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La strana avventura di Massaro in Giappone
03 mag 2018
03 mag 2018
Ricordo dell'anno e mezzo passato da Daniele Massaro al Shimizu-S-Pulse, tra luci e ombre.
(articolo)
14 min
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«E vai, Provvidenza!». L'urlo sollevato di Bruno Pizzul al momento del gol al Messico, terza partita di girone del Mondiale americano, riassume lo stato di grazia e di popolarità a cui era assurto Daniele Massaro nella prima parte del 1994, quando a 33 anni si era improvvisamente rivelato un centravanti di cinismo ed efficacia formidabili. Gol pesantissimi alla Roma, alla Lazio, alla Sampdoria, all'Inter per la cavalcata del terzo scudetto consecutivo del Milan di Capello; gol pesantissimi in Champions League, con le due perle finali al Barcellona di Cruyff, che avevano fatto di lui il terzo italiano di sempre a segnare almeno due gol in una finale di Coppa Campioni (dopo Mazzola e Pierino Prati; li raggiungerà nel 2007 Pippo Inzaghi). E poi la convocazione ai Mondiali quasi senza preavviso, per lui che mancava dall'azzurro da 8 anni, conosciuto a memoria e apprezzato da Sacchi per la duttilità e il non porgli alcun problema di “panchinamento” (contrariamente a quanto aveva fatto nel 1982 durante il Mondiale spagnolo, durante il quale era stato retrocesso a fotografo ufficiale del gruppo dopo qualche borbottio di troppo verso Bearzot già nelle prime settimane di ritiro). In quel periodo di grazia, scandito dagli incitamenti e dalle imprecazioni del suo grande fan Peo Pericoli, Massaro era più o meno il corrispettivo sportivo dell'irresistibile ascesa di Silvio Berlusconi, che riceveva la fiducia decisiva per la nascita del suo primo governo al Senato la sera del 18 maggio 1994, proprio nei minuti in cui San Daniele segnava la doppietta al Barcellona.

Poi si sa come vanno le cose nel calcio: preferito a Zola, Signori e Casiraghi e ritrovatosi clamorosamente titolare nella finale mondiale di Pasadena contro il Brasile accanto al menomato Baggio, Massaro sparò addosso a Taffarel la miglior occasione azzurra in tutti i 120 minuti e - lui che non aveva mai tirato un rigore in 14 anni di serie A – ne calciò uno assai brutto, centrale a mezz'altezza, anche se il suo colpo a vuoto ebbe la ventura di passare in secondo piano rispetto alle tragedie greche di Baresi e Baggio. Uomo scaltro e intelligente, dalla quantità di interessi molto superiore alla media dei colleghi, Massaro aveva già intuito la grande popolarità che gli era toccata di riflesso grazie alla vetrina mondiale e alle quattro trasferte giapponesi con il Milan per altrettante edizioni della Coppa Intercontinentale: in quella del 1993 aveva anche segnato il gol del momentaneo 1-1 al Sao Paulo di Cerezo, Cafu e Telé Santana, che poi avrebbe vinto 3-2. Così, quando arrivò la chiamata dalla prefettura di Shizuoka, si fece trovare prontissimo come fosse in area di rigore.

L'ultima stagione italiana di Massaro è un lungo addio al Milan, dopo quindici anni di onoratissima carriera. I guizzi ormai si contano sulle dita di una mano, ma soprattutto in Europa riesce a piazzare zampate degne di nota, come il gol al Prater di Vienna con cui il Milan batte il Salisburgo superando una complicatissima fase a gironi di Champions, oppure la rete del 2-0 all'Arsenal nella finale di Supercoppa Europea, l'unico trofeo che il Milan abbia vinto nella sua storia indossando una maglia gialla. Oppure questo splendido gol in acrobazia al San Nicola di Bari, in una notte di vento gelido resa immortale dai quattro gol del genio Savicevic. Nel marzo del 1995, a 34 anni, Daniele Massaro annuncia che diventerà il secondo italiano a cimentarsi nella J-League.

