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Perché Berrettini è così forte su erba
22 giu 2022
22 giu 2022
Le ragioni dei risultati eccezionali sui prati.
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«Una settimana fa non potevo stringere una racchetta, ora sono qui a sollevare il secondo trofeo consecutivo» dice Matteo Berrettini, con i capelli spettinati in modo tattico e il sorriso da rubacuori. In mezzo alle casette rosse in stile vittoriano del Queen’s, alza una coppa piuttosto grande, disegnata nello stile classicista per i trofei, sopra scritta una lista di vincitori: Pete Sampras, Andy Murray, Ivan Lendl, Rod Laver, John McEnroe, Boris Becker, Roy Emerson e poi il suo, inciso per due volte, 2021 e 2022.

Se dieci anni fa ci avessero detto che un tennista italiano sarebbe riuscito a vincere per due edizioni consecutive il Queen’s, il più chic dei tornei sulla superficie più chic, lo avremmo preso per pazzo. Abbiamo una modesta tradizione tennistica, ma inesistente su erba. Per conformazione culturale e fisica, in Italia abbiamo costruito negli anni soprattutto terraioli manovrieri. Dal nulla è venuto fuori questo cristo alto quasi due metri che serve a duecento chilometri orari: ma non basta un gran servizio per diventare un grande giocatore da erba, una superficie quasi estinta, con uno spazio sempre più marginale nel calendario tennistico. Per questo una superficie complicata, difficile da padroneggiare, e che riserva sempre grandi sorprese. Un paio di settimane fa Tim van Rijthoven, oltre la posizione 200 del mondo, è riuscito a vincere Hertogenbosch pur essendo digiuno di vittorie ATP.

Berrettini non ha mai giocato su erba fino a 17 anni. A 23, nel 2019, con una certa sorpresa, vince Stoccarda senza perdere neanche un set, senza cedere mai il servizio. Oggi ha in bacheca 4 titoli su erba, uno in più di uno specialista di alto livello come Marin Cilic, gli stessi di Rafa Nadal. Dal 2019 a oggi ha un record mostruoso di 32 vittorie e 3 sconfitte sul verde, ha perso solo contro Roger Federer, Novak Djokovic e David Goffin (i big-3). La sua abitudine alla superficie gli ha permesso di vincere due tornei di seguito al rientro dopo tre mesi di inattività. Dopo l’infortunio e l’operazione alla mano è tornato in campo per il primo turno di Stoccarda, ha perso il primo set contro Radu Albot. Dopo la partita si è detto in fase di recupero, il suo allenatore ha ammesso che non era nemmeno previsto che partecipasse al torneo. Ha dovuto soffrire e lottare in tutte le partite, ma ha vinto sempre.

L’imbattibilità di Matteo Berrettini su erba sta diventando un fenomeno difficile da decriptare: un tennista senza grande pedigree, sbocciato tardi e per questo spesso trattato come un imbucato, specialista della superficie più aristocratica del tennis, la preferita dai puristi, considerata la cartina di tornasole migliore dell’essenza del talento di un giocatore. Cosa rende, Matteo Berrettini, così efficace sull’erba?

L’erba è una superficie peculiare. Nonostante negli ultimi due decenni abbia subito un progressivo rallentamento, rimane la più rapida del circuito - escluso qualche esperimento indoor. La rapidità dell’erba è data soprattutto dalla scarsità di rimbalzo: la palla tende a rimanere ad altezza terra, il che rende i colpi offensivi più efficaci e gli scambi più brevi. Oggi l’erba non è più quel manto viscido e impazzito degli anni ’90, ma continua a premiare i giocatori offensivi, meglio se nel proprio repertorio possiedono qualche variazione - che l’erba esalta più del cemento.

Per tutte queste caratteristiche l’erba è la superficie ideale per Matteo Berrettini: un bombardiere dritto e servizio come i vecchi giocatori degli anni ’90, ma al contempo uno dei migliori giocatori di tocco del circuito. Un tennista che sa praticare un gioco brutale, ma che sa mischiarlo con un altro più sensibile e complesso.

