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Michael Ballack, il perdente più forte di sempre
12 giu 2020
Ballack non è mai riuscito a togliersi l'etichetta di eterno secondo.
(articolo)
18 min
(copertina)
Foto di Stuart Franklin / Getty Images
(copertina) Foto di Stuart Franklin / Getty Images
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Dopo il ritiro Michael Ballack è diventato un collezionista d’arte. In un’intervista a 11Freundeha raccontato questa sua passione: «All'inizio era solo un interesse, ma più mi appassionavo, più forte era il desiderio di possedere bellissime opere». Ballack non si limita a farne un'attività imprenditoriale, sembra genuinamente attirato da questo mondo, tanto da passare il suo tempo a incontrare gli artisti nei loro studi: «Sono stato più volte nello studio di Neo Rauch. Mi piace Anselm Reyle perché lavora molto con oggetti di uso quotidiano - dalla spazzatura, all'argilla, alla lamiera. Sono stato più volte anche nel suo studio, così come in quello di Georg Baselitz, uno dei miei artisti preferiti». L’arte, dice, lo ha sempre affascinato.

Chissà cosa avrà pensato mentre vedeva Zidane eseguire quella meravigliosa volée di sinistro durante la finale di Champions League del 2002 tra Real Madrid e Bayer Leverkusen. Il centrocampista tedesco è la persona ad aver ammirato più da vicino un gesto tecnico che possiamo paragonare a un’opera d’arte senza il rischio di apparire esagerati. Era proprio lì alle sue spalle mentre il francese decideva quella finale e si prendeva l’unico trofeo che gli mancava a quel punto della carriera. Michael Ballack invece quel trofeo non lo vincerà mai. Farà in tempo a perdere un’altra finale, prima di lasciare anche lui il calcio e passare alla storia con il beffardo soprannome di Eterno secondo.

Ballack può quasi toccarlo.

Ballack ha vinto quattro volte la Bundesliga e per tre volte la Coppa di Germania. Ha vinto la Premier League con il Chelsea e tre volte la FA Cup. Ha vestito la maglia della Nazionale per 98 volte, diventandone il capitano per diversi anni eppure il suo nome è rimasto indissolubilmente legato al concetto di perdente, soprattutto a causa di un filotto di secondi posti arrivati tutti tra la primavera e l’estate del 2002.

La prima volta

A 23 anni per la prima volta Ballack entra nella storia dalla parte sbagliata. Il Bayer Leverkusen arriva all’ultima giornata da primo in classifica, tre punti sopra il Bayern Monaco. Gli basta pareggiare in casa dell’Unterhaching, squadra di metà classifica che non ha nulla da chiedere al campionato, per alzare il Meisterschale. L’esito sembra così scontato che il piatto originale viene mandato a Unterhaching insieme al presidente della Federazione che lo deve consegnare ai vincitori. Il Bayer Leverkusen, pur essendo da anni una squadra di vertice, non ha mai vinto la Bundesliga in oltre novant’anni di storia. Per tutti quella sembra la volta buona.

Le cose però vanno diversamente: il Bayer perde 2 a 0 e il Bayern Monaco vince il titolo grazie alla differenza reti (+38 a +45), alzando una replica del Meisterschale tra lo stupore generale. Michael Ballack è autore del goffo autogol dell’1 a 0, realizzato anticipando in spaccata con la punta sinistra l’uscita del suo portiere su un velleitario cross dalla trequarti.

Ballack è il secondo giocatore che appare nel video, la faccia coperta dalle mani, il busto piegato. Qualcuno prova a consolarlo.

Dopo la partita Carsten Ramelow lo difende: «Potrebbe pensare che sia colpa sua, ma è un'assurdità assoluta. L'abbiamo persa tutti insieme». Prima di sparire nel buio degli spogliatoi Ballack riesce a dire una sola frase: «Una cosa così ti lacera l’anima».