Con tanti yen e una formula spettacolare favorita dall'assenza di retrocessioni, con supplementari e rigori in caso di pareggio al 90', il campionato giapponese è in ascesa impetuosa e nel 1996 si uniformerà al formato dei tornei occidentali con un girone unico al posto delle due fasi (stile Apertura e Clausura argentine) in vigore fino al 1995. Nel 1994 sono sbarcati in Oriente il nostro Totò Schillaci, che rimarrà per tre anni nello Jubilo Iwata, dov'è compagno di squadra di Gerald Vanenburg, campione d'Europa con l'Olanda nel 1988; il brasiliano Leonardo, che giocherà due anni nei Kashima Antlers prima di avventurarsi in Europa; i campioni del mondo tedeschi Uwe Bein e Guido Buchwald, entrambi in forza agli Urawa Red Diamonds; un fuoriclasse assoluto come l'ex jugoslavo Dragan “Pixie” Stojkovic, che al Nagoya Grampus Eight è allenato da un azzimato alsaziano che, nella sua precedente esperienza europea al Monaco, è stato eliminato in semifinale di Champions proprio dal Milan di Massaro, che ha fatto in tempo a segnare il gol del 3-0.

Il messaggio d'addio di Arsène Wenger ai tifosi del Nagoya Grampus Eight, allenato per diciotto mesi dal 1994 al 1996 e portato dal penultimo al secondo posto in classifica (una scena che i tifosi dell'Arsenal aspettano da anni).

Massaro giocherà nello Shimizu-S-Pulse, società fondata appena quattro anni prima, impregnata fin dal nome di quell'entusiasmo genuino e naïf che provavano i giapponesi per le cose occidentali: oltre a essere l'iniziale di Shimizu e Shizuoka, la “s” sta anche per “soccer”, come omaggio al Mondiale del 1994, a cui il Giappone non è riuscito a qualificarsi nonostante le caterve di gol del suo centravanti Kazu Miura, che ha curiosamente fatto il percorso inverso, fallendo clamorosamente con la maglia del Genoa ma facendo ugualmente felice il presidente Aldo Spinelli grazie ai danarosi sponsor nipponici.

L'allenatore è Masakatsu Miyamoto, ex difensore della Nazionale di un certo pregio, visto che era il numero 3 della Nazionale che ha vinto la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Città del Messico 1968, il miglior risultato della storia del calcio nipponico: nella fase a gironi il Giappone aveva imposto l'1-1 al Brasile e lo 0-0 alla Spagna e ai quarti aveva addirittura battuto 3-1 la Francia, prima di arrendersi in semifinale all'Ungheria e vincere la finale terzo-quarto posto contro il Messico. Massaro firma un contratto di un anno e mezzo che gli garantirà tre miliardi di lire netti. In quell'estate 1995 il calcio italiano esporta persino un arbitro, il torinese Alfredo Trentalange, ben felice di mettersi in tasca i 20 mila dollari stanziati dalla Federazione locale per elevare gli standard della classe arbitrale – vedete voi sotto quale luce inquadrare questa notizia, visto che di lì a poco proprio il Giappone sarà co-organizzatore, insieme alla Corea del Sud, di un Mondiale che non passerà alla storia per la limpidezza delle direzioni di gara.

Pillole di cultura giapponese di metà anni Novanta: ecco “Love love love” dei Dreams Come True, la canzone più ascoltata in Giappone nel 1995, invero un po' stucchevole. Secondo un sondaggio di qualche anno fa, è la seconda canzone d'amore più amata dai giapponesi.

Flashforward

Quando nell'anno Ottomila l'uomo del futuro rimetterà le mani su quell'enorme capsula spaziale chiamata YouTube, avrà accesso anche a una compilation di due minuti e 48 secondi che gli uomini degli anni Novanta giudicarono esaustiva per riassumere i diciotto mesi giapponesi di Daniele Massaro. Per chi invece non volesse aspettare l'Ottomila, eccolo qui sotto.

