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I miglioramenti dell'Italia
16 giu 2015
La partita contro la Croazia ha mostrato dei passi in avanti nel gioco della Nazionale di Conte, che gioca poco ma cambia molto.
(articolo)
18 min
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Anche se gioca un paio di volte ogni quattro mesi, la Nazionale cambia velocemente. In un anno siamo passati dal controllo del pallone di Prandelli (finito nel martirio di un'Italia inoffensiva e vulnerabile al Mondiale brasiliano) all'idea di calcio quasi opposta di Antonio Conte, basata su intensità e gioco verticale. Ma l'Italia sta continuando a cambiare anche al di là dei principi, anzitutto perché il lavoro del c.t. (o “selezionatore”: parola che rende bene l'idea dei suoi poteri limitati) deriva dal lavoro dei tecnici che hanno a disposizione i giocatori durante il resto dell'anno e dallo stato del calcio italiano. Non c'è Roberto Baggio da escludere per motivi personali, ma c'è Alessio Cerci, che alla fine della scorsa stagione sembrava uno dei calciatori italiani più influenti, ma che ha sbagliato scelte di mercato e qust'anno ha giocato una ventina di partite appena. C'è Mario Balotelli, che tre anni fa riportava Neuer con i piedi (e il ginocchio) per terra e adesso, a venticinque anni da compiere, potrebbe quasi cominciare a organizzare la sua partita d'addio (e, considerando le difficoltà che avrebbe a trovare 21 ex compagni felici di giocare con lui per l'ultima volta, forse farebbe meglio a iniziare a pensarci sul serio). E su questo tipo di cose il c.t. della Nazionale non può farci niente.

La Nazionale cambia anche perché nessun allenatore al mondo si accontenta di un tipo di squadra se non porta ai risultati sperati. Quelle che giocano sempre allo stesso modo di solito sono le squadre migliori, quelle che hanno bisogno di cambiare talmente poco da diventare, per certi aspetti, prevedibili (e se per qualcuno la prevedibilità, anche se eccellente, coincide con la noia è un problema suo). Oppure, sono quelle che hanno in rosa alcuni giocatori imprenscindibili intorno a cui costruire il sistema, ma se parliamo dell'Italia non abbiamo (quasi) nessuna certezza. Non mi stupirei se la squadra che scenderà in campo al prossimo Europeo avrà 7/11 diversi rispetto ai titolari di venerdì contro la Croazia.

Nel giro di una manciata di partite Conte è passato dalla “sua” difesa a 3 a quella a 4, da una coppia di punte che si muoveva in sincronia (con buoni risultati) al tridente, da un solo uomo per fascia a due. Ma che avesse più fantasia di quanto pensino i suoi detrattori si era capito quando aveva utilizzato un modulo doppio contro l'Albania (non il normale slittamento tra una fase e l'altra dello stesso modulo, ma un 4-4-2 che diventava 3-3-4 con la rotazione “innaturale” di alcuni giocatori). La partita con la Croazia sembra confermare che quasi tutte le porte sono ancora aperte, che l'Italia sta ancora cercando il proprio gioco.

E lo fa prima di tutto correggendo gli errori. Tipo la partita giocata a novembre a Milano contro la Croazia, in cui il pareggio (1-1) è andato stretto agli ospiti, sempre in controllo della partita. La situazione qui sotto riassume bene il secondo tempo passato in balia degli avversari:

Dal 5-3-2 al 4-5-1

A novembre la squadra di Niko Kovac aveva completamente dominato l'Italia: con il 60% del possesso palla, più del doppio dei tiri totali (15-6) e il quadruplo dei tiri in porta (9-2). Il 5-3-2 di Conte era andato in difficoltà sulle fasce, dove, forse per non lasciare i 3 difensori centrali in parità numerica con i 3 attaccanti croati, gli esterni italiani (Candreva e De Sciglio) restavano molto bassi, lasciando ai terzini croati (Srna e Pranjic) la libertà di salire quando volevano.

