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Dario Saltari
Mauro Icardi, dio assente di Istanbul
16 feb 2024
16 feb 2024
Ieri ha segnato un altro gol, decidendo la gara d'andata contro lo Sparta Praga.
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Dario Saltari
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IMAGO / Middle East Images
(foto) IMAGO / Middle East Images
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Mancano quattro minuti alla fine della partita ma Mauro Icardi non ha fretta. Il Galatasaray si è fatto rimontare due volte dallo Sparta Praga, ha giocato una parte della partita con un uomo in meno, è in procinto di gettare al vento il vantaggio dell’andata in casa. Icardi, però, non se ne cura. Non si cura delle aspettative delle centinaia di migliaia di persone che tifano Gala, del fatto che è diventato un idolo di Istanbul, degli occhi che si posano su quel pallone che gli arriva proprio dentro la lunetta dell’area di rigore.

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Il primo controllo non sembra presagire niente, non avanza né arretra, non fa niente se non annunciare la pesantezza con cui l’attaccante argentino si muove intorno al pallone, come un gigante che cerca di accarezzare un gattino. Icardi fa una prima finta di tiro che non avrebbe convinto nemmeno sua madre, si sposta il pallone leggermente sulla destra, ma ormai ha un difensore avversario praticamente addosso. L'occasione sembra persa di fronte ai due avversari che gli coprono la luce per il tiro, ma Icardi è Icardi, anche se non so esattamente cosa significa. Il tiro parte lento per non accelerare mai, passa in mezzo alle gambe del difensore avversario, e non sembra mai davvero una minaccia. Il pallone è pigro e non è perfetto: è angolato esattamente quanto basta affinché il portiere non ci possa arrivare. Non bisogna sprecare nemmeno una goccia di sudore.

È 3-2 al 91', lo stadio è impazzito e Mauro Icardi invece di esultare si sta facendo una bella corsetta. Come dici? Ho appena segnato il gol decisivo all’ultimo secondo nella città più viscerale di tutto il calcio europeo? Sembra dire. Yilmaz, che gli ha servito l’assist, lo indica quasi con le lacrime agli occhi, come se tutta la sua vita, e la vita dei suoi genitori prima di lui, e dei suoi avi ancora prima, fosse stata solo una lunga attesa dell’apparizione del messia ossigenato: Mauro Icardi.

La scorsa estate sono stato a Istanbul e la città è tappezzata di immagini di Mauro Icardi. Forse è difficile capire cosa significhi questo per una città di oltre 15 milioni di abitanti e grande più di quattro volte Roma. Si possono percorrere ore e ore in macchina dentro la città solo per scendere e ritrovarsi di nuovo davanti a un murales di Mauro Icardi. Accanto a ogni bazar, dietro a ogni gatto randagio che si struscia, vicino a ogni battello che congiunge i due lati del Bosforo c’è un uomo con le mani aperte dietro le orecchie e il sorriso ieratico di un'icona ortodossa.

L’assenza è stato da sempre il carattere distintivo di Mauro Icardi, ciò che alla fine lo ha portato a scontrarsi con il carattere moralistico del tifo italiano. Icardi è qui ma allo stesso tempo è altrove, e questo per chi chiede dedizione totale alla causa è inaccettabile. Per questo è particolarmente inspiegabile, e quindi affascinante, il suo matrimonio felice con Istanbul, una città che non ammette distrazioni, che ti richiede in continuazione di essere qui, adesso. Quest’estate, arrivato con il taxi in città, mi sono impantanato nel traffico infernale del centro, e anche se all'inizio ho provato a godermi il lusso di poter perdere tempo, alla fine sono dovuto scendere e farmi l’ultimo tratto a piedi: non so quanto ci avrei messo altrimenti. Se Roma è una piovra, come ha detto una volta Fabio Capello, Istanbul è il Kraken, o almeno così pare da fuori, con le centinaia di persone che brulicano al suo interno, gli edifici millenari e i segreti che possono contenere.

La Super Lig, cioè il campionato turco, è agitato da una corsa al titolo che non si vedeva da anni. Galatasaray e Fenerbahce sono al momento divisi da due punti e probabilmente il campionato si deciderà nelle ultime giornate, dopo le quali solo uno tra i giallorossi e gialloblu potranno salire sulle barche e festeggiare sul Bosforo. Entrambe le squadre hanno speso molto sul mercato, e sono state al centro di quello che forse può essere definito, esagerando, un nuovo rinascimento del calcio turco, alzando le aspettative oltre il limite della ragione, che in Turchia è già molto basso. Sia Fenerbahce che Galatasaray, in questa corsa agli armamenti, hanno preso un proprio campione medievale. Da una parte Edin Dzeko, attualmente primo nella classifica dei marcatori con 17 gol, come sempre pronto con la sua gravità umana a caricarsi un’intera città sulle spalle, a calarsi nelle sabbie mobili dei suoi simboli e dei suoi conflitti. Dall’altra parte Mauro Icardi, secondo nella classifica marcatori con 13 gol, che - be’ - è Mauro Icardi.