0:00: Inizio in medias res, senza clip, copertine o altri inutili orpelli grafici. Ci troviamo in uno stadio difficilmente identificabile; intuiamo che è giapponese se non altro per l'odioso rumore delle trombette, diventate famigerate in Italia dalla finale di Intercontinentale 1985 tra Juventus e Argentinos Juniors. Si vede un gol non particolarmente prelibato, segnato con un sinistro sporco a rimbalzello, e poi compare Massaro, in piano medio, con addosso una maglia terrificante, mentre uno speaker fuori campo annuncia stentoreo: "Massaro".

Guardiamola bene questa maglia, del tutto fuori dalla grazia di Dio o da qualunque altra divinità adorata in Estremo Oriente. Già le semplici maniche sono di per sé lisergiche, disegnando strane curve che s'interrompono bruscamente all'altezza del torace, dove su sfondo bianco si staglia una composizione a prima vista indefinibile, apparentemente astratta, di cui a malapena si distinguono i contorni e i confini. È dunque già il momento di prendersi una pausa e bandire il concorso "Indovina cosa c'è stampato sulla seconda maglia dello Shimizu S-Pulse 1996". Aiutiamoci con una schermata.

Brancolate nel buio? Un'immagine a maggior risoluzione svela il mistero: si tratta di un bizzarro planisfero diviso in cinque grossi spicchi rappresentati "all'occidentale", con l'Europa e l'Africa cioè al centro della mappa. Un omaggio all'appeal sempre più cosmopolita del campionato nipponico? Forse lo sponsor aiuta a diradare un po' di nebbia: JAL, acronimo di Japan Airlines, la principale compagnia aerea del Paese. Se state pensando “beh dai, ci sta osare qualcosa con la seconda maglia”, è perché non avete ancora visto la prima.

Ripartiamo con il video.

0.13: la seconda immagine in movimento di Beep Beep Massaro (copyright Carlo Pellegatti) è ancora più surreale della prima: Massaro in completa tenuta arancione, agghindato con un paio di guanti celesti del tutto incongrui, evidentemente per resistere al temibile inverno giapponese. Lo vediamo tentare la conclusione da posizione molto defilata, riuscendo comunque a mettere in difficoltà un portiere che non brilla per stile. Quindi un paio di evoluzioni nello stretto, atte a mostrare la sua superiorità tecnica.

0:35. Un'altra azione di gioco piuttosto naïf, con un Massaro velocissimo per gli standard locali che scatta sul secondo palo per rimettere in gioco un pallone destinato sul fondo, e due secondi dopo si fionda sulla palla vagante e tenta il tiro in porta, fuori di poco. Compagni e avversari attorno a lui sono fermi e sembrano disinteressarsi del suo movimento incessante: il gioco è fermo? Nel video non si sente alcun fischio.

0:42. Massaro si esibisce in un ripiegamento difensivo infiocchettato di una quantità parossistica di palleggi e altre giocate da foca, in un clima sconfortante da Circo di Buffalo Bill.

0:49. Massaro porta palla, con una finta di corpo scappa via a due malcapitati difensori con facilità irrisoria e propizia l'inserimento di un compagno, improvvisamente abbattuto in tackle. Una fiammata di brutalità che passa inosservata, del tutto gratuita e per questo ancora più sconcertante.

0.54. Massaro realizza un assist di testa gratificato di ben due replay. Nel secondo si possono notare i grandi spalti di chissà quale impianto, spaventosamente pieni come se fossero lo sfondo virtuale di un videogioco Nintendo.

1.06. Un secondo assist, dopo una respinta laterale del portiere avversario su botta da fuori. La cifra tecnica di quest'azione sta tutta negli infiniti rimbalzi del pallone su un manto erboso irregolare: è tutto molto più imperfetto e pasticciato come quelli che si vedono su un Game Boy.

