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Fabrizio Gabrielli
Michail Antonio ti viene a prendere
06 giu 2023
06 giu 2023
5 gol del centravanti del West Ham in vista della finale di Conference League.
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Fabrizio Gabrielli
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IMAGO / Sebastian Frej
(foto) IMAGO / Sebastian Frej
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I podcaster britannici FilthyFellas hanno dei gran bei nomi da rappers, qualcuno molto East Coast, molto Queens, tipo Poet, Stevo The Madman, Savage Dan, e qualcun altro piuttosto West Coast, piuttosto Compton, come Specs Gonzalez o Harry Pinero. Tra loro, qualche giorno fa, con piglio altrettanto street, c’è stato Michail Antonio, centravanti del West Ham, uno che invece ha più la faccia da caratterista, o da interprete di conscious rap, uno poco avvezzo al boasting, apparentemente. C’è andato, Antonio, dai FilthyFellas, sostanzialmente, per sostenere qualche tesi strampalata eppur convinta come quella secondo la quale il compagno di squadra Declan Rice non abbia niente in meno di Rodri, ma anche, diciamocelo, per tirare fuori un beef croccantissimo e inaspettato, specie a una settimana dalla finale di Conference League che gli Hammers giocheranno contro la Fiorentina. Il beef, magari ne avete sentito parlare, è tutto con Gianluca Scamacca.

Che colpa avrebbe, Scamacca? Oltre quella di essere italiano, intendo (ma quantomeno non fiorentino). Proviamo a capirlo.Il West Ham, la scorsa estate, lo ha tesserato versando nelle casse del Sassuolo 36 milioni di euro, più 6 di bonus, che fanno 42 milioni di euro. Vale a dire quasi quattro volte il prezzo di acquisto (nel 2015) di Michail Antonio. Non voglio di certo solleticare il tasto dell’invidia del pene monetario, figuriamoci, anche perché non è il prezzo di un uomo a stabilire il suo valore, e poi a cacciare tutti quei soldi (saggiamente? discutibilmente?) è stato David Sullivan, presidente co-proprietario, con David Gold, del West Ham, uno che nella vita ha investito nella pornografia e nelle corse dei cavalli, oltre che nel calcio, e nel conflitto quotidiano con gli avverbi saggiamente e discutibilmente.Tra i tanti attaccanti acquistati da Sullivan nell’arco di un decennio ci sono stati Simone Zaza, Jonathan Calleri, Mirko Aranutovic, Javier "Chicharito" Hernández, Sebastian Haller, insomma, tutti attaccanti di un certo spessore. Eppure, in fin dei conti, tra i titolari, finiva sempre per scivolarci lui, quel tronco intrecciato di mangrovia con le treccine e il piede caldo e l’aria simpatica che risponde al nome di Michail Antonio, che peraltro non sembra serbare rancore – un uomo che a 32 anni decide di cullare il sogno di vestire la maglia dell’Inghilterra e si fa convocare dalla Giamaica mi sembra un uomo, prima che un atleta, che non abbia nulla da recriminare alla vita. Allora perché ce l’avrebbe così tanto con Scamacca?La colpa di Scamacca, il suo peccato primigenio, secondo Michail Antonio, sarebbe quello di «non essere un combattente».Ora io non so bene quali siano le ispirazioni che hanno forgiato l’estetica di Michail Antonio, uno che pure di strada pare averne respirata parecchia, ma ci sta che l’accusa di pavidità calcistica mossa a Scamacca possa anche essere un attacco dinamitardo alle certezze di un collega convinto di partire nell’undici iniziale, e forse in fondo anche la voglia di scavalcarlo nella rincorsa a una maglia da titolare in un tipo di partita, una finale, che il West Ham non gioca certo tutti i giorni, e che manca anzi da quasi un cinquantennio. Per essere ancora più precisi andrebbe detto che Antonio ha lodato ed elogiato le caratteristiche tecniche dell’italiano, lo ha definito «tecnicamente brutale», ma qua di autobus che hanno come capolinea la Conference League non ce ne sono mica troppi, e qualche chiodo sulla corsia dell’auto avversaria cosa vuoi che sia. Quindi ha continuato sostenendo – o meglio sentenziando – che Scamacca non sia l’attaccante giusto per il gioco di Moyes, perché in questo West Ham bisogna «feed off scraps», cioè «nutrirsi degli scarti», cioè, alla fine della fiera, sapersi sporcare le mani.Ho raccolto dieci gol di Michail Antonio che secondo me sono utili per tracciare i confini semiologici del senso di colui che si sporca le mani secondo Michail Antonio, per profilare un archetipo di attaccante che – ho come la sensazione – porterà a materializzarsi, dalle tenebre, la silhouette compatta e agile di un certo attaccante che risponde al nome, indovinate, di Michail Antonio.L’origine del Mondo