Nel suo gioco, ovviamente, tutto parte dal servizio, che gli offre dei vantaggi a cascata su tutto il resto. È difficile metterlo in classifica in un circuito ricco di grandi servitori, ma è un colpo che spicca anche per un paio di caratteristiche poco pubblicizzate: la solidità, tradotta in percentuale di prime palle e nella robustezza della seconda; il piazzamento. Berrettini è un servitore potente, ma anche preciso, e il suo servizio è particolarmente devastante su erba, specialmente con uno slice che sbatte fuori dal campo gli avversari. Al Queen’s ha servito 68 ace, a Stoccarda 65 con una partita in meno. Andando oltre gli ace, si capisce ancora meglio il suo dominio. A Wimbledon, lo scorso anno, il 46% dei suoi servizi non ha ricevuto risposta, solo Isner e Kyrgios hanno una percentuale più alta. Con la prima di servizio siamo al 54%. Questo significa che nei turni di servizio Berrettini deve giocare la metà dei punti. Quando gli avversari riescono a rispondere, anche la seconda di servizio è abbastanza potente da inclinare il contesto dello scambio dalla sua parte. Per semplificare, riuscirà a girare quasi sempre sul suo dritto, che oggi è il più penetrante del circuito. Ivan Ljubicic ha scherzato che se avesse il dritto di Berrettini potrebbe giocare, ancora oggi, top-10. Il suo dritto ovviamente spicca per potenza, da tutti i lati del campo, ma su erba ha una capacità inedita di sfruttare effetti e angoli. Un colpo che gli porta sempre molti punti, per esempio, è il dritto stretto e corto, che riesce a colpire bene da ogni posizione, anche quando è fuori equilibrio.

Fuori dall’erba Berrettini è un giocatore sbilanciato dal lato del dritto. Il suo rovescio a due mani negli anni è migliorato, e ultimamente si sono visti bei lungolinea. Il suo coach Vincenzo Santopadre lo ha confermato: «Penso sia merito degli allenamenti che abbiamo fatto con la mano sinistra mentre era infortunato, ma per quanto mi riguarda può ancora crescere». Il colpo però rimane non all’altezza della sua posizione in classifica: è il suo difetto principale, ma sull’erba riesce a mascherarlo con un rovescio in slice davvero insidioso. È un colpo complesso, che gioca trovando anche angoli peculiari, che resta sempre basso e complicato da maneggiare. Su erba il suo gioco diventa molto vario a livello di ritmo, perché alle palle velocissime dal lato del servizio e del dritto fanno da contraltare questi rovesci in slice che rallentano, restano bassi, prendono traiettorie inattese.

Uno dei segreti della sua efficacia è che ci sono pochi giocatori oggi bravi a contrastare le variazioni. In finale a Stoccarda, Andy Murray, che ha uno slice di rovescio superiore a quello di Berrettini, è riuscito a disinnescarlo bene su quella diagonale, rivoltandogliela contro. Ci sono però pochi Andy Murray nel circuito. Sul lato sinistro, in genere, Berrettini deve sempre cercare di tamponare i danni, su erba invece diventa un’altra risorsa. Non usa lo slice solo per rallentare ma anche per attaccare. In questo scambio contro Krajinovic prende il comando grazie alla variazione, e poi fa un attacco profondo da manuale del gioco su erba.

Il servizio, il dritto e il rovescio in slice sono le tre armi che rendono Berrettini così competitivo su erba, anche secondo il noto coach Patrick Mouratoglou. Bisogna però per forza parlare di un altro paio di cose: la sensibilità dei suoi tocchi, con cui viene fuori sempre con una brillantezza leggermente inattesa, e una copertura della rete migliorata nell’ultimo anno. Berrettini non sarà mai un mago delle volée - ha detto che in carriera ne ha dovute giocare sempre poche, perché dopo il dritto la palla non gli torna mai - ma è molto difficile da passare.

