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Foto di Stuart Franklin/Getty Images
Calcio Daniele Manusia 28 giugno 2019 8'

Che senso avrebbe Manolas al Napoli?

Pregi e difetti del nuovo difensore del Napoli.

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Proviamo a mettere da parte l’estate che stanno passando i tifosi della Roma, sempre più simile a un esperimento sociale in cui la dirigenza prende appositamente decisioni impopolari per vedere come reagisce una delle piazze notoriamente più difficili e melodrammatiche, e guardiamo con un minimo di razionalità (quello che ci permette la temperatura) allo scambio più inaspettato di questo inizio di mercato estivo, così difficile da immaginare che persino scriverlo fa uno strano effetto: manca l’ufficialità (e forse ancora qualche dettaglio) ma pare che dal prossimo anno Kostas Manolas sarà un giocatore del Napoli. 

 

Il Napoli, cioè, è riuscito ad aggiudicarsi uno dei difensori migliori del campionato italiano, anche se proveniente da una stagione opaca come quasi tutti i giocatori della Roma, prelevandolo da quella che in teoria è una sua contendente per i posti più alti in classifica, e per giunta a una cifra non così eccezionale (circa 16 milioni di euro, più la contropartita tecnica di Diawara, per una valutazione totale intorno ai 34 milioni). Possibile che non ci fossero pretendenti più ricche, che non si sia creata un’asta, che nessuno lo volesse in Premier League?

 

In questo senso allora la prima domanda che viene da farsi è se Kostas Manolas – in un mercato in cui il difensore più costoso si è spostato per circa 84 milioni di euro – non sia stato sottovalutato. 

 

Il Torino è l’unica squadra a cui Kostas Manolas 🇬🇷 ha segnato più di un gol in Serie A ⚽️

Qui 🔟 numeri da sapere su #RomaTorino https://t.co/w2xQtY8o05 pic.twitter.com/n7VchNmS9b

— AS Roma (@OfficialASRoma) January 18, 2019


Nella testa di Manolas

 

Già due anni fa Manolas era stato vicino a trasferirsi allo Zenit San Pietroburgo per una cifra simile, operazione saltata, si dice, perché non voleva essere pagato in rubli, o comunque perché ha deciso all’ultimo di preferire Roma. E lo stesso De Laurentiis, forse per far abbassare il prezzo, ha detto che Manolas ha «problemi caratteriali». La reputazione di Manolas sembra essere quella di un giocatore di talento ma con un limite nell’approccio mentale. 

 

Come sempre in questi casi è una questione che riguarda sia aspetti extra-campo (di cui sappiamo comunque poco, ad essere sinceri, e il dubbio è anche che De Laurentiis non ne sappia molto più di noi) ma che ha delle conseguenze anche pratiche, di campo. 

 

Manolas è famoso per esagerare ogni piccolo infortunio in campo come se fosse quello sta per mettere fine alla sua carriera, ma non è certo questo il problema. Semmai sono i cali di concentrazione, all’interno di una stagione, o di una singola partita, che portano Manolas a variare di molto le sue prestazioni. Quelle stesse caratteristiche che lo rendono eccezionale – la rapidità, la velocità pura, la capacità di recupero – scompaiono quasi quando Manolas parte anche solo con una frazione di secondo di ritardo. 

 

Quando è in forma, e in partita, Manolas sembra quasi di un altro pianeta per quanto è superiore alla maggior parte degli attaccanti che si trova ad affrontare, che può difendere sia lontano dalla propria porta che nella propria area di rigore; ma quando l’intensità mentale non è al massimo è lui stesso che sembra perdere fiducia persino nei propri mezzi atletici, perdendo duelli senza neanche ingaggiarli. La differenza è sottile ma netta: Manolas in forma va attivamente in anticipo scegliendo il tempo giusto, cerca il contrasto  indirizzando la corsa dell’avversario e stringendo sempre più lo spazio che li separa fino ad entrare in contatto con la spalla, oppure si frappone come ostacolo tra porta e avversario; Manolas non al meglio aspetta passivamente che l’avversario faccia la prima mossa, e se di solito le sue straordinarie doti atletiche gli permettono di recuperare metri anche agli avversari più veloci, nei casi peggiori reagisce comunque troppo tardi e l’avversario riesce a calciare o crossare in area.

 

Un esempio recentissimo viene dalla partita tra Grecia e Italia, in cui sul primo gol azzurro Manolas si fa saltare da Belotti, facendosi trovare piantato nel momento in cui l’avversario diretto si allunga la palla. Perde quel metro di vantaggio che non recupera più e che permetterà a Belotti di mettere dentro la palla per Barella.

