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Martina Rosucci è il porto sicuro della Juventus Women
09 feb 2023
09 feb 2023
La squadra bianconera l'ha messa al centro della difesa e l'esperimento ha funzionato.
(copertina)
Cristiano Mazzi/IMAGO
(copertina) Cristiano Mazzi/IMAGO
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C’è una cosa che accomuna calciatori e calciatrici di ogni età, categoria e campionato: a nessuno piace davvero cambiare ruolo. O meglio, a nessuno piace cambiare ruolo permanentemente. Arrivati ad un certo punto della carriera poi, cambiare ruolo porta con sé molti aspetti di natura pratica ed emotiva. Tralasciando giocatori e giocatrici con un’innata propensione alla versatilità, in linea di massima arrivati ad un certo livello si tratta di perfezionare un ruolo specifico: si allena una giocata, si perfeziona un movimento, si lima un difetto, si consolida un’abitudine legata a doppio filo con la posizione e la funzione che si svolge in campo.

Il rapporto con l’abitudine è centrale. Nel senso che a determinare il successo o l’insuccesso di un giocatore o giocatrice che affronta un cambio ruolo è il banale rapporto che ha nella vita con la routine: sono questioni che si è trovata ad affrontare Martina Rosucci, quando, a partire da questa stagione, si è dovuta calare nei panni del difensore centrale.

Martina Rosucci è nata a Torino, ha trent’anni ed è cresciuta nelle fila granata. Dopo stagioni significative trascorse a Brescia vincendo tre Scudetti, tre Coppa Italia e due Supercoppa, è tornata in Piemonte per vestire la maglia della Juventus. Ed è stata lei a segnare il primo gol della storia della Juventus Women il 27 agosto 2017 contro il Torino. Nella sua carriera ha sempre giocato a centrocampo - come mezzala, sulla trequarti o in mediana - a proprio agio soprattutto in zone vicino alla porta. È una giocatrice completa in grado di dare un apporto significativo nelle due fasi, dando tuttavia il meglio di sé in quella offensiva, facendo da raccordo tra difesa e centrocampo.

Rosucci è quel genere di giocatrice in grado di trasmettere sicurezza e supporto alle compagne, sempre disponibile per ricevere palla sui piedi grazie all’efficacia e all’intelligenza con cui si muove tra le linee e al continuo tentativo di suggerire passaggi e soluzioni alle compagne. Ma che si tratti di una leader imprescindibile lo si capisce anche dalle sue dichiarazioni, sempre sincere e pesate. Soprattutto in una stagione come questa 2022-23, la prima di alti e bassi per la Juventus Women dalla sua nascita, la prima in cui le bianconere non sono in cima alla classifica.

Rosucci è la soluzione ai problemi della Juventus

Negli ultimi cinque anni le bianconere hanno dominato in lungo e in largo la scena femminile: cinque scudetti consecutivi, due Coppa Italia, tre Supercoppa. Un risultato straordinario arrivato grazie ad un progetto studiato nei minimi dettagli e all’impiego di giocatrici in grado di sposare la mentalità Juve, un fattore di cui si parla ancora molto poco quando si ricordano i successi di questa squadra. Nel post vittoria del quinto scudetto Cristiana Girelli scriveva: “Vincere è difficile. Ripetersi molto complicato. Farlo per 5 volte di fila è qualcosa di incredibilmente straordinario”.

Quest’anno però ripetersi è diventato complicato. Sei punti persi con il Milan, due con Como e Sassuolo. La prima fase del campionato volge al termine e la Roma guida la classifica a +8: se la Juventus dovesse perdere altri punti l’ipotesi scudetto sfumerebbe definitivamente. La consapevolezza di non poter più sbagliare crea inevitabilmente pressione e rende le scelte più difficili e delicate. Da spettatori è un contesto affascinante, in cui riusciamo a scorgere le persone prima della giocatrici, lo spogliatoio prima della squadra.

