Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Storia della sparizione di Mattia Caldara
19 nov 2025
Ha annunciato il ritiro dopo essere stato consumato dagli infortuni.
(articolo)
17 min
(copertina)
IMAGO / Eibner
(copertina) IMAGO / Eibner
Dark mode
(ON)

“Caldara è un difensore tattico e cerebrale, che ha nella concentrazione e nella comprensione del gioco le proprie principali armi. In particolare, la sua qualità migliore è probabilmente il senso della posizione, sia lontano dalla propria area di rigore che più vicino alla propria porta”. Così scriveva Fabio Barcellona nel 2017 di Mattia Caldara, che nella stessa stagione si era anche preso il premio di rookie dell’anno di Ultimo Uomo, battendo la concorrenza di Patrik Schick. Tutto nella norma, considerando che l’anno prima il difensore centrale dell’Atalanta era stato una delle tante rivelazioni dell’elettrica, primissima versione della macchina messa in moto da Gian Piero Gasperini. Aveva messo a segno - da difensore centrale - 7 gol in 30 partite senza battere rigori o punizioni. Con Andrea Conti era stato la rivelazione più grande di una squadra efficientissima nel lanciare i prodotti del suo vivaio. Caldara aveva esordito nel 2014 subentrando a Davide Brivio e già a dicembre 2016 era finito nella rete della Juventus, all’epoca capillare nel mercato interno della Serie A. 20 milioni spesi da Marotta che lo lascia in prestito all’Atalanta per quei sei mesi.

L’anno dopo la Juventus potrebbe richiamarlo, ma decide di farlo rimanere un altro anno sotto Gasperini per farlo migliorare ulteriormente, invece di farlo ammuffire dietro i totem Barzagli, Chiellini e Bonucci. Però tra rotazioni e qualche infortunio alla schiena gioca solo 24 partite in Serie A. Magari è un caso, anche perché non è una stagione felice per l’Atalanta, che scende dal quarto posto dell’anno prima al settimo.

Il suo ultimo gol in quella stagione è contro la Lazio in un 3-3 casalingo, e nessuno si aspetta che sarà il suo penultimo in Serie A, nove anni dopo. Durante l'esultanza, accanto a Caldara, ci sono relitti gasperianiani come Spinazzola, Cristante, Masiello.

<iframe width="560" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/dWUUlmBar3c?si=9bEtaBo9lso-16O-" title="YouTube video player" frameborder="0" allow="accelerometer; autoplay; clipboard-write; encrypted-media; gyroscope; picture-in-picture; web-share" referrerpolicy="strict-origin-when-cross-origin" allowfullscreen></iframe>

In un sabato di metà novembre Mattia Caldara ha annunciato il suo ritiro a soli 31 anni, con una lettera di suo pugno affidata al sito di Gianluca Di Marzio, raccontandosi con grande sincerità e malinconia, tra i danni degli infortuni. «Mattia non hai più la cartilagine della caviglia. Se continui tra qualche anno dovremo metterti una protesi», pare gli abbiano detto gli specialisti che lo hanno visitato le ultime volte. E poi ci sono i problemi di salute mentale causati dai continui stop. “Non riuscivo più a camminare per strada a testa alta. Mi guardavo allo specchio e non mi riconoscevo. Leggerezza e spensieratezza non facevano più parte di me. E quando vivi situazioni simili, non fai del male solo a te, ma anche alle persone vicine a te”.

La prima stagione dell’Atalanta di Gasperini porta alla ribalta anche Leonardo Spinazzola e Roberto Gagliardini. Il primo è in prestito dalla Juventus, e il progetto è che ci torni, il secondo è sotto le mire di dei più grandi club italiani. Il direttore generale della Juventus, Beppe Marotta, commenta l’interesse a Radio Anch’io con parole lusinghiere: «Caldara e Gagliardini sono giovani molto interessanti, seguiti da diversi club importanti, anche stranieri, il primo obiettivo della Juventus è monitorare e poi eventualmente reclutare i giovani italiani migliori». Gagliardini finisce all’Inter, giocherà tanto, principalmente male. Caldara invece finisce alla Juventus, e nel girone di ritorno 2017 segna anche la sua prima (e unica) doppietta in Serie A, l’Atalanta vince a Napoli per 2-0 e fa un favore ai suoi nuovi datori di lavoro. «Ha fatto una buona prestazione», dice ancora Marotta «È un giovane che sta crescendo e gli riconosco i meriti per diventare possibilmente un titolare della Juventus».

