40 giovani da seguire nel 2018
Abbiamo messo insieme i giovani talenti che più ci interesserà seguire nell’anno appena cominciato.
Maxime Lopez, ‘97, Olympique Marsiglia
di Daniele Manusia
Maxime Lopez è stato lanciato da Rudi Garcia poco dopo il suo arrivo a Marsiglia, ormai più di un anno fa, e alla sua prima stagione tra i professionisti ha realizzato tre gol e sei assist. Nella stagione 2017/18 ha giocato meno della metà dei minuti a disposizione, complice un cambio di modulo dal 4-3-3 al 4-2-3-1, ma è il giocatore in rosa che ogni 90 minuti effettua più passaggi in media (90.2) e con la precisione più alta (92.1% in media, e nelle partite in cui viene sostituito la percentuale di passaggi riusciti sul totale sale oltre il 96%). Non arriva al metro e settanta e per questo è penalizzato se deve coprire molto campo (ed è anche piuttosto semplice da dribblare in transizione o in campo aperto).
Quello di Maxime Lopez (con origini nordafricane e un fratello che ha giocato qualche partita con l’Algeria, e che quindi, in teoria, potrebbe anche giocare con una nazionale diversa dalla Francia con cui sta facendo le giovanili) è un calcio di distanze brevi, fatto di piccole accelerazioni per eludere l’intervento avversario e sterzate rapide a testa alta, per cercare una linea su cui effettuare un passaggio. Anche se ha un ottimo lancio con l’interno, preferisce giocare sul corto. Corre veloce con la palla incollata al piede ma non per grandi distanze, la protegge bene negli spazi stretti e se è necessario dribblare può farlo accelerando i movimenti di gambe (tenta 2 dribbling ogni 90′, e gliene riesce quasi uno e mezzo, 1.4).
Non è il tipo di giocatore che punta la difesa minacciando il tiro (ne effettua più o meno uno ogni 90’) e quando è sulla trequarti cerca uno scambio per arrivare al cross o direttamente il passaggio che porti al tiro un compagno (in Ligue 1 effettua 2.5 key pass ogni 90’, e dopo Payet e Thauvin, le due ali titolari di Garcia, è il giocatore dell’OM che manda di più al tiro un compagno).
È una mezzala di possesso e non può essere nient’altro con il fisico e con il talento che ha, ma non è un giocatore difensivo, le sue scelte non sono quasi mai conservative e la linea di passaggio che cerca per prima è quella in diagonale. Se qualcuno, per le dimensioni, per la tecnica, lo ha paragonato a Marco Verratti si è sbagliato su questo aspetto fondamentale del suo gioco: Maxime è più a suo agio rispetto a Marco negli ultimi metri di campo e meno incline al lancio lungo. Con una faccia davvero da ragazzino si muove per il campo oscillando il busto come quei giochi piantati nei parchi su una molla, si inclina a destra e a sinistra, si sposta la palla dall’esterno all’interno, e intanto con lo sguardo cerca un compagno in avanti a cui passarla. Dalla trequarti in poi, cerca l’ultimo o il penultimo passaggio. Il suo talento è fragile, non solo per l’età ma anche per le sue caratteristiche fisiche e tecniche, ma Maxime sembra abbastanza robusto per imporsi anche tra i “più grandi”, che nel suo caso resteranno sempre tali.
Allan Saint-Maximin, ‘97, Monaco/Nizza
di Dario Saltari
BUUUUUUT ! Allan Saint-Maximin double la mise juste avant la pause (45′) !#OGCNVIT : 2-0
➡ Le live : https://t.co/McInYVk3hc pic.twitter.com/rUa4tJMEYu
— OGC Nice (@ogcnice) 28 settembre 2017
Dopo un’ottima stagione al Bastia, Saint-Maximin è stato ritenuto ancora troppo acerbo dal Monaco, che lo ha spedito ancora in prestito al Nizza per un’altra stagione di apprendistato. Saint-Maximin è un giocatore con una capacità quasi unica di disordinare le difese avversarie. Non si parla di talento assoluto, nemmeno di sensibilità tecnica, ma sa creare pericoli con la propria esplosività sui primi passi, con i cambi di passo, con la corsa in spazi aperti. Se si esce al di fuori di questa capacità, però, diventa difficile definire il suo talento: Saint-Maximin ha un tiro potente ma non particolarmente pulito, un primo controllo tutt’altro che eccellente, una consapevolezza tattica appena abbozzata, un istinto realizzativo ancora scarso. Se l’ala francese avesse davvero dei margini di miglioramento in questi aspetti del suo gioco, allora potrebbe diventare uno dei talenti offensivi più devastanti della sua generazione. Chissà che il 2018 non possa darci risposte in questo senso.