La sua ascesa fino a quel momento era stata atipica ma implacabile. Al primo anno di Bundesliga aveva vinto il titolo con il Kaiserslautern neopromosso, una specie di miracolo. In quella stagione era sceso in campo per 16 volte, quasi sempre dalla panchina, quasi sempre per pochi minuti, nonostante fosse già un perno dell’Under-21 tedesca, soprannominato Il piccolo imperatore per qualche affinità tecnica con Beckenbauer.

In un campionato ancora abbastanza periferico Ballack ci mette meno di due stagioni per diventare uno dei migliori giocatori con la maglia del Leverkusen, eppure sembra sempre mancargli qualcosa. C’è l’autogol segnato nella partita decisiva, ma anche delle prestazioni altalenanti durante Euro 2000, quando viene sostituito dopo 45 minuti nella sconfitta per 3 a 0 con il Portogallo o nella sconfitta per 1 a 5 con l’Inghilterra durante le qualificazioni per il Mondiale del 2002. In quei mesi viene fischiato addirittura dai suoi tifosi, non sembra in grado di farsi amare. Per l’opinione pubblica tedesca Ballack non può essere un buon leader perché non era stato abituato al comando. È cresciuto nella Germania Est, in un paese chiamato Karl Marx Stadt, in una casa in Salvador Allende Strasse. Il Muro crolla quando ha 13 anni. Secondo Gunter Netzer l’educazione collettivista a cui vengono sottoposti i calciatori della Germania Est annullerebbe la loro personalità.

Il riscatto

Eppure è proprio Ballack a salvare la Germania dal baratro. Per la prima volta nella storia la nazionale tedesca deve giocarsi l’accesso al Mondiale in Corea e Giappone allo spareggio, nel giro di tre giorni di novembre contro l’Ucraina di Shevchenko. Nella gara d’andata, giocata allo Stadio Olimpico di Kiev, Ballack pareggia il vantaggio di Zubov deviando in rete con la punta del piede sinistro un colpo di testa sbilenco a centro area, dimostrando un istinto e una rapidità uniche per un giocatore così grosso. Nella gara di ritorno ci mette meno di quattro minuti per inserirsi da dietro e con un violento colpo di testa portare in vantaggio la Germania. Il centrocampista si ripeterà in occasione del quarto gol, sempre di testa, su un cross delizioso del compagno Neuville.

Accusato fino a quel momento di sparire nelle partite importanti, Ballack conquista definitivamente i tedeschi, dimostrando di essere il miglior calciatore del paese per qualità e rendimento.

La svolta per Ballack era arrivata nell’estate del 2001. Al Leverkusen come nuovo allenatore viene scelto Klaus Toppmöller, dopo gli ottimi risultati con squadre di fascia media come il Bochum e l’Eintracht Francoforte. In Germania è famoso per essere un allenatore colorito, che ama bere e far casino, ma anche uno malato di calcio («alcuni hanno piccoli globuli rossi nel sangue, io ho piccoli palloni da calcio»). Toppmöller schiera la squadra con un 4-1-4-1 abbastanza rivoluzionario in un calcio ancora fissato con le due punte. Il centravanti Neuville non è il classico numero 9, ma un giocatore che ama molto muoversi lungo tutto il fronte d’attacco. Alle sue spalle si muovono sui lati Zé Roberto e Schneider, capaci sia di arrivare sul fondo che di entrare dentro al campo per lasciare spazio ai terzini. Al centro Ballack si affianca a Basturk, geniale e compassato trequartista turco che Toppmöller si porta dal Bochum. Alle loro spalle Carsten Ramelow agisce davanti alla difesa, coprendo le avanzate dei terzini o di Lucio, giovane difensore brasiliano che ama partire palla al piede in avanti.

Foto di Shaun Botterill / Getty Images.

