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Mentalità vincente
18 mag 2015
18 mag 2015
Una Juventus rimaneggiata basta per battere un'Inter con ancora molta strada da fare.
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A campionato già vinto e con le finali di Coppa Italia e Champions League da preparare, quella che si è presentata a San Siro è stata una Juventus di riserva, non solo negli uomini (Buffon, Pirlo, Tévez e Vidal lasciati a casa, Pogba in panchina), ma anche nell’atteggiamento e nella strategia di gara. L’unico obiettivo dei bianconeri era onorare la grande classica del campionato e non deludere i propri tifosi, che difficilmente avrebbero accettato una sconfitta contro l’Inter, pur con la possibilità di chiudere la stagione con il triplete. Il centrocampo schierato da Massimiliano Allegri, con Marchisio davanti alla difesa, Romulo e Sturaro ai suoi lati e Pereyra trequartista, lasciava intravedere il tipo di partita preparata. Corsa più che qualità, attenzione alla fase difensiva e iniziativa lasciata ai nerazzurri (il possesso palla alla fine è del 34%, un dato davvero basso per la Juventus). Era potenzialmente molto interessante la catena di destra, con Lichtsteiner, Romulo e il movimento ad aprirsi di Pereyra che avrebbero potuto creare molti problemi alla coppia Juan Jesus-Kovacic. In realtà i meccanismi si sono dimostrati poco oliati e la Juve ha preferito giocare in maniera diretta, cercando subito Matri e Morata e l’uno contro uno con i difensori dell’Inter. Possesso sterile La squadra di Roberto Mancini ha tenuto l’iniziativa per tutta la partita, ha dimostrato buone idee e organizzazione, ma alla fine ha perso. Il “Mancio” non ha toccato il modello di gioco proposto da quando è tornato sulla panchina nerazzurra: fraseggio corto prolungato, pazienza e calma nel far girare il pallone da un lato all’altro del campo alla ricerca di sbocchi, la ricerca della superiorità numerica sulle fasce con i movimenti ad aprirsi della mezzala o di una delle due punte (più Palacio di Icardi). Contro la Juve la novità era rappresentata da Xherdan Shaqiri, di nuovo titolare dopo sei panchine consecutive: schierato trequartista, lo svizzero in realtà si allargava per ricevere ai lati di Marchisio e arrivare al cross, un movimento non proprio nelle corde del trequartista titolare, Hernanes, squalificato. Non a caso Shaqiri ha messo a referto 5 cross (il dato più alto di squadra, condiviso con D’Ambrosio e Palacio), ai quali ha aggiunto 6 passaggi chiave e 3 assist (dati top della gara), così come Kovacic, a dimostrazione della loro importanza nella manovra nerazzurra. La differenza col croato la fanno i 5 passaggi chiave ricevuti (Kovacic è rimasto fermo a zero), che testimoniano la migliore capacità di leggere gli spazi in cui muoversi per creare problemi agli avversari. L’Inter ha mostrato una buona circolazione di palla, riuscendo quasi sempre a iniziare in maniera pulita l’azione. In fase d’uscita la mezzala dal lato della palla si affiancava a Medel, mentre quella dal lato opposto si alzava per fornire una linea di passaggio alle spalle della prima linea di pressione bianconera. Con i terzini piuttosto bassi per dare un’alternativa sicura al portatore di palla, la squadra di Mancini si trovava spesso in superiorità numerica e riusciva a giocare il pallone evitando il pressing della Juve.

Brozovic si allinea a Medel, Kovacic si alza mentre dall’altra parte Shaqiri è sulla stessa linea del croato a occupare lo spazio lasciato libero dall’uscita di Sturaro.

Se la costruzione della manovra era buona, lo stesso non si può dire della fase di finalizzazione. All’Inter è mancata la capacità di penetrare centralmente negli ultimi 20 metri: ha concluso spesso da fuori area (7 volte sui 15 tiri totali) e seppur sia riuscita ad arrivare al cross con continuità, l’area di rigore molte volte non veniva occupata nel modo giusto. Basta segnalare che dei 24 cross tentati solo 3 sono andati a buon fine.

Palacio arriva sul fondo e crossa, ma in area c’è solo Icardi: Shaqiri e Kovacic restano fermi al limite.

In fase di non possesso, lo strumento tattico su cui sta puntando Mancini è il recupero immediato del pallone, il che significa pressing aggressivo e baricentro alto. È un meccanismo che si sta affinando di partita in partita e, anche contro la Juve, l’Inter in più di un’occasione è riuscita a recuperare palla vicino alla porta di Storari. I nerazzurri, ci dicono i dati SICS, hanno recuperato palla a un’altezza media di 45 metri, vicino alla linea di centrocampo, e per ben 17 volte nella metà campo juventina.

La squadra resta alta una volta perso il pallone e va immediatamente a pressare il portatore di palla. In questo caso Lichtsteiner rinvierà sui piedi di Shaqiri, il cui passaggio filtrante non verrà controllato bene da Icardi in area.

