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Insomma, è meglio FIFA o PES?
23 ago 2018
23 ago 2018
Abbiamo provato a chiederlo a dei gamer professionisti.
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Ready Player One è un film di fantascienza di Steven Spielberg, tratto dal romanzo omonimo di Ernest Cline, in cui immagina un futuro dominato da un videogioco, OASIS, talmente complesso e influente da sovrapporsi alla realtà fino a farla scomparire, o quasi: le persone passano la maggior parte del proprio tempo a giocarci, per vincere soldi o fama (virtuale). Quando il creatore di OASIS, James Halliday, muore, decide di comparire all’interno del videogioco sotto forma di avatar virtuale, Anorak, annunciando la presenza di un easter egg. Chi lo troverà, dopo aver sbloccato tre chiavi segrete, vincerà un quarto di trillioni di dollari e il controllo sul videogioco. L’annuncio di Halliday, oltre a scatenare migliaia di videogiocatori, porta una multinazionale, la Innovative Online Industries, ad ingaggiare i migliori gamer con lo scopo di trovare le tre chiavi e quindi l’easter egg.

 

La principale intuizione del film, in un genere che negli ultimi anni ha abusato di futuri distopici connotati da realtà virtuali e fittizie, è esattamente il fatto che a prendere il controllo della realtà non sia un’intelligenza artificiale o un software pensato dal governo, ma per l’appunto un videogioco, con i suoi personaggi e i suoi meccanismi.

 

A guardare solo l’impetuosa espansione del mondo degli esports degli ultimi anni è difficile non vedere un barlume di futuro in Ready Player One. I videogiochi non sono più, da tempo, solo un prodotto di intrattenimento per bambini e ragazzi, ma sono industrie da milioni di dollari e sport a tutti gli effetti, con un seguito globale. In questo senso, la rivalità tra i due principali videogiochi di calcio, FIFA e PES, ha smesso da un po’ di essere una semplice faida tra due sette di nerd, e ha assunto i connotati di una lotta di egemonia industriale e, perché no, culturale ben più ampia.

 

Me ne accorgo quasi subito quando, per cercare di sbrogliare la questione se “è meglio FIFA o PES”, decido di intervistare cinque gamer professionisti dei due videogiochi, perché le risposte non fanno che scivolare su parole come “fetta di mercato” o “meccanismo di vendite” o “circuito competitivo”. Ormai la partita tra FIFA e PES si gioca su un tavolo molto più grande del semplice miglioramento del videogioco.

 


FIFA e PES sono nati nello stesso periodo, come se fossero un supereroe e un villain (decidete voi chi è chi) fatti per combattersi: la prima versione di FIFA (FIFA International Soccer) è uscita nel dicembre del 1993, mentre il primo numero della saga di PES (che inizialmente si chiamava International Superstar Soccer, o ISS, nel mercato europeo) ha visto la luce nel novembre del 1994. «La mia generazione è quella che cresciuta con PES, la generazione dei ragazzini di oggi cresce con FIFA», mi dice Emiliano Spinelli, in arte “S-Venom”.

 

S-Venom è diventato il primo gamer professionista di PES in Italia dopo aver firmato un contratto con il team Mkers, e ha 29 anni, la mia stessa età. Come me, ha tutta una serie di ricordi nostalgici legati a PES, che credo siano il motivo per cui continuo a considerarlo migliore di FIFA, nonostante non ci giochi ormai da diversi anni. «Era un’estate in cui stavo in Sicilia, andavo spesso dai miei cugini», mi dice S-Venom condividendo con me uno dei suoi «E facevamo questi interminabili Europei a PES2 dove mio cugino più grande prendeva l’Italia, l’altro usava la Francia, io la Repubblica Ceca di Nedved e Baros e Koeller. Era l’Europeo del 2004 se non sbaglio, e mi ricordo questo Baros che era uno dei giocatori più forti del gioco».

 



 

Quasi tutti i gamer che ascolto hanno un qualche ricordo legato a PES – una playstation regalata dal nonno, le partite interminabili con i fratelli più grandi, i dischetti craccati con Winning Eleven comprati per strada - perché, come dice S-Venom, la generazione di chi sta diventando gamer professionista adesso è cresciuta con PES, che nella prima metà degli anni 2000 era senza ombra di dubbio il videogioco dominante tra i due.