Il primo gol di Antonio con la maglia claret and blue è contro il Southampton, la squadra che l’aveva lanciato nel professionismo – piuttosto eloquente del senso di riconoscenza di Antonio. È una rete strampalata, in cui a un controllo di petto sensibile, seguito da uno stop a terra felino, Antonio fa seguire una corsa che finisce per farlo accartocciare su se stesso, perdere il controllo del pallone, e nondimeno portarlo a rotolare esattamente in prossimità del punto in cui il difensore avversario potrebbe scalciare il pallone verso Seymour Road e invece punta dritto la schiena di un caparbio, lottatore Antonio, che potrà raccontare ai nipotini di aver segnato la prima rete in Premier League con la schiena.Per saper combattere ci vuole testa?

Michail Antonio segna molte reti di testa. È spesso l’attaccante «nel posto giusto al momento giusto», pur non essendo propriamente una torre svettante, ma un centrocampista di fascia adattato in un momento della carriera anche a terzino a tutto campo. È questo che significa farsi trovare nel posto giusto in area? Sono i momenti precedenti al cross, quelli in cui devi fare a sportellate, farti valere, sgusciare via che fanno di te un lottatore? O quelli in cui continui a perseguire il tuo fine anche se tutto intorno a te sembra suggerire il contrario, anche se tutti intorno a te ti invitino a desistere? Esistere è insistere, in fondo, mi pare di aver letto da qualche parte.Tralasciando il fatto che ogni video che inizia con un bel primo piano sparato sulla faccia di Dmitri Payet vale già il prezzo del biglietto, mi concentrerei sull’irriverenza di questo colpo di testa, ma ancor di più su questa capacità di farsi massimamente resiliente, di bastarsi di per sé, che ha Michail Antonio, e che se non lo definisce pienamente come lottatore lo identifica, quantomeno, come tenace.E se bastasse solo saper sgusciare via?

Controllo di petto, palla arpionata, tiro secco a incrociare: Non sarà mica che il lottatore di cui parla Antonio non è altro che il fenotipo del perfetto attaccante d’area™? Il lottatore può usare la sciabola come il fioretto, no? E chi usa il fioretto, per questo, potremmo mai non definirlo un combattente? Antonio non t’aspetta sulla riva del fiume, viene a prenderti

Questa con il Sunderland è la mia rete segnata da Antonio preferita, perché esemplifica bene il concetto di sottovalutazione. Antonio sta giocando larghissimo sulla fascia: al centro ci sono alcuni compagni che scalpitano, vorrebbero un cross, dopotutto cosa esistono a fare i laterali esterni? Per fare cross, no? Antonio punta gli avversari, accarezza il pallone con la suola due volte, attingendo alla tradizione creola, o al balling in strada in Giamaica come nelle periferie di Londra. Accarezza il pallone, anche aiutato da un paio di rimpalli, e poi punta il palo più lontano con un mezzo tiroaggiro. L’esultanza vale tutto l’entusiasmo: cosa sarebbe successo se il gol fosse stato ordinario? Michail Antonio sembra sempre molto divertito nelle esultanze, il suo buonumore esonda e si trasmette fuori dal campo, nelle tribune, fuori dagli schermi, sulla punta dei tasti che sto battendo per scrivere e nella punta del polpastrello che stai scrollando per leggere questo pezzo.Intermezzo: un soave assist di rabona di Dimitri Payet, per gradire

Inatteso vs Soprendente

Questa rete in rovesciata contro il Manchester City non è una bella rovesciata, non lo è per niente, sembra più una rovesciata da spiaggia o da parco giochi; però, come le zanzare nell’ambra del pleistocene, dentro di sé ha tutto il DNA di Michail Antonio, uno poco appariscente, uno che per rubarsi gli onori della cronaca ha dovuto compiere un gesto fuori natura, fuori scala (ne fa anche lui, a volte), ma anche uno che si sporca le mani, che se serve di poggiarsi sull'avversario, esattamente, letteralmente, ecco: lo fa. Uno che ha scelto di essere un lottatore, sì, ma senza perfidia. Uno che delle cose che fa non se ne vergogna, né chiede scusa. Nell’agosto del 2021, sei anni dopo il suo ingaggio, Antonio ha segnato una tripletta al Leicester diventando così il primo cannoniere nella storia del club, piazzandosi sopra a gente come Di Canio, per dire. Esultando ha sradicato da terra un cartonato che recava la sua figura, lo ha sollevato, lo ha guardato sorridente. Gli è costato molto, tantissimo sacrificio, arrivare a quel traguardo. Ma il sacrificio viene sempre ripagato, in una maniera o nell’altra: oggi con un cartonato, domani con l’occasione di far colare a picco un collega-avversario, dopodomani, chissà, con la Conference League tra le mani.

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