L'Italia era passata alla difesa a 4 già in quella partita, quando a più di mezz'ora dal termine Conte ha tolto Immobile per El Shaarawy, finito a fare il terzino aggiunto in marcatura su Srna, non sempre benissimo tra l'altro. Ma l'Italia ne aveva beneficato quasi istantaneamente e intorno al settantesimo (prima che la partita venisse sospesa per dei fumogeni) era riuscita a risalire metri di campo preziosi.

Il 4-5-1 e il 4-2-3-1 sono moduli speculari, cambia solo il triangolo a centrocampo, che nel primo caso ha il vertice davanti alla difesa, nel secondo dietro la punta: il playmaker di un modulo si sovrappone al trequartista dell'altro. Quando i due moduli si affrontano si creano una serie di coppie a tutto campo, e la partita sarà più o meno bloccata a seconda del dinamismo dei singoli interpreti.

Entrambe le difese restavano in superiorità sul solo attaccante centrale. Quella croata impostava in superiorità con i due difensori, senza altri slittamenti, mentre quella italiana coinvolgeva Pirlo, che si abbassava tra Bonucci e Astori in fase di possesso. La Croazia in fase difensiva slittava in un 4-4-2 in cui Kovacic faceva da seconda punta e il gioco di specchi rimaneva invariato a centrocampo e sulle fasce: i terzini azzurri salivano sulla linea del centrocampo seguiti dagli esterni croati, mentre Candreva ed El Shaarawy avanzavano sulla linea di Pellè, formando un 3-4-3 offensivo e portandosi dietro i terzini a scacchi.

A novembre la Croazia aveva distrutto il gioco italiano dalle fondamenta, recuperando palla a ridosso della metà campo (46 metri) se non addirittura dopo (18 palle recuperate dopo la linea mediana, contro le 6 dell'Italia nella metà croata), ma venerdì dopo un primo pressing particolarmente energico, la Croazia ha lentamente ceduto metri di campo, e secondi con il pallone tra i piedi, alla difesa italiana. Nel secondo tempo, nello stadio vuoto, si sentiva chiaramente Conte chiedere a Bonucci di tenere la palla anche “venti minuti”, di non forzare la giocata e girare palla da una parte all'altra appoggiandosi ai terzini.

In sostanza Conte ha tolto un giocatore dalla difesa e uno dall'attacco, spostandoli sulle fasce, in questo modo ha tolto energia al pressing croato, impedendo agli esterni d'attacco avversari di pressare la linea di difesa (come successo a novembre quando l'Italia aveva un solo giocatore in fascia, su cui scalavano i terzini croati piuttosto comodamente). Venerdì sera, Olic e Perisic dovevano fare attenzione a Darmian e De Sciglio, mentre alle loro spalle Srna e Pranjic erano impegnati da El Shaarawy e Candreva.

Olic ci ha messo qualche minuto a capire la situazione:

Parità sulle fasce

La scelta di Conte comportava anche dei rischi, sapendo che la Croazia di Kovac attacca con un sistema asimmetrico sbilanciato a destra. Con Olic che gioca quasi da seconda punta lasciando tutta la fascia a disposizione del capitano Darijo Srna. In alcuni casi, come contro la Norvegia, Srna finisce così in alto che sembra un quarto attaccante.

Dall'altra parte del campo i pericoli vengono principalmente dall'abilità di Perisic nell'uno contro uno, che per questo resta più largo, salvo poi accentrarsi e andare al tiro, ma il terzino sinistro croato, Pranjic, ha caratteristiche decisamente meno offensive del suo capitano.

È importante perché con un uomo in meno in difesa si copre meno bene tutta l'ampiezza del campo e il lato debole è vulnerabile proprio agli attacchi dei terzini. Una soluzione possibile è farli marcare dai loro avversari diretti, cioè gli esterni d'attacco, altrimenti la squadra deve scivolare in copertura sui cambi di campo. L'Italia ha pagato l'intraprendenza di Srna dopo cinque minuti appena, quando Rakitic ha verticalizzato per Mandzukic, che, sbagliando lo stop, ha fatto arrivare la palla sulla sua corsa:

El Shaarawy teneva la posizione sulla linea dei centrocampisti (dato che non è successo solo una volta credo si trattasse di una scelta di Conte) e Darmian si è fatto attrarre dal pallone. Poi Astori ha sbagliato la copertura facendo fallo da rigore su un pallone che Srna probabilmente non sarebbe riuscito a tenere in campo.