 

Nicolò “Scorpio” Russo, gamer di PES dal 2009, mi spiega che il successo del videogioco Konami era dovuto anche alla capillarità dell’organizzazione di tornei offline sul territorio, molto diffusa soprattutto in Italia. «A partire da PES4 c’era una struttura che possiamo identificare come PES League… c’era praticamente un torneo a weekend», mi dice «Quindi avevi i tornei dal nord al sud Italia e in base ai punti ottenuti durante i tornei c’era un ranking generale che dava accesso alla finale italiana: chi vinceva andava a giocare il Mondiale e l’Europeo. Questo era il sistema offline, in qualunque paese europeo e anche extraeuropeo».

 

Ma la sfida allora si giocava sul gameplay, che rendeva PES (almeno nei miei ricordi, che, come detto, soffrono di un forte bias nostalgico) non solo più realistico ma soprattutto più divertente: «FIFA era un gioco completamente arcade - com’è anche adesso, se vogliamo un po’ di polemica… Solo che non aveva il contorno perfetto che sta facendo adesso la EA Sports per supportarlo. Quindi dal ’98 fino a PES 2006-08, PES è stato il titolo principale e tutti giocavano a quello».

 

A Scorpio chiedo se questa eredità nostalgica non sia diventato un ostacolo nel lungo periodo, se gli abbia impedito di crescere. «Diciamo che PES è voluto rimanere col suo pubblico però senza fidelizzarlo troppo e questo secondo me è stato un errore perché tutti abbiamo dei ricordi di PES e delle giornate che passavamo giocandoci», mi risponde «Però è arrivato un certo punto in cui il mercato chiedeva altro, cioè è diventato molto esigente perché richiede un certo vestiario, un certo immaginario, che forse PES non è riuscito a cucire addosso al gioco».

 

Dieci anni fa, quando il declino di PES era appena iniziato, il titolo Konami vendeva circa 365mila copie nella prima settimana dopo l’uscita, contro le poco più di 250mila di FIFA (i dati, tratti dal sito specializzato VGChartz, includono le vendite per Xbox360 e PS3).

 


Cos’è rimasta di quella egemonia, adesso che FIFA nella prima settimana dopo l’uscita vende più di 20 volte rispetto a PES? Le discussioni su quale sia il miglior videogioco tra i due, per l’appunto, che oggi sembrano l’ultimo barlume di speranza per i sostenitori di PES, ridotti ad una cellula di resistenza clandestina contro un impero apparentemente invincibile.

 

Quasi tutti i gamer intervistati, compresi quelli di FIFA, sembrano innanzitutto concordare sulla superiorità grafica di PES. Alessandro “Gintera” Ansaldi, videogiocatore FIFA recentemente tesserato dal Genoa, ad esempio mi dice che «in quanto a grafica, PES è sempre stato superiore». Anche Daniele Paolucci, detto “IcePrinsipe”, gamer FIFA del team Mkers, mi dice che «a livello grafico, delle facce dei giocatori, PES è il migliore».

 

Anche le discussioni sul tema del licensing vengono liquidate con una sostanziale unanimità, questa volta a favore di FIFA, in cui potrete giocare anche nella Serie B brasiliana sicuri di trovare tutti i kit e gli sponsor tecnici aggiornati. «Io non giocherei mai a un gioco in cui prendo squadre di cui non mi piacciono i nomi», mi dice Gintera «Su PES vai a prendere la Juve e si chiama tipo White Black… è proprio brutto giocarci con quei nomi lì».

 

Le strade cominciano a dividersi sostanzialmente quando si comincia a parlare di gameplay. Secondo Gintera, ad esempio, «PES è tutto un gioco basato sui cross, invece su FIFA è tutto passaggi corti, uno-due: è tutto un altro gioco. A PES tu prendi palla, corri sulla fascia, crossi ed è gol. Su FIFA difficilmente succede». Quando gli chiedo se questo non renda PES un videogioco più divertente, il gamer del Genoa mi risponde: «Sì, è vero, ma alla fine non è un vero gioco di calcio. Ci sono partite che finiscono 7-6, come succede con FIFA quest’anno. Penso l’abbiano fatto apposta per far divertire anche la gente che lo vede oltre a quella che ci gioca». È una verità evidente, quella che in tempo di esports i videogiochi debbano essere pensati anche per degli spettatori, ma a cui non avevo mai pensato.

