
Jermain Defoe è il nono miglior marcatore della storia della Premier League. Ha segnato 162 gol e non in un’epoca remota, ma nel momento storico in cui la Premier League stava diventando la Premier League. Nell’epoca, quindi, del primo Chelsea di Abramovich, del primo Tottenham di Levy. Mentre attorno cominciavano a circolare i soldi e il campionato diventava più ricco e affollato di star, Jermain Defoe segnava gol con anonima regolarità. Ogni lunedì uscivano le compilation di highlights: i colpi di testa di Drogba, i tiri da fuori di Lampard e Gerrard, e poi questi golletti di Jermain Defoe che non parevano niente di eccezionale, se non consideriamo eccezionale il suo talento pratico nel trovare la strada più dritta per far finire il pallone in rete.
Defoe però non aveva il fisico classico da numero nove. Specie in un paese che per un secolo ha creduto che il centravanti dovesse toccare la palla più con la testa che con i piedi, Defoe era un’eccezione, resa meno rara dalla presenza di una piccola tradizione di attaccanti brevilinei che lo hanno preceduto: Michael Owen, Ian Wright, Robbie Fowler. Finalizzatori tecnici, estrosi, con una frequenza di passo da pugili, che più del tiro in sé hanno raffinato l’arte della sua preparazione. Defoe ha rappresentato una versione un tantino più povera degli altri, o almeno una a cui non è mai stato riconosciuto il talento necessario a misurarsi in contesti di livello più alto.
A 23 anni ha concluso una stagione da 22 gol in 44 partite con la maglia di un Tottenham che ancora non giocava in Champions League. Nessuna squadra però decise di investire su di lui. Alla fine andò al Portsmouth in prestito per 6 milioni di sterline. Nel Tottenham stesso, faticava a vedere il suo status riconosciuto. Non era mai considerato indiscutibilmente un titolare, e ogni estate arrivava un nuovo attaccante con l’obiettivo di togliergli spazio. Defoe è il giocatore ad aver segnato più gol dalla panchina nella storia della Premier League. Una statistica che racconta della sua capacità di incidere a partita in corso, contro difese stanche, ma anche del fatto che i suoi allenatori lo hanno spesso considerato un piano B.
Forse anche per questo in questi giorni si stanno leggendo poche celebrazioni di Jermain Defoe, e il suo ritiro è stato accolto con generale indifferenza. Ho raccolto alcuni dei suoi gol come tributo a uno dei migliori finalizzatori della storia del calcio recente.
Il controllo in spazi stretti
Quando Jermain Defoe ha mosso i primi passi in Premier League aveva la maglia claret&blue del West Ham, sponsorizzata FILA e Dr. Martens. Giocava insieme a Sinclair, Carrick e a Paolo Di Canio, con la maglia numero 10, senza capelli, carismatico e praticamente immobile per il campo. Siamo nella preistoria. Sulla panchina del Chelsea c’è Claudio Ranieri, in campo giocatori come Mario Stanic o Jimmy Floyd Hasselbaink. Ci sono entrate di Thomas Repka a forbice su attaccanti che non battono ciglio, cross sparati in area senza costrutto, David James con le treccine platinate. Il prato verde che esplode in una fanghiglia che mantiene la sua carica estetica prettamente inglese. Nell’azione del gol di Defoe toccano la palla giocatori del West Ham in cui il colore del fango è diventato tutt’uno col rosso della maglia sociale. La palla arriva in area a Defoe, che deve aspettarla; proprio per questo Terry esce aggressivo su di lui, pensa di non essere visto, ma in qualche modo - con l’istinto - l’attaccante se ne accorge - e con un guizzo lo dribbla verso l’interno. Per non perdere l’inerzia della corsa se la porta avanti col sinistro, prima di concludere. È un perentorio 5-1 del Chelsea - doppietta di Hasselbaink, doppietta di Gudjhonsen - e quello di Defoe è il gol della bandiera.
Cos’è il fiuto del gol?
Dei quasi duecento gol in carriera, questo non è certamente tra i più belli. Se fate attenzione alla dinamica della rete, però, riconoscerete l’altissimo coefficiente di difficoltà. Defoe taglia verso il centro dell’area mentre il suo compagno fa sponda. Corre e ha il difensore attaccato, un difensore molto più grosso di lui. Defoe è alto appena un metro e 70 e non sembra neanche di quei torelli che vengono messi davanti per il loro strano peso gravitazionale. Eppure riesce a tenere lontano questo difensore più grosso. La palla gli finisce praticamente addosso, e Defoe stende la gamba come per togliersela di dosso. La colpisce con la suola, con sufficiente precisione tecnica per superare il portiere.
