«Di me hanno detto spesso che mi piaceva essere il pesce grande nello stagno piccolo. Sarò onesto: è vero, amavo essere al centro dell’attenzione, sentire la pressione delle aspettative che la gente riponeva nei miei confronti. Non ho mai sopportato l’idea di deludere queste persone, volevo farle divertire. Vincere è grandioso ma non è mai stato tutto per me, e credo che sia stato questo a rendermi diverso dagli altri. Non sono mai stato un buon perdente, non mi piaceva perdere, ma c’era una parte di me che voleva dare spettacolo, far apparire un sorriso sul volto della gente. E mettere spesso un pallone sotto l’incrocio da 25 metri mi sembrava un buon modo per riuscirci».
Tutto o quasi, a Guernsey, sfila via a una velocità diversa dal resto del Regno Unito, come se l’orologio che regola le necessità dei suoi abitanti scorresse più lento del normale. Sono circa mille quelli che ancora parlano il guernésiais, una variante della lingua normanna che risale ai tempi del Ducato di Normandia. Un modo per restare ancorati al passato, alle tradizioni, alla lentezza come virtù e non come segno di arretratezza. Guernsey è una delle Isole del Canale, più vicina alla Francia che all’Inghilterra eppure amministrativamente sotto la dipendenza della Corona britannica, anche se il sovrano del Regno Unito può esercitare il suo potere non in quanto tale, ma poiché Duca di Normandia.
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A Saint Peter Port, la capitale, il 14 ottobre del 1968 veniva alla luce il terzogenito della famiglia Le Tissier. Andando a una velocità diversa dagli altri, è riuscito a conquistare la Premier League. Da lontano, ovviamente, come la sua Guernsey, ricreando un habitat che gli permettesse di essere a suo agio come in quell’isola lasciata nell’adolescenza per rispondere alla chiamata dell’Oxford. Troppa nostalgia di casa, come era già capitato ai suoi fratelli, e rapido rientro. Nostalgia delle spiagge, di una vita diversa, di un posto con le cassette delle lettere tutte blu tranne una, ancora rossa, proprio a Saint Peter Port, che resta lì immutata dal 1853. Rossa come la maglia trovata a Southampton qualche anno più tardi. Al giorno d’oggi è ancora pressoché impossibile slegare i Saints da una figura ingombrante come quella di Matthew Le Tissier, Le God. Con il suo incedere particolare e il suo modo unico di calciare, il ragazzo di Guernsey è diventato il simbolo non solo del Southampton, ma di un’era del calcio inglese. Un’era che ha inaugurato, senza neanche saperlo, in una sera di inizio novembre del 1986.
Coppa di Lega, Southampton-Manchester United finisce 4-1, Le Tissier entra dalla panchina con il numero 14 sulle spalle e segna due reti. È l’ultima gara da allenatore dei Red Devils di Ron Atkinson, sostituito sulla panchina dall’ex c.t. della Scozia, il rampante Alex Ferguson, ancora ben lontano dal diventare Sir.
The young man from the Channel Islands realizza la terza e la quarta rete, e il pallonetto mancino del momentaneo 3-0 è l’antipasto di tutto ciò che accadrà in seguito. La storia dei Saints e dei Red Devils sta per cambiare in maniera drastica.
La storia d’amore tra Le Tissier e il Southampton, iniziata ufficialmente nel 1985, non è ancora finita, anche se Matt ha smesso di vestire la maglia dei Saints nel 2002. È rimasto lì finché le gambe e il fiato gli hanno permesso di calcare i campi di Premier League, rinunciando a soldi e gloria in altri lidi per fare il big fish in a small pond, dividendo gli appassionati d’Albione tra chi ancora non si spiega le sole otto presenze con la maglia dei Tre Leoni e chi, tutt’ora, lo insulta su Twitter dandogli del “fat and lazy player”. Le Tissier è stato, molto semplicemente, qualcosa di diverso dal contesto che lo circondava. L’attore che esce dal copione all’improvviso, con un gesto inatteso in grado di ribaltare il piano dell’attenzione di chi guarda. La voglia di allontanarsi dal prestabilito, di rompere gli schemi, di godere anche solo per qualche istante dell’ooooh di stupore del pubblico. Abbiamo raccolto alcune di quelle giocate, per provare a descrivere un talento unico nel suo genere. Non è una classifica, e tanti gol pazzeschi sono rimasti fuori, ma una progressione cronologica condita da reti inspiegabili, paranormali.
