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Matteo Gagliardi
Mayweather v Pacquiao
04 mag 2015
04 mag 2015
Al di là delle aspettative della vigilia, che incontro è stato l'incontro del secolo?
(di)
Matteo Gagliardi
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«Floyd, Manny, questo è l’incontro che il mondo stava aspettando». Kenny Bayless, l’arbitro del match, si rivolge ai due pugili chiamandoli per nome. Ricorda loro perché sono lì e i due annuiscono, promettendo di affrontarsi e onorare le cinture in palio che hanno portato sul ring.

 

Il “match del secolo” non è stato lo scontro che ci si aspettava. Prima che i pugili si incontrassero, guardando i loro precedenti match, il pubblico immaginava due avversari speculari: da una parte il tecnico e noioso Floyd, la sua difesa perfetta, la rapidità di gambe e la scioltezza nelle schivate; dall’altra la forza bruta di Pac-Man, un fighter offensivo e generoso che sa combattere solo ad altissimi ritmi.

 

Freddie Roach, il coach di Pacquiao, convinto che il suo pugile non sarebbe uscito vincitore da un incontro combattuto come

, lo ha preparato alle dodici riprese e ad affrontare ogni round con pazienza e calcolo. L'ha messa sul piano della tecnica, ma alla fine più che un adattamento, la boxe di Pacquiao è sembrata snaturata.

 

Al suono della prima campanella Manny è subito guardingo, fisso sui movimenti più sciolti di Mayweather. Floyd inizia tranquillamente a muoversi sul ring come sa fare, abbassando e alzando la guardia, misurando con i passi l’area del quadrato, che ogni volta sembra debba imparare a memoria. Pacquiao è concentrato e non lo perde mai di vista. È talmente focalizzato sugli spostamenti di Floyd che per un riflesso involontario gli capita ogni tanto di alzare i guantoni e mettersi in guardia quando lo fa l’avversario davanti a lui.

 

Pacquiao è coperto, intimidito, e non si accorge che sta seguendo Floyd lungo tutto il ring come un pugile addomesticato. Mayweather lo attira dove vuole, soprattutto agli angoli e alle corde. I luoghi claustrofobici dove un boxeur qualsiasi sarebbe in difficoltà: Floyd però lì ci sta bene, per la sua arte difensiva anche le corde sono necessarie. Ogni volta che Floyd è all’angolo, Manny sente l’istinto di portare l’affondo. E anche questo, per il modo di boxare di Floyd, è necessario.

 

Non si vedono subito i colpi potenti e veloci che caratterizzano la boxe di Manny, il pugile filippino preferisce aprirsi a piccole dosi e riesce a portare gli attacchi più smaliziati soltanto negli ultimi secondi del primo round.

 



 

Vede Floyd chiuso all’angolo e scarica i colpi. E in queste prime schermaglie si nota subito quanto Floyd abbia preparato con cura l’incontro: appoggiato alle corde schiva i primi colpi di Pacquiao, poi si abbassa sulle ginocchia e si lancia sull’avversario in un clinch. Manny porta attacchi estemporanei e riesce a distendere soltanto due diretti, a vuoto per di più, e in un attimo si ritrova le braccia legate da Mayweather in un abbraccio frustrante.

 

È una tecnica sporca ma efficacissima, il pubblico non gradisce e lo fischia. Floyd che boxa senza pensare al pubblico sa che così facendo non soltanto imbriglierà ogni tentativo di affondo di Pacquiao, ma gli farà perdere la calma in poco tempo. Dopo ogni abbraccio arriva l’intervento dell’arbitro e la promessa di Floyd di non farlo più.

 

I talloni di Manny sono inchiodati al ring e la differenza tra i due pugili sta soprattutto nei piedi. Quelli del filippino avanzano, quelli di Floyd saltellano in tutte le direzioni. All’americano piace indietreggiare, adescare l’avversario e poi con un solo passo laterale allontanarsi dalla sua visuale, scomparendo.

 

Manny è frontale e spartano, colpisce solo quello che vede muoversi davanti a lui. Floyd è il suo contrario, non soltanto è agile sul ring ma porta i colpi in netto anticipo e prevede i movimenti dell’avversario. Quando scompare dalla telecamera, flesso in uno dei suoi soliti piegamenti bassi, lo si rivede comparire come un pupazzo a molla proprio lì dove Manny pensava di averlo affondato.

 



 

Mayweather misura le distanze, allungando il diretto costantemente. Sa che fino a quando il filippino, più corto di leve, rimarrà alla distanza del suo braccio non potrà impensierirlo. Mayweather porta colpi singoli, pochi e a segno.