Carlos Soler, ‘97, Valencia
di Emiliano Battazzi
Nel florido settore giovanile del Valencia c’è sempre una nuova grande promessa: di solito un terzino sinistro, ma anche grandi ali e trequartisti: da Bernat a David Silva. In questa grande tradizione si inserisce Carlos Soler: nato a Valencia, entrato nella cantera addirittura a sette anni (dopo aver segnato una tripletta contro la sua futura squadra), più di 500 gol nelle varie giovanili, dove giocava da prima punta. Lentamente si è trasformato in un trequartista, poi in mezzala di possesso e anche regista, e adesso si sta abituando a giocare addirittura da esterno destro nel rigido 4-4-2 di Marcelino. Soler ha debuttato nella Liga durante l’annus horribilis valenciano, lanciato da Prandelli (non tutti i mali vengono per nuocere). Durante il caos della passata stagione, Soler è stata l’unica nota positiva, diventando immediatamente titolare e dimostrando tutte le sue capacità (trovando il tempo anche per iscriversi all’università): visione di gioco, tecnica elevatissima, capacità di giocare in spazi stretti.
One of @valenciacf_en‘s rising stars is celebrating!
Happy 21st birthday, @Carlos10Soler! pic.twitter.com/XF3WMx6f4Y
— LaLiga (@LaLigaEN) 2 gennaio 2018
Questa però è già una stagione fondamentale nel suo percorso di crescita: stretto in un ruolo non suo, Soler ha dei compiti diversi rispetto a un normale esterno. Si accentra molto, anche per dettare un passaggio tra le linee, e non deve necessariamente mantenere l’ampiezza. Ma rimane un destro schierato a destra: con il cross come gesto tecnico più normale, e allo stesso tempo limitato dalla linea laterale. Ciò nonostante, ha disputato una splendida prima parte di stagione, perché Soler ha molte qualità: la progressione di un’ala, la conduzione palla al piede, l’ultimo passaggio di un trequartista (4 assist per ora, dietro solo a Guedes). L’ecosistema tattico di Marcelino è però basato su un calcio automatico, verticale, veloce e aggressivo: schierato sulla fascia, Soler è marginalizzato dal gioco, effettuando a mala pena 32 passaggi per 90 minuti (tra gli ultimi dell’intera rosa del Valencia). Dal suo maggior coinvolgimento nel gioco dipenderà una maggior variabilità e imprevedibilità della squadra; dalla sua evoluzione tattica individuale dipenderà il suo destino, nel complicatissimo passaggio da grande promessa a grande giocatore.
Kai Havertz, ‘99, Bayer Leverkusen
di Emanuele Atturo
(Contributo tratto da un pezzo uscito in inglese per il blog di Wyscout)
La scuola calcistica tedesca non smette di produrre talenti a centrocampo. Dopo Leon Goretzka – un trequartista con uno spiccato senso dello spazio – e Julian Weigl – un regista dalle geometrie cristalline – Kai Havertz è il nuovo prospetto da tenere d’occhio. Ha appena 18 anni e già 41 presenze e 5 gol tra i professionisti con la maglia del Bayer Leverkusen, di cui è stato il più giovane esordiente. Dicono di lui: «Non ho mai visto un giocatore così completo alla sua età», Lars Bender; «Ha buona tecnica, velocità, forte nell’uno contro uno. Calciatori come lui mi rendono felice», Roger Schmidt.