 

L’idea più netta a riguardo, però, ce l’ha Scorpio: «Quando gioco a PES ho sempre l’idea di essere in controllo di quello che faccio, che io sia il padrone delle mie azioni e che riesca a sentire il peso specifico della palla quando mi muovo con i giocatori palla al piede. A FIFA, invece, mi sembra sempre che il computer mi aiuti tanto in certe fasi, che ci sia uno script che influenza le partite in certe fasi». Quando chiedo a Mattia “Lonewolf92” Guarracino, gamer FIFA della Sampdoria, se è d’accordo con questa tesi lui non la smentisce del tutto: «Questa è una cosa che probabilmente negli ultimi anni è anche vera, anche se utilizzare il termine “arcade” forse è un po’ esagerato. Prima era il contrario, invece adesso… Fino a un paio di anni fa pure su PES tiravi girato, con le spalle alla porta, e segnavi, partivano dei siluri clamorosi».

 



 

Secondo Scorpio, poi, PES è più realistico a livello calcistico grazie a un’attenzione maggiore per le impostazioni tattiche e per il gioco collettivo, mentre FIFA tende a concentrarsi soprattutto sui trick individuali. Qualcosa di simile me la dice anche S-Venom: «PES ha una migliore gestione della tattica e della squadra in sé: se dai un comando al giocatore quello fa. Mentre a FIFA è tutto puntato sulla spettacolarità, anche perché è tutto un meccanismo di vendite. FIFA vende con i ragazzini perché ai ragazzini piacciono i trick, le cose spettacolari, e quindi la casa punta su quello. Ma è normale, è una forza di mercato che porta a questo».

 

Questa volta, però, Lonewolf92 non è d’accordo: «Totalmente fuori strada. FIFA è molto tattico ultimamente, nel senso che si basa molto sul giro palla, sull’intuizione. Secondo me FIFA ha trovato un buon equilibrio tra le due cose [cioè tra il gioco collettivo e i trick,

]. Secondo me dicono che PES è meno arcade perché ci sono molti meno giocatori e quindi chi gioca di più, fa più la differenza. Mentre su FIFA è da 7 anni che c’è un numero maggiore di persone che ci gioca».

 

Lonewolf92 tocca il tasto dolente, scoprendo finalmente l’elefante nella stanza che ha determinato la vittoria tra FIFA e PES nella conquista del mondo, molto più delle caratteristiche tecniche dei due videogiochi, e cioè la rivoluzione dell’online e la modalità di gioco FUT, con cui l’Electronic Arts ha spazzato via qualsiasi concorrenza.

 


C’è un altro dato comune che fuoriesce dalle interviste, e cioè che nessuno dei gamer ha mai partecipato alla faida tra PES e FIFA, nemmeno online, e che anzi sono spesso passati da un gioco all’altro senza farsi troppi problemi, il più delle volte per il semplice fatto di poter giocare con i propri amici. Lo sappiamo tutti: giocare con qualcuno è più divertente che giocare da soli. Ed è stata probabilmente questa la prima spinta che ha portato i videogiochi a spostarsi online: internet, molto semplicemente, ci permette di giocare con qualcuno anche se siamo fisicamente soli.

 

Ma l’incredibile successo di modalità di gioco come FUT, che ti permette di guadagnare soldi virtuali con le vittorie e di costruirti la tua squadra, sta in qualcosa di diverso, di più potente per certi versi, e cioè nella competizione. Quando chiedo a Scorpio se c’è qualcosa che PES può imparare dal suo rivale lui mi risponde: «È difficile risponderti senza mettere in mezzo la parte del branding perché FIFA fa anche delle modalità il suo punto di forza. Su FUT un giocatore qualsiasi ha la possibilità di incontrarsi con il giocatore della Lazio che ha il suo team composto da tutti giocatori fortissimi perché FIFA ha fatto branding su questo». La possibilità di poter sfidare veri sportivi, che la competizione diventi reale è la molla che ha portato al successo di FUT e quindi alla vittoria di FIFA nella rivalità con PES.