27 agosto 1988 – Southampton-West Ham
Dopo un buonissimo impatto in prima squadra, Le Tissier vive un campionato da dimenticare. Soltanto dieci presenze da titolare nella stagione 1987-88, e la miseria di un gol realizzato al Reading in FA Cup e un altro al Bournemouth in Coppa di Lega. «Era stata davvero una pessima annata. Probabilmente avevo speso troppo tempo al club di snooker, dove avevo praticamente preso la residenza: dopo l’allenamento, riuscivo a stare lì anche 10-11 ore di fila». Matt cerca il riscatto già all’esordio, uscendo dalla panchina nel 4-0 che i Southampton rifila al West Ham. È il giorno dell’esordio di Paul Rideout, tornato in Inghilterra dopo i tre anni al Bari. Il centravanti ne segna due, Matt fissa il punteggio con il quarto gol. È una rete meno appariscente di quelle che lo hanno proiettato nel mito durante gli anni ’90 ma ci aiuta a capire che c’è stato un Le Tissier diverso da quello lento e geniale che è nell’immaginario collettivo di tutti. Riceve da posizione defilata sulla destra e punta immediatamente l’area di rigore, senza la minima esitazione nella conduzione del pallone. Compie un solo vero dribbling, ma è impressionante come la sfera non si allontani mai dal suo piede se non per preparare la conclusione all’interno dei sedici metri. L’azione è rapida, pur con l’evidente complicità della difesa degli Hammers, e trasmette la sensazione di un giocatore diretto, magari non velocissimo nel passo ma comunque difficile da contenere sulle brevi distanze.
27 febbraio 1990 – Southampton-Norwich
Nella carriera di Le Tissier ricorre spesso la capacità di realizzare un paio di gol fuori dal normale nella stessa partita. Quella con il Norwich, nel 1990, è la seconda tripletta della sua carriera con la maglia dei Saints, dopo quella realizzata con il Wimbledon nella stessa stagione. La prima rete è quasi trascurabile, una girata mancina nel cuore dell’area di rigore, da mestierante dei sedici metri più che da talento illuminato, anche se il controllo nel marasma è apprezzabile. La seconda, invece, potrebbe tranquillamente essere una delle realizzazioni che hanno infiammato uno dei più grandi fan di Le Tissier a livello mondiale, Xavi.
«In Catalogna trasmettevano un programma di mezz’ora ogni lunedì, con tutti i migliori gol della Premier League. Le Tissier c’era sempre. Segnava dei gol oltraggiosi! Era incredibile, ed è rimasto al Southampton, poteva giocare ovunque. Tutta la nostra famiglia aveva un’ossessione per Le Tissier». Contro il Norwich, viene servito poco oltre il cerchio di centrocampo. Si trova davanti un vecchio amico come Andy Townsend, lo punta, sa di non potergli andare via in velocità e allora lo stordisce di finte, lasciando che provi il contrasto prima di far sparire il pallone nell’ultimo istante utile per il dribbling. Ne evita il ritorno passando tra lui e un avversario e di colpo è ai sedici metri, pronto per sparare un destro rasoterra accolto con benevolenza dal palo.
Il terzo gol è addirittura un contropiede. Francis Benali calcia lungo sulla fascia sinistra, Le Tissier lascia scorrere e quando sente l’arrivo di un difensore del Norwich gli fa passare la palla di lato. «Non avevo l’energia per correre ancora, per fortuna ho visto Bryan Gunn uscire verso di me e ho potuto scavalcarlo con un pallonetto».