Il calcio giocato dal Bayer è molto spregiudicato, le posizioni dei giocatori sono fluide, agli interpreti è chiesta grande applicazione ma anche grande libertà. Ballack parte da dietro, ma ha il compito di occupare l’area di rigore quando i movimenti di Neuville la svuotano dai difensori centrali. Il primo gol della stagione il centrocampista lo segna ad agosto, allo Schalke 04 in una partita finita 3 a 3. Il Leverkusen si alterna in testa al campionato con il Borussia Dortmund e il Bayern Monaco, Ballack praticamente ogni partita fa gol o serve un assist, in una squadra che trova sempre maggiore confidenza col passare delle partite. Alto 189 centimetri per 80 chili, Ballack spazza la Bundesliga con la sua superiorità fisica e un incredibile istinto per il gol, non a caso viene definito da Karl-Heinz Rummenigge «il centrocampista più prolifico al mondo».

A Natale viene acquistato dal Bayern Monaco, che gli offre un contratto faraonico per convincerlo a rinunciare alla corte di Arsenal, Real Madrid e Barcellona. Una scelta tutto sommato scontata: il miglior giocatore tedesco nella miglior squadra tedesca come evidenziato da Völler: «Ballack è il miglior giocatore tedesco. Fa tutto bene: è un centrocampista completo, con grande tecnica e senso tattico, sa difendere e vede la porta. Senza essere un attaccante, è il capocannoniere della Bundesliga».

A febbraio una netta vittoria per 4 a 0 sul Borussia Dortmund secondo in classifica sembra lo sprint decisivo per la conquista del titolo. Ballack ovviamente segna un gol, il primo. A quel punto in Bundesliga i suoi 14 gol sono divisi così: 5 di destro, 2 di sinistro, 5 di testa, 2 su rigore, a specificare la natura onnivora delle sue capacità realizzative. Allo stesso tempo però Ballack è uno dei giocatori più ammoniti del campionato, visto che Toppmöller gli chiede anche di partecipare alla fase difensiva. «Io sono un sei, non un dieci; preferisco partire da dietro, per avere più spazi negli inserimenti», dice.

In quei mesi Ballack diventa uno dei volti più conosciuti di Germania, anche grazie a una faccia pulita che lo fa somigliare a Matt Damon. Secondo uno degli agenti che Ballack ha assunto per migliorarne l’immagine entro il 2006 sarà il tedesco più richiesto dalla pubblicità: «Solo una persona è irraggiungibile in Germania: Franz Beckenbauer. Ballack sarà il primo fra le non divinità». In un mondo in cui Internet è ancora agli esordi, a renderlo conosciuto a livello internazionale sono le prestazioni del Bayer Leverkusen in Champions League. La squadra tedesca supera di slancio Juventus e Deportivo La Coruña - con un gol di Ballack - per qualificarsi ai quarti, rimanendo l’unica squadra in Europa in corsa su tre fronti. L’esaltazione in questo momento è forte, anche perché il Bayer gioca bene e segna tantissimo. Per l’allenatore Toppmöller «un titolo arriverà, anche se la priorità va al campionato». Più spregiudicato Nowotny, il capitano: «Chiamateci pure sognatori, però abbiamo questo sorprendente tris in testa: siamo convinti di farcela».

Il vero capolavoro del Bayer deve però ancora arrivare: nel giro di meno di un mese elimina Liverpool e Manchester United per accedere alla finale di Champions League. Ballack segna tre gol in quattro partite e si fa notare soprattutto con una doppietta nella rimonta nel ritorno contro il Liverpool, in uno storico 4 a 2. Il primo gol è uno dei più belli segnati in carriera dal tedesco: Ballack riceve sulla trequarti, carica il destro, rientra sul sinistro evitando la scivolata di Gerrard che cade pesante come un albero e calcia un pallone che potente e preciso si infila all’incrocio.

È un gol pazzesco, il tiro scagliato con il piede debole è ipnotico per quanto viaggia dritto, come una retta disegnata su Autocad. Un gol che rappresenta bene lo stato di grazia di Ballack, in grado di riuscire in tutto con uno stile e un'eleganza impeccabili. Per Joachim Mueller, il suo allenatore delle giovanili a Karl Marx Stadt che ha fondato una scuola chiamata Allenarsi come faceva Michael Ballack, è l’educazione ossessiva ricevuta da Ballack sotto il regime comunista ad averlo reso un calciatore tanto forte. Gli esami finivano con cinquanta palleggi consecutivi: «L'unico ad arrivare in fondo alternando destro sinistro e testa era Michael, che adesso è ambidestro e segna di testa manco fosse Hrubesch».