 

Nei gamer di PES sembra esserci una serena rassegnazione sulla superiorità di FIFA in questo aspetto, forse proprio perché a che fare col videogioco solo relativamente. «La modalità che fa vendere FIFA oggi è FUT», mi dice S-Venom «PES ha una sorta di modalità di questo genere, che è stata introdotta circa 3 anni fa, che si chiama My Club. Però è strutturata in un modo che è molto macchinoso. Ti faccio un esempio: su FUT tu puoi costruirti la squadra, facendo mercato, facendo l’asta; su PES non lo puoi fare: o peschi il giocatore o non puoi fare l’asta. È un po’ più macchinoso, anche più profondo se vogliamo, ma molto meno immediato. Quindi nell’utente medio, nel ragazzino non impatta».

 

FUT è il ponte attraverso cui FIFA è uscito dallo schermo e ha iniziato a prendere il controllo del mondo reale. Qualche settimana fa, alla O2 Arena di Londra, si sono giocate le fasi finali dei Mondiali di FIFA, a cui chiunque poteva accedere attraverso FUT, e più nello specifico attraverso le qualifiche annuali della FUT Champions Weekend League, a cui quest’anno hanno partecipato 20 milioni di persone da 60 paesi diversi. L’evento è stato trasmesso in Gran Bretagna in diretta da Sky Sport, ci sono stati controlli anti-doping prima dei match e quote ufficiali delle agenzie di scommesse. Il vincitore si aggiudicherà un premio in denaro di circa 250mila dollari oltre alla fatidica coppa, consegnata dopo la finale da Mesut Özil.

 

Oggi che molti club di calcio hanno un proprio team di FIFA, i videogiocatori si presentano a queste competizioni con le maglie delle proprie squadre, che siano il Manchester City, il PSG o l’Ajax, con la stesse espressioni prive di autoironia dei calciatori veri e propri.

 




 

Dopo anni in cui erano i videogiochi ad inseguire la realtà, insomma, adesso il rapporto sembra iniziare ad invertirsi. Come si legge sul pezzo del Telegraph sui Mondiali di FIFA: «In un’era di calo generale dell’attenzione, gli eSports possono essere uno strumento necessario per promuovere il calcio stesso. Così come i tifosi di calcio sono stati indotti a giocare a FIFA, adesso sono i giocatori di FIFA che possono essere spinti a diventare tifosi di calcio».

 

Che a determinare la vittoria su PES sia stata la capacità di FIFA di diventare qualcosa di reale, con un influenza nel mondo offline, è implicitamente accettata da quasi tutti i gamer che ascolto, anche se non tutti gli danno per forza di cose una connotazione positiva. «FIFA sembra gli amici con cui esci e ti sbronzi e ti fai i selfie e le Instagram stories; PES è più la compagnia con la quale ti trovi e parli dei fatti tuoi e giochi e ti diverti, a cui puoi confidare delle cose», mi dice ad esempio Scorpio «Senza svilire le persone con cui vai a ubriacarti e con cui ti fai le foto, ovviamente, però diciamo che l’aspetto esteriore ed estetico è molto sviluppato su FIFA, che sta facendo un ottimo lavoro di marketing. Non mi spiego perché PES stia andando a rincorrere FIFA facendo bene o male le stesse cose, non avendo né i soldi né l’esposizione mediatica per farlo».

 

«FIFA», mi dice ancora in relazione alla pubblicità in cui si vede Cristiano Ronaldo riprodurre in campo un trick visto nel videogioco «sta provando a far passare l’idea che si può superare la realtà e portarla dal videogioco al campo da gioco». Parole che si riflettono, in negativo, in quelle di Lonewolf92 quando parla di PES: «L’ho guardato molte volte e a me sembrava sempre molto un gioco, rimaneva un gioco, si avvicinava poco alla realtà».

 

In Ready Player One, OASIS viene finito da un ragazzo orfano di 17 anni, chiamato online Parzival, che riesce a trovare le tre chiavi nascoste nel gioco e a sbloccare l’easter egg finale. L’easter egg è un colloquio con Halliday-Anorak in una sala fastosa piena di monete d’oro e altri tesori, in cui gli propone di firmare un contratto in cui gli trasferisce tutti i suoi possedimenti, compreso OASIS. Parzival, a grande sorpresa, rifiuta, ma così facendo convince Halliday di essere la persona giusta per guidare OASIS. I dirigenti della Innovative Online Industries vengono arrestati e Parzival decide di chiudere il videogioco per due volte la settimana per permettere alle persone di trascorrere più tempo nel mondo reale.

 

Dubito che con FIFA e gli altri esports le cose andranno allo stesso modo.

 

 

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