A fine anno Le Tissier viene premiato come miglior giovane della Premier League. Ha appena compiuto 22 anni, chiuso una stagione da 20 reti in First Division e in molti lo indicano come futura star della nazionale inglese dopo Italia ‘90. Per il Southampton è una grande stagione: i Saints terminano settimi, avendo a lungo sperato nell’aggancio al terzo posto, sfumato nelle ultime due gare con Arsenal e Tottenham. Proprio gli Spurs, la squadra per cui Matt faceva il tifo fin da bambino, hanno già nel cassetto un contratto firmato con lui per la stagione successiva, in attesa di trattare con il Southampton. È Cathy, la sua fidanzata in odore di matrimonio, a mettere in chiaro le cose con Matt: «Non ho intenzione di vivere a Londra». Le Tissier ringrazia Terry Venables per l’interesse e strappa il contratto.
24 ottobre 1993 – Southampton-Newcastle
Dopo un’altra buona stagione per Le Tissier dal punto di vista realizzativo, pur con qualche piccolo problema fisico, il Southampton interrompe il rapporto con l’allenatore Chris Nicholl, affidandosi a Ian Branfoot, destinato a diventare uno dei tecnici meno apprezzati dalla tifoseria dei Saints, e non soltanto per la cessione di Alan Shearer al Blackburn nell’estate del 1992, avvenuta senza inserire una percentuale sulla futura rivendita.
Branfoot, fiero sostenitore del kick-and-rush, strangola l’inventiva di Le Tissier, che nella stagione 1991-92 si ferma a sei gol in campionato. «Non avevo la licenza di svariare, di giocare come sapevo. Non mi sono divertito, e sugli spalti c’era un’atmosfera terribile perché i tifosi odiavano quello che erano costretti a vedere». Nella stagione 1992-93, Matt conosce il brivido di farsi parare un rigore: Mark Crossley è rimasto l’unico nella storia della Premier League a riuscirci (47/48 lo score di Le God).
Branfoot viene confermato per la terza annata consecutiva ma ormai è in rotta con Le Tissier. Lo tiene fuori in diverse occasioni, attirando su di sé un mare di critiche per il pessimo gioco della squadra, i risultati particolarmente negativi e, ovviamente, per aver rinunciato scientemente alla stella più splendente. Il punto di svolta della stagione e dell’intera carriera di Le Tissier arriva a fine ottobre. Il Southampton è spalle al muro e Branfoot deve scendere a patti con la realtà, riammettendolo nell’undici titolare per la sfida contro il Newcastle. Durante il pomeriggio, Matt è sintonizzato su Sky e ascolta Andy Gray, uno degli opinionisti di punta del canale, lanciarsi in un’accorata difesa di Branfoot: secondo lui, un Southampton in lotta per la salvezza non può permettersi di far giocare un elemento come Le Tissier, tutto fronzoli e poca solidità. Ciò che avviene in campo, però, fa cambiare idea anche a Gray. Controllo di tacco per addomesticare un pallone scivolato troppo indietro, tocco in allungo a saltare il primo difensore, sombrero sul secondo e destro sporco che termina in rete. «Non è il gol più bello che abbia mai segnato in carriera, non può esserlo con quel tiro».
Branfoot, in panchina, è quasi scocciato, con quella faccia torva che lo fa sembrare il Jack McCoy di Law & Order. «Rivedendo le immagini, si vede Branfoot che dice a Paul Moody “Moods, rimettiti seduto”. Sono abbastanza sicuro che stesse per sostituirmi». È ancora Le Tissier a segnare la rete del 2-1 dopo il pareggio di Andy Cole, il Southampton è pronto a ripartire da lui verso una tribolata salvezza.