 

Al quarto round Manny finalmente si scopre e boxa come più gli è naturale. Dopo una prima scarica di colpi diretti al viso e schivati da Floyd, assesta un sinistro potente sulla guancia che spinge l’avversario alle corde. Però poi Manny non chiude l’azione. Sembra quasi sorpreso di essere riuscito finalmente a colpire Mayweather, dopo il sinistro andato a segno, e si prende un secondo di troppo per pensare alla mossa successiva, permettendo a Floyd di chiudersi comodamente in guardia. A quel punto, quando Manny decide per un’intensa serie di ripetute al corpo, è troppo tardi per essere determinante. I colpi sono larghi, potenti, ma innocui. Il pubblico si scalda, ma Floyd sente poco o niente, tanto che al termine dell’affondo fa segno di “no” con la testa.

 

Nella ripresa successiva ci si aspettava che Pacquiao continuasse l'attacco ma finisce di nuovo sotto il controllo di Mayweather. Dopo una combinazione sinistro-destro di Floyd, Manny perde l’equilibrio e si ritrova sbilanciato all’indietro, subendo altri due colpi poggiato sulle corde. Qui Mayweather prova a portare il colpo risolutore, ma smanaccia in modo sleale. Nella foga del momento, prende la testa di Pac-Man con i guantoni per riportarlo al centro del ring e colpirlo con il montante che sta preparando, ma l’arbitro gli urla di non spingere. Pacquiao fortunatamente riesce a schivarlo di pochi centimetri.

 



 

Nella sesta ripresa, come nella quarta, Manny è più sciolto. La guardia di Mayweather, chiuso con i gomiti stretti e i guantoni alti, è sempre impenetrabile. Manny non ha molte idee e scarica violentemente i colpi come se davanti avesse un sacco per le ripetute. Tre serie di colpi al viso e al corpo che Mayweather, coperto, attutisce. Di nuovo, Mayweather abbassa la guardia soltanto per dirgli di “no”, che non sta sentendo niente. Manny lo guarda, si mortifica e riprende con i soliti colpi sterili.

 

Pacquaio riesce ad andare a segno soltanto quando sceglie la mossa più imprevedibile. Dopo che Floyd ha portato un sinistro, schivato ottimamente, si è ritrovato scoperto e Manny ha fatto partire un gancio improvviso, con la testa ancora china per la schivata. Un sinistro dal basso verso l’alto, alla cieca, che colpisce Floyd vicino all’orecchio.

 



 

I pugni di Manny, più pesanti di quelli di Floyd, vanno a segno soltanto quando partono senza preavviso. Quando sembrano cogliere di sorpresa anche Manny che li porta. Come quelli al volto dell’ottava ripresa: un sinistro doppiato che non dà il tempo a Mayweather di coprirsi.

 



 

I pugni di Floyd sono pochi e per lo più singoli, per limitare l'aggressività di Manny, ma non abbastanza da farlo giocare di rimessa. Questo perché la boxe di Floyd ha bisogno di un avversario offensivo per funzionare.

 

Nelle ultime due riprese Mayweather è in netto vantaggio ma Manny continua a boxare allo stesso modo. L’incontro è compromesso e soltanto un ko cambierebbe le sorti. Manny, però, è convinto di essere in vantaggio nel conteggio dei punti e non rischia il colpo risolutore. E così Mayweather chiude l’incontro del secolo impietosamente, non portando più colpi, saltellando lungo le corde e allungando la sua bella faccia verso quella del filippino.

 



 

Ha vinto, meritatamente, Mayweather, e proprio per questo in molti hanno trovato il match del secolo noioso. Se il modo di boxare di Floyd era prevedibile, come prevedibile sarebbe potuta essere una sua vittoria alla dodicesima ripresa, la vera delusione è stata la boxe di Pacquiao.

 

Manny ha deciso di modificare il suo stile per scardinare la difesa di Floyd, diventando timido e contratto, non a proprio agio in un modo di combattere non suo. Ha scelto di giocarsela sul terreno più congeniale a Floyd, non facendo altro che aumentare il loro divario tecnico. Avrebbe dovuto osare di più, mantenere il suo spirito sprezzante, soprattutto nei momenti centrali del match, quando era riuscito ad aprire la difesa di Floyd.

 

Ma forse affrontare Pretty Boy fa davvero troppa paura. L’idea di avere davanti un mostro della tecnica difensiva costringe gli avversari ad adattarsi. Se Pac-Man è stato costretto a studiare un piano alternativo per cercare di portare a casa l’incontro, Mayweather per vincere si è comportato nell’unico modo che conosce: da Mayweather.

 

Non è stata solo la vittoria di un pugile sull’avversario. L’incontro di sabato notte mostra perché il modo di boxare di Mayweather è stato

metodo degli ultimi quindici anni di pugilato. Una boxe a cui nessuno, per ora, è riuscito a prendere le giuste contromisure.

 
 

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