Dal 20 aprile a 15 maggio 2002

A tre partite dalla fine della Bundesliga il Bayer Leverkusen ha 5 punti di vantaggio sul Borussia Dortmund. Il 20 aprile ospita il Werder Brema per il primo possibile match point: perdono 1 a 2, il portiere Butt sbaglia un rigore. Il Borussia intanto vince grazie a un rigore generoso all’89’ e va a meno due. Quattro giorni dopo c’è la semifinale d’andata all’Old Trafford, il Bayer gioca benissimo e spreca tante occasioni. Finisce 2 a 2, Ballack va in gol con un inserimento da dietro, tanto per cambiare.

Passano tre giorni e il Bayer deve tornare di nuovo in campo a Norimberga per difendere il vantaggio in Bundesliga. Toppmöller schiera la stessa formazione che tanto bene ha fatto in Champions, ma inspiegabilmente perde 1 a 0. Una squadra che fino a quel momento ha segnato oltre 120 gol in stagione non riesce a segnare alla squadra quartultima in classifica, inoltre Ballack si infortuna al piede sinistro. Ad Amburgo il Borussia Dortmund vince per 3 a 4 una partita rocambolesca e passa in testa al campionato. Dopo la partita il general manager della squadra Calmund ha un malore. Non c’è però tempo di recuperare né di sfogare la frustrazione: il 30 aprile c’è la semifinale di ritorno contro il Manchester United. Toppmöller si affida al divino per avere il suo miglior giocatore: «I medici faranno di tutto, noi pregheremo molto». Ballack scende in campo e il Bayer strappa un pareggio per 1 a 1 che gli dà l’accesso alla finale di Glasgow.

Rimangono 3 partite in cui il Bayer si gioca tutto.

Il 4 maggio affronta l’Herta Berlino in casa per l’ultima giornata di campionato. Ballack segna una doppietta, prima con una punizione da lontanissimo, poi con un destro al volo dal centro dell’area di rigore. Per quasi ottanta minuti il Bayer è campione di Germania, poi Ewerthon completa la rimonta del Borussia Dortmund sul Werder Brema e il primo titolo sfuma. Ballack inoltre non vince il titolo di capocannoniere del campionato per un solo gol.

Una settimana dopo è la volta della finale della Coppa di Germania. Contro lo Schalke 04 in un Olympiastadion esaurito il Bayer passa in vantaggio con Berbatov prima di essere riacciuffato appena alla fine del primo tempo da una fantastica punizione di Jörg Böhme. Nel secondo tempo l’argine collassa, anche per l’assenza di Nowotny, che si è rotto il crociato contro lo United, e subisce 3 gol in pochi minuti. Anche il secondo titolo sfuma, Ballack è uno dei peggiori in campo.

Quattro giorni dopo il Bayer gioca la cinquantanovesima gara stagionale, la finale di Champions contro il Real Madrid dei galattici. È più di un Davide contro Golia, una squadra basata sull’acquisto delle stelle più luminose del calcio mondiale contro una che è l’estensione di una industria farmaceutica tedesca, gestita con una precisa politica di contenimento delle spese e un forte player trading. Tuttavia è proprio in Europa che il gioco intenso e martellante di Toppmöller aveva portato il Leverkusen a giocare le migliori partite. Per tutti è anche lo scontro tra Ballack e Zidane.

Il Real passa in vantaggio dopo 9 minuti grazie a un debole diagonale di Raul che Butt semplicemente decide di far entrare in porta. Il Bayer reagisce e pochi minuti dopo pareggia grazie a un colpo di testa di Lucio, la cui stagione è semplicemente incredibile. Ballack, che ha ancora il problema al piede, sembra intimorito dalla presenza di Zidane alle sue spalle e attacca meno del solito. La partita è bloccata, nessuna delle due squadre gioca particolarmente bene, come spesso accade nelle finali. Poi arriva il capolavoro di Zidane a chiudere il primo tempo.