Al tempo stesso, però, era Srna a doversi preoccupare di El Shaarawy. Dopo il rigore parato da Buffon, l'Italia sarebbe potuta andare in vantaggio proprio su taglio centrale dell'attaccante del Milan, inseguito da Srna in ritardo. Il gol è stato ingiustamente annullato ma l'azione resta splendida: dieci passaggi veloci, quasi tutti di prima, che hanno coinvolto Parolo, Pirlo, Pellè, Marchisio, Astori e Darmian, poi Marchisio (di tacco) ha aperto il campo a El Shaarawy, che ha girato in orizzontale su Candreva prima di buttarsi in area e spingere in rete la palla.

L'ingiustizia è ancora più grande perché la Croazia è ripartita mentre alcuni giocatori italiani stavano protestando (va detto che solo Bonucci lascia la posizione per andare a protestare, gli altri erano in zona e, anzi, Parolo e Candreva, che partecipavano all'azione d'attacco, hanno corso settanta metri in copertura), ma il gol annullato sembra aver pesato sull'atteggiamento di Srna, da quel momento più prudente (dopo l'azione del rigore non è più riuscito ad arrivare sul fondo e nessuno dei suoi 5 cross è arrivato a destinazione, sulla testa di un compagno).

In generale l'Italia ha vinto lo scontro sulle fasce: sul lato sinistro Darmian ed El Shaarawy hanno fatto 5 dribbling, contro un solo dribbling riuscito alla Croazia nella loro zona. Il dribbling riuscito è di Rebic, entrato al posto di Olic in posizione più esterna: una conferma di quanto abbia danneggiato il gioco croato la posizione più arretrata di Srna. A destra, De Sciglio e Candreva sono riusciti in 7 tentativi di dribbling, contro i 3 della Croazia dal loro lato, di cui solo uno di un loro avversario diretto (Perisic).

In un contesto bloccato è fondamentale avere giocatori in grado di saltare l'uomo: nella partita dello scorso novembre l'Italia aveva tentato in tutto appena 4 dribbling (segno anche della pressione asfissiante croata), in quella di venerdì invece i tentativi sono stati addirittura 20, con 15 dribbling riusciti. Il dribbling di De Sciglio qui sotto, in uscita dal pressing di Perisic, ha portato alla punizione dal limite (un'ingenuità di Rakitic, che non difende tanto bene quanto attacca) che, a sua volta, ha portato al rigore del pareggio:

Ed è fuori dal dubbio che il giocatore italiano maggiormente in grado di influenzare le partite sia Candreva. Venerdì ha tentato più dribbling di tutti (7, 3 riusciti), ma anche quando i suoi dribbling non vanno a buon fine costringe il terzino che lo marca a continui ripiegamenti e aggiustamenti della posizione. Oltretutto quando non dribbla, ma si limita a portare palla in mezzo al campo, può andare più o meno dove vuole.

Nei suoi momenti più anarchici è finito anche dalla porta opposta del campo e Pranjic si è sentito in dovere di seguirlo (costringendo Perisic a fare il terzino in marcatura su De Sciglio). Ne ha avuto uno a metà del primo tempo, sull'1-0 per la Croazia:

L'annullamento del terzino sinistro croato va messo senz'altro nella colonna dei meriti di Candreva, anche se non gli ha richiesto quasi nessuno sforzo. Pranjic a novembre aveva tentato 4 cross (di cui 2 andati a buon fine), venerdì neanche uno. Ha iniziato molto aggressivo, facendo anche parecchi falli, ma nel giro di un paio di minuti del secondo tempo, intorno al settantesimo, Candreva se ne è andato due volte di seguito lungolinea: la prima volta controllando al volo un lancio di Bonucci e mandando al tiro Pirlo, la seconda mettendo una palla dentro rasoterra, che è arrivata a Parolo, libero di calciare a centro area.