Dichiarazioni che hanno un certo peso in un’epoca in cui la Juventus schiera Bonucci, Chiellini e Barzagli in difesa. Nel suo paese di nascita, Scanzorosciate, diecimila abitanti incastonati in mezzo alle colline delle Alpi Orobie, qualcuno ha attaccato un adesivo sopra il cartello di una via, rendendola “via Mattia Caldara, eroe di Napoli, 24 febbraio 2017". In quel momento non ci si poteva immaginare la vittoria dell’Europa League. Nel frattempo Caldara inizia un corso di management & economia alla LUISS, che nel suo lancio stampa lo definisce “un astro nascente del calcio italiano”. FIFA lo premia per la sua annata con una delle carte nella modalità Ultimate Team nella Squadra della Stagione di Serie A, con tanto di 87 di valutazione.

A fine stagione Bonucci spezza la BBC per andare a spostare gli equilibri al Milan delle cose formali di Fassone & Mirabelli. L’occasione sembra propizia per Caldara, ma la Juventus onora il prestito con l’Atalanta. A fine stagione però torna a casa base e il momento sembra arrivato davvero. Nel maggio 2018 viene anche convocato dalla prima Nazionale di Roberto Mancini che esordisce con l’Arabia Saudita (!), e qualcuno lo paragona a Gaetano Scirea, leggendario libero della Juventus e campione del Mondo del 1982. «Ricordo Scirea? Lasciamo stare, mi fate arrossire. Stiamo parlando di chi ha fatto la storia del nostro calcio». Il ritratto che dà Caldara di sé è quello di un ragazzo umile e semplice, amante della lettura («Mi aiuta ad allenare la concentrazione») e che non vede l’ora di indossare la maglia della Juventus («Vivrò la nuova esperienza con il massimo impegno e, soprattutto, con la voglia di imparare»).

Alla Juventus l’inizio è idilliaco. Caldara si presenta in ritiro con l’aria dello studente modello; cita Giorgio Chiellini come idolo: «Il mio primo idolo è stato Alessandro Nesta, non per niente ho il numero 13. Ma poi con gli anni anche Giorgio Chiellini è diventato un modello vero, tant’è che poi ho attaccato il suo poster in camera». La vera eccitazione però è per Cristiano Ronaldo, arrivato proprio quell’estate dal Real Madrid in un trasferimento epocale: «Sono curioso ma anche molto emozionato, non vedo l'ora di allenarmi con lui per capire come lavora. Fisicamente è un mostro, voglio capire come fa a mantenersi così». Con l’addio di Bonucci diventa titolare, o quasi, in una difesa composta da Barzagli, Chiellini, Benatia e Rugani. «L'obiettivo come ogni giocatore è quello di giocare il più possibile, sono consapevole che sarà complicato, mi giocherò le mie chance e cercherò di dimostrare al mister che ci sono e che mi merito questa maglia».

Poco dopo, però, Caldara diventa protagonista di una delle operazioni di mercato più strane degli ultimi anni di Serie A. Leonardo Bonucci torna infatti alla Juventus un anno dopo il grande tradimento, e per farlo tornare la Juventus decide proprio di sacrificare Caldara, che va a Milano in uno scambio alla pari di cartellini, valutati a 35 milioni, e in più il prestito con diritto di riscatto di Gonzalo Higuain. Se questo scambio fosse una poesia sarebbe Spleen di Charles Baudelaire - «il gemere ostinato di anime senza pace né dimora».

Tutto sommato però sembra una bella operazione per il Milan, che ha Gattuso in panchina e pensa al futuro acquistando un giovane difensore italiano. Gattuso gioca con la difesa a 4, ma Caldara non sembra preoccupato: «Gattuso è molto diretto, dice quello che pensa e mi sembra una cosa molto importante. Non vedo l'ora che tornino dall'America per capire cosa fare nella difesa a quattro con lui». Caldara è carico, «c'è un'avventura nuova che mi dà grande responsabilità, ho capito che è stata la soluzione migliore per me e penso solo a fare il bene del Milan».

Qualcuno a Torino addirittura si mangia le mani di aver ceduto Caldara a una potenziale diretta rivale. E quel qualcuno è Giorgio Chiellini, il poster appeso sulle pareti della cameretta di Caldara, che si lancia in un grido di dolore. «È un giocatore che aveva tutto per far bene qua. Capisco che è entrato in una dinamica in cui era difficile rifiutare un trasferimento e la Juventus, a malincuore, lo ha dovuto cedere, perché era un ragazzo su cui puntavamo tutti. L'avevamo aspettato e visto, era stato tutto preparato. [...] A me dispiace, perché meritava di stare qua. Spero di potergli dare qualcosa da avversario perché è un ragazzo che ha da dare tanto sotto il punto di vista umano, non soltanto calcistico».

