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Le nostre foto preferite di Maradona
27 nov 2020
La vita del Pibe de Oro vista attraverso alcune tra le foto più belle che lo riguardano.
(articolo)
15 min
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La celebrazione globale e digitale di Maradona si è svolta attraverso la selezione e la pubblicazione sui muri dei social delle foto, ognuno ha scelto la propria preferita, quella più iconica oppure che rappresentava meglio l'idea di Maradona che portava nel cuore. Con l'aiuto della nostra art-director, Anna Magni, abbiamo scelto le nostre preferite tra quelle meno viste e già condivise, per continuare a ricordare qualcosa che, in fondo, sarà indimenticabile.

Maradona con la maglia dell’Argentinos juniors (1976)

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Foto da Archivo El Grafico/Getty Images.

L’infanzia di Maradona è leggendaria. Di lui si inizia a parlare come un prodigio già da quando ha circa 8 anni, quando i giornalisti lo vanno a cercare a Villa Fiorito solo per farlo palleggiare davanti a una telecamera. Questa è una foto presa dal suo debutto tra i professionisti, il 10 ottobre del 1976, con la maglia della sua prima squadra, l’Argentinos Juniors, quando Maradona non aveva ancora compiuto 16 anni. In Europa se ne inizia a parlare di lì a poco, quando “El Pibe de Oro” viene inserito nella lista dei 40 da Cesar Luis Menotti per il Mondiale di casa del 1978. A lui si interessa la Juventus, su consiglio diretto di Gianni Agnelli (o almeno lui dice così), e lo stesso Napoli, che attraverso il tecnico Gianni Di Marzio prova a metterlo sotto contratto direttamente a Buenos Aires. Di Marzio era appena sbarcato in Argentina proprio per il Mondiale e, preso un taxi per andare a vedere Olanda-Germania, chiese al tassista se c’era “qualche giocatore forte da queste parti”. «Era tifoso del Boca», ricorda Di Marzio «Però mi rispose: l’Argentinos Juniors ha un ragazzino che è un fenomeno, diventerà un crac».


Maradona felice, a Tokyo, dopo aver vinto il Mondiale U20 (1979)

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Foto di Allsport/Getty Images.

Le immagini di Maradona durante il Mondiale Under-20 del 1979, in Giappone, sono incredibili. Senza un filo di grasso ma col petto già in fuori il suo talento vibra come una corda di violino, è già il Maradona che conosciamo, il Maradona migliore, solo è circondato da ragazzini (ha segnato 6 gol ed è stato premiato come miglior giocatore del torneo). Oggi ci sembra strano che non fosse già con la nazionale maggiore a vincere l’altro Mondiale, quello giocato in casa l'estate precedente. Menotti dirà in seguito di aver sbagliato a non convocarlo e Maradona ricorderà: «A quell’età - diciassette anni - mi è sembrato che mi stesse crollando il mondo addosso. Non volevo più giocare a calcio». Per fortuna si è consolato con i suoi compagni coetanei un anno dopo.


Il corpo di Maradona (1982)

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Foto di Joel Robine/AFP via Getty Images.

Qui sopra Maradona ai tempi del Barcellona, con la bocca aperta, leggermente ingobbito sotto il peso dei capelli, sembrerebbe, i pantaloncini corti e stretti sulle cosce ciclopiche e grasse al tempo stesso, con la felpa che si piega sulla pancia e comunque sembra troppo piccola per il suo busto tozzo. Il corpo di Maradona merita infinite descrizioni e i migliori scrittori si sono esercitati su di lui. Una delle nostre preferite è quella di Gianni Brera, che nel 1989 su La Repubblica scriveva: «Guardo la sua faccia grassa e triste con un immancabile principio di groppo in gola. Gli occhi sono piccoli, tondi, neri. Le labbra tumide, i denti come perle rade nelle gengive alte, abbondanti. La piega amara della bocca testimonia l' angoscia di molte generazioni umiliate dagli uomini e mortificate dalla fame. Il collo scompare nell' unione fin troppo anticipata dei cucullari con gli sterno-cleido-mastoidei. Il petto è del bagonghi predestinato. L' addome è del bevitore di birra (qualche volta ricorda Bibendum). Le gambe sono corte e ipertrofiche... Morfologicamente, sembra uno sgorbio irrecuperabile: ma non appena in lui si accende l' uranio, quel goffo anatroccolo assurge a cigno solenne. Allora devi escluderlo dal genere umano e trovargli d' urgenza una specie differente. Sia dunque il leone andino, e in definitiva re Puma».