In un’intervista Defoe racconta che uno dei consigli che gli hanno dato da ragazzo è stato quello di essere attratti dal portiere. Se sei un attaccante il portiere è il tuo riferimento, la tua calamita. Perché il portiere è il guardiano della porta e tu è lì che devi andare.
Di giustezza contro il West Ham
Come altri giovani promettenti del calcio inglese, l’inizio di carriera di Jermain Defoe è fatto di scelte controverse e molto contestate dai tifosi. Cresciuto nell’accademia del Charlton, per esempio, a sedici anni decise di firmare un contratto professionistico con il West Ham.
Quattro anni dopo, col West Ham retrocesso, chiese la cessione alla società scatenando l’ira dei tifosi. Rappresentava il futuro della squadra dopo l’addio di Paolo Di Canio, e le maggiori speranze per il club di risalire in fretta in Premier. Chiedere la cessione meno di 24 ore dopo la retrocessione non è stata una mossa elegante, diciamo. Il club ha rifiutato la cessione, i tifosi lo hanno criticato, lui è tornato sui suoi passi: «Ho sbagliato e posso solo chiedere scusa. Cono giovane e ho imparato dal mio errore». Defoe è rimasto quindi al West Ham, ma sapete come funziona quando un giocatore gioca controvoglia. Defoe è scontroso, si fa espellere spesso, salta delle partite per infortunio, e a gennaio il West Ham lo cede al Tottenham.
Con la maglia del Tottenham, contro il West Ham, segna questo gol notevole. Quando poteva giocare in transizione, Defoe era micidiale nell’inclinare il campo verso la porta avversaria. Principalmente per la sua rapidità di gambe, unite al fatto che poteva calciare da perfetto ambidestro, trovando sempre angoli mortiferi. In questo caso per esempio sembrava potesse proseguire lungolinea per andare a calciare col sinistro, invece sterza sul destro calamitando l’attenzione di tre difensori. Tra finte e cambi di passo li supera tutti, alcuni cadono nel tentativo di fermarlo, poi tira fuori una conclusione che pare figlia della stanchezza. La palla però gli torna, e a quel punto tira fuori il tiro del pazzo, di controbalzo, violentissimo, centrale ma imprendibile per il portiere. Il tiro che fai durante il riscaldamento a calcetto quando ti arriva una palla anonima e la scagli con tutta la forza che la frustrazione della tua giornata ti ha lasciato in dono.
Di sinistro incrociato
A proposito di ambidestria: ecco un gol che la mette in mostra in tutto il suo splendore. Di nuovo, le gambe di Jermain Defoe sembrano semplicemente troppo rapide negli spazi stretti per i legnosi arti inferiori dei difensori inglesi. Siamo in un momento storico in cui non ci sono ancora le eccellenze atletiche di oggi in quel ruolo, centrali che abbinano potenza ed elasticità con attitudine freak. Defoe allora può approfittare del vantaggio atletico su di loro, e lo fa sempre con grande cinismo. La finta col destro, in quest’azione, è davvero minima, ma è di quelle finte la cui efficacia è proporzionale alla minaccia del tiro dell’attaccante. Il tiro di Defoe è minaccioso, il difensore ci casca. In ogni caso l’ha portato sul sinistro, e siamo oltre i venti metri. Defoe però aveva una capacità ai limiti del mistico di trovare angoli strettissimi da ogni posizione con tutti i piedi. Amava ripetere: «Fare gol è la cosa più difficile del calcio, e ho passato la carriera ad allenarmi per farlo sembrare semplice».