Ci sono però aspetti più sottili che trascendono i colpi. Uno è l’approccio mentale al gioco. Quando ha giocato la sua prima partita al Queen’s Santopadre gli aveva chiesto uno stile meno cerebrale: «Mi ha detto “decidi e vai, senza pensarci troppo, altrimenti la palla supera la tua racchetta”. Sono uno che pensa tanto. Su erba non posso, mi limito a seguire il flow». Questa versione istintiva di Berrettini esalta il suo stile aggressivo e brillante, e mette molta pressione ai suoi avversari. Berrettini si esalta nel gioco veloce: più gli scambi rimangono rapidi, più i suoi colpi rimangono freschi ed efficaci nella spinta. Se messo in un contesto più di scambio e manovra, non solo nello scambio in sé è meno competitivo, ma indirettamente finisce per risentire e perdere freschezza un po’ tutto il suo gioco. I dritti diventano leggermente penetranti, al servizio perde lucidità. Nelle partite rapide che si giocano su erba, invece, è difficile metterlo in un contesto più strategico e lento. Ci riuscì solo Novak Djokovic durante la finale di Wimbledon dello scorso anno, sfruttando tutte le sue debolezze sulla diagonale di rovescio.

Berrettini sfrutta anche il fatto che su erba le partite girino su pochi punti. Le possibilità di strappare il servizio all’avversario sono più risicate, strapparlo a Berrettini è un’impresa particolarmente ardua. Grazie alla quantità di punti facili che guadagna con dritto e servizio, diventa un giocatore impenetrabile a livello di punteggio. Ci sono sempre pochissimi spiragli per gli avversari, in una partita contro Berrettini su erba. Questi spiragli, poi, lui è bravissimo a richiuderli. È uno dei migliori nel giocare i punti chiave delle partite, a salire di intensità mentale quando necessario. È interessante che lui ne faccia un fenomeno universale: «Nei punti più importanti spesso riusciamo a giocare meglio, ed è per questo che giochiamo a tennis immagino» ha detto in un’intervista. (Vorremmo rassicurarlo che per noi giocatori da circolo funziona spesso il contrario: giochiamo peggio proprio i punti importanti).

L’insieme di questi discorsi, però, forse non basta a spiegare le ragioni del dominio di Berrettini su erba. Forzando un tantino i numeri, le sue statistiche assumono proporzioni storiche. Sarebbe l’ottavo tennista della storia per percentuale di vittoria su erba, meglio di Boris Becker. Berrettini ha vinto 33 partite su 39 giocate. È un campione rilevante anche se non a livello storico; nelle prime 39 partite in carriera, però, solo McEnroe ha fatto meglio (35 vittorie e 4 sconfitte). Senza nulla togliere al talento di Berrettini, fin troppo messo in discussione soprattutto dai media internazionali, questa percentuale di vittorie è permessa anche da una drammatica assenza di specialisti sul verde. Alcuni dei giocatori che su erba hanno definito l’ultimo decennio oggi sono nella fase finale della carriera: Roger Federer, Marin Cilic, Andy Murray. Anche Rafael Nadal, campione due volte a Wimbledon, non vince un torneo su erba dal 2015. Quasi tutti i giocatori di alto livello di nuova generazione sono impacciati su erba: Zverev, Medvedev, Tsitsipas, Rublev. Casper Ruud, che ha il 30% di vittorie su erba in carriera, ha dichiarato che si è preparato a Wimbledon giocando a golf. Sarà testa di serie numero 3 del torneo.

Fanno eccezione Felix Auger-Aliassime e Hubert Hurkacz, entrambi battuti da Berrettini a Wimbledon lo scorso anno. Saranno loro - oltre ovviamente al favorito Djokovic, il solito imprevedibile Nadal e a qualche altra biglia impazzita - gli avversari più temibili per il titolo a Londra. Per la prima volta in carriera Berrettini calcherà i prati dell’All England Club come uno dei principali favoriti. Per noi italiani continua a essere una sensazione strana e bellissima.

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