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Emanuele Atturo
Matic intercetta tutti
10 mar 2023
10 mar 2023
Il centrocampista serbo è l'architrave su cui poggia la Roma di Mourinho.
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Emanuele Atturo
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Giuseppe Maffia / IMAGO
(foto) Giuseppe Maffia / IMAGO
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Poco dopo la mezz’ora la Real Sociedad sta provando ad alzare i ritmi. Controlla il possesso, lo fa passare attraverso Merino, e poi schiera i suoi giocatori più tecnici tra le linee, nei mezzi spazi. Mentre cerca di forzare il passaggio centrale la Roma fa densità. Ostruire tutte le tracce di passaggio però non è un lavoro semplice, gli avversari hanno giocatori tecnici e intelligenti nei tempi e negli smarcamenti. David Silva riceve un passaggio poco dietro il centrocampo e Mancini gli esce contro a tutta velocità. Silva lo sente e scarica di prima per il regista Zubimendi. Nel classico meccanismo palla avanti-palla indietro, quello cerca la traccia di prima verso Sorloth, che potrebbe inclinare il campo verso la porta della Roma.

Sembra quel classico passaggio scacchistico in grado di tagliare fuori le linee avversari, ma sulla traiettoria ci è già arrivato Nemanja Matic. Senza affanno, con quello stile classico da smoking bianco che possiede nei suoi interventi difensivi. Praticamente passeggiando intercetta il pallone e si ferma, l’Olimpico esulta, e quante volte vi è capitato di sentire uno stadio esultare per un in intercetto difensivo a centrocampo?

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La calma di Matic però ieri sera bucava lo schermo. La sua intelligenza, la sua classe, la sua compostezza, la sua apparente superiorità rispetto a tutto ciò che lo circondava. Una superiorità fisica, tecnica, ma soprattutto mentale, che aveva un effetto benefico e rilassante tipo ASMR per chi guardava la partita, ma anche per i compagni. Dopo l’intercetto Matic si ferma e lascia che siano gli altri a gestire la palla, ma quando vede che si fanno prendere dalla frenesia gli fa cenno di calmarsi. Con piccoli passi quasi sul posto continua a farsi vedere e a fornire appoggi facili. Un tocco di prima alla volta, sgranando il possesso, la Roma recupera il controllo del contesto.

È un momento felice per la squadra di Mourinho, ed è un momento che coincide col miglior stato di forma di Nemanja Matic dall’inizio della stagione. Quando è atterrato a Roma, indossando degli strani pantaloni rossi, c’era qualche dubbio su di lui. La sua carriera, la sua esperienza, non si discuteva. Ma non sarebbe stata la sua carriera ad andare in campo. Cosa ci si poteva aspettare ancora da un giocatore di 34 anni con tutti quei chilometri sulle gambe?

Al Manchester United aveva giocato qualche stagione in tono minore. Specialmente l’ultima era stata un disastro, non solo per colpa sua. A quell’età era però verosimile immaginare che Matic non avesse poi più molto da dare. La Serie A però ci prova ormai da anni, ad acquistare campioni attempati dalla Premier League sperando che i ritmi più mediterranei del nostro campionato li aiutino a ringiovanire, a ritrovare la freschezza perduta.

Oggi che Matic è uno dei migliori centrocampisti del campionato, e dopo che ieri è stato il migliore in campo negli ottavi contro la Real Sociedad, forse dovremmo ripensare al modo in cui parlavamo di lui. A quando commentavamo le prestazioni nei suoi primi mesi, quelli più faticosi, quando accanto a Cristante sembrava formare una coppia semplicemente troppo lenta. Quando i giocatori dell’Udinese gli sono sfrecciati accanto, o quando la Roma ha perso con l'Atalanta in casa ed Eurosport scriveva: “Matic-Cristante, insieme è dura”.

Non che i due mediani della Roma non fossero effettivamente in difficoltà, ma più che un problema di brillantezza fisica oggi sembra soprattutto una questione di affiatamento, confidenza col contesto. In questi mesi Matic ha dovuto prendere le misure, mappare il campo, capire come muoversi nella complessità che gli richiede giocare al centro del campo nella Roma. Nel 3-4-2-1 di Mourinho i due mediani devono coprire porzioni immense di terreno. Se Cristante lo fa soprattutto con le gambe, arrivando a momenti di pura consunzione fisica, Matic lo fa soprattutto attraverso la mente. Il suo modo di difendere è cognitivo, è fatto di letture e anticipi. A volte sembra applicare una specie di sesto senso sui passaggi avversari. Dallo schermo si intuisce una traccia pericolosa, e poi compare Matic a piccoli passi a sventare il pericolo con la perizia di uno sminatore. A venti minuti dalla fine Kubo ha trovato uno smarcamento interessante al limite dell'area, viene servito e pare una situazione a rischio per la Roma. Matic arriva e anticipa con una furbizia marziale.