Havertz è un centrocampista completo: tecnico nel dribbling, con una grande sensibilità nei passaggi corti e lunghi e un buon senso dell’inserimento. Pur essendo mancino, sa usare il destro se richiesto (anche se in maniera più meccanica). Il suo migliore talento è però l’intelligenza tattica, che ha portato i suoi allenatori a schierarlo in tante posizioni diverse: play di un 4-2-3-1, attaccante esterno a sinistra dello stesso modulo; seconda punta di un 4-4-2. Havertz ha un fisico slanciato (1,86 cm) e non è rapido sui primi passi, cosa che lo costringe a giocare sempre a testa alta per anticipare i tempi.
Quando riceve ha un primo controllo di qualità e sa usare bene il corpo per eludere la pressione. Se vede un movimento in profondità ha la sensibilità e la visione per servirlo; in situazioni più statiche cerca di associarsi con i compagni, inserendosi in area quando serve.
La completezza del suo repertorio è ciò che lo rende utile in ruoli diversi, ma è anche ciò che può limitarlo a un certo livello. Havertz è ancora un talento grezzo, in attesa di trovare una specializzazione. La qualità nell’ultimo passaggio (già 5 assist quest’anno) e la visione di gioco potrebbe suggerire un futuro da mezzala creativa, perfetta in un 4-3-3, o magari da trequartista che parte a destra per stringere verso il centro in un 3-4-2-1 o in 4-2-3-1.
Marco Carraro, ‘98, Inter/Pescara
di Emanuele Mongiardo
Nel secondo Pescara di Zeman si sta imponendo un prospetto interessante davanti alla difesa. Marco Carraro, classe ’98 ed ex capitano dell’Inter primavera, è il vertice basso del centrocampo abruzzese. Spetta a lui tessere i fili della prima costruzione facendosi trovare in zona luce per offrire un’uscita del pallone pulita ai centrocampisti. Carraro è il profilo perfetto, tecnicamente e fisicamente, per agire da “mediocentro”. Innanzitutto per la sua abilità nei passaggi e per le responsabilità che si assume in prima costruzione. Il mancino educato gli permette di affettare in verticale le linee di centrocampo avversarie per trovare nei mezzi spazi l’ala che taglia verso l’interno o la mezzala che si alza. Le scelte di passaggio alle volte estremamente rischiose combaciano perfettamente con le idee di Zeman che non ha esitato a schierarlo dopo un paio di mesi d’apprendistato. Carraro riesce ad essere utile anche nel gioco corto. Quando infatti le mezzali si abbassano per agevolare il possesso, ha piedi e velocità di pensiero per scaricare palla e muoversi alle spalle del proprio marcatore, invitando così i propri compagni a ruotare il centrocampo e a triangolare per superare la pressione avversaria. In questo gioco di cucitura lo aiuta una sensibilità tecnica che gli permette di giocare velocemente di prima, sia sul corto che sul lungo.
Anche i lanci fanno parte del suo repertorio. Col sinistro ama alzare la palla per cercare i compagni alle spalle della difesa. Deve però smussare questo suo gusto verticale: delle volte prova il lancio anche contro difese schierate, regalando palla agli avversari. In fase di non possesso, preferisce difendere in avanti, agevolato nei contrasti dal fisico ben strutturato (quasi un metro e novanta d’altezza). La stazza ne rallenta però il passo nelle corse all’indietro, situazioni frequenti in una squadra come il Pescara che perde troppo facilmente le giuste distanze in pressione.
Il miglioramento più impellente da raggiungere per Carraro riguarda la gestione del possesso: se imparerà ad avere più pazienza nel giro palla, migliorando le scelte di passaggio, potrebbe affermarsi già dall’anno prossimo in Serie A. E rientrare, perché no, in orbita Inter.
Jann-Fiete Arp, 2000, Amburgo
di Daniele V. Morrone
Foto via DFB.