Maradona e Pelé uniti dall’oro

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Foto LaPresse Torino/Archivio storico.

Ci sono parecchie belle foto di Pelé e Maradona insieme, in alcune addirittura si abbracciano e si guardano negli occhi e ce n’è anche una incredibile in cui Pelé insegna a Maradona a suonare la chitarra. Con le loro foto si può ripercorrere il processo di invecchiamento di entrambi: le trasformazioni di Maradona, che sembra ogni volta una persona diversa, un membro differente della famiglia Maradona che ha preso il posto del Maradona originale; la lenta mutazione di Pelé in una tartaruga di terra. Qui sopra li vediamo belli sorridenti, uno in smoking l’altro con una cravatta da gigolò, entrambi con un orologio d’oro che buca l’obiettivo, in futuro li vedremo con le stampelle, le scarpe ortopediche, in carrozzina. Ma da subito a prima vista si intuisce che si tratta di due persone agli antipodi, accomunati solo dal talento calcistico e, da un certo punto in poi, segretamente (ma neanche troppo) in competizione tra loro.

Nel 2000 Pelé e Maradona hanno fatto uscire le rispettive autobiografie nello stesso mese di ottobre. Come fossero state le biografie di due bambini alle medie, uno dei temi del dibattito in quel momento ha riguardato la voce messa in giro da Maradona secondo cui Pelé aveva avuto una storia con un suo allenatore delle giovanili. Il tre volte campione del mondo brasiliano ci ha tenuto a precisare nel proprio libro, anche se indirettamente attraverso la voce di un amico, che non era vero, Maradona era solo geloso e la stampa non avrebbe dovuto ascoltare un uomo malato. Bam.

Per risposta, il Pibe nella sua autobiografia mette Pelé in cima alla lista dei suoi 100 giocatori preferiti ma aggiunge anche che certo avrebbe potuto aiutare il suo amico Garrincha invece che farlo morire nella miseria. Bam.

Il confronto tra i due è impossibile e soprattutto inutile, e quando la FIFA ha provato a far scegliere a pubblico ed esperti il miglior giocatore del XX secolo ha dovuto dividere il premio: il pubblico ha scelto Maradona, gli esperti Pelé. Ancora nel 2011 Pelé, che aveva 71 anni, da una parte fingeva di non interessarsi alla questione e dall’altra diceva che, be’, Maradona non segnava di testa e non usava il piede destro. La rivalità è finita nel 2016 durante la “partita dell’amicizia”, organizzata proprio da una marca di orologi, Hublot, in cui due squadre di leggende si sono affrontate nei giardini del Palais Royal di Parigi, allenate da loro due.

Pelé, dopo la morte di Maradona, ha detto di aver perso un caro amico e anche: «Spero che un giorno giocheremo insieme in cielo».


Maradona a pranzo con l’Argentina (1986)

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Foto da Archivo El Grafico/Getty Images.

Una delle sequenze più dolci dello splendido documentario di Asif Kapadia su Maradona è quella in cui il padre, Don Diego, e il suocero, Coco Villafañe, preparano un gigantesco asado familiare. Qualcosa, immaginiamo, di non troppo diverso da quello che sta mangiando l’Argentina in questo immenso pranzo al ritiro, dove si vedono piatti vuoti con ossa spolpate e bibite davanti a cui oggi i nutrizionisti dei club professionistici inorridirebbero.


Maradona e Bagni (1986)

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Foto di David Cannon/Allsport.

Due numeri 10, compagni di squadra, grandi amici. Il contesto può essere solo intuito, non si vede nemmeno la palla, ma sembra proprio che Salvatore Bagni abbia appena commesso un fallo. Maradona sta per cadere, Bagni sembra già pentito e lo tiene per il braccio. Forse è un incrocio dovuto alla dinamica del fallo, forse davvero Bagni con il braccio cerca di tenere in piedi il suo amico. L’effetto è quello di una posa scultorea.


