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Foto TF-Images / Getty Images
Calciomercato Fabio Barcellona 19 luglio 2019 8'

Cosa può dare Mancini alla Roma di Fonseca

Il difensore toscano dovrà adattarsi a un contesto tattico diverso da quello che l’ha fatto crescere a Bergamo.

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Dopo la cessione di Kostas Manolas al Napoli e il ritorno di Ivan Marcano al Porto, la Roma aveva urgente bisogno di rinforzare il suo reparto arretrato, rimasto di fatto con soli due giocatori di ruolo, cioè Juan Jesus e Fazio. Il nuovo DS giallorosso Gianluca Petrachi ha quindi accelerato la trattativa per il primo dei due nuovi centrali scelti per completare, nel ruolo, la rosa giallorossa, e cioè Gianluca Mancini.

 

Forte di una stagione di alto livello giocata con la squadra di Gasperini, impreziosita da ben 5 reti segnate, le stesse del suo nuovo compagno di squadra Federico Fazio e record della passata stagione per i centrali difensivi della Serie A, Mancini è stato uno dei giovani difensori italiani che più si è messo in mostra nella scorsa stagione, conclusa con un Europeo Under 21 dall’ottimo rendimento.

 

Ufficiale: Gianluca Mancini è un calciatore della Roma.

Questa estate l’#ASRoma sta collaborando con @TelefonoAzzurro utilizzando gli annunci video dei nuovi acquisti per sensibilizzare l’opinione pubblica sui minori scomparsi, inclusi questi tre bambini italiani pic.twitter.com/2bseN459fs

— AS Roma (@OfficialASRoma) July 17, 2019

Una crescita costante

Quella appena passata è stata in realtà la prima vera stagione da titolare in Serie A di Gianluca Mancini, il primo anno in cui è stato impiegato con continuità per tutto l’arco di un campionato.

 

Arrivato a 19 anni al Perugia, in Serie B, dopo essere cresciuto nel settore giovanile della Fiorentina, Mancini il suo primo anno tra i professionisti ha giocato solamente 12 partite ed è stato impiegato con discontinuità dal tecnico Bisoli. L’anno successivo il nuovo allenatore Christian Bucchi è sembrato voler puntare maggiormente su di lui, ma Mancini è rimasto comunque spesso fuori dal campo per via di una lunga serie di infortuni che hanno limitato a 13, più 2 nei playoff contro il Benevento, le presenze del giovane difensore in campionato.

 

Nonostante ciò, l’Atalanta ha comunque deciso di puntare su di lui acquistandolo nel gennaio del 2017 ma lasciandolo in prestito fino alla fine della stagione in Umbria. La stagione dell’approdo in Serie A è quindi la 2017/18, a Bergamo, dove deve contendersi il quinto posto nella gerarchia della difesa a tre di Gasperini con Alessandro Bastoni, dietro Toloi, Caldara, Masiello e Palomino. Alla fine le presenze in campionato saranno 11, di cui 8 dall’inizio, concentrate prevalentemente alla fine della stagione e favorite più che altro dagli infortuni di Caldara. Come detto, quindi, la prima vera stagione da titolare è stata quella appena passata, in cui ha giocato 30 partite in campionato, di cui 25 da titolare, che gli sono valse anche la chiamata nella Nazionale maggiore.

 

A un primo sguardo quindi, l’evoluzione della carriera di Gianluca Mancini, contraddistinta da progressivi e costanti passi verso livelli sempre superiori, non disegna un talento da predestinato, ma un giocatore dotato di volontà e tenacia a sufficienza per spostare sempre più avanti i propri limiti. D’altronde, da sempre, il suo idolo è Marco Materazzi, di cui dice di ammirare il carattere e la determinazione che lo hanno portato a diventare campione del mondo.