Sotto l’incrocio dei pali contro l’Arsenal
In un campionato di spazi aperti da mangiare con corse disperate, gli attaccanti che sanno calciare e portare palla sono oro. Questa qualità negli spazi è ciò che rendeva Defoe così letale nei suoi ingressi a partita in corso. Magari qualche allenatore lo lasciava in panchina proprio per sfruttare queste sue abilità in partite più aperte e confusionarie, contro difensori ormai stanchi. In questo gol, però, si nota la capacità di Defoe di prendersi spazi in velocità anche quando quegli spazi sono oggettivamente pochi e le difese sembra abbastanza chiuse, come questa dell’Arsenal. Defoe però è molto tecnico in conduzione, e riesce a mantenere alta la velocità di punta col pallone appiccicato al piede. In questo caso la conclusione è fintata fino all’ultimo, calcia quando ancora sembra stia portando palla, all’improvviso. Il portiere rimane fermo perché non riesce neanche a veder partire il tiro, ma anche perché quel tiro poi finisce sotto l’incrocio dei pali.
Si trovano in giro diverse interviste di Defoe sull’arte della finalizzazione. Viene consultato come un gran maestro della disciplina, com’è giusto che sia. Una cosa interessante che dice è che quando tiri d’interno hai la possibilità di mascherare più a lungo le tue intenzioni al portiere, rubandogli quelle frazioni di secondo poi decisive per segnare. La finalizzazione è soprattutto un’arte del tempo.
Il primo gol in Nazionale
Una delle mie cose preferite nei gol di Defoe è il modo in cui riesce a sfruttare il vantaggio strutturale sui difensori. Gli attaccanti forti sono quelli che quando hanno il pallone negli ultimi metri, sfruttano tutti i vantaggi possibili del controllare il pallone, e quindi di essere gli artefici del futuro, di quello che deve accadere. Il difensore può solo reagire, non agire. Defoe questo sembra sempre saperlo e conosce i modi più fini per ingannare le reazioni dei difensori, piegare a proprio vantaggio il vantaggio temporale su di loro. La facilità con cui riesce a girarsi per la conclusione, in questo caso, col difensore totalmente disorientato, è imbarazzante.
I cinque gol contro il Wigan
Defoe ha giocato in un’epoca di passaggio per il campionato inglese. Tra la prima modernità di Wenger e quella di Mourinho, prima che la Premier League entrasse definitivamente della ricchezza economica e tattica di oggi. Defoe era un attaccante di quell’epoca più semplice, in cui a un attaccante veniva chiesto principalmente di fare gol. Riguardare le sue partite restituisce la sensazione di un essere umano che da quando è nato ha modellato i suoi gesti e i suoi movimenti sull’idea di un’efficienza totale.
In questi cinque gol segnati in una partita - con la generosa complicità della difesa del Wigan - c’è tutto il suo repertorio di finalizzazioni. Nel primo il suo istinto per i tagli in area di rigore. Defoe sa già dove Aaron Lennon metterà il suo passaggio, e scommette in anticipo con la corsa davanti al difensore. Lo anticipa tirando e cadendo con uno slancio che quasi lo fa finire in rete insieme al pallone.
Nel secondo si vede bene il movimento a uncino con cui rientra dal fuorigioco, si prende lo spazio dal difensore e scatta in profondità. Dopodiché conclude con un tiro incrociato con un angolo strettissimo. Non c’è niente di ridondante nella sua tecnica: i suoi controlli e i suoi tiri sono tanto puliti quanto privi di piacere. Defoe sembra un proiettile lanciato verso la porta. Nel terzo gol fa un altro splendido movimento a sfilarsi all’indietro, per poi colpire una volée asciutta che concede poco allo spettacolo. Nel quarto approfitta di un filtrante di Corluka con un cinismo pauroso, calciando sul primo palo senza battere ciglio dopo uno scatto in profondità.
In questa partita ha segnato la seconda tripletta più veloce della storia della Premier League - dopo quella di Fowler contro l’Arsenal nel 1994; è anche diventato il terzo giocatore della Premier a segnare cinque gol in una singola partita, dopo Andy Cole e Alan Shearer. Negli anni successivi si aggiungeranno alla lista Sergio Aguero e Dimitar Berbatov.
Il gol all’Italia e la burrascosa storia con la Nazionale
Per paradosso in Nazionale Defoe ha trovato maggiore riconoscimento del proprio talento rispetto ai club. Se non altro è stato un giocatore importante nell’Europeo del 2012. In un’amichevole di preparazione a quel torneo l’Inghilterra ha giocato contro l’Italia e Defoe ha segnato questo gol incredibile. C’è la sua classica partenza sul centro-sinistra, col corpo già rivolto verso la porta, la resistenza fisica sul difensore, in quel caso Chiellini, e poi il tiro rientrando sul destro, forte e secco verso l’incrocio dei pali più lontano. Defoe non verrà convocato per i Mondiali del 2014, e ha dichiarato di non essere mai sceso davvero a patti con quella decisione. Verrà richiamato nel 2017, in un momento di rifioritura della sua carriera - una di quelle che è sembrata finire diverse volte, per poi riprendersi.