I due si sono incontrati la vigilia di Natale in un Fenerbahce-Galatasaray che avrebbe potuto muovere qualcosa e che invece è finita 0-0. Partita nervosa, ovviamente, che ha prodotto una meravigliosa foto dal carattere caravaggiesco in cui si vede Dzeko puntare il dito verso il suo avversario con il volto contratto dal risentimento. Icardi, di spalle, nel frattempo pare chiedere col corpo: parlate con me?

Poche ore dopo il Galatasaray ha messo sui social un selfie di Icardi con un occhio nero e un messaggio da Santa Inquisizione: «Coloro che vogliono giustizia solo per se stessi stasera hanno continuato a manipolare il calcio turco da ogni canale. Condividiamo ciò che il comitato arbitrale, la sala VAR e 26 telecamere non possono vedere e ci vergogniamo per loro! Speriamo che un giorno chi ha portato il calcio turco a questo punto si vergogni…». Sulla vicenda non c’è grande chiarezza ma è interessante che mentre Dzeko ha risposto a tono dimostrando di aver già assorbito tutta la disputa antropologica tra le due grandi squadre di Istanbul («Ha colpito con la testa il palo, poi l'ha messo su Instagram e ora piangono per un possibile rigore… è proprio da loro!», corsivo mio), Icardi abbia messo il selfie sui propri social come se fosse un travestimento di Halloween.

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Icardi non è fatto per Istanbul e forse proprio per questo è perfetto per Istanbul, oppure non lo so, i misteri non vanno spiegati. Quello che so è che l’esperienza di veder giocare Icardi oggi vale più di queste parole. Icardi che affonda nel prato umido del RAMS Park mentre lo Sparta Praga gli infuria intorno come un nugolo di api. Icardi che ci mette il suo tempo per girarsi e aprire il gioco d’esterno verso un compagno. Che controlla con un piede e scarica con l’altro. Che viene incontro in mediana per far uscire il pallone dalla difesa, alla faccia di chi lo considera solo un attaccante da area di rigore. Che sembra aver già perso il pallone a centrocampo e invece, oplà, ha lanciato alla cieca un compagno che si era sovrapposto sull’esterno sinistro.

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Icardi che di testa manda sopra la traversa un pallone che in altri mille universi avrebbe messo sotto al sette. Che a volte sembra dover calciare una palla medica per quanto sembra appesantito. Che da solo davanti al portiere, al 54', ha l’occasione di mandare il Galatasaray in vantaggio ancora prima di perdere un uomo ma anche la svagatezza di scavarla sotto senza alcuna convinzione, prendendo il palo. Che comunque recupera il pallone sulla trequarti avversaria da cui nasce il fortunato tiro deviato di Mertens del 2-1 del Gala.

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Non so se è possibile parlare di rinascita, perché i numeri (42 gol in 59 presenze con la maglia del Gala) come sempre non raccontano tutto. Da una parte è vero che il gioco di Icardi sembra oggi più complesso, più sfaccettato, forse anche grazie all’impalcatura tattica donata alla squadra da Okan Buruk. Icardi oggi sembra più legato alla squadra in cui gioca, coinvolto nel gioco, e non più solo una pietra magica capace di far rimbalzare il pallone in porta. Dall’altra, a nemmeno 31 anni, non sembra avere più la brillantezza atletica per sfuggire al diretto marcatore in profondità, o nascondersi alle sue spalle al momento giusto, quando la palla spiove in area.

Forse è un effetto collaterale positivo di questa nuova lentezza, che gli permette di vedere il gioco, o forse è una questione mentale: magari con i trent’anni ha trovato la serenità. Da fuori è difficile dirlo, a meno che non vogliate fidarvi di Instagram. In queste due stagioni i rumor su di lui e su Wanda Nara hanno continuato a circolare, le voci di mercato pure, e chissà cosa avviene dietro quel sorriso da persona felice di essere ostaggio.

Quest’estate Icardi aveva definitivamente chiuso la sua triste esperienza al PSG, firmando a titolo definitivo per il Galatasaray dopo il prestito della precedente stagione, in cui aveva già segnato 23 gol in 26 presenze. I tifosi turchi, che sembrano sempre animati da un’energia al limite dell’allucinazione, l’avevano accolto come se fosse appena arrivato, aspettandolo a centinaia all’aeroporto, e poi riempendo l’intero stadio dov’è avvenuta la cerimonia della firma del contratto. Icardi ha reagito al suo solito modo: ha abbracciato, ha saltato, ha cantato. Come sempre, non sembrava né commosso né estasiato. Più che altro divertito.

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