14 febbraio 1994 – Southampton-Liverpool
Branfoot dura poco, e il Southampton sceglie Alan Ball nel gennaio del 1994 per concludere una stagione complicata. Nella prima riunione tecnica, Ball inizia a disegnare la formazione posizionando fisicamente i calciatori in campo: tre difensori, quattro centrocampisti, due attaccanti.
Le Tissier è in piedi a bordo campo e teme di essere vicino a una nuova guerra tecnica con l’allenatore appena arrivato. Obnubilato dalla rabbia, non arriva nemmeno a comprendere che manca un giocatore di movimento nello schieramento di Ball. «Venne verso di me, mi mise una mano sulla spalla e mi portò in mezzo agli altri. Solo a quel punto disse a tutta la squadra: “Matt è il nostro miglior giocatore, la chance migliore che abbiamo per uscire dai guai. Ovunque lo troviate in mezzo al campo, dovrete passargli la palla. Quando riceverete la sfera, avrete soltanto una domanda da fare a voi stessi: ‘Sono in grado di farla arrivare a Tiss?’. Lui penserà a tutto il resto”. Fu incredibile». Dopo due trasferte consecutive, nella prima partita casalinga della sua gestione Ball e il suo Southampton devono sfidare il Liverpool.
Il punteggio cambia dopo soli 27 secondi, ed è un gol di rara potenza e precisione di Le Tissier. Una botta secca, di controbalzo, su uno di quei palloni di metà anni ’90 pesanti come il piombo, rigorosamente marca Mitre. Sembra quasi di sentire il rumore dell’impatto anche senza avere l’audio a disposizione. Grobbelaar deve arrendersi. «Quello contro il Liverpool è stato uno dei tiri più puliti della mia carriera, il pallone è partito come un razzo. Era il giorno di San Valentino, è stato magnifico: non ho nemmeno dovuto portare mia moglie fuori per una tipica cena col sovrapprezzo».
26 febbraio 1994 – Southampton-Wimbledon
Anche se la classifica non lascerebbe spazio a grandi voli pindarici, nello spogliatoio del Southampton c’è chi decide di fare le cose in grande. Lew Chatterley accenna a Le Tissier di una punizione vista in un altro campionato europeo, ritenendo Matt l’uomo perfetto per riprodurla. Insieme a Jim Magilton, appena arrivato dall’Oxford, iniziano a lavorare in allenamento su una soluzione particolare: scarico rasoterra all’indietro per Le Tissier, chiamato ad alzarsi la palla e calciare al volo sopra la barriera. Una follia. «Ci provammo per cinque minuti in allenamento: qualche gol, molti palloni in mezzo agli alberi. Ci stavamo soltanto divertendo».
Il giorno dopo, al The Dell arriva il ruvido Wimbledon. Dean Blackwell ha il compito di seguire Le Tissier ovunque, e Matt proprio non ha la gamba per mettersi a ingaggiare un duello fisico con il suo marcatore. Punteggio ancorato sullo 0-0 fino a 16’ dalla fine, punizione per il Southampton da posizione centrale, 22 metri circa. Il numero 7 dei Saints piazza il pallone per calciare in maniera tradizionale quando gli si avvicina Magilton, suggerendo di provare la soluzione vista in tv. È un’esecuzione incredibile, con il pallone che schizza sopra la barriera e scende proprio sotto l’incrocio dei pali, scavalcando un basito Hans Segers. «A fine partite disse piccato che non avevo fatto nulla per tutta la partita, tranne calciare quella punizione. Mi limitai a dirgli di guardare il punteggio». Nelle sedici partite della gestione Ball, Le Tissier segna quindici volte, portando il Southampton alla salvezza.
10 dicembre 1994 – Blackburn-Southampton
Only Matthew Le Tissier can score goals like that!