Sulla stessa fascia anche Perisic, uno dei migliori nella partita di Milano, oltre al gol aveva tentato 8 dribbling (3 riusciti), ha risentito della spinta dell'Italia. Ha provato a saltare l'uomo solo 2 volte (un dribbling riuscito) e solo con il campo aperto in ripartenza. Solo una volta ha ricevuto palla tra le linee, e si è reso subito pericoloso con un tiro fortissimo a incrociare che Sirigu ha guardato uscire tirando un sospiro di sollievo.

Riprendersi la palla

La Croazia ha fatto il possibile per prendere il controllo della partita, recuperando palla più in alto di noi (a 44 metri dalla loro porta, noi invece ci fermavamo a 27 metri), rubando più palloni nella nostra metà campo (17-3), facendo anche il doppio dei falli dell'Italia (20-10, di cui 5 di Mandzukic). Ma la squadra di Conte è stata brava a sua volta a pressare i centrali difensivi croati e a costringerli al lancio lungo (Mandzukic ha perso tanti palloni quanti Pellè: 10). A centrocampo Marchisio e sopratutto Parolo avevano il compito difficile di contrastare Brozovic e Rakitic ma, anche loro, se non sono riusciti a strappare loro la palla dai piedi, li hanno spesso costretti alla giocata rapida verso le punte.

La fase di recupero palla dell'Italia non funziona ancora come dovrebbe, ma quanto meno la squadra di Conte ha snaturato il gioco di posizione croato, costringendoli ad alzare i ritmi in fase di possesso. È finita con l'Italia che ha vinto il possesso del pallone (53%-47%) contro una delle squadre con più qualità a centrocampo, e aggressività in avanti, tra quelle che potremo incontrare all'Europeo.

Oltre a Modric, sul gioco croato è pesata l'assenza di Corluka, che nella partita di Milano aveva realizzato 3 assist per il tiro dei compagni. Con la palla tra i piedi ha una personalità neanche lontanamente paragonabile a quella di Schildenfeld o Vida. La Croazia ha vinto 5-1 contro la Norvegia, con Modric e Corluka in campo. Con il difensore del Tottenham il centrocampo croato può salire e lasciare a lui l'impostazione.

Più potere al centrocampo

Al contrario, l'Italia lasciava fin troppo nei piedi di Bonucci in fase d'impostazione. Il passaggio dal 3-5-2 al 3-4-3 gli toglie un po' di responsabilità: anzitutto per la presenza di Pirlo, poi perché da un modulo all'altro cambiano i movimenti del centrocampo. Nel 3-5-2 visto nelle prime partite le mezzali si allargavano sulla fascia o andavano vicino alle punte, svuotando il centro per le verticalizzazioni dalla difesa (contro l'Olanda in amichevole e contro la Norvegia, le due partite migliori dell'Italia fino a quel momento, Bonucci e De Rossi avevano eseguito più passaggi chiave di tutti). Non sono in discussione la tecnica o la visione di gioco del difensore juventino, quanto il peso che avevano le sue giocate sull'economia della squadra: la ricerca delle punte e le combinazioni tra Immobile e Zaza mettevano in moto il resto dei movimenti di squadra, ma le distanze erano molto lunghe e la coppia di centrocampisti della Croazia, nella partita giocata in casa nostra, aveva chiuso tutte le linee di passaggio senza grande sforzo. È bastato questo, e un pressing organizzato, per impedirci di giocare.

Adesso invece, con il 3-4-3, le mezzali restano in posizione e devono rendersi disponibili per la ricezione. In questo però sono venuti fuori i limiti di due giocatori soprattutto dinamici come Parolo e Marchisio, abituati a correre verso la porta avversaria. Astori e Bonucci avevano due scelte principali per giocare il pallone: sull'esterno al terzino, o a una delle due mezzali davanti: ma questo meccanismo non ha funzionato proprio perché Marchisio e Parolo non hanno quasi mai ricevuto palla tra le linee. Dei due è sembrato Parolo quello più in difficoltà, costretto quasi sempre a giocare la palla di prima in appoggio. Marchisio è stato eccellente in tutte le giocate fronte alla porta, interpretando alla perfezione gli spazi e scegliendo sempre la giocata giusta.