Jann-Fiete Arp è stato il primo giocatore nato nel 2000 a segnare in Bundesliga. È la cosa più vicina ad un “salvatore della patria” che l’Amburgo abbia avuto da un decennio a questa parte. Per farlo giocare nel posticipo l’Amburgo ha dovuto chiedere una dispensa speciale per minorenni lavoratori. La punta tedesca è la risposta che il programma messo in piedi dalla federazione anni fa stava aspettando; la risposta alla domanda se la Germania sia in grado di produrre giocatori di enorme talento in ogni singolo ruolo. Dopo anni di splendide seconde punte e trequartisti, Arp potrebbe essere la tanto agognata punta centrale. Non solo un altro faticatore intelligente nei movimenti, non un altro gigante bravo nell’appoggiare la manovra, Arp può essere tutto questo ma al momento è soprattutto una punta che segna con grande facilità.
Certo, Arp è ancora grezzo, non sembra avere grandi doti atletiche, il gioco spalle alla porta non è ancora del tutto sviluppato, è sgraziato nel gesto e la sensibilità nel piede arriva e va via. Però ha già un calcio sicuro e dei lampi di talento in area che fanno pensare a margini di crescita enormi. Dopo una seconda parte del 2017 che lo ha visto irrompere come un fulmine in prima squadra, il 2018 dovrà essere l’anno dell’assestamento tra i grandi. Ha già rifiutato le offerte delle grandi squadre, ha detto che vuole rimanere a casa per crescere, che non ha senso bruciare le tappe ora.
Houssem Aouar, ‘98, Olympique Lione
di Federico Aquè
Foto di Jeff Pachoud/AFP/Getty Images.
A giudicare dall’impatto che sta avendo sul campionato francese, il settore giovanile del Lione ha tirato fuori un altro talento fuori scala. Secondo L’Équipe, alla fine del girone d’andata Houssem Aouar è il terzo miglior giocatore della Ligue 1, dietro Neymar e Cavani. Per inquadrare la velocità della sua ascesa va detto che ha esordito tra i professionisti appena un anno fa, nei sedicesimi di Europa League contro l’AZ Alkmaar, ed è entrato nelle rotazioni del Lione solo all’inizio di questa stagione. In estate l’OL aveva venduto tre dei giocatori più forti usciti dal suo settore giovanile negli ultimi anni, Lacazette, Tolisso e Gonalons, e come da tradizione ne ha pescato un altro che promette di garantirgli un’enorme plusvalenza in futuro.
Aouar è un centrocampista tecnico ed elegante, i cui modelli di riferimento sono Grenier, stella del Lione durante la sua trafila nelle giovanili, e Zidane, con cui condivide le origini algerine. È già stato avvicinato dalla federazione per convincerlo a giocare con l’Algeria, ma per ora ha esordito con l’Under-21 francese.
Nell’OL già sperimentato diversi ruoli: esterno offensivo, mezzala e interno di un centrocampo a due col compito di impostare l’azione. Anche per questo è difficile trovare un confine alle sue potenzialità. Ha giocato appena una decina di partite da titolare, ma ha dimostrato da subito di poter avere un’influenza determinante nel gioco dell’OL. Tecnicamente è già un giocatore eccezionale, ha quel tipo di controllo raro che gli consente di tenere davvero la palla incollata al piede e di affrontare le situazioni più complicate, con molti avversari attorno e gli spazi che inevitabilmente si riducono, da una posizione di vantaggio. Ha una percezione del campo più ampia del normale, sa leggere i movimenti dei compagni e ha la qualità per servirli con precisione estrema. Dà un grande contributo alla progressione della manovra, tagliando le linee avversarie in conduzione o con una verticalizzazione, ma potrebbe essere ancora più presente sia nella rifinitura che nella conclusione. In campionato ha comunque servito 2 assist e firmato 3 gol, due dei quali decisivi per ribaltare e vincere la partita contro l’Amiens.
Aouar è già adesso un fattore chiave nelle partite dell’OL, in futuro potrebbe diventarne la stella e aggiornare la lista di talenti usciti dal suo settore giovanile venduti a peso d’oro ai migliori club d’Europa.