Questo modo di difendere resta comunque un’arma a doppio taglio. È vero che dà molti vantaggi (oltre al corner del gol di Icardi, l’Inter ha creato diverse situazioni pericolose recuperando il pallone e contrattaccando rapidamente), ma è anche rischioso, specie per una squadra che schiera due centrali difensivi lenti e chiaramente in difficoltà in campo aperto. Superfluo sottolineare la facilità con cui Matri ha bruciato Vidic in occasione del rigore. Ricerca della profondità Nonostante una gara sottoritmo e più prudente rispetto alle abitudini (basta guardare la rilassatezza con cui è stato affrontato il corner corto dell’Inter che ha portato al tiro Brozovic, con i difensori, in particolare Lichtsteiner, lenti nell’uscire), la Juve non ha perso di efficacia. Senza motivazioni di classifica e con la testa alle prossime finali, i bianconeri non erano obbligati a forzare i ritmi. Forti della loro solidità difensiva, i campioni d’Italia hanno tenuto basso il baricentro (l’altezza media delle palle recuperate è stata di 30 metri), garantendo ai due attaccanti, ma soprattutto ad Álvaro Morata, maggiori spazi in cui giocare. Vale la pena soffermarsi sullo spagnolo, davvero dominante a San Siro. Allegri, evidentemente, aveva individuato nel settore destro della difesa il punto debole dell’Inter e gli ha dato il compito di attaccare lo spazio tra Ranocchia e D’Ambrosio. La verticalizzazione immediata verso Morata è stata una soluzione cercata con frequenza (con 10 passaggi chiave ricevuti batte tutti in questa particolare classifica. Il secondo juventino, Sturaro, ne ha ricevuti 3) e le progressioni palla al piede dell’ex Real Madrid sono state un problema irrisolvibile per la difesa nerazzurra (4 dribbling riusciti su 4 e 12 duelli vinti: in entrambe le statistiche Morata è il migliore del match).

Sono passati 5 secondi e già si capisce quale sia il piano preparato da Allegri: palla lunga verso Morata, che scatta tra Ranocchia e D’Ambrosio.

La capacità che ha Morata di coprire la palla e poi partire in progressione è da attaccante di livello mondiale. Potenzialmente non ha punti deboli: è imprendibile in campo aperto, ma sa farsi valere anche nello stretto; è rapido nell’esecuzione, ha un controllo del corpo eccezionale e un’ottima tecnica. La ricerca costante del pallone lungo verso Morata ha fatto sì che la manovra della Juve si sviluppasse prevalentemente a sinistra e se lo spagnolo non aveva spazi per girarsi e accelerare palla al piede, il pallone veniva girato dall’altro lato, dove Lichtsteiner ha goduto di una certa libertà, favorito dalla posizione stretta di Juan Jesus e dalle debolezze difensive di Kovacic. Pur commettendo diversi errori in fase d’uscita (8 palle perse, un dato alto per un difensore), lo svizzero è stato importante in fase offensiva: è stato lui infatti a propiziare gran parte delle azioni manovrate più pericolose dei bianconeri. Con 3 cross riusciti sui 5 tentati è stato il migliore della partita da questo punto di vista.

Notare la differenza rispetto all’Inter: in area ci sono quattro juventini, Lichtsteiner crosserà sul secondo palo per Morata, che incredibilmente manderà fuori di testa a due metri dalla linea di porta.

Quando Lichtsteiner è uscito per Ogbonna è stata chiara la volontà di Allegri di correre ancora meno rischi in difesa, col passaggio alla linea a 5, e di abbassare ulteriormente i ritmi. È stata invece abbastanza strana la risposta di Mancini, che ha tolto Shaqiri per Nagatomo, passando a 5 in difesa quando l’Inter avrebbe dovuto produrre il massimo sforzo per cercare la vittoria. Kovacic è stato avanzato nel ruolo di trequartista e con maggiore libertà di movimento ha alzato il livello della sua prestazione. Da segnalare la grande giocata con la quale ha mandato in porta D’Ambrosio, trovandolo sul secondo palo con un lancio perfetto. In generale, però, col passaggio alla difesa a 5 la manovra dell’Inter è parsa meno fluida, restando troppo legata alla creatività del suo numero 10. Quando poi Mancini ha provato il tutto per tutto inserendo Podolski è stato tradito da Handanovic. Il tedesco ha comunque fatto in tempo a entrare nell’azione del doppio intervento strepitoso di Storari, che avrebbe dato all’Inter un pareggio più che meritato. Centrare l’obiettivo Il messaggio che arriva da San Siro non è molto confortante circa la competitività della Serie A non solo nel presente, ma anche nel prossimo futuro. La Juventus sembra sempre e comunque un passo avanti agli altri, anche nella sua versione rimaneggiata e più prudente rispetto al solito. Le rotazioni le faranno anche perdere qualità, ma non efficacia, e in un modo o nell’altro riesce sempre a centrare l’obiettivo. Dopo una partita in cui ha sempre avuto l’iniziativa, l’Indice di Pericolosità dell’Inter si è fermato a 64, dato vicino a quello della Juve, che ha chiuso a 61. Tutti gli sforzi dei nerazzurri, insomma, non hanno prodotto molto di più di quanto abbiano fatti i campioni d’Italia, che pure hanno giocato una gara a bassa intensità. C’è da dire che, in vista delle finali, Allegri non ha probabilmente ricevuto i segnali che si aspettava dai ricambi dei titolari. Il messaggio più forte l’ha mandato ancora una volta Morata, che contro l’Inter non aveva granché da dimostrare. I nerazzurri, invece, vedono ridursi al minimo le speranze di Europa League. Mancini, in questa seconda esperienza sulla panchina interista, sta dando più importanza ai principi che ai giocatori a disposizione, sacrificando i punti in classifica per gettare le basi per il futuro. Al momento la strategia non sta pagando, ma è normale che abbia bisogno di tempo per realizzarsi in maniera compiuta. Il percorso intrapreso sembra quello giusto e, anche se non arriverà in Europa, l’Inter di questo finale di stagione è comunque in crescita rispetto al recente passato. Una piccola consolazione in una stagione complessivamente deludente. Ringraziamo per i dati SICS (che potete anche seguire su Facebook e Twitter).

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