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Foto IPA / Fotogramma
Calcio Federico Aquè 11 febbraio 2021 7'

La partita in cui Matteo Pessina si è preso la scena

In Coppa Italia contro il Napoli è stato un’arma perfetta.

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Per quanto si fosse già parlato della sua importanza, di come avesse rinnovato un sistema definito come quello dell’Atalanta, a Matteo Pessina mancava ancora una partita in cui fosse lui a prendersi la scena, a imporsi come il migliore in campo. Al contrario di Gómez, il giocatore di cui ha preso il posto nel sistema di Gasperini e la cui importanza era immediatamente visibile, evidente anche solo per quanto interveniva sulla manovra e sulla capacità creativa dell’Atalanta, Pessina è invece quel tipo di giocatore che tende a non farsi notare durante la partita, che tocca poco la palla ed è importante soprattutto per quanto si muove senza. Prima della semifinale di ritorno contro il Napoli in Coppa Italia il suo contributo alla produzione offensiva dell’Atalanta era stato minimo. A livello realizzativo il suo nome era finora associato solo a un gol contro il Sassuolo e un assist per Muriel contro l’Udinese.

 

Forse allora, prima di ogni altra cosa, della sua partita contro il Napoli bisogna sottolineare il secondo gol, che invece parla del suo talento con la palla, della sua capacità di essere decisivo anche in momenti delicati. Con il suo gol, Pessina ha infatti chiuso la partita dopo che l’Atalanta era andata vicina a subire il 2-2, un risultato che avrebbe mandato in finale il Napoli, e lo ha fatto con una giocata splendida. Prima un tunnel su Di Lorenzo e poi un tocco sotto leggero a superare il piede di Ospina in uscita, che ha fatto rotolare piano piano la palla in porta. Una giocata che fa emergere una tecnica in spazi stretti tutt’altro che banale, oltre a una rapidità di pensiero unita a una capacità sorprendente di non perdere controllo e precisione anche in velocità. Insomma, lati del suo talento forse nascosti sotto la quantità di movimenti senza palla, di inserimenti e pressioni sui centrocampisti avversari, che anche ieri, pur in una partita in cui ha dominato la scena con una doppietta, sono stati la parte più importante della sua prestazione.

 

Se nella visione più diffusa e ideale il trequartista è il giocatore che accentra la manovra, che tocca molti palloni e definisce l’azione con dribbling e passaggi illuminanti, Pessina si pone invece all’opposto. Si allontana dalla palla, cerca gli spazi migliori che si aprono tra le difese avversarie, facilita le ricezioni dei compagni sulla trequarti.

 

Perso Gómez, che da trequartista appoggiava la manovra a ogni altezza del campo, i riferimenti dell’Atalanta in uscita dalla difesa ora sono le due punte, che abbassandosi nei mezzi spazi si occupano di conservare la palla, di far continuare l’azione senza aspettare che arrivi negli ultimi metri e limitarsi a concluderla. Di solito questo compito spetta a Ilicic, che però inizialmente con il Napoli è rimasto in panchina. Le due punte erano Muriel e Zapata, e ad appoggiare l’azione è stato soprattutto il primo, schierato a sinistra.

 

L’Atalanta costruiva quindi preferibilmente da quel lato e Pessina, allontanandosi dalla palla e alzandosi sulla linea difensiva del Napoli, aiutava a creare spazi per far ricevere Muriel. Qui sotto ad esempio Pessina fissa Rrahmani, Di Lorenzo (fuori inquadratura) ha davanti Muriel e Gosens, resta in posizione e in questo modo libera il colombiano, che può ricevere comodamente la palla.

 

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E una volta che Muriel aveva la palla, e forzava quindi un’uscita dalla linea difensiva del Napoli (in particolare di Rrahmani), Pessina era sempre pronto a inserirsi nello spazio che si creava. Nell’immagine qui sotto, al minuto 23, Muriel si abbassa per ricevere la palla da Djimsiti, viene seguito da Rrahmani e nello spazio alle spalle del difensore kosovaro va a inserirsi il trequartista nerazzurro. Muriel torna indietro e riesce a girarsi ma l’azione si interrompe perché Rrahmani lo stende.

 

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È noto che l’Atalanta costruisce l’azione sulle fasce e impone quindi agli schieramenti avversari di scivolare lateralmente nella zona della palla, ma ieri la difesa del Napoli ha fatto molta fatica a seguire il palleggio della squadra di Gasperini. In particolare i due centrali, Rrahmani e Maksimovic – che, va detto, prima di ieri non avevano quasi mai giocato insieme – non riuscivano a stare vicini e a darsi copertura a vicenda, forse perché preoccupati dai cambi di gioco dell’Atalanta, e quindi dalla necessità di stare vicino ai loro avversari e pressarli se l’azione della squadra di Gasperini si spostava da un lato all’altro del campo.

 

Allargata la difesa del Napoli, Pessina era il più svelto a vedere e occupare lo spazio che si creava al centro, tra Rrahmani e Maksimovic. In occasione del primo gol, segnato da Zapata, in cui l’Atalanta manovra in orizzontale da sinistra a destra con la difesa del Napoli schierata, Rrahmani e Maksimovic sono distanti e in quello spazio va a inserirsi Pessina.

 

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Non è un movimento decisivo ai fini dell’azione, ma forse aiuta a spiegare la passività di Maksimovic, che non esce dalla linea per non concedere la profondità a Pessina alle sue spalle. Su Zapata però non esce nemmeno Hysaj, e quindi il colombiano è libero di controllare la palla, guardare la porta e poi, dal mezzo spazio sulla destra poco fuori l’area, tirare una cannonata verso l’angolo più lontano.