Ci piace pensare che quando il gioco si fa duro siano i duri a scendere in campo, ma non è il caso di Martina Rosucci: una leader empatica. Quello che traspare è il carattere di una donna in grado di caricare e confortare al tempo stesso, e c’è un giorno in particolare, di questa stagione difficile, che è bene ricordare: il 19 novembre. Al Tardini si giocava Parma-Juve, una partita dall’esito apparentemente scontato che tuttavia ha tenuto tutti col fiato sospeso per 95 minuti. In barba ai pronostici, infatti, il Parma si porta in vantaggio e mantiene il risultato sull’1-0 per 90 minuti. La Juve manovra nervosamente il pallone forzando le giocate, divora occasioni a due passi dalla porta e la partita sembra essere ormai segnata.

Nei cinque minuti di recupero prima Boattin scaglia il sinistro sotto l’incrocio per il pareggio e, tre minuti più tardi, Gunnarsdóttir sigla il sorpasso grazie ad un assist assurdo di Cristiana Girelli. La reazione di gioia irrefrenabile è stata presto rimpiazzata da un pianto liberatorio. Ai microfoni di La7, dopo la partita, le parole di Rosucci sono state queste: «Non mi nascondo nel dire che c’era ansia, non è da deboli avere ansia, anzi».

Una giocatrice con questo genere di qualità umane è un valore aggiunto, e in un contesto come la Juventus, dove lo slogan vincere è l’unica cosa che conta ha un certo peso, lo è ancor di più.

Come sta andando il cambio di ruolo

Le difficoltà incontrate in questa stagione dalla Juventus sono anche all’origine dell’arretramento di Rosucci a difensore centrale. Come ha detto lei recentemente in un’intervista: «Credo che nei ruoli ci sia anche un po’ la nostra personalità: il centrocampo è quello che unisce, quello delle relazioni che mi rappresenta. Ma poi ho pensato che in questo momento difficile provare a difendere, nel senso più ampio della parola, la mia squadra è una cosa di cui mi faccio carico volentieri».

Un compito che sta svolgendo piuttosto bene, ad eccezione di qualche sbavatura (che analizzeremo tra poco). La difficoltà principale nell’imparare a giocare da centrale riguarda il posizionamento e la lettura dell’azione: avere la consapevolezza che una volta saltati dall’avversario c’è solo la portiera fa la differenza nella scelta degli interventi su chi porta palla, per non parlare della difficoltà nell’apprendere i meccanismi con cui la difesa si alza e si abbassa in maniera coordinata.

Imparare a fare il difensore, dopo una vita a centrocampo, è un po’ come studiare una nuova lingua e per Rosucci le lezioni sono iniziate già in estate. La prima volta in cui abbiamo visto il suo nome tra i centrali di difesa è stato l’11 agosto in occasione di un’amichevole non trasmessa in tv contro il Servette, in coppia con Pedersen. Cinque mesi dopo il nuovo ruolo di Rosucci raccoglie consensi più o meno universali. Certo, oltre a chi dice che questo adattamento potrebbe allungarle la carriera c’è anche chi continua a preferirla nella versione tuttofare a centrocampo, ma la realtà è che le sue caratteristiche possono offrire soluzioni funzionali al gioco di Joe Montemurro.

Montemurro è stato scelto dalla dirigenza per far fare alla squadra un salto di qualità sul piano europeo, allineandosi agli standard dei club che giocano la Champions. Da quando siede sulla panchina della Juventus la squadra ha iniziato a familiarizzare maggiormente con un ampio possesso palla volto ad un gioco con una forte connotazione offensiva. In questo contesto, avere Rosucci in difesa permette una maggiore qualità in impostazione, con la possibilità di creare superiorità numerica con le sue conduzioni palla al piede.

Rosucci ama la verticalità e con una visuale arretrata, più completa sul campo, riesce a rendersi maggiormente imprevedibile.

Questo genere di soluzioni si vedono con minor frequenza quando al posto di Rosucci gioca una compagna con caratteristiche più difensive, e probabilmente è proprio questo il motivo per cui in diversi match è stata scelta al posto di Sembrant che, a differenza sua, è un difensore di ruolo. Contro squadre molto esperte il rischio è di farsi schiacciare ad ogni loro possesso, e avere una giocatrice in grado di mettere ordine e coordinare le ripartenze è un importante valore aggiunto.