Alan Ball viene ovviamente confermato sulla panchina del Southampton e il grande rapporto con il suo numero 7 prosegue. La squadra gioca libera da grandi pressioni di classifica e la stella dei Saints è al suo massimo splendore. Il 10 dicembre 1994, per bocca dello stesso Le Tissier, è il momento del gol più bello della sua carriera. Si gioca a Ewood Park, la tana del Blackburn che, in quella stagione, vincerà il titolo trascinato dai gol dell’ex centravanti del Southampton, Alan Shearer, e dalle parate di un altro vecchio amico di Le Tiss, Tim Flowers.
Quando Matt ha chiesto al portiere di scrivere qualche riga per la prefazione della sua biografia, Taking Le Tiss, da cui sono tratti molti dei virgolettati usati in questo pezzo, Flowers ha spedito un epitaffio più che un’introduzione. «Matt Le Tissier: firmò con il Southampton, mangiò moltissimo, segnò alcuni gol assurdi, avrebbe dovuto lasciare il club». I Saints perdono, ma Le Tissier segna il gol che è forse il manifesto del suo intero lascito calcistico. Una volta entrato in possesso del pallone, inizia a muoversi verso la porta con quella sua conduzione inconfondibile.
Il passo è lento ma la frequenza dei movimenti delle gambe è rapida, una sorta di trasposizione su un campo di calcio di ciò che Dejan Bodiroga era sul parquet. Passava accanto ai difensori e li saltava con una cadenza priva di ogni logica, come se dovesse andare così per volontà divina. Tra quando riceve palla e quando inizia a preparare la conclusione, Le Tissier ha effettuato mezzo dribbling, ammesso lo si possa definire tale, e guadagnato sì e no una decina di metri. Tirare in porta, da quella posizione, non ha senso, specialmente nel modo in cui sta per provarci. È un modo di calciare allo stesso tempo unico eppure già visto. Più che tiri, quelli di Le God sembrano dei cross. La tecnica che Beckham usava per rifornire la testa di Andy Cole, Dwight Yorke o Ruud van Nistelrooy, da Le Tissier veniva utilizzata per andare a pescare l’incrocio dei pali. Flowers, che pure dovrebbe aspettarselo, non immagina nulla. Quando inizia a indietreggiare è troppo tardi, il pallone è già al sette, e lui piomba goffamente a terra con la schiena. La palla ricade e si incastona in quelle reti troppo corte per gonfiarsi come Dio vorrebbe. Il gol viene scelto come BBC Goal of the Season, e non potrebbe essere altrimenti.
26 ottobre 1996 – Southampton-Manchester United
Il genio sarà anche fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione, ma un minimo di preparazione ci vuole. Per Le Tissier gli anni passano, non digerisce mai fino in fondo la decisione del Southampton di lasciare andare Alan Ball ma ha ancora un sogno da coltivare: giocare un Mondiale con la maglia dell’Inghilterra. Il biennio che porta a Francia 1998 è fondamentale per lui, anche perché alla guida della Nazionale c’è il suo idolo di infanzia, Glenn Hoddle.
La voglia di correre per il campo diminuisce con il passare del tempo, ma ha ancora quel potere magnetico di spostare gli avversari con lo sguardo, dribblarli per decreto imposto dall’alto e far fare figure terribili ai portieri. Il 26 ottobre 1996 arriva il Manchester United, e Le Tiss ha passato diverso tempo davanti alla televisione per vedere il pallonetto con cui Philippe Albert ha irriso un fuoriclasse come Peter Schmeichel qualche giorno prima, in un 5-0 così rotondo da far pensare che il Newcastle di Kevin Keegan potesse davvero vincere il titolo a dispetto dei Diavoli Rossi di Alex Ferguson. E così, quando raccoglie il pallone centralmente sull’1-0, sa già di poter ripetere quel tipo di pallonetto. Si aspetta uno Schmeichel fuori dai pali. Ma bisogna arrivarci, al tiro. Palla a sinistra, palla a destra, in uno di quei dribbling cadenzati e irresistibili contro natura. Il tocco sotto è una poesia, è Le Tissier che fa Cantona, ma prima di Cantona e contro la squadra di Cantona. Due mesi più tardi, al termine di una discesa decisamente più dispendiosa di quella di Le Tissier, il francese avrebbe infatti segnato uno dei suoi gol più iconici contro il Sunderland. Roba da numeri 7.
