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Emanuele Atturo
Matteo Arnaldi l'artigiano
04 set 2023
04 set 2023
Col grande exploit agli US Open sta dimostrando un talento poco appariscente.
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Emanuele Atturo
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Dubreuil Corinne / Imago
(foto) Dubreuil Corinne / Imago
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Per qualche ragione negli studi di Sky hanno fatto stendere Matteo Arnaldi su un lettino da psicanalisi e gli hanno posto una serie di domande strampalate ma in qualche modo interessanti. Emerge il carattere volitivo di Arnaldi. Se avesse uno smash nella finale sul matchpoint della finale del Roland Garros lo colpirebbe al volo. La paura di vincere è più pericolosa della paura di non perdere. Stereotipica mentalità da atleta d’alto livello? Forse, ma Arnaldi sembra averla introiettata piuttosto bene. Nelle fase finali del suo secondo turno agli US Open il polso sarebbe tremato a tanti. Al quinto set, dopo aver perso il quarto, si è portato subito in vantaggio di due break, ma il suo avversario si abbassava e alzava come la marea, e mentre doveva chiudere la partita quello gli era tornato sotto. Un avversario complicato, il talentuoso e imprevedibile Arthur Fils, ennesima speranza del movimento francese. Fils ha 19 anni e un futuro radioso davanti a sé: forse da campione Slam, forse no. Fatto sta che gioca bene a tennis: non ha un colpo formidabile attorno a cui ruotare, ma tanti colpi fatti bene e un atletismo di altissimo livello. In più possiede un carisma epico che trascina sempre il pubblico dalla propria parte.Il quinto set, sotto di due break, senza niente da perdere, Fils inizia a tirare tutto quello che gli capita tra le mani. I suoi colpi guadagnano di forza e precisione, la lucidità disperata rifiuta la sconfitta. Dopo i vincenti chiama il clamore del pubblico, la sua energia sembra non poter smettere di crescere.Arnaldi è un giocatore diverso, non di picchi ma di costanza. Non vive di fiammate ma di un lavoro meticoloso e sottile. Non sovrasta il suo avversario, piuttosto prova a spegnerlo. Un tennis da formica, che lavora per raccogliere i suoi frutti con l’aiuto del tempo. Il suo tennis, quindi, non sembra avere niente di eccezionale. Il suo fisico pare acerbo e infantile rispetto a quello del suo avversario, con le spalle strette, le gambe fini e un viso un po’ a uccello che sembra accentuarne la magrezza.In quel momento Arnaldi deve resistere. Del resto se c’è una cosa che sa fare bene è assorbire la potenza altrui. Un’arte subdola e sottovalutata nel tennis, la capacità invisibile di normalizzare il talento avversario. Arnaldi resiste, ma non lo fa con l’epica tesa e disperata del tennista più debole comunque in balia dei guizzi avversari, ma riprendendo in mano il gioco da una prospettiva obliqua. Tira una palla corta improvvisa a inizio scambio, scende a rete sulla seconda palla. Mescola le carte, toglie i riferimenti a Fils, con un’intelligenza a suo modo geniale. Dai sempre al tuo avversario la partita che non vuole giocare. O per dirla con Brad Gilbert: vinci sporco. Non sempre il tennista più talentuoso vince, le strade per il successo sono tante e diverse, se uno è abbastanza lucido e furbo da saperle vedere.