Con il passare dei minuti il Bayer capisce che non ha davvero più nulla da perdere e inizia a essere più intraprendente. Il finale diventa praticamente un assalto alla porta del Real: Ballack dopo un'azione personale calcia male di sinistro dal limite dell’area di rigore, Berbatov da buona posizione colpisce di spalla invece che di testa. Butt, salito in attacco quando mancavano ancora diversi minuti alla fine, sfiora l’incrocio di testa. Si arriva all’ultima azione quando da una mischia convulsa sfila fuori un pallone che Berbatov calcia quasi a botta sicura da pochi metri. Casillas, che è dentro la porta, riesce a respingere con il piede sulla linea, un intervento incredibile a metà tra istinto e fortuna. Il portiere spagnolo era entrato venti minuti prima a causa dell’infortunio occorso a Cesar, il titolare. È la degna conclusione di una stagione maledetta per il Leverkusen.

Ballack non parlerà mai molto volentieri di queste tre partite. Molti anni dopo si rifarà in maniera generica alla mentalità di quel Bayer Leverkusen, una squadra passata alla storia con il soprannome di Neverkusen (anche se più correttamente andrebbe indicato il gioco di parole tedesco Vizekusen che potremmo tradurre in italiano con Secondkusen): «Avevamo raggiunto il limite fisico. È mancata la fiducia in noi stessi e nelle vittorie, alimentata dalla storia del club. La qualità a Leverkusen c’è sempre stata, ma è sempre mancato qualcosa».

Il Mondiale

A neanche due settimane dalla finale di Champions Ballack esordisce ai Mondiali con la Germania a Sapporo contro l’Arabia Saudita. La Nazionale tedesca arriva al Mondiale in piena crisi, tra infortuni e una squadra pratica ma poco brillante: “I mostri sono tornati sulla terra” scrive la Gazzetta dello Sport. Ballack è l’unico vero talento di livello mondiale oltre al portiere Oliver Kahn, anche se nella prima partita a esplodere è lo sconosciuto Miroslav Klose, giovane attaccante del Kaiserslautern che segna tre degli otto gol della Germania. Il centrocampista del Leverkusen entra nei primi tre gol della squadra: prima due assist per Klose, poi un gol di testa.

Come fatto da Toppmöller nel Bayer, Völler non usa Ballack direttamente come trequartista, ma lo lascia libero di partire da dietro per sfruttare la sua progressione e una visione di gioco sopra la media. Nel 3-5-2 con cui si schiera la Germania Ballack ha il compito di collegare un centrocampo muscolare a un attacco statico. Compito che gli riesce bene: è suo il millimetrico lancio per il gol di Klose nel pareggio contro l’Irlanda, di nuovo suo l’assist per il 2 a 0 che chiude l’ultima partita del girone contro il Camerun, ancora una volta per Klose.

Ballack ritrova la forma che gli era mancata nelle ultime partite con il Leverkusen, pur giocando sempre con un piede infortunato. Dopo la vittoria negli ottavi contro il Paraguay i giornali tedeschi lo vorrebbero veder riposare contro gli Stati Uniti per una eventuale semifinale con la Spagna, lui però dice di sentirsi sempre meglio, sa che dal Mondiale passa la sua riabilitazione nei confronti di un paese che dopo le sconfitte con il Leverkusen è tornato a dubitare del suo talento: «Non sono ancora in perfette condizioni fisiche, ma il Mondiale è la tappa più importante della carriera e va affrontato anche stringendo i denti. Io vorrei giocare non soltanto entrambe le prossime partite, ma anche una terza» una dichiarazione che gli si rivolterà contro.