Le Tissier, in campo il 12 febbraio 1997 contro l’Italia nello storico successo azzurro a Wembley firmato da Gianfranco Zola, passerà per uno dei capri espiatori di quella sconfitta. Hoddle non lo inserirà neanche nei 30 preconvocati per il Mondiale transalpino e l’Inghilterra uscirà, neanche a dirlo, ai calci di rigore, dove uno come Matt avrebbe certamente fatto comodo. «Mio zio mi aveva sempre detto che è meglio non incontrare i propri idoli, perché finiscono per deluderti. Dannazione se aveva ragione».
19 maggio 2001 – Southampton-Arsenal
L’ultimo gol dell’incredibile carriera di Le Tissier a livello professionistico coincide con l’ultima partita ospitata dal The Dell, lo storico stadio del Southampton, prima della demolizione. Un evento così magico, così perfetto, da essere identificato da molti come l’ultima gara giocata da Le God: in realtà, il numero 7 del Southampton avrebbe poi calcato anche il prato del nuovissimo St Mary’s Stadium, per poi continuare la carriera da amatore tra Eastleigh e Guernsey.
Già da un paio d’anni, Le Tissier è l’ombra del giocatore che era stato, ormai palesemente sovrappeso, incapace di reggere i ritmi di una Premier League sempre più proiettata verso il calcio iper fisico del nuovo millennio. Per ironia della sorte, alla guida del Southampton nella stagione 2000-01 c’è proprio Glenn Hoddle, che a marzo prepara i bagagli per andare al Tottenham dopo aver usato i biancorossi come trampolino per il rilancio. Viene sostituito da Stuart Gray, promosso dalla squadra riserve, e il cambio non è dei migliori.
Ma i Saints non rischiano nulla, e per l’idolo del The Dell c’è spazio in panchina nell’ultimo match contro l’Arsenal. Entra a un quarto d’ora dalla fine, con il punteggio fermo sul 2-2 e i Gunners in completa proiezione offensiva. Gray ha un presentimento e piazza Le God al fianco di Marian Pahars in avanti, dirottando un centravanti come Beattie sulla fascia. Proprio lui devia di testa un pallone in area all’89esimo, costringendo Keown a liberare malamente i sedici metri. Il pallone cade nei pressi di Le Tissier, insospettabilmente rapidissimo nell’utilizzare il piede destro come un perno per andare a calciare di sinistro in controbalzo, usando l’arto come fosse una mazza da golf. È il tripudio.
«Non era un pallone semplice, reso ancora più difficile dal tentativo di Chris Marsden di calciare al posto mio. Ma anche con il mio piede sinistro avevo più chance di segnare di lui. L’esplosione del pubblico fu incredibile, a ricordarla ho i brividi lungo la schiena. Sapevo cosa significava quel gol per tutti loro, non soltanto per me. Lo stadio portava 15.200 persone ma giurerei che quel giorno, a fine partita, sul campo, ce ne fossero almeno il doppio. Ho sempre pensato che sarei stato io a segnare l’ultimo gol in quello stadio, ma ero totalmente impreparato per le emozioni provate in quei momenti».
Bonus track: 31 gennaio 1994 – Southampton-Goteborg
In un’amichevole di fine gennaio 1994, Le Tissier decide di segnare questo gol, calciando con l’attitudine di chi passeggia sul marciapiede tenendo le mani in tasca. Esterno destro di prima intenzione fiondato sul palo opposto, nulla da fare per il portiere. Si limita a guardare con la coda dell’occhio dove va a finire il pallone, per poi andarsene verso il centro del campo come se fosse la cosa più normale del mondo. Per Matthew Le Tissier non era poi un gol così speciale.