Nella sua lettera d’addio al calcio Caldara tornerà su questo trasferimento con più di qualche rimpianto, anche se la decisione era legittima: “Venivo da stagioni in cui ero abituato a giocare e lì avevo davanti Chiellini, Bonucci, Barzagli. “Abbi pazienza Mattia. Resta qui”, mi ripeteva Giorgio. Ma io sapevo che non avrei trovato spazio. Sono rimasto poche settimane, solo per il ritiro estivo. Quando ho saputo dell’interesse del Milan ho accettato. Guardando indietro sarebbe stato meglio rimanere lì. Sono stato debole di testa. Mi avrebbe fatto bene rimanere in un mondo come quello della Juve, imparare da quei campioni, crescere stando con loro anche senza giocare tanto".

Il 20 settembre 2018 Caldara esordisce col Milan in Lussemburgo, nella trasferta di Europa League vinta dai rossoneri contro il Dudelange. Il difensore pubblica una serie di foto su Instagram con la didascalia: “Uniti verso i nostri obiettivi”. Nemmeno una settimana dopo si ferma in allenamento, Gattuso dice che non c’è niente da preoccuparsi: «Ha un inizio di pubalgia. Ha un problema al pube, in questi giorni sta molto meglio, ha cominciato oggi a correre un po'». Passa un mese e di Caldara non si vede traccia, finché un giorno si fa male in allenamento e la diagnosi è pesante: tre mesi fuori per una lesione parziale del tendine d’Achille. Uno stop brutto e inaspettato, ma non sufficiente ancora a guadagnarsi la pericolosa etichetta di "talento fragile".

La Gazzetta dello Sport anzi parla di come da Gattuso “è considerato una spanna sopra gli altri" e in generale come uno dei migliori talenti italiani. Lui stesso rassicura tutti: «Ho appena tolto il tutore ed è un passo avanti importante ma ci vorrà ancora qualche mese. Voglio guarire bene per evitare il rischio di ricadute. Ritorno a febbraio? Sì i tempi dovrebbero essere quelli». Caldara torna in gruppo e sembra sul punto di poter tornare a giocare, ma i mesi passano e tra marzo e maggio non colleziona nemmeno una presenza. A maggio fa un movimento innaturale con il ginocchio e lascia l’allenamento in stampelle, la diagnosi è rottura del legamento crociato, altri 6 mesi di stop, come minimo.

E se prima si aspettava un suo rientro nonostante i suoi problemi fisici, la narrazione di Caldara inizia a cambiare. Il Corriere della Sera parla della crisi del Milan in campo e fuori, tra infortuni e il rendimento balbettante della squadra di Gattuso. “L’infortunio è grave e occorrerà ragionare anche in chiave prossima stagione. Nei piani estivi di Elliott, Caldara doveva comporre insieme a Romagnoli la difesa non solo di adesso ma dei prossimi anni. Questa sua fragilità però inquieta. E non può essere altrimenti. Anche perché in caso di mancata Champions, e col fiato dell’Uefa sul collo, qualche sacrificio sarà inevitabile”.

C’è chi però ancora spera in un ritorno ad alti livelli di Caldara: “Caldara è una promessa non ancora mantenuta, visto che ha giocato pochissimo nel Milan per via degli infortuni e non vede l’ora di dimostrare che il bel difensore centrale dei tempi dell’Atalanta è tutt’altro che disperso”. I gol di Piatek non bastano al Milan per la Champions, e con il quinto posto arriva anche la separazione con Gennaro Gattuso e l’arrivo di Marco Giampaolo, che inizia la sua esperienza al Milan in maniera talmente disastrosa che all’ottava giornata di campionato arriva Stefano Pioli. 

Nel frattempo la riabilitazione prosegue bene e l’arrivo di Pioli potrebbe rilanciare Caldara, che sembra essersi messo alle spalle il crociato. Il Giorno parla di come l’ex Atalanta possa essere “la pedina ideale per una difesa a tre con Romagnoli e Musacchio (con Rodriguez, Duarte e Gabbia come alternative). È chiaro, però, che dovrà dimostrare di aver recuperato la forma fisica. E già al rientro in campo dopo la sosta per le nazionali, nel match di sabato contro il Napoli, per lui potrebbe esserci un piccolo spazio. Molto dipenderà da come andrà la gara, ma se non giocherà il suo sarà soltanto un esordio rimandato, perché dal match successivo contro il Parma (1 dicembre) potrebbe riprendersi il posto che merita in campo". E questa volta Caldara è sano per davvero, ma Pioli non lo vede, e a gennaio il Milan decide saggiamente di restituirlo a Gian Piero Gasperini, nella speranza di poterlo rilanciare. Al suo posto al Milan arriva Simon Kjaer, bocciato da Gasperini all’Atalanta che decide di interrompere il prestito a gennaio dal Siviglia e sostituirlo così con Caldara.

