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Foto di David Ramos / Getty Images
Calcio Play-by-play Daniele V. Morrone 24 aprile 2017 6'

Messi vs Real Madrid: senza smettere di sorprenderci

Una prestazione sontuosa, che dimostra come Messi non possa essere trattato come un giocatore normale.

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Il Clásico tra Real Madrid e Barcellona giocato ieri sera equivaleva ad una finale, vista la situazione in classifica. Il Barcellona, vincendo, avrebbe potuto raggiungere il Real Madrid in testa, mentre per la squadra di Zidane aveva un match point a disposizione per chiudere anticipatamente il campionato. E proprio come in una finale, si è visto più che altro il nervosismo ed errori tecnici inusuali per squadre dal valore tecnico elevatissimo, che hanno portato a palloni persi in posizioni inaspettate e a transizioni lunghissime, in un campo spesso molto aperto.

 

In questo contesto una qualsiasi delle grandi stelle offensive in campo sarebbe potuta uscirne con una prestazione decisiva, ma alla fine l’unico vero protagonista è stato, non così sorprendentemente in fondo, Leo Messi.

 

Un contesto che nasce anzitutto dal momento che stavano vivendo le due squadre prima della partita: dalla dinamica positiva del Madrid di Zidane e dalla spirale negativa che coinvolge il Barça di Luis Enrique, situazioni opposte che hanno portato paradossalmente alla stessa strategia di gioco, ovvero provare a dare il massimo del potere possibile alle armi migliori a disposizione. Che per Zidane significa puntare sulla BBC, mentre per Luis Enrique ovviamente si tratta di concentrare il gioco su Messi.

 

Il numero 10 argentino è solitamente piuttosto libero all’interno del Barcellona disegnato da Luis Enrique, ma ieri l’allenatore asturiano ha deciso di dargli una libertà davvero totale, facendo muovere il resto della squadra in maniera corrispondente alle decisioni del loro uomo migliore. Ad esempio, al posto di Neymar (squalificato) ha scelto Paco Alcácer, un attaccante, per avere due giocatori davanti a Messi in grado di offrirgli linee di passaggio.

Anche in fase di non possesso Paco Alcácer doveva muoversi in relazione di Messi, allargandosi a difendere a sinistra, in modo da poter lasciare a Messi il centro in caso di transizione offensiva.

 

 

 

Oltre che da Luis Enrique, Messi è stato lasciato libero anche dal Real Madrid. Zidane ha deciso di non adottare un piano ad-hoc per impedire, o almeno sporcare, la ricezione al numero 10 del Barcellona. L’allenatore francese voleva la BBC sempre alta e ha chiesto al resto della sua squadra di verticalizzare verso il tridente con frequenza costante, in modo da mettergli a disposizione un ampio numero di occasioni per poter arrivare in area. Un’idea non sbagliata visto che, come ha dimostrato a lungo questa stagione, il Barcellona è una squadra che soffre terribilmente se attaccata con continuità.

 

Inoltre, Zidane lasciava che le mezzali e i terzini avanzassero contemporaneamente per accompagnare la manovra, lasciando il solo Casemiro davanti alla propria difesa. Se questa strategia ha portato il Madrid ad arrivare sulla trequarti avversaria con grande facilità, l’effetto collaterale è stato che Casemiro doveva attuare praticamente da solo la transizione negativa. In questo modo Messi poteva puntarlo costantemente in uno contro uno.

 

Forse è stato proprio il momento di fiducia estrema che vive attualmente il Real Madrid a far dimenticare a Zidane (e a Casemiro, la cui capacità in transizione difensiva ha contribuito in maniera decisiva al sistema di gioco) che non si può trattare Messi come uno qualunque.

 

Casemiro si dimentica chi ha davanti e si prende il giallo che, molto probabilmente, porterà Zidane a sostituirlo nel secondo tempo.

 

Una volta ricevuto il pallone, inoltre, a Messi veniva anche lasciato libero il passaggio sul lato debole, una delle sue specialità. Jordi Alba aveva la fascia sinistra libera da opposizioni (con Bale e poi Asensio sulla fascia opposta, e Cristiano Ronaldo vicino a Benzema al centro) e Carvajal veniva risucchiato dai movimenti di Paco Alcácer: in questo modo anche quando il Madrid saliva in pressione, togliendo a Messi lo spazio per avanzare, c’era sempre Jordi Alba largo da poter servire e mantenere il possesso avanzando.

 

 

 

Messi poteva ricevere tranquillamente anche nella zona sinistra del campo, alle spalle del centrocampo di Zidane. Perché Modric seguiva Iniesta praticamente a uomo, non preoccupandosi dello spazio che lasciava dietro di sé. Impedire la comunicazione tra Iniesta e Messi è l’ABC di ogni tattica difensiva contro il Barcellona (senza Neymar), eppure ieri sera quella tra Iniesta a Messi è stata la combinazione più utilizzata dalla squadra di Luis Enrique, con 14 passaggi riusciti.

