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Mattia Furlani, il limite è il cielo
18 set 2025
Ieri il lunghista di Marino si è trasformato nella più giovane medaglia d'oro mondiale maschile della storia nella sua disciplina.
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5 min
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IMAGO / Bildbyran
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Mattia Furlani di lavoro si sottrae all’apparenza naturale delle cose. Mi è venuta questa espressione - apparenza naturale delle cose - pensando al mio professore di filosofia del liceo che, non so come altro dirlo, ma faceva i salti in classe. All’improvviso, si toglieva la giacca e con un balzo saliva a piedi uniti sulla cattedra, oppure si lanciava in avanti, atterrando con i talloni nel corridoio tra le due file di banchi. Dopodiché si ricomponeva e tornava a spiegare. Per lui era un vanto – a quasi sessant’anni e dopo un’operazione al menisco – poter dimostrare che sapeva ancora saltare. Nessuno di noi faceva una piega. «Saltare è un atto che sospende il tempo», diceva «è una lotta impari contro la gravità». Ci disse anche che il salto era la metafora perfetta della filosofia: un istante in cui il corpo e il pensiero si sottraggono - per l'appunto - all’apparenza naturale delle cose. Era una metafora che non reggeva fino in fondo, il mio professore di filosofia amava semplicemente saltare e io non lo biasimavo per questo, ma il suo insegnamento oggi mi appare ricco di significato.

Dicevamo di Furlani. Con un salto di otto metri e trentanove centimetri ha vinto l’oro nel salto in lungo ai Mondiali di atletica leggera di Tokyo ed è diventato il primo italiano e il più giovane atleta di sempre, tra gli uomini, a raggiungere questo traguardo nella sua disciplina, a soli vent’anni.

Il salto in lungo non è sempre lo stesso. La pedana indoor non risente del vento, mentre all’aperto ogni centimetro può esistere o non esistere nella realtà tangibile dello sport a causa di una folata invisibile. Per questo ci sono record distinti: Furlani detiene quello italiano al coperto, 8,37 a Toruń, ottenuto lo scorso febbraio, mentre a marzo è diventato campione del mondo indoor, ai Mondiali di Nanchino. Prima di questa medaglia, però, non aveva ancora disputato una finale iridata all’aperto. Nel 2023, infatti, era stato eliminato in qualificazione.

Il bronzo olimpico di Parigi 2024 lo ha proiettato in prima fila. Si è presentato a Tokyo con la seconda miglior misura mondiale in stagione (8,37 indoor) e un secondo posto in Diamond League (8,30), neanche un mese fa a Zurigo. Tuttavia, un paio di giorni fa, alle qualificazioni, non aveva di certo brillato. Al primo salto di qualificazione aveva scelto la cautela: atterraggio a 8,07 metri con vento +0,2. Sufficiente per stare tranquillo, visto che la norma di qualificazione era fissata a 8,15 e con ogni probabilità sarebbe bastato.

Gli avversari, al contrario, avevano fatto vedere i muscoli. Tajay Gayle, campione del mondo a Doha 2019 e bronzo iridato in carica, aveva messo a referto 8,28 al terzo tentativo. Lo spagnolo di origini cubane Lester Lescay si era spinto fino a 8,21. Il greco Miltiadis Tentoglou, campione olimpico e mondiale, aveva aperto con un 8,17 al primo tentativo. Mattia Furlani aveva chiuso con la nona misura, niente di eccezionale, ma abbastanza per entrare in finale. Ci si aspettava al massimo un podio, ma di più era difficile immaginare.

In Rumore Bianco di Don DeLillo, Steffie, una bambina ipocondriaca di nove anni, dice: "Sono l’unica persona di mia conoscenza a cui piace il mercoledì". Non a caso è il nome di un personaggio della famiglia Addams, Wednesday, che non spicca di certo per la sua simpatia. Il mercoledì è un giorno che non piace a nessuno. È comprensibile: cosa mai potrebbe accadere di tanto memorabile un mercoledì di metà settembre, all’ora in cui di solito combattiamo con la digestione per ritrovare la forza di rimetterci al lavoro?

L’atletica leggera è uno sport che la maggior parte delle persone segue distrattamente: più che altro durante le Olimpiadi, che cadono a pennello con le ferie d’agosto. Raramente in altre occasioni. Ma proprio mai ci era capitato di fermare la giornata, alle tre del pomeriggio, per guardare un ragazzo che corre per diciotto passi, stacca su una pedana e si affida all’aria per galleggiare qualche decimo di secondo, contro l’apparenza naturale delle cose.

In finale, la serie di Furlani è stata una crescita lenta e insperata. Il primo salto portava con sé gli strascichi della qualificazione: nullo, il piede neanche di poco oltre la plastilina. Il secondo 8,13, sufficiente per entrare in partita ma non per impensierire i primi, seguito da un altro nullo e da un 8,22. Dopo quattro turni era fuori dal podio virtuale, con Gayle già a 8,34, il cinese Shi Yuhao a 8,33 e lo svizzero Simon Ehammer a 8,30.

Poi è successo quello che è successo. Diciotto passi di rincorsa lanciata, lo stacco esplosivo. Il corpo sospeso, le gambe che scalciano in aria come in Matrix, un’immagine surreale al rallentatore. Neanche il tempo di affondare nella sabbia che era già balzato in piedi. Qualche istante per mettere a fuoco, prima di portarsi le mani tra i capelli con un ghigno di incredulità. Prima ancora della convalida, aveva capito che quel mercoledì sarebbe stato diverso dagli altri. Poi il tabellone ha restituito il risultato: 8,39, primato personale. Dal rischio di restare fuori dal podio, Furlani si era ritrovato virtualmente campione del mondo.

Subito dopo il quinto salto, si è avvicinato agli spalti «Fammi mettere mezzo dietro», ha detto senza fiato, rivolgendosi alla madre, che gli ha risposto «Sì, ma rimani stretto. Hai visto che se rimani stretto così, vai lontano? Daje!». È una conversazione che non ci si aspetta da chi ha appena superato il proprio record personale. È emblematico che il suo primo pensiero sia stato migliorarsi, subito. Non ci è riuscito. L’ultimo salto non è andato oltre gli 8,07. Ma neanche i suoi avversari ci sono riusciti. Il giamaicano Tajay Gayle si è fermato a 8,34, il cinese Yuhao Shi a 8,33. Simon Ehammer, lo svizzero vincitore delle Finali di Diamond League, non è andato oltre 8,30.

«Finché non parte l’inno ancora non ci credo», ha detto ai microfoni, mentre al collo gli pendeva già la medaglia d’oro, come prova tangibile della realtà. Ha ringraziato la madre, poi ha aggiunto: «Fino a due anni fa io sognavo tutto questo», e a quel punto la voce si è incrinata. Come se realizzare un sogno del genere a vent’anni fosse insostenibile e impossibile da riconoscere ad alta voce. Chissà com’è che ci si sente, in momenti del genere.

Gli ultimi due anni di Mattia Furlani sono stati da capogiro. Record del mondo Under 20, argento mondiale indoor a Glasgow, bronzo olimpico a Parigi, oro mondiale indoor a Nanchino. Ogni volta un gradino più su, fino a oggi. Le sue dichiarazioni non mancano mai di ricordare a se stesso e ai suoi coetanei di credere nel proprio futuro.

A vent’anni, Mattia Furlani è il primo a sapere che il suo gesto tecnico a volte non è impeccabile, l’obiettivo è rifinirlo, centimetro dopo centimetro, per trovare la rincorsa perfetta. Mancano tre anni a Los Angeles 2028. Ci sono 6,3 centimetri rimasti sull’asse di battuta stasera, c'è tutta la vita davanti.

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