 

Il fattore Gasperini

La fioritura tardiva di Mancini fa sorgere quindi delle domande sulla sua adattabilità a sistemi tattici diversi da quelli messi in piedi a Bergamo da Gian Piero Gasperini. Il difensore toscano è esploso nel peculiare sistema difensivo dell’Atalanta, occupando il ruolo di difensore laterale nella difesa a tre, tipica del modulo di gioco dell’allenatore piemontese. Come per ogni altro calciatore, e soprattutto difensore, che si è messo in evidenza grazie al calcio di Gasperini, che esaspera talune caratteristiche dei suoi giocatori e ne rende meno importanti altre, anche Mancini è accompagnato dai soliti dubbi che circolano intorno ai giocatori venduti dall’Atalanta. Mancini è quello che abbiamo visto l’anno scorso o è il gioco di Gasperini ad esaltarne i pregi e nasconderne i difetti? Il difensore toscano riuscirà ad adattarsi ad un sistema diverso da quello dell’Atalanta?

 

Bisogna subito dire che molte delle principali qualità di Mancini sono perfettamente coerenti con le richieste del suo ex allenatore. In accordo con le marcature fortemente orientate sull’uomo e la ricerca della difesa in avanti di Gasperini, il nuovo centrale della Roma ha fatto valere le sue doti di aggressività e di continua ricerca dell’anticipo. Mancini è un atleta piuttosto alto (i dati a disposizione variano da 190 a 193 cm), dotato di un fisico potente, discretamente agile e sufficientemente veloce seppur con qualche difficoltà su distanza medio-lunghe. La buona stazza fisica, infatti, non ha affatto ostacolato la copertura di grandi porzioni di campo necessaria nel sistema difensivo dell’Atalanta.

 

L’avversario nella zona era quindi seguito profondamente anche nella metà campo avversaria e, in fase di possesso palla, le marcature preventive portavano Mancini a difendere anche a ridosso della trequarti campo avversaria. Trascinato fuori da un’ipotetica linea difensiva, concetto piuttosto vago nel calcio di Gasperini, Mancini si è trovato molto a suo agio utilizzando prese di posizione aggressive per preparare anticipi quasi sempre vincenti e facendo valere il suo fisico con un utilizzo molto aggressivo delle scalate in avanti, verso gli attaccanti avversari.

 

 

Una tipica azione di Mancini che anticipa alto Gervinho.

 

Anche in fase di possesso palla Gasperini chiede ai suoi difensori compiti molto specifici, e quindi adatti ad esaltare determinate caratteristiche. Mancini, nella posizione di laterale della difesa a tre, era fortemente coinvolto nella fase offensiva della sua squadra, in qualità di vertice basso di un teorico rombo laterale completato dall’interno di centrocampo, dall’esterno e dalla punta del lato di competenza. La distribuzione del pallone prevedeva quindi riferimenti sul corto, verso i due vertici più vicini del rombo e uno più rischioso sul medio, verso la punta di riferimento.

 

All’interno di questo ambiente tattico la trasmissione della palla è stata piuttosto sicura, sebbene con una percentuale di precisione nei passaggi (82.8%) inferiore a quella dei pari ruolo Toloi (85.1) e Masiello (87.6). Meno precisa e sicura invece la trasmissione sul lungo che si è tradotta in un numero di passaggi tentati e in una precisione inferiore rispetto ai due compagni di squadra citati. Nel set di soluzioni offensive a disposizione del laterale della difesa a tre di Gasperini c’è anche la conduzione palla profonda per muovere la disposizione difensiva avversaria e Mancini ha dimostrato buone doti di dominio della palla in corsa utilizzando la tecnica e il suo fisico per avanzare mantenendo il possesso del pallone e tenendo distanti gli avversari.

 

Nel calcio di Fonseca

Seppur molto diverso da quello dell’Atalanta, anche il calcio dello Shakhtar Donetsk di Paulo Fonseca aveva dei tratti distintivi piuttosto marcati ed è probabile che rivedremo gli stessi principi di gioco anche nella nuova Roma allenata dal tecnico portoghese.

 

Al contrario di quanto chiede Gasperini, che si concentra molto sulle marcature individuali, il sistema difensivo del tecnico portoghese cerca di lavorare molto più “di reparto” e “di squadra”. L’altezza della linea è variabile: tendenzialmente Fonseca prova a tenere la linea piuttosto alta, ma non disdegna di abbassarla a patto che non venga meno la compattezza verticale della squadra, vera priorità per l’allenatore portoghese, che vuole tenere le linee di difesa e centrocampo sempre vicinissime. In quest’ottica, e ipotizzando verosimilmente un impiego da difensore centrale in una linea a quattro per Mancini, al neo acquisto della Roma sarà richiesta un diverso rapporto con i compagni di squadra e di reparto, e una maggiore concentrazione nella gestione delle distanze e degli spazi del proprio schieramento.