1.25. Un terzo assist finalmente pregevole, con pallone ben mantenuto e scaricato coi tempi giusti per l'inserimento del compagno, che conclude sotto la traversa. Un gol di fattura occidentale.

1.35. Un quarto assist in cui possiamo apprezzare la tecnica di Massaro, un calcio di collo destro molto pulito, che basta a mandare in tilt le sprovvedute difese giapponesi.

1:46. Finalmente ritroviamo Massaro in gol! La giocata individuale del difensore è raccapricciante, Massaro dispone di lui come un uomo molto grosso fa con uno stuzzicadenti. La palla entra dopo un tiraccio di sinistro che ha l'unico pregio di pescare in clamoroso controtempo il portiere avversario. Massaro festeggia puntando l'indice verso il cielo mentre si abbandona agli abbracci dei compagni: dev'essere un gol molto importante.

1:55. Manca meno di un minuto alla fine del video ed è giustamente arrivato il momento di ammirare i pezzi migliori della collezione Made in Japan. Eccolo segnare con un preciso destro al volo dopo una poco commendevole smanacciata del portiere (il livello dei portieri sembra infimo, e d'altra parte anche vent'anni dopo stiamo ancora aspettando il primo estremo difensore giapponese degno di nota).

2:05. Gol di testa apparentemente facile per uno come Massaro, che ha sempre avuto il senso del tempo e dell'inserimento come doti naturali – la rilassatezza difensiva locale sembra semplificare ulteriormente il lavoro.

2.15. Segue un altro gol di testa in una partita in notturna in uno stadio che somiglia al Dall'Ara di Bologna, se non fosse che siamo in Giappone. È un gol non dissimile dai tanti segnati con la maglia rossonera, per esempio uno molto importante alla Sampdoria in un match-scudetto della primavera 1994 a San Siro.

2:23. Massaro si fa beffe di un malcapitato difensore a cui, nonostante l'usura degli anni, riesce ad andar via addirittura in velocità con un'eleganza che oggi forse potrebbe avere Schick.

2:31. Ma l'ultimo gol della collezione è il più illuminante: un destro liftato sul secondo palo che, più che una giocata da calciatore, sembra un colpo da golfista (una delle tante passioni di Massaro). La palla si avvita su se stessa carica di effetto e beffa inevitabilmente il malcapitato portierino, del tutto disabituato alle astuzie degli attaccanti italiani. Il video si conclude con la sua esultanza con quella che sembra a tutti gli effetti la prima maglia dello Shimizu S-Pulse 1995-1996, con tanto di immancabile planisfero. Ne esiste un'altra versione contestuale forse persino più bella, sempre risalente alla metà degli anni Novanta, in cui ci si limita a rappresentare il solo continente asiatico.

Se nella musica regna l'autarchia, al cinema invece imperano i blockbuster americani. Il film più visto in Giappone nel 1995 è ダイ・ハード3, ovvero“Die Hard 3”: qui un dialogo tra Bruce Willis e Samuel L. Jackson del quale il doppiaggio restituisce tutto il pathos originale.

Sol calante

Questi tre minuti scarsi di calcio poco più che amatoriale riflettono bene la condizione del calcio giapponese che nel 1998 avrebbe ottenuto la prima storica qualificazione a un Mondiale solo per farsi dare una ripassata al primo turno, raccogliendo zero punti contro Argentina, Croazia e Giamaica. Massaro vi si cala con l'attenzione al dettaglio che ha imparato da Sacchi e Capello, ma l'esportazione della filosofia iper-professionistica del modello Milan avrà risultati stranianti anche in un contesto come quello giapponese che, secondo i luoghi comuni, è orientato al culto del lavoro indefesso.