Maradona contro l’Inghilterra (1986)

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Foto di Staff/AFP via Getty Images.

Le foto di campioni circondati da avversari sono un genere a parte, ma forse solo Maradona può vantarne così tante in unico Mondiale, quello del 1986 in Messico, quando fu capace di cose letteralmente mai viste. Le foto di Maradona circondato da avversari, però, sono anche manipolatorie perché danno l’illusione che il numero 10 vincesse davvero le partite da solo, cosa che era solo parzialmente vera. In realtà, come ammesso dallo stesso Maradona, le sue magie in Messico furono possibili anche grazie ai movimenti in profondità di Valdano e soprattutto Burruchaga, che ponevano i difensori avversari (compresi quelli dell’Inghilterra durante il "Gol del Secolo") nel costante dubbio se accorciare sul numero 10 (con la possibilità concreta di essere saltati) oppure scappare verso la propria porta. E, come dice Maradona: “Defensor que duda, defensor que muere”. Cioè: il difensore che dubita è un difensore morto.


Maradona, amico di tutti (1987)

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Foto LaPresse Torino/Archivio storico.

«L’ho conosciuto credo come pochi ma amato come tantissimi» ha detto Ciro Ferrara in un’intervista a Repubblica, dopo la morte di quella che definisce «una presenza immensa» nella sua vita. Ferrara ha pubblicato un libro sul rapporto con Maradona giusto lo scorso ottobre, Ho visto Diego. E nella prefazione, lo stesso Maradona scrive: «Chi ama non dimentica».

Di omaggi ne abbiamo letti moltissimi in questi giorni, moltissimi ne abbiamo letti negli anni passati, senza particolare ragione, e moltissimi ne leggeremo in futuro. Alcuni si somigliano, girano intorno al tentativo paradossale di spiegare a parole qualcosa di impalpabile e al tempo stesso troppo grande per essere racchiuso in un definizione o un ricordo. Quello che succede, quando ci si confronta con personaggi così grandi, è di essere poco originali, di scrivere o dire qualcosa di già sentito o che tutti possono pensare. Di sembrare banali, ma nel senso originario della parola: banale, dal francese banal, «appartenente al signore», poi «comune a tutto il villaggio». E l’amore per Maradona, il dolore per la sua morte, sono davvero tra le poche cose comuni a tutti.


Maradona e Zenga davanti alla lavagnetta tattica

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Foto LaPresse Archivio storico.

Forse il sottogenere più pazzo delle foto di Maradona è quello che riguarda le sue comparsate nei più disparati programmi televisivi italiani, in cui ha ballato, ritirato premi e, come in questo caso, parlato di tattica, o fatto finta di farlo - sempre puntualmente vestito in modi assurdi. In questa foto è stretto in un abito di sartoria che sul suo corpo sembra per qualche ragione comunque largo e osserva Zenga spostare le pedine dell’Inter, non troppo convinto. Il Napoli è schierato con un fantasioso 7-2-1 con il libero e Maradona come unico riferimento offensivo, che forse nel cervello di Maradona era il modo più logico di giocare.


Maradona e Careca (1987)

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Foto LaPresse Archivio storico.

Anni dopo questa foto, Careca dirà di aver scelto il Napoli per poter giocare con Maradona. A giudicare dalla maglia, dalla presenza del tricolore e della coccarda della Coppa Italia, siamo nel 1987, l’anno in cui Careca è passato al Napoli andando a comporre con Maradona e Giordano il tridente diventato famoso con l’acronimo “Ma.Gi.Ca.”, dal cognome dei tre giocatori. Careca è subito decisivo, diventa vice-capocannoniere nei primi due campionati, e ha un ruolo chiave nei titoli vinti tra il 1989 e il 1990. Segna nelle finali di Coppa UEFA e realizza una doppietta nella Supercoppa italiana contro la Juventus, e con dieci gol mette la sua firma anche sul secondo scudetto. «Un fenomeno e un amico. Uno dei migliori compagni che abbia avuto in tutta la mia carriera», ha detto Maradona di Careca.


Maradona e Moggi (1988)

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Foto di Alessandro Sabattini/Getty Images.