Non avevamo idea, in quel momento, di quanto grande fosse il ruolo che Kjaer aveva ancora da recitare nel calcio italiano; e quanto fosse piccolo, invece, quello di Caldara.

Gasperini lo riaccoglie con un po' di sorpresa: «Siamo molto contenti di questo ritorno, è un prodotto di questo club, quando andò via gli dissi che prima o poi sarebbe tornato. Certo, non mi aspettavo così presto. Questa è la sua casa e ci sarà sicuramente molto utile». Il ritorno all’Atalanta però è davvero quello del figliol prodigo, e torna subito titolare in campionato e in Champions League, nella serata magica del 4-1 dell’Atalanta al Valencia con Josip Ilicic in serata di grazia. Quando il mondo intero, e soprattutto la Bergamo dell’Atalanta e di Caldara, vengono travolti in maniera drammatica dal COVID la carriera di Caldara sembra subire l’ennesimo stop, ma al rientro in campo gioca 90’ da titolare in quella che fino a quel momento è la partita più importante della storia dell’Atalanta, il quarto di finale perso al cardiopalma con il PSG poi finalista.

Ad agosto 2020 torna tra i convocati della Nazionale e il suo prestito viene prolungato per un altro anno, con 15 milioni di riscatto che, date le prestazioni, non sembrano una pessima ipotesi per l’Atalanta. A Bergamo esultano: “Dopo la prima storica convocazione di Robin Gosens in Nazionale tedesca un’altra soddisfazione per l’Atalanta: a gennaio Caldara veniva dato da diversi addetti ai lavori come un giocatore finito per via degli infortuni. Pochi mesi a Zingonia lo hanno rigenerato restituendolo prima al nerazzurro e ora all’azzurro”.

Il 10 ottobre 2020 però arriva l’annuncio. Dopo giorni di dolori Caldara fa un’ecografia e scopre di avere il tendine rotuleo lesionato, altra operazione e altri tre mesi d’assenza. Sparisce dalle rotazioni di Gasperini e dai discorsi dei tifosi. Nessuno sembra più aspettarsi un suo ritorno, nessuno sembra più considerarlo. Eppure solo qualche mese prima aveva strappato la convocazione in una Nazionale che vincerà poi l’Europeo nell’estate successiva. Gioca scampoli di partite fino a fine anno e l’Atalanta decide di non intavolare nemmeno una trattativa al ribasso per riscattarlo. Un’occorrenza talmente triste che Eurosport nota l’assenza “rumorosa, nella trattativa, da parte della Dea. Che sa tanto di dolorosa bocciatura. Chi l'avrebbe mai prefigurato uno scenario simile, tre anni fa?”. Caldara deve quindi scendere di livello e accetta il prestito al Venezia neopromosso, un prestito a 4 milioni che dà la misura della fretta con cui il Milan vorrebbe sbarazzarsene.

Al Venezia arriva all’età di 27 anni. Un'età in cui i giocatori sono ancora nel pieno della carriera; per Caldara, invece, già si parla di quello che sarebbe potuto essere e non è stato. Nella nostra guida al Venezia 2021/22 è l'incognita di una squadra già debole: “l’impressione è che molto della prossima stagione dipenderà dal modo in cui la difesa riuscirà a reggere l’impatto con la Serie A, con la palla e senza. In questo senso sarà importantissima la stagione di Mattia Caldara, un giocatore fortemente voluto dal Venezia, che ha deciso di dargli fiducia nella speranza che i problemi fisici siano definitivamente superati. Dopo aver giocato appena 1300 minuti nelle ultime due stagioni, il difensore scuola Atalanta è chiamato a dare continuità“.