 

 

Insomma, la forbice tra le migliori e le peggiori prestazioni di Kostas Manolas è troppo ampia per pensare a lui come al miglior difensore del campionato per 50 partite all’anno – o come a un difensore che può far fare un salto simile a quello che ha fatto fare van Dijk al Liverpool, per riprendere in mano la questione iniziale – ma a sua parziale giustificazione va detto anche che le sue peggiori partite le ha giocate nell’ultima stagione, quando sembrava essersi persa la connessione emotiva tra Manolas e la Roma. 

 

Al Napoli troverebbe un allenatore sereno e un sistema di gioco flessibile che, almeno in teoria, dovrebbe esaltarne le doti migliori senza dargli troppe responsabilità. Anche se la squadra di Ancelotti viene da una seconda parte di stagione a dir poco apatica, dovrebbe ritrovare quella ambizione da outsider che è il contesto migliore per un calciatore emotivo come Manolas.

 

Con Koulibaly, o al posto di Koulibaly

Pochi giorni dopo aver parlato delle difficoltà legate all’acquisto di Manolas, De Laurentiis ha detto che però, pensandoci bene, in effetti con Koulibaly alla sua sinistra formerebbe “una grande coppia” di centrali difensivi. Manolas sarebbe anche l’unico in grado di far perdonare l’addio un po’ amaro di Raul Albiol, che dopo sei stagioni al Napoli è stato congedato dal presidente con parole non proprio dolci.

 

Manolas e Koulibaly insieme formerebbero la coppia più rapida e veloce del campionato, la più adatta a difendere vicino alla metà campo. Questo forse è il contesto più adatto per Manolas, quello in cui la sua rapidità, la velocità pura in spazi ampi, e l’abilità con cui recupera il pallone dai piedi degli avversari cercando il contatto con il corpo, quasi sempre in modo pulito, brillano di più. 

 

Ma quando la linea è ordinata Manolas è ottimo soprattutto in anticipo. Persino la scorsa stagione, in cui la Roma in fase difensiva è rimasta spesso in balia dei movimenti avversari e con una coordinazione di reparto scadente, Manolas ha effettuato 1.9 anticipi (in media ogni 90 minuti): un numero in linea con quelli delle passate stagioni (andando a ritroso nel tempo: 1.8 – 2.1 – 2 ; fino alla prima stagione in Italia in cui gli anticipi di Manolas sono stati addirittura 2.6). 

 

Per capirci, sono numeri di molto migliori di quelli delle ultime quattro stagioni di  Albiol (1.1 – 1.1 – 0.9 – 1.3) e di poco sotto quelli delle prime due stagioni dello spagnolo a Napoli (2.1 – 2.2). Sono numeri superiori anche a quelli di Koulibaly, che nell’ultima stagione e in quella prima (1.1 – 1.2) ha più che dimezzato i suoi anticipi rispetto alle prime tre stagioni in Italia, con Benitez prima e con Sarri poi (2.3 –  2.6 – 2.4). 

 

Un esempio delle capacità di lettura e di intervento di Manolas, dalla partita di ritorno con l’Atalanta. Prima fa un passo per andare in anticipo su Zapata, se la palla gli venisse servita sui piedi; poi quando si accorge del buco preferisce anticipare il recupero anziché mettere in fuorigioco il colombiano; infine usa quel metro di vantaggio per andare al contrasto e mettere il proprio corpo tra palla e avversario.

 

Parlando di anticipi, più che con Albiol, Manolas andrebbe confrontato con il suo potenziale panchinaro, Maksimovic, che nell’ultima stagione al Torino era stato mostruoso (3.9) e che anche se in azzurro non ha dato ancora il meglio di sé ha comunque dei numeri buoni (1.8 anticipi in media in 90’, nelle 17 partite della scorsa stagione, mentre quella prima allo Spartak Mosca era tornato su livelli più alti: 2.8).

 

Insomma, Manolas può aggiungere un po’ di aggressività e di conseguenza aiutare la squadra di Ancelotti a tenere il baricentro alto. Il miglior Manolas anticipa in maniera pulita l’avversario diretto, leggendo l’azione e partendo un attimo prima che parta il passaggio, ma è anche capace di coprire praticamente da solo tutta la propria metà campo difensiva. Sono qualità simili a quelle di Koulibaly e i due potrebbero coprirsi le spalle a vicenda, permettendo in teoria, come conseguenza indiretta, a entrambi i terzini di alzarsi nella metà campo avversaria.

