò Allegri - il cui ideale platonico poi si è rivelato con la maglia del Cagliari solo in pochissime partite, tra cui questa contro il Mechelen.
Più bello del gol è tutto ciò che c’è intorno a questo gol. Un grande lancio per Moriero dalla trequarti che costringe i del Mechelen a guardarsi alle spalle. Un tunnel d’esterno controtempo che lo stesso Allegri sembra pregustare facendosi recuperare alle spalle da un intervento in scivolata. Un tentativo di gol da centrocampo finito di poco al lato, salutato con un sorriso complice da Michel Preud’homme (forse il migliore in campo). Un assist visionario con cui taglia a metà la difesa del Mechelen, mandato al lato del palo da un tiro un po’ goffo di Criniti.
Alla fine, all’80’, Allegri segna dopo un doppio tentativo respinto da Preud’homme, e per fortuna, perché chissà se avremmo ricordato questa prestazione altrimenti. Il Cagliari arriverà fino in semifinale, dove verrà eliminato dall’Inter. All’andata, però, la squadra sarda vinse in casa per 3-2 e Allegri, con un cross a mezza altezza di prima a trovare l’ago Luis Oliveira nel pagliaio della difesa nerazzurra, realizzò un assist visionario per il temporaneo pareggio dell’1-1. Fu un lampo in una stagione tutto sommato deludente: 4 gol e 2 assist in nemmeno 1500 minuti di gioco.
CONTRO L'UDINESE, IN SERIE A
Il talento di Allegri nel mandare in porta i compagni, nell’associarsi con loro si vede anche in questo gol segnato all’inizio della stessa stagione, in una sconfitta casalinga contro l’Udinese. Allegri riceve palla sulla trequarti spalle alla porta, braccato da un difensore, e con la coda dell’occhio ha già visto il movimento incontro del centravanti, che serve con un passaggio di prima dall’angolo strettissimo che vale il gol - un tiro dalla distanza di collo interno su cui forse il portiere dell’Udinese, Graziano Battistini, poteva fare un po’ meglio. Chi vi ricorda, un giocatore così? “Oggi lo paragonerei più a Hamsik che ad Antognoni", ha scritto Pierpaolo Marino, che come detto lo conosce bene, e a vedere questo gol forse gli si potrebbe dare anche ragione.
CONTRO LA JUVENTUS, IN SERIE A
Contro la Juventus Allegri ha segnato due gol, entrambi in sconfitte piuttosto larghe - questo per esempio in un 3-1 preso dai bianconeri nell’ultima giornata della stagione 1994/95, la sua ultima con la maglia del Cagliari. È il gol che, in un certo senso, ha certificato l’appartenenza di Allegri a una categoria diversa a quella a cui apparteneva la Juventus. Una categoria minore, insomma, se nel calcio esistono davvero le categorie. La stagione successiva Allegri scenderà in Serie B e tornerà nella massima categoria solo per alcune sparute apparizioni, tra il 1997 e il 1998, col Napoli.
La cosa ha continuato ad essere dibattuta, sia dai protagonisti della sua storia sia da chi riguarda queste immagini oggi e cerca di dargli un significato. Nel marzo del 2015, al Corriere dello Sport, Allegri aveva dichiarato che «avessi avuto la testa che ho ora forse sarei arrivato in Nazionale» ma quella stessa estate, a Repubblica, si era anche definito «un giocatore mediocre e senza rimpianti». Galeone (e chi se no) è la persona che più ha promosso l’interpretazione di un Allegri incompreso dai suoi tempi, che poi è la teoria di chi cerca di rivalutare la sua carriera tutto sommato modesta. «Se avesse 10 anni di meno giocherebbe nel Milan, magari chiuderebbe la carriera da centrale vicino a Thiago Silva», ha detto Galeone nel 2011, a Repubblica, quando Allegri aveva 44 anni «Era avanti, era una mezz'ala che si inseriva, ma giocava in un periodo di oscurantismo, il più bravo era sempre chi menava di più. Invece lui era un giocatore di qualità».