Forse non tutti ricordano o conoscono la vita di Luciano Moggi prima della Juventus. Per quattro anni, dal 1987 al 1991, Moggi è stato un dirigente del Napoli e ha quindi incrociato Maradona. C’è anche il suo contributo nelle vittorie di quegli anni, la Coppa UEFA, la Supercoppa italiana, il secondo scudetto, e nell’arrivo in particolare di Antonio Careca, un giocatore decisivo per quei successi. Qui Moggi e Maradona sono seduti davanti a dei microfoni, probabilmente stanno rispondendo alle domande dei giornalisti durante una conferenza stampa. Maradona ha i capelli che luccicano e gli occhi appena aperti, Moggi di fianco a lui è più rilassato, è in giacca e cravatta, stringe le mani attorno al ginocchio e guarda qualcuno alla sua destra. Due uomini molto distanti tra loro, che hanno passato insieme una parte delle loro vite nel periodo migliore nella storia del Napoli.


Maradona dopo una vittoria contro il Milan (1988)

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Foto di Etsuo Hara/Getty Images.

Il Napoli ha appena sconfitto il Milan per 4-1, Maradona ha segnato un gol piuttosto famoso, di testa da fuori area dopo aver battuto il tentativo della difesa rossonera di metterlo in fuorigioco, e ha dato un assist a Careca, ancora di testa dopo aver anticipato Baresi. Qui sta per rientrare negli spogliatoi, con il braccio alzato e la sciarpa in mano, scortato come sempre da un sacco di persone. Dietro di lui si riconosce Giampiero Galeazzi, con il microfono in mano, che forse lo ha intervistato all’uscita dal campo o magari lo sta seguendo negli spogliatoi per raccogliere le sue dichiarazioni. Maradona che se ne va da vincitore, circondato da un numero esagerato di persone. Era questa la normalità a Napoli in quegli anni.


Ammonito in finale (1990)

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Foto di Staff/AFP via Getty Images.

Com’è noto, i Mondiali italiani del 1990 non sono stati solo una festa che tutti oggi ricordano con nostalgia ma anche il momento in cui nella relazione tra Maradona e l’Italia è comparso il risentimento e la frustrazione. È il Mondiale dei fischi di San Siro all’inno argentino, di Maradona che indignato si rivolge alla tribuna scandendo platealmente “hijos de puta”, della sofferta semifinale al San Paolo tra Italia e Argentina che continua a spaccare i tifosi del Napoli ancora oggi. Questa foto potrebbe essere benissimo il quadro che dipingerebbe un pittore fiammingo del ‘600 incaricato di riassumere in un’unica immagine tutta questa situazione. L’arbitro ammonisce con rabbia Maradona, che fa come per andarsene con la faccia ormai rassegnata (in tutta la sua carriera è stato espulso solo due volte) mentre il resto dei giocatori cercano risposte sulla decisione del direttore di gara. Quella finale persa con la Germania fu probabilmente la goccia che fece traboccare il vaso dell’esperienza di Maradona a Napoli, dove rimase solo per un’altra stagione. Una stagione che finì con un grigio settimo posto e Maradona positivo alla cocaina in un controllo antidoping.


Maradona arrestato (1991)

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Foto di Daniel Luna/AFP via Getty Images.

Il 17 marzo del 1991, poco dopo aver lasciato l’Italia di notte, Maradona viene arrestato a Buenos Aires mentre dorme a casa di un amico. La polizia ha dato appuntamento ai giornali e per questo abbiamo ancora oggi le immagini di quel Maradona sfatto, non sbarbato e con un’espressione al tempo stesso muta e disperata. Quel maglione anni ‘80, l’orecchino e la bocca aperta in segno di fastidio se non addirittura dolore mentre sale in macchina. E poi gli si piegano i lineamenti verso il basso, come in una maschera greca. A posteriori sembra che qualcuno abbia architettato non solo la fine di Maradona ma anche la riscrittura della sua immagine, proprio a partire da quel giorno. Poi Maradona darà una grande mano ai suoi detrattori, parteciperà alla furia iconoclasta su se stesso colorandosi i capelli di biondo e spingendo all’estremo la resistenza del suo corpo.