L'Italia ha avuto una delle migliori occasioni del primo tempo proprio quando Marchisio è riuscito a superare Brozovic in dribbling, puntando palla al piede la difesa avversaria. In quella situazione ha pagato anche il lavoro oscuro di Pellè. Nello screenshot qui sotto è fuori inquadratura, ma è lui a spingere in basso la difesa croata e creare la “tasca” in cui può correre lo juventino:

Marchisio attira su di sé 3 giocatori croati (Rakitic smette di seguire El Shaarawy e si avvicina alla zona del pallone anche se non può intervenire) e serve Pellè, che ha tagliato sull'esterno. L'attaccante si gira e mette una splendida palla rasoterra per El Shaarawy, che più o meno dal dischetto calcia alto. Alle sue spalle c'era Parolo, altrettanto libero, ma la palla non gli arriva.

Le combinazioni tra i tre attaccanti, molto vicini al centro, sono un'altra delle note positive di questa partita: nel 3-5-2 visto nelle partite precedenti, la sintonia tra la coppia di attaccanti era fondamentale sia per creare pericoli alla difesa avversaria con giocate mandate a memoria in allenamento (in particolare, ci eravamo resi pericolosi in più di un'occasione con i veli di Immobile per Zaza) che per tenere palla in alto e far salire la squadra. La palla usciva da una fascia e arrivava agli attaccanti, che la proteggevano e poi la passavano o alla mezzala che si inseriva, o all'esterno dalla parte opposta. Le distanze lunghe aumentavano la possibilità che qualcuno commettesse un errore e gli esterni faticavano molto a coprire le distanze richieste.

Con tre attaccanti non solo la difesa avversaria deve guardarsi da più movimenti, ma le giocate sono più semplici: oltre al compagno che cerca la profondità ce n'è sempre uno in appoggio, le mezzali hanno tutto il tempo di salire senza (in teoria) correre troppi rischi. La qualità delle giocate aumenta anche per una questione di uomini: avere due tra Immobile, Zaza e Pellè in campo allo stesso tempo abbassa per forza di cose il tasso tecnico della squadra e tra gli altri attaccanti a disposizione quelli che spiccano per qualità tecniche non hanno il dinamismo necessario oppure non segnano abbastanza.

Penso a Gabbiadini, che deve completare ancora la sua evoluzione da trequartista a centravanti, ma anche a Insigne, o lo stesso El Shaarawy, che nel primo tempo ha fallito l'occasione più limpida avuta dall'Italia e nel secondo ha tolto una palla di testa a Marchisio, che avrebbe potuto concludere. Non abbiamo grandi centravanti a disposizione, il che rende ancora più triste il suicidio professionale di Balotelli, senza dubbio il miglior attaccante italiano tra quelli convocabili.

Problemi di equilibrio

A questo punto va detto che anche se l'Italia avrebbe meritato di vincere (l'indice di pericolosità di SICS a favore dell'Italia, 52-46, conferma che a conti fatti le nostre occasioni pesavano di più di quelle croate) ha sofferto tremendamente le ripartenze croate. Sono emersi due tipi di problemi: il primo riguarda le mezzali. Come accennato, sia Marchisio che Parolo hanno ricevuto pochi palloni tra le linee e sono stati costretti da Brozovic e Rakitic a giocare quasi solo appoggi semplici all'indietro o in orizzontale. Continuando con questo tipo di gioco, potrebbe essere più utile abbinare un giocatore abile negli inserimenti con uno più tecnico, con un controllo che gli permetta di cambiare direzione con l'uomo addosso e girarsi con il corpo verso la porta avversaria.