 

Anche in occasione del suo primo gol, Pessina passa ancora una volta tra Rrahmani e Maksimovic, una scelta per certi versi controintuitiva, visto che quando Gosens recupera la palla sulla trequarti dopo il rinvio di Rrahmani, il trequartista dell’Atalanta è il compagno più vicino all’esterno tedesco.

 

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Invece di andargli incontro, Pessina sceglie di allontanarsi, di ricevere la palla con la mossa successiva. Lascia scorrere il passaggio di Gosens, che arriva quindi a Zapata, e sull’assist in orizzontale del colombiano ha lo specchio di porta spalancato per una conclusione comoda, che bacia il palo prima di infilarsi in rete.

 

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L’Atalanta è riuscita a creare più volte nel corso della partita la stessa situazione. Ovvero, Zapata che riceve un passaggio in area o lì vicino e Pessina che si inserisce tra Rrahmani e Maksimovic. I centrocampisti centrali del Napoli, prima Bakayoko e poi Demme e Lobotka quando Gattuso nel secondo tempo è passato al 4-2-3-1, non hanno mai seguito gli inserimenti del trequartista dell’Atalanta, che non venivano nemmeno assorbiti dai difensori centrali, a loro volta impegnati a marcare Muriel (e poi Ilicic nel secondo tempo) e Zapata. La squadra di Gattuso, insomma, non è mai riuscita a leggere la posizione di Pessina, che quindi era sempre solo quando si inseriva.

 

Al minuto 39, per dire, Zapata ha un’altra occasione per servire il suo trequartista, che è ancora una volta in area tra Rrahmani e Maksimovic.

 

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Sul passaggio di Muriel, Zapata sceglie però di non passare la palla di prima in avanti a Pessina, creando un’altra facile occasione per il compagno. Invece si sposta la palla sul sinistro, se la allunga un po’ e finisce quindi per appoggiarsi a Gosens, il cui cross viene deviato in calcio d’angolo da Di Lorenzo.

 

Il secondo gol di Pessina nasce dalle stesse premesse, Zapata riceve spalle alla porta al limite dell’area e premia l’inserimento centrale del compagno, ma tornando indietro di qualche secondo si può apprezzare in modo più compiuto il contributo del trequartista atalantino in ogni fase di gioco.

 

Come prevede il sistema di marcature a uomo di Gasperini, a Pessina è toccata la marcatura del centrocampista del Napoli che si abbassava ad appoggiare la manovra davanti ai difensori, prima Bakayoko e poi uno tra Demme e Lobotka dopo il passaggio al 4-2-3-1. Pessina però non si limitava a pressare il suo avversario a inizio azione, seguendolo a uomo con il rischio di creare lo spazio in cui far ricevere un altro centrocampista avversario. Se il Napoli arrivava nella metà campo offensiva e i suoi compagni erano impegnati a marcare i loro avversari, il trequartista dell’Atalanta rientrava a dare copertura al centro, allontanandosi dal suo avversario di riferimento.

 

Quando il Napoli ha riaperto la partita con il gol di Lozano, propiziato da un inserimento di Bakayoko sul lato destro dell’area, Pessina è in ritardo ma prova comunque a rientrare ed è in area poco prima che il centrocampista del Napoli riesca a calciare.

 

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Certo, il suo rientro non ha evitato il gol ma è comunque significativo che, da trequartista, l’alternanza di marcature a uomo e a zona abbia spinto Pessina fin dentro la sua area, forse perché si era accorto in ritardo che toccava a lui seguire Bakayoko. In area comunque l’Atalanta poteva scalare le marcature e far assorbire l’inserimento avversario a Djimsiti, ma questo è un altro discorso.

 

Il punto è che le partite di Pessina sono piene di corse a vuoto, di pressioni lunghe e movimenti che non gli fanno toccare la palla ma aiutano la circolazione creando spazi per i compagni. Insomma, di quel sacrificio e di quei movimenti senza palla che Gómez non poteva più garantire.

 

Tornando quindi al suo secondo gol, all’inizio della ripartenza quando Caldara anticipa Osimhen, Pessina è a centrocampo, perché poco prima aveva seguito Lobotka e si era staccato per dare copertura al centro.

 

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All’inizio il trequartista dell’Atalanta non sembra nemmeno voler partecipare all’azione. Caldara si appoggia a sinistra su Freuler e Pessina resta indietro in copertura. Poi però la difesa del Napoli è schierata, l’azione rallenta e allora il trequartista atalantino avanza per ricevere il retropassaggio di Freuler, muovendo la palla di prima alla sua destra verso Ilicic.

 

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A quel punto Pessina decide di non fermarsi, si inserisce centralmente quando Ilicic passa la palla a Zapata, e sulla sponda di quest’ultimo si ritrova ancora una volta da solo in area davanti a Ospina, dopo aver superato Di Lorenzo con un tunnel.

 

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In pochi secondi emergono il suo contributo come equilibratore quando l’Atalanta pressa, la partecipazione minimale alla manovra quando appoggia subito la palla su Ilicic e infine l’inserimento che gli permette ancora una volta di avere una grande occasione per segnare.

 

Averlo fatto in grande stile, con un tunnel e un tocco sotto leggero, ha solo rivelato un lato del suo talento forse poco apprezzato finora. Se Pessina è diventato così importante per l’Atalanta è in realtà per quei pochi secondi che precedono il gol, più che per il gol stesso. Una mole di lavoro immensa, fatta di scatti e inserimenti, che anche contro il Napoli ha permesso all’Atalanta di essere efficace nel momento più importante della partita e finora anche della stagione.

 

 

Tags : atalantaCoppa Italiamatteo pessina

Federico Aquè ha collaborato con Sprint&Sport, Datasport e Sportmediaset.

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