 

A volte Modric saliva addirittura su Jordi Alba, o lo seguiva fino alla linea difensiva, lasciando anche Iniesta tranquillamente libero di ricevere a sinistra. Come in una delle grandi occasioni della gara, quando poi ha servito Suarez sul secondo palo.

 

 

In una partita giocata dal Madrid con pochissima attenzione tattica senza palla, Messi ci mette veramente poco a creare il suo habitat ideale, scegliendo i punti in cui ricevere e minacciando direttamente l’area non appena riceve palla. Seminando il panico nella squadra avversaria e tagliando a metà il sistema di Zidane, stirando lo spazio tra la linea offensiva e il resto della squadra.

 

 

 

L’idea di Luis Enrique, in questo senso, è stata piuttosto semplice, quasi basilare: basta far ricevere Messi fronte alla porta per causare un’occasione da gol. I compagni di Messi diventano, a tratti, una lunga parete su cui appoggiarsi per arrivare a poter calciare. Certo, ci sono stati dei momenti in cui il Real Madrid è riuscito ad allontanarlo dall’area, costringendolo alla rifinitura, ma quando la parete creata dai compagni ha funzionato, Messi è riuscito a sublimare questo concetto di gioco tutto sommato semplicissimo.

 

In occasione dell’1-1, dopo aver saltato con estrema facilità il tentativo di anticipo di Casemiro, la palla passa da Busquets e Rakitic prima che Messi riceva al limite dell’area. E l’occasione viene poi trasformata con due piccoli gesti che manipolano il tempo e lo spazio di compagni e avversari: il primo è quel passo leggermente più lungo effettuato poco prima di toccare la palla in area, così da anticipare Modric e darsi la spinta per il tiro; il secondo è il tocco di interno destro con cui cambia direzione e piede per arrivare a tirare, tagliando fuori l’intervento di Carvajal.

 

 

 

Il Real Madrid sembra rendersi conto della prestazione di Messi solo dopo il pareggio, e persino Messi sembra diventare più consapevole da quel momento, iniziando una serie di tentativi più continui per  arrivare al tiro, rispondendo colpo su colpo alle conclusioni del Madrid salvate da Ter Stegen.

 

Messi è sempre il fulcro attraverso cui passa la pericolosità del Barcellona, sia servendo i compagni…

 

 

 

… sia  tirando direttamente, non appena vede lo specchio libero.

 

La trance agonistica in cui si trova lo porta anche a correre per andare di testa sul tentativo di spazzata di Carvajal dopo la respinta del portiere.

 

Messi, forse, è l’unico giocatore al mondo in grado di minare alla base le certezze psicologiche della squadra di Zidane, abituata mai come quest’anno all’idea di poter vincere contro chiunque. Perché il Real Madrid è anche la squadra che più di tutte ha visto Messi vincere partite da solo. I nuovi Galacticos hanno sempre la certezza di essere avvantaggiati giocando una partita aperta in cui conta la precisione tecnica, tranne quando di fronte si ritrovano Messi.

 

E allora ecco l’intervento da panico puro di Sergio Ramos, pur di fermare Messi in progressione con la squadra sbilanciata. Gli costa il rosso diretto ed è la dimostrazione dell’impatto psicologico che Messi riesce ad avere sugli avversari quando si rendono conto di essere impreparati.

 

7 dribbling riusciti su 11 tentati, un solo pallone perso sui 72 toccati, 6 falli subiti. Nonostante il Real Madrid abbia cercato di dimostrare il contrario, questo Clásico ci dice che non è ancora arrivato il momento in cui una squadra può non preoccuparsi di Messi.

 

È stato ovunque e non poteva che finire la partita perfetta con il gol della vittoria: un gol in cui mette solo l’ultimo tocco e che nasce dall’ingenuità del Madrid nell’andare a pressare in inferiorità numerica, in pieno recupero, lasciando al Barcellona la possibilità di attaccare l’area protetta solo da tre uomini (anche grazie alla prodigiosa conduzione di Sergi Roberto, che salta ben due linee di pressione). La pausa di André Gomes permette a Jordi Alba di arrivare con i tempi giusti a mettere la palla in area, mentre Messi, che per una volta aveva seguito da lontano lo sviluppo dell’azione, accelera il passo per calciare di prima.

 

 

 

È il gol numero 500 per Messi con la maglia del Barcellona, il 23esimo in un Clásico (+5 sul secondo, Di Stefano). Ed è soprattutto il più importante di questa stagione, se non altro perché riapre anche solo momentaneamente la Liga: ora le due squadre sono a pari punti, anche se il Madrid ha una partita in meno. Se c’è ancora una lotta per la Liga è perché Messi ha voluto così. Una situazione che già abbiamo visto in passato, ma come ha detto Iniesta nel post partita: «La grandezza di Messi è che non smette mai di sorprenderci».

 

 

Tags : Barcellonaclasicomessireal madrid

Daniele V. Morrone, nato a Roma nel 1987. Laureando in economia, amante del "calcio di posizione" di Cruijff e Guardiola, segue con attenzione l'evoluzione del calcio asiatico.

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