Mentre noi gli chiediamo di resistere, Arnaldi in realtà fa di più: riprende in mano la partita e vince esprimendo la propria personalità, di giocatore che magari non ha un talento eccezionale, ma che sa fare veramente tutto - e che quindi ci costringe a ricalibrare la nostra idea di talento.Arnaldi non tentenna: se l’avversario lo ributta all’indietro con un pallonetto, ritorna a rete il prima possibile; se il recupero di Fils rimbalza non ci pensa, tira lo smash e non un più interlocutorio dritto. Ha vinto tutti i punti importanti, e ha saputo recuperare da situazioni di punteggio che sembrano quasi compromesse.Nel turno successivo Arnaldi ha incontrato la testa di serie numero 16 Cameron Norrie. Un tennista che non sta vivendo un gran momento, ma pur sempre un ex top-10, un ex semifinalista Slam. Arnaldi lo ha spazzato via. È stato meno falloso, con le idee più chiare su come vincere gli scambi. Ha vinto quasi gli stessi punti con la seconda che con la prima. È stato diligente in tutte le palle break. Ne ha guadagnate 6, contro le 5 di Norrie. Ne ha convertite 5, mentre al suo avversario ne ha lasciata una sola. È stata una prestazione impressionante, sull’onda dell’entusiasmo della vittoria con Fils, certo, ma che dimostra anche la grande crescita che Arnaldi ha vissuto negli ultimi mesi. Ora l’ottavo di finale di Alcaraz somiglia a un premio: nessuno gli chiede più di una prestazione tosta, che renda la vita un minimo difficile al fenomeno spagnolo.Arnaldi ha 22 anni ed è arrivato più tardi rispetto a quanto ci hanno abituato di recente i giovani tennisti italiani. Ha un anno più di Musetti, e quando i due si sono affrontati al challenger di Barletta nel 2021 Arnaldi è riuscito a vincere appena due game. Quando si sono incontrati di nuovo, poche settimane fa a Bastad, Musetti è stato costretto fino al terzo set.Non ha la sua manualità, il suo estro, il suo genio; non ha la pulizia tecnica e la potenza di Sinner. Ma era considerato meno talentuoso anche di altri giovani italiani che oggi hanno una classifica peggiore della sua. La sua scalata è stata piuttosto improvvisa. A 19 anni era ancora oltre il numero mille del mondo; a novembre 2021 diceva di puntare alle prime 150 posizioni. Il momento in cui è sembrato poter arrivare ad alti livelli è quando quest’anno ha battuto Casper Ruud a Madrid.

I miglioramenti del ranking sono legati anche ai miglioramenti del suo gioco, e in particolare del servizio, che è ancora il suo punto debole ma è sempre più affidabile. Il dritto è meno consistente del rovescio ma gli dà più vincenti. Che avesse qualcosa di speciale, al di là delle apparenze, lo si poteva capire al torneo Bonfiglio del 2019, quando era riuscito a battere Emilio Nava, finalista US Open e Australian Open, e fresco vincitore di un ottavo di finale di fuoco contro Carlos Alcaraz. A dire il vero sembrava troppo leggerino per il tennis d’alto livello. È probabilmente attorno a una forza limitata che Arnaldi ha dovuto sviluppare armi diverse.

Una bellissima intervista.

La mobilità da fondo campo, per esempio, che resta la sua migliore qualità, la rapidità dei piedi, il modo in cui cerca la palla. «Sono cresciuto tardi e gli altri mi prendevano a pallate, così ho cominciato a correre». L’elasticità quando si sta difendendo da fondo, ma anche la capacità di girare lo scambio accorciando in avanti appena possibile. Dice che il suo primo preparatore a Sanremo gli faceva fare tanto stretching ed è diventato molto elastico col tempo.Arnaldi è stato costretto anche ad affinare le sue letture, a giocare in modo furbo, e a sviluppare un repertorio tecnico più vasto possibile. Il suo non è un tennis di dominio ma di adattamento, alla superficie, all’avversario, alla situazione di punteggio. È a proprio agio e mai passivo in difesa, ma se c’è da accelerare, o da andare a rete, non si lascia pregare. Sa rallentare e accelerare, tirare palle corte e trovare angoli stretti. Non sembra mai poter vincere, ma è quasi sempre difficile da battere. È il tennista che nessuno vorrebbe affrontare, perché non è semplice capire il modo per batterlo, e che nel frattempo ti porta magari a strafare col ritmo, o ad andare fuori misura nelle scelte.Arnaldi, insomma, ha costruito un gioco che gli permette di fare a meno di avere un fisico e o dei colpi eccezionali. Questo, com’è ovvio, è anche un limite, in un’epoca di atleti freak quasi a ogni livello. I suoi colpi non penetrano particolarmente, il suo servizio non è al livello dei migliori. È difficile per lui pronosticare grandi exploit, ma Arnaldi ha tutto per fare una carriera solida, togliersi delle soddisfazioni, e nel frattempo farci divertire. La sua normalità ha l’estetica dell’artigianato, delle cose ben fatte. Vederlo giocare è un'esperienza completamente diversa rispetto alla potenza devastante di Berrettini, al ritmo da fondo di Sinner, alla varietà di Musetti, ma anche all'epica più da lavoratore di Sonego. Un tennista sottile, che ci ricorda che con una buona testa e con buone gambe si può arrivare lontano.

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