The English Romario
Nel 2014 Defoe è partito per il Canada: aveva 32 anni e la sua carriera ad alti livelli sembrava finita. Dopo 11 gol in 19 partite, segnati con facilità spesso scandalosa, ha pensato di tornare in Inghilterra. Ha indossato la maglia del Sunderland e la sua carriera è così ripartita. In questo gol non è semplice dire quanta fortuna ci sia stata. Rimane il fatto che Defoe, col primo controllo, ha provato un sombrero sul portiere. Gli rimane un po’ corto, e di certo quel portiere è piuttosto goffo, fatto sta che la palla rimane a Defoe. Qui arriva la mia parte preferita del gol, perché Defoe in area di rigore ha una freddezza quasi palpabile, e questo gol la mostra bene. Il portiere non arriva sul pallone, Defoe rimane calmo e, a pochi centimetri dalla riga di porta, sterza col sinistro, poi tira una bomba superflua col destro. Un gol alla Romario, per come ha coniugato baricentro basso, freddezza, tecnica e gusto per la beffa a difensori e portiere.
La sua carriera si è allungata quando Ian Wright gli ha consigliato un fisioterapista francese che aveva avuto all’Arsenal. Ogni anno Defoe faceva pochi giorni di allenamento intenso, e così facendo si è prolungato la carriera di almeno cinque anni. Defoe è stato il protégé di Ian Wright, che lo ha guidato nei primi passi della sua carriera al West Ham, quando Wright era ormai prossimo al ritiro. Del resto hanno lo stesso background - east London - e lo stesso stile di gioco. Defoe è stato davvero l’erede di Ian Wright: ha superato il suo numero di gol in Premier, ma non è riuscito ad avere lo stesso impatto nel cuore e nell’immaginario di una singola tifoseria.
Il più lesto di tutti
Con la maglia del Sunderland Defoe ha segnato forse i suoi gol più belli. In questo trasforma un lancio sparecchiato a caso da un difensore in un’occasione da gol. Lo fa con un grande anticipo, e poi con un controllo tecnico notevole. Col passare degli anni Defoe ha soprattutto affinato la sua freddezza, spiccando sempre come il più lucido nelle situazioni più affannose. C’è più tecnica o più lucidità nel secondo dribbling in controtempo sul difensore? È più importante pensare una giocata o eseguirla? Quasi viene da dare per scontato il gran tiro di collo pieno sul secondo palo. Defoe calciava come gli attaccanti di una volta, abituati ai palloni di una volta.
Negli ultimi anni di carriera ha giocato con la maglia del Glasgow Rangers. Quando è arrivato ha voluto conoscere ogni singolo membro dello staff. Defoe sembra tenerci sinceramente a creare un legame con tutte le persone che fanno parte di un club. Dopo gli allenamenti si fermava coi ragazzi della primavera per dargli dei consigli, lo chiamavano zio.
Ai tempi del Tottenham ha sviluppato un amicizia profonda con un suo grande tifoso disabile. Quando è morto, nel 2017, ha scritto una lettera molto emotiva e sentita, che ci restituisce bene che tipo di persona è Jermain Defoe:
«Ciao amico mio, mi mancherai tantissimo. Sono davvero grato a Dio per averti condotto nella mia vita e avermi dato la possibilità di trascorrere momenti stupendi con te. Non dimenticherò mai il tuo sguardo quando ti incontrai la prima volta, quell’amore così genuino nei tuoi occhi dolci. È davvero difficile trovare le parole per spiegare cosa significhi per me. Il tuo modo di pronunciare il mio nome, i tuoi sorrisi da superstar alle telecamere, l’amore che ho provato quando ero al tuo fianco. Il tuo coraggio sarà sempre una fonte d’ispirazione per il resto della mia vita. Non puoi capire quanto tu mi abbia cambiato come persona. Ora sei tra le braccia di Dio e io ti porterò sempre nel mio cuore. Dormi beato, piccolino. Il tuo migliore amico».