Nella gara di ritorno contro contro il Lione in Champions League, al di là del pareggio che non ha permesso la qualificazione ai quarti delle bianconere, Rosucci ha messo in mostra tutta la sua importanza tattica. Qui sopra la vediamo ricevere palla con due compagne che le suggeriscono subito di giocare vicino, a sinistra, ma lei vede il movimento di Girelli che tira fuori la terzina e serve Bonansea in profondità.

«Montemurro mi ha aiutata molto, mi ha reso una giocatrice 'europea' e ora mi sento bene», ha detto Rosucci sul suo cambio di ruolo. «Io non spicco per la giocata e lui ha dato valore alla mia essenzialità». E in un calcio che favorisce tutto ciò che ha a che fare con l’atleticità, giocare in modo essenziale è un requisito prezioso.

Tuttavia, per diventare un centrale difensivo bisogna anche, banalmente, imparare a difendere. Tutto sta nell’apprendere piccole accortezze che, appunto, di solito si acquisiscono con l’esperienza. Difendere significa giocare d’astuzia, fare talvolta un lavoro ruvido, fisico, per controllare attaccanti che magari si muovono molto e tentano di trarre in inganno la linea difensiva.

Montemurro le ha dato piena fiducia schierandola anche in match molto complicati tra Champions e campionato. Ma in queste partite sono emerse delle comprensibili difficoltà nelle scelte da compiere contro attaccanti fisici ed esperti. Contro l’Arsenal, ad esempio (la partita si è conclusa in parità) più che il contenimento di Miedema, a fuorviare alcune scelte di Rosucci sono stati i movimenti dell’esperta Blackstenius. La volontà di tenere la linea alta per mettere le attaccanti in fuorigioco e a volte la fretta nel voler intervenire sul portatore di palla hanno fatto correre qualche rischio alla Juventus.

La stessa situazione si è verificata contro il Lione e non è un caso che parliamo di due tra le migliori squadre d’Europa. Al tempo stesso, si sono viste chiusure che mostrano come il suo adattamento sia già piuttosto avanzato.

Qui sopra Rosucci spezza la linea con Salvai e tiene in gioco Blackstenius. Nonostante ciò riesce a chiudere in recupero e a disturbare l’attaccante in scivolata.

Imparare un nuovo ruolo significa anche imparare a ragionare in modo diverso, e sono queste piccole accortezze che si imparano grazie al tempo, con l’esperienza, scontrandosi con avversarie come Henry, Macario, Miedema e Blackstenius. Il resto lo fanno attitudine e costante concentrazione.

In campionato Rosucci ha giocato 9 partite su 15 nel nuovo ruolo. Che poi sono più ruoli, perché come a centrocampo anche in difesa Rosucci è una tuttofare. Può giocare sia centrale in una difesa a 4 che interno in una difesa a 3, e sembra che ovunque riesca a calarsi nella parte in modo sempre proattivo. La stagione è ancora molto lunga e in questa sessione la Juventus è intervenuta sul mercato acquistando un terzino e recuperando al contempo tutte le infortunate del reparto. Non sappiamo, quindi, che seguito avrà la nuova avventura di Rosucci.

Ciò che sappiamo è che fin qui è stata la miglior giocatrice della rosa. Rimettersi in gioco dopo un’intera carriera passata a cercare di diventare la miglior versione di sé a centrocampo, appropriarsi di nuove abitudini, tutto questo mostra forza, mentalità e una cultura del lavoro che pochi e poche possiedono. Mentre tutto attorno a lei ruota e cambia nervosamente, Rosucci resta se stessa indipendentemente da dove venga messa in campo. È lei a tenere in equilibrio la Juventus in un periodo di lenta metamorfosi, un cambio di pelle necessario per ritornare in cima in Italia e, magari, anche in Europa.

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