A Cronache di Spogliatoio il difensore si apre sul periodo difficile che ha vissuto a causa dei tanti infortuni, specialmente il peso a livello mentale. “Sono finito nel baratro, in un calvario. Mi sono guardato allo specchio, quasi in lacrime: non era normale, così tanti infortuni. Ho cambiato le mie abitudini, provando a migliorare la mia vita: o geneticamente ero di carta velina, o c’era qualcosa che non andava. Cercavo questo errore in ogni parte di me. Mangiavo più verdura, curavo minuziosamente il riposo. Iniziai un percorso interiore insieme alla mia compagna, Nicole. Un cammino di riflessione personale. Lei mi vedeva soffrire: non ero più la stessa persona che aveva conosciuto. Scivolavo giù, nella corrente, trasportato senza diritto di reazione. Anche lei non stava bene. Rientravo a casa ed ero triste, vuoto. Sapeva che era quello. Non mi chiedeva neanche più cosa avessi”. A detta di ToroNews, Caldara sceglie il Venezia invece del Torino, che decide di puntare così su Gleison Bremer.

Caldara si rifugia di nuovo nella lettura. «Vado pazzo per la letteratura russa. Anna Karenina, ad esempio, al netto del titolo incentrato su un singolo personaggio, racconta tutte le sfaccettature della società. Un romanzo corale dove si denotano tutti gli aspetti negativi dei comportamenti esterni». Gioca 29 partite su 38 e discretamente, con tanto di ritorno al gol in Serie A, contro la Roma.

I lagunari retrocedono ma per lui arriva un’altra chance in Serie A, lo Spezia di Luca Gotti che prova a cercare un’altra salvezza. Questa volta però Caldara non riesce ad imporsi come titolare, anche se parla bene della sua esperienza a La Spezia. «Gli spezzini mi stanno facendo sentire parte integrante della città», racconta a La Nazione, «amo la tranquillità e la serenità che si respirano, le bellezze del paesaggio e il mare. Mi trovo bene, mi piace stare qui e a livello fisico non ho più problemi. Voglio mantenere la categoria e spero in un riscatto per iniziare un ciclo importante». Si meriterebbe un lieto fine migliore ma resta un comprimario fino a fine stagione, dove gli spezzini retrocedono perdendo lo spareggio salvezza con l’Hellas Verona.

“Al tempo sembrava poco pronosticabile che il classe 1994 dopo cinque anni sarebbe finito ad essere una semplice alternativa in un club di bassa fascia che lotta per la salvezza”. Ed è così che Caldara finisce senza offerte, logorato dai problemi fisici, sputato dai ritmi della Serie A che non hanno ulteriori ticket di salvezza. Torna al Milan, che non può fare altro che tenerlo in squadra senza mai farlo giocare, in attesa che scada il suo contratto, eredità di uno scambio fatto anche per motivi di bilancio. Compare nelle grafiche di squadra e sembra un errore, un incrocio tra epoche che non dovrebbe accadere.

Alla fine esordisce a San Siro in Serie A con la maglia del Milan, una soddisfazione amara nella sua ultima presenza, entrando al 59’ di Milan - Salernitana finita 3-3.

Poco dopo saluta la maglia rossonera e si accasa all'ambizioso Modena, in Serie B, gioca 26 partite e segna un gol utile per completare la rimonta contro il Palermo. «Un saluto ai tifosi gialloblù, è un onore essere qui a parlare nella splendida Curva Montagnani e non vedo l’ora di iniziare a lavorare con squadra e staff», saluti alla presentazione che ricordano le parole dette quando era arrivato al Milan.

E se finora è stato raccontato più Mattia Caldara come concetto astratto, vivente più su carta e nelle parole sue e degli altri che sul campo stesso, c’è questo concetto anche nel come arriva il suo addio. Più un lungo addio che un ritiro dal calcio stesso. Altri hanno lasciato in pompa magna, altri addirittura sparendo completamente. Caldara invece riemerge dopo mesi da svincolato con una lunga lettera sul sito di Gianluca Di Marzio, senza nemmeno provare a dare una finta epica ad una storia malinconica. Un calciatore intelligente, dalle passioni non banali, dal talento indubbio e dalla grande sfortuna.

Nella grande narrazione del calcio c’è sempre un posto da occupare, e ogni giocatore spera che questo qui lo occuperà qualcun altro. "Con il tempo sono stato meglio, ma non sono mai stato bene. Mai più. Non sono più riuscito a tornare a essere quel Caldara. Ci ho provato, ma non era più possibile. Questa rincorsa a un’illusione mi ha logorato”.

Come vivono i personaggi eternamente nelle pagine dei libri della letteratura russa che legge, Caldara stesso vivrà come noumeno nelle menti degli appassionati. Rievocato quando a un tavolo di un gruppo di amici ricorderemo: ma te lo ricordi Mattia Caldara? E forse a quel punto forse avremo dimenticato la catena di infortuni, i tanti trasferimenti. Rimarrà il ricordo di quelle due stagioni in cui sembravamo aver trovato il difensore titolare della Nazionale italiana. Non è forse meglio così?

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura