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Marco D'Ottavi
Perché è così facile prendersela con De Sciglio
28 feb 2020
28 feb 2020
Storia dell'odio verso Mattia De Sciglio.
(di)
Marco D'Ottavi
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Foto di Marco Alpozzi / LaPresse
(foto) Foto di Marco Alpozzi / LaPresse
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Qualche giorno fa, dopo una sbavatura in marcatura di Mattia De Sciglio che aveva permesso a Rebic di portare in vantaggio il Milan nella semifinale d’andata della Coppa Italia, mi sono ritrovato a prendere il telefono in mano e scrivere a due amici presenti in quel momento a San Siro: “Provate a tirare qualcosa verso la testa di De Sciglio”. Di solito mi reputo un tifoso moderato, ragionevole. Raramente insulto i giocatori, ancora più raramente quelli della mia squadra, ma con De Sciglio mi accorgo di essere meno clemente, più cattivo. Davvero non so come sia cominciato, ma da quando è alla Juventus mi sembra facilissimo prendermela con lui. Arrivo addirittura a desiderare che qualcuno gli tiri qualcosa in testa (non letteralmente, ovvio, ma avete capito). Dopo quella partita, su Twitter ho letto frasi (non mie) come Ma non ce l’avevano una sedia da mettere al posto di #DeSciglio?; Qualcuno un giorno mi spiegherà come ha fatto un giocatore mediocre come #DeSciglio a giocare nella Juventus; #desciglio è uno dei misteri irrisolti più assurdi dell'ultimo decennio e #Desciglio è il solito senza palle che non serve a un cazzo. De Sciglio non è l’unico calciatore ad essere odiato con costanza, su Twitter, poi, figurarsi, ma l’odio verso di lui sembra più naturale. Come quando sei in macchina, nel traffico, e ogni insulto diventa più accettabile perché, insomma, sei in macchina, nel traffico. Il nuovo Maldini? Eppure, all’inizio, con De Sciglio era esattamente l’opposto: in un’intervista a L’Ultimo Uomo, dopo le prime brillanti apparizioni con la maglia del Milan, raccontava come tutti i tifosi lo trattassero bene: «Ho incontrato tanta gente, anche di altre squadre, e mi hanno tutti fatto i complimenti». In quel momento la storia di De Sciglio era perfetta: nato a Milano, entrato nelle giovanili del Milan a 10 anni, arrivato in prima squadra a 19, dai pulcini a San Siro come in un sogno. Giornali e tifosi avevano iniziato a chiamarlo il nuovo Maldini, sottolineando le similitudini tra i due calciatori. https://youtu.be/9wo1-4DUXyY De Sciglio è cresciuto accanto ai veterani del grande Milan di Ancelotti, il mestiere glielo ha insegnato Tassotti, eterno vice-allenatore del Milan ma soprattutto storico terzino del Milan. Poi è entrato nelle grazie di Allegri, che lo ha promosso titolare l’anno in cui i rossoneri hanno cambiato totalmente pelle, lasciando andare Ibrahimovic, Cassano, Thiago Silva (e anche Inzaghi, Gattuso, Zambrotta, Seedorf e Nesta). A novembre del 2012 la Gazzetta dello Sport raccontava la vita del nuovo Maldini: De Sciglio viveva con i genitori e andava spesso in gelateria: «Andate alla gelateria di Federico, io sono spesso lì con i miei amici. Ho un gusto preferito: yogurt, miele e noci. Sì, un unico gusto». Lo descrivevano come il “figlio prediletto”, quello che tutti vorrebbero avere. In un Milan non del tutto convincente, De Sciglio sembrava già una garanzia: in pagella prendeva quasi sempre 6.5, gli aggettivi usati per lui erano “diligente”, “preciso”, “ordinato”, “come un veterano”. Appariva già evidente come la sua interpretazione del ruolo del terzino fosse molto canonica e matura, lontana dalle sfumature tecniche che il ruolo stava iniziando ad avere, soprattutto nel resto d’Europa. Eppure, a 20 anni, De Sciglio sembrava il futuro: dopo la sconfitta nel ritorno con il Barcellona che costerà l’uscita dalla Champions, c’era addirittura chi dava la colpa alla sua assenza. I tifosi erano tutti innamorati di lui. Poche settimane dopo quella partita ha debuttato da titolare in Nazionale, contro il Brasile. Oggi possiamo dargli qualche colpa sui due gol dei brasiliani: prima ha stretto troppo la diagonale difensiva lasciando solo Fred, poi ha perso la palla che ha portato al contropiede concluso da Oscar. Allora, però, nessuno si è sentito in diritto di criticare o offendere De Sciglio. https://youtu.be/cLQXuIg69d8 Cosa è successo dopo? Come sono cambiate così radicalmente le cose? Declino Prima dell’inizio della nuova stagione, quella 2013-14, che in teoria doveva consacrarne il talento, Mattia De Sciglio si infortuna. Durante la sua assenza il Milan è un disastro e poco dopo il suo ritorno una sconfitta per 4-3 contro il Sassuolo costa il posto ad Allegri, l’allenatore che lo aveva lanciato e che sembrava apprezzarlo come un figlio. Al suo posto arriva Seedorf, e De Sciglio si fa di nuovo male. Quella stagione in realtà diventa il punto di svolta negativo sia per il Milan, che sbaglierà quasi tutte le scelte successive, che per il terzino, che più di tutti sembra essere in completa simbiosi con il club che lo ha cresciuto. Poco prima della fine della stagione, De Sciglio spaventa i tifosi con una frase che diventerà un boomerang: «Mi auguro di continuare a giocare in un Milan che torni ad essere sempre più competitivo, come lo era negli anni passati, per tornare anche a vincere. Nel calcio comunque non si sa mai. Se il club dovesse decidere per questioni economiche di cedermi, valuterei le offerte che arriverebbero». Si parla di un interesse concreto del Real Madrid e ad un incontro tra Berlusconi e Renzi, il presidente del Milan addirittura lo usa per fare campagna elettorale: «Ho deciso che voglio tenere De Sciglio perché è il simbolo dell’italianità del mio Milan». In estate arriva da titolare al Mondiale in Brasile, ma si fa male e salta le prime due partite, gioca con l’Uruguay ma da esterno nel 3-5-2, l'Italia esce in modalità incubo dalla competizione ma almeno non è colpa sua. Con l’arrivo di Inzaghi sulla panchina del Milan le prestazioni di De Sciglio sono poco brillanti: il nuovo allenatore lo schiera con continuità come terzino sinistro, dove si trova spesso a dover crossare con il piede debole o a entrare dentro al campo. Intorno a un Milan ridimensionato e pieno di problemi, De Sciglio diventa presto uno dei giocatori contro cui sfogare le proprie frustrazioni da tifoso. Da “nuovo Maldini” De Sciglio passa a essere un “sopravvalutato” che si è montato la testa. Le voci da Milanello raccontano di un ragazzo perfetto in allenamento, ma poco convincente in campo.

I tweet della fine del 2014.

Ai tifosi inizia ad apparire come svogliato, indolente. Viene accusato di far tardi la sera, di preferire le attenzioni femminili al campo, di non avere grinta. Sono accuse che ciclicamente vengono rivolte ai giocatori che rendono meno delle aspettative, ma con De Sciglio saranno una costante che gli rimarrà per sempre appiccicata come un adesivo su di un mobile, soprattutto sul carattere. A febbraio del 2015, ad appena 23 anni, dice: «Posso tornare quello di due anni fa». In Nazionale perde il posto a favore di Darmian, altro prodotto del vivaio milanista lasciato però andare via. Gli infortuni non gli permettono di trovare continuità (gioca solo 17 partite in stagione). Al ritorno in gruppo Inzaghi gli dice che è difficile scegliere tra lui, Antonelli e Abate: «Se lei pensa che siamo tutti e tre così forti è un bene per lei» gli risponde De Sciglio, una risposta che per Inzaghi «fa capire che uomo e che professionista sia». Al fantacalcio quell'anno risulta il peggior difensore per media.

Alcuni tweet dal 2015.

La cicatrice All’inizio del 2016, un lettore scrive alla Posta del cuore dell’Ultimo Uomo chiedendo come mai si sentiva così deluso da De Sciglio: “Le sue giocate sembrano frutto di una svogliatezza e di una semplicità artificiale, lo vedo spesso sbagliare e mai, ripeto mai, cambiare espressione facciale”. L’esperienza con Mihajlovic è forse la più negativa: schierato nuovamente a sinistra, perde il posto ai danni di Antonelli. Per l’allenatore serbo De Sciglio «ha un carattere schivo». Dopo il suo esonero arriva Brocchi e in qualche modo lo ravviva, De Sciglio ha un sussulto nella finale di Coppa Italia contro la Juventus, però persa. Per il suo nuovo allenatore «negli ultimi anni ha avuto delle difficoltà, è stato molto criticato, la sua autostima era molto bassa». Poche settimane prima De Sciglio era rimasto ferito al volto dallo scarpino di Wszolek durante una partita con il Verona. Le immagini in diretta sembrano uscite da un film splatter, la guancia del terzino del Milan è completamente aperta e l’infortunio gli lascia una vistosa doppia cicatrice, tagliata e netta, come un carattere dell’alfabeto cinese che ne cambia l’espressione. In estate gioca un grande Europeo con Conte, riprendendosi il posto di titolare in Nazionale. Sembra la rinascita, dopotutto ha solo 24 anni. In estate parla come una persona nuova: «La guarderò, in futuro, e mi ricorderò del brutto periodo e di come ne sono uscito. Invece di un tatuaggio ho la cicatrice». Pochi giorni dopo il suo mental coach rilascia un’intervista in cui si prende il merito di aver sbloccato De Sciglio: «Al nostro primo incontro Mattia aveva gli occhi spenti. Non era depresso, ma a un passo dalla depressione sì». I motivi sono da ricercare nel rapporto con i tifosi: «Si sentiva in colpa se usciva la sera per una pizza con la fidanzata. Suo padre Luca mi disse: A noi genitori il Mattia calciatore interessa relativamente. A noi preme il Mattia figlio, gli restituisca il sorriso e saremo contenti». Anche per lui l’infortunio di Verona è stato la svolta, «La cicatrice ti fa più uomo, dimostra come sia nato un nuovo Mattia [...] È di nuovo felice».

I tweet del 2016.

Nel caos che regna nel tramonto berlusconiano, De Sciglio sembra uno degli indiziati a partire, ma Montella blocca la sua cessione. Dopo un inizio positivo, le sue prestazioni tornano però presto a generare malcontento, nello stesso momento in cui il Milan vive l’ennesima flessione. Dopo una brutta sconfitta con il Genoa il suo 5 viene giustificato così: “Mette la fascia di capitano, ma non è il leader che può scuotere una squadra in catalessi”. Con De Sciglio non sembra mai una questione puramente tecnica o tattica, ma sempre di inadeguatezza: non è mai abbastanza duro o convinto o autoritario. Lì dove l’hype intorno al suo esordio l’aveva portato ai paragoni con Maldini, De Sciglio si rivela invece essere l’esatto opposto, un gregario, un giocatore che risente delle flessioni della squadra senza la capacità di imporsi sul contesto. La rottura definitiva Al ventiseiesimo di Milan-Empoli, con i rossoneri sotto di due gol, Montella sostituisce De Sciglio con Ocampos. Il terzino viene inondato di fischi da parte di tutto San Siro: la settimana prima, si dice, aveva comunicato alla società l’intenzione di non rinnovare il contratto. Dopo la partita, nel garage dello stadio, la sua macchina viene circondata da un gruppo di tifosi e ne nasce una accesa discussione. In particolare un tifoso, descritto come “visibilmente alticcio”, si scaglia contro l’Audi del calciatore urlando «indegno, vattene alla Juve», lanciando anche una bottiglia di birra. È il padre di De Sciglio a scendere dall’auto per provare a calmare i contestatori. La situazione degenera quando la madre viene spintonata: secondo il racconto dei presenti, il giocatore del Milan deve essere bloccato a fatica dai presenti per non venire a contatto con il contestatore, mentre il padre (istruttore di savate) lo colpisce con un pugno.

I tweet del 2017.

È il punto di non ritorno nel rapporto tra De Sciglio e i tifosi. Di conseguenza, è il punto di non ritorno tra De Sciglio e il Milan. Montella prova a difenderlo, ma con poca convinzione: «È uno dei giocatori presi di mira sin dall’inizio della stagione [...]Da un po’ gioca così, ma non è facile quando si scende in campo attorniato da un’atmosfera di scetticismo diffuso». Quando in estate viene definitivamente ceduto alla Juventus, voluto da Allegri, sembra una liberazione per tutti, tranne per i tifosi bianconeri. Come una lettera scarlatta De Sciglio si porta dietro tutti i giudizi negativi su di lui. Secondo molti tifosi non è un giocatore all’altezza della Juventus. Il suo arrivo coincide poi con la partenza di Bonucci per Milano, in uno strano incrocio di destini che sembra ribaltare alcuni equilibri della Serie A.

Il 2017 è stato un brutto anno per De Sciglio su twitter.

La prima partita di De Sciglio con la Juventus è la finale di Supercoppa contro la Lazio. Il terzino entra a mezz’ora dalla fine e nei minuti di recupero si fa saltare netto da Lukaku che serve l’assist per il 3-2 finale. Dopo la partita si vedono Allegri e Chiellini discutere del suo errore in maniera animata. Arrivato per giocarsi il posto con Lichtsteiner, a causa di diversi infortuni De Sciglio continua a giocare poco. Il giudizio su di lui è ormai assestato, il ruolo di riserva nella Juventus sembra calzargli a pennello: quando chiamato in causa De Sciglio è ordinato, in una squadra dai meccanismi quasi perfetti i suoi limiti vengono diluiti. Contro il Crotone trova anche il suo primo gol in carriera. Eppure la percezione continua ad essere sostanzialmente negativa. In estate l’arrivo di Cancelo è una liberazione: un terzino moderno, tecnico, spettacolare, per evitare il rischio che De Sciglio possa diventare il titolare a destra. Se nel Milan era la sua totale simbiosi con una squadra in declino a infastidire i tifosi, con la Juventus De Sciglio incarna il problema inverso: troppo medio per una squadra la cui grandezza è costruita sulla personalità dei suoi giocatori, soprattutto in difesa. A questo punto la sua colpa non è più quella di non aver assecondato un hype insensato, che lo vedeva come emulo di uno dei migliori difensori della storia, ma di essere un giocatore senza nessuna dote spiccata: non particolarmente bravo come difensore - come dimostrano gli errori sparsi negli anni - ne nella tecnica individuale. Neppure nei cross, il fondamentale che più triggera i tifosi di tutto il mondo, va particolarmente bene (c’è qualcuno al mondo che sa crossare? Perché ogni tifoso è convinto che i propri terzini non sappiano crossare?). Con l’arrivo di Sarri in questa stagione 2019-20, De Sciglio perde ancora più importanza nelle gerarchie della squadra. Per mesi il terzino titolare è stato Cuadrado, nelle ultime partite è invece toccato a Danilo. A gennaio sembrava fatto il suo scambio con Kurzawa, ma - almeno a sentire le parole di Leonardo - «la Juventus si è fatta indietro». In qualche modo, forse, la Juventus ha dimostrato di avere ancora fiducia in De Sciglio e in quello che può dare ad una squadra che nei prossimi mesi si gioca molto. Per i tifosi è diventata una presenza lontana, nascosta sullo sfondo di una stagione in cui ad andare male sono molte cose. Nessuno pensa possa essere meglio di Danilo o Cuadrado che pure hanno dimostrato molti limiti, ne che possa tornare utile come alternativa ad Alex Sandro. In estate si tornerà a parlare di mercato, di ridimensionamento, di un giocatore sopravvalutato che deve trovare il suo posto.

Anche quando rende omaggio a Kobe Bryant, il pensiero dei tifosi è solo uno.

Mattia De Sciglio, persona normale De Sciglio è stato un giocatore molto promettente all'inizio , che poi ha normalizzato la sua parabola. Ha giocato 133 partite con il Milan, 59 con la Juventus, 39 in Nazionale. Il suo ruolo è uno di quelli più difficili da interpretare oggi, ma soprattutto uno di quelli in cui c’è il maggiore scarto qualitativo tra i migliori interpreti e la media. In Italia, ad esempio, quanti terzini sono nettamente più forti di De Sciglio? Così, a naso, non moltissimi. I suoi limiti tecnici ed atletici sono evidenti e a 27 anni è improbabile che riuscirà a migliorare. Solo negli ultimi anni ha compiuto diversi errori che hanno portato a gol subiti (il tipo di errore peggiore). Ma non è questo il destino dei difensori? A pensarci bene, è pieno di terzini che sbagliano diagonali, si perdono l'uomo sul secondo palo, cadono ad una finta di troppo. Questo perché già difendere è difficile, difendere partendo dall'esterno poi lo è ancora di più. Certo, De Sciglio sembra già un terzino sorpassato dalla storia e le sue prestazioni forse hanno dimostrato che non può essere il titolare di una squadra che ha le ambizioni della Juventus. Neanche lo scopo di questo pezzo era riabilitarne la figura (volevo che gli tirassero qualcosa in testa, ricordate?), ma al tempo stesso non posso fare a meno di chiedermi: siamo sicuri che la quantità di critiche, offese e improperi che riceve siano tutti motivati dalle sue prestazioni? Non è possibile che queste siano dovute e accentuate dal suo essere Mattia De Sciglio? De Sciglio, mi sembra, è vittima della sua normalità. Ai tempi "dell'agguato" dei tifosi del Milan, Monica Colombo sul Corriere della Sera ha scritto che «non ha mai avuto l’aria truce alla Bonucci». Quando gli hanno chiesto come si concentrava, lui ha risposto: «Non sono come gli altri che lo fanno ascoltando musica. Penso molto, inizio a pensare alla partita e alle varie situazioni di gioco». Alla prima convocazione in Nazionale si presentò a Coverciano a piedi, accompagnato dai genitori. A Le Iene, per fargli uno scherzo, gli hanno fatto sparire il gatto. Per venti minuti lo vediamo struggersi, cercarlo tra le macchine parcheggiate, non dormire la notte. Dopo aver segnato il suo primo gol ha detto che non sapeva neanche come esultare, in quell’occasione Buffon uscì dalla porta per andare da lui e dirgli: «Allora ci sei anche tu». E la colpa più evidente di De Sciglio è proprio questa, che sembra non esserci davvero. De Sciglio ha il potere poco conveniente di scomparire dietro il contesto, una caratteristica che solo gli allenatori finiscono per apprezzare in qualche modo (e infatti i suoi allenatori sono gli unici a parlarne bene). Tra infortuni, personalità e caratteristiche tecniche, De Sciglio è invisibile quando gioca bene e visibilissimo quando fa qualcosa di negativo. Lui non sembra ancora averlo accettato con serenità, recentemente ha detto «Sono stato massacrato parecchio. È più facile accanirsi contro di me, ma non capisco il motivo». Più che cercare un motivo, De Sciglio dovrebbe farsene una ragione: per alcuni giocatori esistono dei pregiudizi insormontabili che finiscono per influenzare i tifosi. Chi non dovrebbe farsi influenzare, per il suo bene, è invece De Sciglio, il figlio, il trentenne. In fondo, il calcio non è tutto.

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