Maradona ai Mondiali americani (1994)

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Foto di Daniel Garcia/AFP via Getty Images.

Non è l’esultanza dopo il gol più conosciuto della partita tra Argentina e Grecia, quello appunto di Maradona, che dopo aver segnato corre e urla in direzione di una telecamera con gli occhi spiritati. Siamo negli istanti successivi al 2-0, segnato da Batistuta su assist di Chamot, che si vede sulla sinistra. Maradona è da solo mentre i compagni alle spalle si abbracciano, forse si sta rivolgendo alla panchina, con un’espressione inquietante, rabbiosa e felice, simile a quella che avrà qualche minuto dopo, quando chiuderà un’azione splendida e segnerà il suo ultimo gol con la maglia albiceleste.


Pugno al cielo in Corea (1995)

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Foto di Etsuo Hara/Getty Images.

Maradona pugno sinistro stretto verso il cielo: uno dei tanti modi che aveva di essere iconico. Capopopolo alla guida del sud del mondo. Questa foto però è ricca di dettagli che ne rompono i cliché e la rendono strana. È un’amichevole che si gioca in Corea del Sud del 1995, tra Boca e nazionale coreana. Maradona è tornato dalla squalifica di 15 mesi per doping. Ha baffi e pizzetto classici della seconda parte della sua vita, ma una strana banda platinata sui capelli che spero torni prima o poi di moda. La fascia da capitano con un’estetica manga, il grosso orecchino d’oro sul lobo sinistro.


A Cuba (2000)

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Foto di Niurka Barroso/AFP via Getty Images.

A 40 anni Maradona è a L’Avana quando, tornando a casa a tarda notte, va a sbattere con la macchina addosso a un pullman. Non si fa niente, giusto un piccolo problema all’anca. Era finito a Cuba dopo un’overdose, consigliato da Fidel Castro. Era atterrato scortato da militari in uniformi caki, la bocca impastata dai tranquillanti, con una pancia enorme coperta da una maglia del Che. Resterà tre mesi, lascerà tre figli. Nella foto ha i capelli platinati, è irriconoscibile, come sempre o quasi.


Maradona allenatore (2010)

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Foto di Alessandro Sabattini/Getty Images.

Di Maradona allenatore si parla poco, principalmente perché il Maradona allenatore è stato sostanzialmente un disastro. Il “Diez” ha allenato ovunque - dall’Argentina a Dubai, dal Messico agli Emirati Arabi Uniti - senza mai avere grandi risultati, e la sua esperienza da allenatore viene principalmente ricordata per il momento in cui venne nominato CT dell’Argentina per i Mondiali sudafricani del 2010. Fu un’occasione storica per l’Argentina, perché fu il primo Mondiale in cui Messi era già Messi (nel 2006 aveva ancora 19 anni ed era reduce da un infortunio), ma finì nella polvere. Messi non segnò nemmeno un gol e l’Argentina venne eliminata nettamente ai quarti di finale dalla Germania per 4-0. A sentire Maradona, però, in quel Mondiale lasciò comunque qualcosa in eredità, e cioè il talento di Messi nel segnare le punizioni, che a quanto pare apprese da lui in quell’occasione. «In quel Mondiale», ha dichiarato Maradona «tutti i portieri erano i migliori in campo. Adesso non sbaglia più. È una storia semplice». Se siete disposti a credergli, questo è un bel regalo che continuiamo a vivere ancora oggi.


Maradona con il Papa, non quello con cui ha litigato però (2014)

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Foto LaPresse.

Uno degli aneddoti più conosciuti di Maradona è quello che lo vede discutere con Giovanni Paolo II. Mentre parlavano del dramma di tutti quei bambini che ancora crescevano poveri in più parti del mondo, Maradona - lui stesso ex bambino povero, nel caso in cui non lo sapeste - si incupisce guardando verso l’alto, dove il soffitto è foderato d’oro. Pare che poi abbia detto al Papa una cosa del tipo: «Perché non ti venditi il tetto, allora?». Una storia che per molti testimonia dell’autenticità con cui Maradona parlava per i più deboli e che dentro conserva anche quel germe irrispettoso, contro tutto e tutti, soprattutto i potenti, che lo ha contraddistinto e fatto amare.


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