Piuttosto significative le parole di Osvaldo Ardiles, il grande centrocampista argentino che fu allenatore dello Shimizu S-Pulse nella seconda stagione ed entrò presto in rotta di collisione con Massaro: «Il suo curriculum intimidiva i compagni di squadra», scrive “Ossie” nella sua autobiografia, «pensai che fosse più giusto lasciarlo fuori». Così non lo mette nei convocati per la prima partita del 1996 contro i Kashima Antlers per un imprecisato problema fisico: stando a questo resoconto di Repubblica, Massaro s'infuria e dice alla stampa locale di stare benissimo. Tutto il mondo è paese, anche se è lontano diecimila chilometri: le beghe di spogliatoio si riconoscono tutte tra di loro.

Con i potenti mezzi in nostro possesso siamo riusciti a risalire alla data di questo pezzo di storia della televisione giapponese: 1° luglio 1995, con i gol di tutta la giornata modello Domenica Sprint. Massaro non scende in campo nella sconfitta dello Shimizu per 2-1 contro il Nagoya di Stojkovic e Arsène Wenger. Al minuto 7:10, c'è un gran gol di testa di Totò Schillaci!

Dunque l'avventura esotica di Massaro, uomo venuto dal futuro come David Bowie a insegnare il calcio ai giapponesi pigmei del pallone, finisce nel classico tran tran all'italiana: un infortunio alla caviglia lo taglia definitivamente fuori, relegandolo a un ruolo da comprimario dopo un ottimo inizio di seconda stagione da 11 presenze e 7 gol (in tutto saranno 10 gol in 20 presenze), con una tripletta segnata al Bellmare Hiratsuka. Nel suo anno e mezzo la squadra, immensamente più scarsa di lui, non ha mai brillato neanche di luce riflessa: nona nel 1995, finisce decima nel 1996, conquistando a settembre la Coppa Yamazaki Nabisco quando Massaro si è già infortunato da mesi.

In quell'oceano non navigabile che è la versione giapponese di YouTube, ci siamo imbattuti nel bel gol con cui si concludeva la compilation di Massaro di cui vi abbiamo parlato prima: perciò ora abbiamo anche la data più gloriosa dello Shimizu S-Pulse di Massaro, il 6 settembre 1995, e un avversario, che è proprio il Nagoya Grampus di Arsène Wenger, che può dunque aggiungere alla sua collezione di record poco esaltanti anche l'aver subito gol dallo stesso giocatore per due anni consecutivi, in due continenti diversi.

Cos'altro resta dei diciotto mesi di Massaro in Estremo Oriente, mettendo da parte un feeling mai nato con un calcio mille miglia lontano dagli altissimi standard italiani, la scoperta di un altro mondo, dalla cultura e le abitudini sorprendenti? «Shimizu era una città di circa 700 mila abitanti, simile alla Liguria e alla Toscana per la dolcezza del paesaggio. Qui ho scoperto le piantagioni di tè verde. Nella prefettura di Shizuoka si produce il 40% di tutto il tè verde giapponese», ha raccontato Massaro al Corriere della Sera qualche anno fa. «Il té verde ha proprietà antiossidanti e ancora oggi ne consumo molto. Ho anche un importatore personale, Endo Tomonori (fisioterapista del Milan dal 2006 al 2015, ndr)».

Ha allargato i propri orizzonti, ha condiviso un'importante esperienza di vita con la moglie Carla e la figlia Gaia, ha scoperto il sushi molto prima del resto di Milano e d'Italia, ha masticato una lingua sconosciuta e – ultime ma non per ultime – ha scoperto le Umeboshi, le famose prugne dalle capacità taumaturgiche, lasciate essiccare al sole, messe sotto sale in barili di legno e poi lasciate macerare per un anno dentro foglie di shiso, che danno loro il caratteristico colore rosso: «Dopo cinque anni di Sacchi e quattro anni di Capello, è bastato un mese di prugne a farmi guarire dalla gastrite».

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