Questo incessante lavoro di schermatura davanti alla difesa, suo e di Cristante, è ciò che permette alla Roma di subire così poco in fase difensiva. I difensori sono meno sollecitati, hanno meno pressione, sono costretti a prendere scelte meno complesse, soprattutto in partite come quelle di ieri in cui gli avversari cercavano di metterli in difficoltà assumendo posizioni ambigue. Il senso della posizione di Matic lo fa apparire onnisciente e onnipresente. Dopo la partita di ieri Kubo potrebbe aver sognato Matic che gli sbuca davanti a coprirgli la strada in qualsiasi situazione della vita, mentre prova ad andare in bagno, mentre prova a entrare al centro d’allenamento, mentre è al semaforo e deve ripartire con la macchina.

Matic quindi ha rafforzato il filtro che separa gli attaccanti avversari dai propri difensori, creando un sistema difensivo più duro e solido. Ma se la Roma subisce meno con lui in campo è anche per la sua qualità nel rallentare il gioco, congelare il possesso e dare calma a una squadra che nei suoi momenti peggiori è molto frenetica. Avere di più il pallone permette alla Roma di ordinarsi in campo, di farsi trovare più pronta una volta perso il possesso, o comunque di perderlo in situazioni poco pericolose.

Con la palla tra i piedi tra i piedi Matic è un elefante. Si muove a grandi passi così lenti che sembrano frenare la realtà, eppure è difficile togliergli il pallone. Grazie alla sensibilità nel controllo palla, ma soprattutto a un uso maestoso del corpo. Se c’è un po’ di entropia, se c’è un pallone sporco, Matic è lì a mettere il corpo in mezzo, proteggerlo, pulirlo. La Roma si calma, si ordina. Serve anche questo per difendere bene: avere un possesso palla pulito. La sua lentezza allora è una specie di bis percettivo legato alle sue movenze.

Questo non significa che Matic non abbia i suoi limiti dinamici. Col tempo ha affinato la dimensione cerebrale del suo gioco anche per compensare un dinamismo ridotto con l’età. Non si alza molto in pressione, il suo è un lavoro difensivo più di posizione, mentre è Cristante a modulare l’altezza difensiva del baricentro della Roma. Che il suo lavoro sia diverso da Cristante lo si nota anche statisticamente. Questi i loro due radar grafici Statsbomb a confronto.

Non è una coppia perfetta, è chiaro. Cristante deve coprire troppo campo, e finisce per abbassare ulteriormente la sua, già non eccelsa, qualità tecnica. Col pallone però Matic fa progredire il gioco di più e meglio del suo compagno. A questo punto va ricordato che in Serbia nasce come trequartista, e quindi come un giocatore capace di determinare il gioco negli ultimi metri. È stato Jorge Jesus al Benfica a reimpostarlo come un mediano davanti alla difesa: «Il primo giorno mi disse che da quel momento in poi avrei giocato come un numero 6, come un centrocampista difensivo. All'inizio mi faceva strano, non sapevo di poter ricoprire quella posizione. Ma Jorge Jesus mi spiegò come dovevo fare. Ho lavorato davvero forte».

Le sue intuizioni col pallone sono spesso sorprendenti. In questo caso per esempio è inatteso il modo in cui si gira, mentre ha il corpo orientato dall’altro lato, per trovare Pellegrini sul fianco più scoperto della difesa della Real Sociedad.

A 34 anni Matic ha alle spalle una lunga storia di lavoro oscuro di centrocampo, che non gli ha attirato le luci dei riflettori. Pur essendo un giocatore di grande sostanza, la sensibilità tecnica e le movenze compassate lo fanno sembrare talvolta un lusso per le proprie squadre. Ma in quel caso non piacerebbe a un allenatore come Mourinho che di lussi, nelle proprie squadre, non ne ha mai voluti. Per anni è stato il suo generale, il suo ideale di calciatore: prestante fisicamente ma intelligente. Tecnico e praticamente autosufficiente a centrocampo: capace di ordinare il gioco con passaggi, conduzioni palla al piede, protezioni palla. E al contempo con la mentalità di chi pensa sempre a come proteggere la propria difesa. Eppure l’elenco di queste caratteristiche sembra solo sfiorare l’essenza del gioco di Matic a centrocampo, la cui presenza ha l’effetto di una specie di balsamo psichico per i propri compagni. Un giocatore su cui si può sempre contare quando c’è da sventare un pericolo o da mettere al sicuro un pallone: «Questo è il mio modo di giocare. Riesco a restare calmo per aiutare la squadra quando vedo che insorge un po' di panico oppure se c'è bisogno di mettere ordine».

Sembra una definizione vaga, ma si può dire che con Matic in campo la Roma sia una squadra più sana, meno squilibrata, meno caotica, meno sporca. Mourinho, che è sempre un fine commentatore, ha sintetizzato mirabilmente il motivo per cui ama Matic: «Mi piace molto per la sua stabilità». Cosa si può volere di più da un centrocampista?

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