CONTRO IL NAPOLI, IN SERIE A
L’ultimo gol in Serie A, segnato al Napoli il 17 settembre del 1996 con la maglia del Perugia, lo possiamo considerare il suo testamento da calciatore, almeno alla luce di queste ultime parole di Galeone. Allegri vede un passaggio visionario partito all’altezza del cerchio di centrocampo e un attimo dopo si ritrova in area. La palla non si controlla facilmente, perché rimbalza alta e veloce sul prato del San Paolo, ma Allegri riesce ad ammansirla con l’ultima parte del petto disegnando un arco che lo porta a concludere praticamente dal dischetto del rigore. Detta così sembra semplice, ma alle spalle il terzino del Napoli cerca disperatamente di recuperare la diagonale difensiva e poco prima di tirare gli si butta tra le gambe in scivolata nel tentativo di stoppare il tiro. “L’acciughina” riesce però a coprire col corpo, non senza qualche fatica, e buttandosi a terra riesce anche ad anticipare l’uscita del portiere, che aveva provato a mangiargli l’ultima porzione di spazio che gli era rimasto davanti prima del tiro.
È un altro gol bellissimo segnato in una sconfitta, in una stagione terminata con la retrocessione - una stagione in cui Allegri smetterà gradualmente di vedere il campo dopo l’esonero di Galeone. Come si faceva a far sopravvivere un giocatore così in un calcio come quello italiano della metà degli anni ’90? E quanto ha influenzato questa domanda l’evoluzione dell’Allegri allenatore?
DI NUOVO CONTRO L'UDINESE, IN SERIE A
Bisogna rifugiarsi in quella stagione con il Pescara, allora, se si vuole cercare ciò che poteva essere e che poi non è stato. E cosa è stato, ciò che poteva essere e non è stato? Una mezzala che riceve sulla lunetta dell'area di rigore, finta di andare sul destro per andare sul sinistro e aggirare così il diretto marcatore, tira da fuori area d'esterno, perché comunque si è destri e non mancini, e riesce a prendere il sette pieno.
CONTRO IL MILAN, IN SERIE A
Il giorno della nostalgia per Allegri, però, è il 13 settembre del 1992. È appena passata la leggendaria estate pescarese, raccontata da Giuseppe Pastore in questo pezzo di qualche tempo fa. Allegri ha 25 anni e dopo meno di un minuto ha già segnato il gol del vantaggio contro una delle squadre più forti di tutti i tempi, il Milan di Capello. La difesa dei rossoneri è proprio quella che immaginate: Tassotti, Costacurta, Baresi, Maldini. Massara, raddoppiato dopo una discesa sulla fascia destra, riesce a mettere in mezzo un bel cross per la testa di Borgonovo, che spizzandola riesce a servire Allegri sul secondo palo. È l’incipit di una delle partite più assurde della storia del calcio italiano: Pescara-Milan 4-5, l’unica partita della storia della Serie A il cui primo tempo si sia chiuso sul risultato di 4-4, e che il Pescara fino al 37’ stava vincendo per 4-2.
Il 3-2 di Allegri, al 14’, è una promessa. Splendido stop di petto a centrocampo, contrasto duro vinto con Lentini, triangolo sulla trequarti con Borgonovo ad aggirare il marcatore, calcio di collo pieno a gamba sciolta, leggera deviazione di schiena di Baresi e palla sotto la traversa protetta da Antonioli, che non si butta nemmeno. «Di un certo Allegri sentiremo parlare presto», dice Jacopo Volpi nel servizio della RAI, e oggi fa un certo effetto pensare in che modo questa frase si sia rivelata vera. Alla fine l’ordine naturale delle cose verrà ristabilito. Il Milan pareggerà già alla fine del primo tempo, e vincerà più comodamente, con un gol di Marco van Basten che è zucchero filato per i feticisti del primo controllo. «Una volta in vantaggio siamo andati in trance, poi ci siamo ritrovati tutti sudati e ci siamo svegliati», dice Massara dopo la partita. «Per segnare un’altra volta quattro gol al Milan, l’unica sarebbe trovarli tutti con la diarrea», gli fa eco più prosaicamente Massimiliano Allegri.
Il Pescara retrocederà a fine stagione. La lunga esperienza di Galeone in Abruzzo finirà in maniera amara, Allegri se ne andrà a Cagliari, con gli esiti che abbiamo visto. I due si rincontreranno qualche anno più tardi, di nuovo a Pescara, in Serie B, ma non sarà la stessa cosa.
Oggi di tutto questo rimangono queste poche immagini sgranate. Il riflesso del sole sul prato dello Stadio Adriatico, il feticcio della splendida maglia a quadri blu e azzurra del Pescara, la cravatta floreale di Giovanni Galeone. L’impressione che sia tutto contenuto qui, in questo momento, che poi chissà se è vero.