 

I limiti di Manolas

Manolas è uno specialista, uno di quei calciatori monodimensionali arrivati al successo facendo appena un paio di cose, ma facendole benissimo. In area di rigore, proprio come Koulibaly, non è un marcatore attentissimo, né ordinato, spesso perde il contatto con l’avversario o con la palla. Ma sa usare il corpo per murare eventuali tiri e coprire la profondità con tackle esplosivi. La scorsa stagione è andato al contrasto il doppio delle volte (1.6 in media ogni 90’) di Albiol (0.8) e anche in questo caso – nonostante, come detto, sia stata la sua peggior stagione – è stato in linea con i numeri delle sue ultime annate in giallorosso (1.1 – 1.8 – 2.1) pur restando a distanza da quella migliore, la prima (dove vinceva 2.6 tackle ogni 90’). 

 

Forse la partita peggiore della scorsa stagione di Manolas è stata l’andata con l’Atalanta. Prima lascia che Zapata arrivi in area di rigore, senza coprire lo specchio con il proprio corpo (e Zapata incrocia il tiro che sbatte sul secondo palo, segna Castagne su ribattuta); poi va al contrasto anche se ha un metro abbondante di vantaggio e quando recupera la posizione si fa prendere in controtempo dalla sterzata di Zapata (che mette la palla sul lato debole per Rigoni).

 

Più che i giocatori molto tecnici, Manolas sembra soffrire gli avversari molto fisici che riescono a sfruttare il suo gioco sporco a proprio favore (ha sofferto molto il “Cholito” Simeone, ad esempio) manipolandolo e facendogli perdere il contatto con la palla. Ma, va detto, molto spesso anche contro questo tipo di avversari Manolas resta concentrato e in equilibrio e riesce a vincere la maggior parte dei duelli. 

 

In generale, Manolas ha un rapporto di amore ed odio con la palla. Non è uno di quei difensori che si dimenticano quale sia l’oggetto del contendere, ma in alcune situazioni non sembra neanche avere le idee chiarissime sulla parte del corpo da usare per colpire il pallone. Anche sui duelli aerei, compensa con l’esplosività (e i centimetri, visto che è vicino al metro e novanta) ai limiti tecnici nel tempismo e l’abilità non eccellente nel prendere posizione. Di testa, oltretutto, ha segnato il gol più importante della storia recente della Roma.

 

Ma il limite più grande di Manolas – oltre a quelli intangibili caratteriali – riguarda la fase di costruzione. Manolas è talmente a disagio quando deve toccare spesso la palla che in molte occasioni le avversarie della Roma hanno organizzato il pressing proprio per indirizzare su di lui il possesso basso: lui ha risposto migliorando nel tempo, arrivando anche ad effettuare cambi di campo precisi, ma resta un grosso bug per un giocatore che ambisce ai palcoscenici più grandi. E in questo Albiol, ma anche Maksimovic, gli sono nettamente superiori.

 

Anche per questo il valore del suo acquisto cambierebbe molto se il Napoli dovesse vendere Koulibaly, che con la palla tra i piedi è di tutt’altro livello. E Manolas non potrebbe sostituire Koulibaly neanche sul piano del carisma: in quattro anni a Roma è stato un leader silenzioso, un esempio di spirito di sacrificio e grinta, ma non è il tipo di difensore che da dietro guida la squadra con la voce o i passaggi. 

 

A Roma, Manolas lascia un buco incolmabile, e non solo per i ricordi indelebili nella memoria dei tifosi. Ma a Napoli, senza Koulibaly, rischierebbe di dover coprire un buco ancora più grande. L’ideale sarebbe se ritrovasse la sua dimensione nelle parti alte della classifica di Serie A, e in Champions League, in una squadra che gli permetta di fare bene quello che sa fare bene senza caricarlo di responsabilità eccessive. E per rispondere alla domanda fatta all’inizio del pezzo possiamo dire che di Manolas sono senz’altro sottovalutate le doti puramente difensive, ma in un calcio in cui i migliori difensori centrali devono saper impostare come centrocampisti e mostrare un carisma da Presidenti della Repubblica, forse non gli si fa neanche un torto se lo si considera un ottimo comprimario più che il protagonista in una coppia di primissima fascia.

 

 

Tags : As Romakostas manolasnapoli

Daniele Manusia, direttore e cofondatore dell'Ultimo Uomo. È nato a Roma (1981) dove vive e lavora. Ha scritto: "Cantona. Come è diventato leggenda" (Add, 2013) e "Daniele De Rossi o dell'amore reciproco" (66th & 2nd, 2020).

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