Ballack torna decisivo contro gli Stati Uniti: è suo il gol di testa che regala la qualificazione, insieme alle incredibili parate di Kahn. Nel finale Ballack interviene duro su Reina, un’ammonizione gli farebbe saltare la semifinale contro la Corea del Sud e riposare, ma l’arbitro lo grazia. L’ammonizione arriva invece durante la partita successiva: al 71’ ferma un contropiede avversario con un fallo, una giocata incredibilmente utile visto che la Germania era totalmente scoperta e con un passaggio Chun-soo Lee avrebbe mandato in porta Ahn. Quando Urs Meier gli mostra l’inevitabile giallo, Ballack sbuffa, si tormenta per un paio di secondi, poi torna a essere una maschera.

Foto di Shaun Botterill / Getty Images.

Quattro minuti dopo è lui a inserirsi da dietro sul cross di Neuville e dopo essersi visto respingere il primo piatto di destro dal portiere è sempre lui a ribadire in rete con un sinistro di pura volontà. Ballack si porta la maglia sopra il volto, si inginocchia ed esulta. È il ventinovesimo gol della sua stagione, l’ultimo. Al fischio finale, mentre i compagni festeggiano, Ballack è interdetto: «È amaro arrivare alle porte del sogno e non poterci entrare» dice ai giornalisti. Qualche anno dopo la FIFA cambierà le regole sulle ammonizioni nel Mondiale proprio citando il caso di Ballack.

Nello spogliatoio Völler raduna la squadra per ringraziarlo, non per il gol, ma per l’ammonizione. In una carriera guidata da scelte individualiste, quel fallo è forse l’unico momento in cui Ballack ha messo davanti al proprio io il collettivo, come si chiede ai leader. La Germania senza di lui perderà la finale contro il Brasile e per Ballack sarà il quarto tassello di una eredità pesante, che non riuscirà mai a scrollarsi del tutto di dosso. La sua rimane ancora oggi una delle migliori stagioni realizzative di sempre per un centrocampista (solo Lampard farà meglio nel 2009/10), ma non porterà a nulla.

Unvollendeter

Dopo quel giallo Völler parlò a Ballack di karma: Dio un giorno l’avrebbe risarcito per quel sacrificio, ma non è andata proprio così. Certo Ballack ha anche vinto, ma è soprattutto quello che ha solo sfiorato il destro di Iniesta al 93’ della semifinale di Champions tra Chelsea e Barcellona, che non ha coperto il sinistro a giro di Grosso all’ultimo minuto dei supplementari di Italia-Germania del 2006, che ha visto Terry scivolare sul dischetto del rigore nel momento decisivo della finale poi persa della Champions League del 2008. Era assente invece nel momento in cui queste squadre si sono riscattate.

In Germania è stato descritto come un unvollendeter, una persona incompiuta. Se ai perdenti di solito è riservata almeno l’empatia, lui non ha avuto neanche questo privilegio, che tuttavia non ha mai cercato. Ballack è sempre apparso piuttosto distaccato, per alcuni arrogante. Così l’aveva definito il Der Spiegel nei giorni in cui segnava a ripetizione con il Leverkusen. Per Rummenigge Ballack era introverso, diffidente e poco comunicativo. In Germania il giudizio su di lui è sempre stato duro nonostante i 42 gol in 98 presenze con la Nazionale.

In campo è stato un calciatore estremamente completo, forse proprio per questo più difficile da inquadrare. Non si può sottostimare il suo valore, ma a nessuno verrebbe in mente di metterlo tra i più grandi di sempre. Eppure se le cose gli fossero andate soltanto un pelo meglio Ballack avrebbe vinto più e meglio di tanti altri, sempre da protagonista. Come ha scritto Udo Marsh, Ballack è stato “la stella solitaria in un’era di buio”. È colpa sua se non ha vinto un Mondiale accanto a Marco Bode e Torsten Frings? O una Champions con Placente e Rink?

«I titoli talvolta sono sopravvalutati» con questa frase Ballack ha provato a smarcarsi dai suoi fallimenti senza probabilmente crederci davvero. Quando poi l’intervistatore gli ha chiesto cosa significasse questo per lui ha continuato così: «Spero che le persone si ricordino di me come un calciatore speciale». Ecco, questo almeno glielo dovremmo.

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