L'Italia ne guadagnerebbe in fase di possesso, che per ora si basa sul movimento collettivo e sulla creazione continua di linee di passaggio e triangoli, e magari potremmo curare maggiormente la fase di recupero palla e le transizioni difensive. Ma anche in questo caso il problema sono gli uomini a disposizione: con Pirlo in campo il possesso migliora (rispetto alla macchinosità di De Rossi) e il centravanti può attaccare la profondità sapendo che, se i tempi sono giusti, Pirlo può metterlo davanti al portiere (come ha fatto con Pellè a fine primo tempo, ma l'assenza di un centravanti di classe mondiale si è fatta sentire anche qui). Ma non è mai stato un grande centrocampista difensivo e non lo diventerà certo a ridosso dei quarant'anni. La difesa a 3 della Juventus di Conte serviva anche a garantire maggiore copertura alle sue spalle.

L'occasione di Kovacic a metà del primo tempo è esemplare. All'inizio dell'azione l'Italia era messa bene, con Astori su Mandzukic e Bonucci in copertura. Pirlo come sempre era nella zona di Kovacic. Ma Astori perde il duello con Mandzukic e cadendo lo lascia solo con Bonucci, mentre Pirlo è semplicemente troppo lento per Kovacic e De Silvestri è costretto a recuperare al suo posto. L'Italia ha trasformato un potenziale 4vs2 difensivo in un 2vs2.

Il problema è anche Astori, che ha problemi in marcatura e in copertura, sia tecnici che fisici, ma Ranocchia non è molto meglio e Chiellini (infortunato) potrebbe intralciare la fluidità nel giro-palla, e magari varrebbe la pena puntare tutto su Rugani, giovane e inesperto ma tecnico e ottimo nelle coperture (abituato dalla difesa alta dell'Empoli di Sarri).

Ma forse il problema principale è quello del playmaker davanti alla difesa, perché nella partita con la Bulgaria si è visto come con Verratti il problema resti invariato: il suo avversario diretto, Popov, ha fatto ammattire la difesa italiana con le sue progressione. Forse il migliore da questo punto di vista resta De Rossi, che però si schiaccia troppo sulla difesa, portando la squadra venti o trenta metri più in basso di dove dovrebbe stare.

Se non si può risolvere il problema di un centrale di centrocampo che sappia sia impostare che difendere allora si può provare a mettergli a fianco un giocatore più riflessivo: la mezzala tecnica di cui parlavo sopra, per consolidare il possesso e preparare un eventuale recupero nella zona in cui si è perso palla.

Nell'immagine qui sotto ci sono 7 uomini oltre la linea della palla, più Pirlo che sta lanciando:

Contro la Croazia è mancato un giocatore che non andasse sempre in avanti, un passaggio semplice per Pirlo e un'alternativa per la difesa al passaggio al terzino. Valdifiori è il giocatore che sa muoversi meglio ma è leggero e non ama portare palla, Verratti sarebbe perfetto nel caso in cui l'Italia non perdesse mai palla.

Perché se si perde palla con molti uomini in avanti, poi bisogna correre verso la propria porta. Pochi secondi dopo lo screenshot qui sopra la palla è persa, Pirlo scala a sinistra dove inizialmente finisce la palla e Rakitic si invola al centro. Parolo deve inseguirlo alla disperata facendo un fallo da cartellino giallo.

L'Italia ha giocato un'ottima partita mostrando una complessità di gioco decisamente superiore a quella del 5-3-2. Antonio Conte dovrà continuare nel suo lavoro di selezione, probabilmente adattando schemi e movimenti ai giocatori su cui deciderà di puntare per il prossimo Europeo. Manca un anno, che per la Nazionale significa pochissime partite e altrettanti pochi allenamenti. Nel frattempo però possono succedere molte cose, possono venire fuori altri nomi, o qualcuno di quelli fatti in passato può tornare nel giro (dai, Mario, impegnati per i prossimi 3 anni, fatti un altro Mondiale e poi ti godi il resto della vita su un'isola deserta di tua proprietà).

Se l'Europeo fosse questa estate l'Italia sarebbe senz'altro inferiore a molte altre squadre, ma Conte le ha già dato un'identità forte e ha sperimentato soluzioni che possono tornare utili contro avversarie diverse. La nostra unica certezza è che batterci non sarà facile per nessuno.

Ringraziamo per i dati SICS (che potete anche seguire su Facebook e Twitter).

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