 

Anche nelle occasioni in cui giocherà lontano dalla propria porta, Mancini dovrà difendere in una porzione di campo più ristretta e definita, e dovrà abituarsi a difendere situazioni meno dinamiche rispetto a quelle a cui è stato abituato all’Atalanta. Nei trascorsi a Perugia e nell’Under 21 Mancini ha già giocato in difese a quattro, anche all’interno di sistemi e moduli di gioco diversi da quelli di Gasperini, e anche in questi contesti ha fatto dell’aggressività, della ricerca dell’anticipo e della tendenza ad abbandonare la linea per marcare in avanti gli avversari le sue migliori caratteristiche.

 

In sistemi difensivi meno dinamici e più rigidi, però, l’efficacia dei duelli fisici con gli avversari sembra diminuire e talvolta gli attaccanti riescono a sfruttare a proprio vantaggio, con un buon utilizzo del corpo, la naturale aggressività e la tendenza a cercare velocemente la palla di Mancini. Analogamente, gli stacchi aerei correndo in avanti, efficacissimi in area avversaria e in marcatura preventiva, diventano meno incisivi quando un centrale è meno libero di staccarsi dalla linea di difesa. Nell’esperienza di linea a quattro e difesa tendenzialmente a zona, Mancini ha mostrato buone capacità di lettura delle situazioni di gioco e di scelta tra copertura della profondità o mantenimento della posizione nelle situazioni di palla coperta e scoperta. Nonostante ciò, sembra ancora poco abituato a utilizzare tali letture all’interno di una linea difensiva ordinata e per forza di cose dovrà familiarizzare con i concetti proposti dal suo nuovo allenatore. Puntato da un avversario in possesso palla, Mancini ha margini di miglioramento nella presa di posizione difensiva, talvolta caratterizzata da una postura troppo piatta e quindi vulnerabile al dribbling avversario.

 

Oltre alle specifiche richieste in fase di non possesso, ai difensori di Fonseca è chiesto un’essenziale contributo in fase di possesso palla, in accordo coi principi del “juego de posìcion” applicato dal tecnico portoghese. Nello sviluppo della fase offensiva il tecnico della Roma ama occupare l’ampiezza coi terzini, sempre alti in fase di impostazione – caratteristica che allontana l’ipotesi di un utilizzo di Mancini da esterno difensivo, come è avvenuto invece nella nazionale maggiore – e lascia grosse responsabilità in impostazione ai centrali difensivi a cui, tra le altre cose, è richiesto di attrarre il pressing avversario e di trovare quindi il compagno libero alle spalle della pressione, con precisi passaggi taglia linee. Un’altra alternativa è quelle di cercare l’uomo libero con lunghi lanci in diagonale verso la fascia opposta, una soluzione di gioco quasi del tutto assente nel gioco di Gasperini.

 

In generale, quindi, è quindi richiesta una gestione del pallone piuttosto cerebrale e finalizzata a manipolare lo schieramento difensivo avversario utilizzando vari strumenti tecnico-tattici, come la trasmissione del pallone su varie distanza e la conduzione. Come detto, la conduzione palla di Mancini sembra già piuttosto sicura, e potrà essere usata per capitalizzare vantaggi posizionali già conseguiti e attrarre, a catena, nuova pressione in posizione più avanzate di campo. In un raggio medio/corto e su traiettorie non troppo rischiose, la velocità e la precisione della distribuzione della palla di Mancini sembrano sufficienti, anche se il suo inserimento nel sistema tattico di Fonseca dovrà passare inevitabilmente per un miglioramento della trasmissione del pallone sotto pressione, della qualità dei passaggi più complessi e dei lanci lunghi, in cui Mancini appare ancora troppo impreciso.

 

Le prospettive

La giovane età, la poca esperienza ad alti livelli e l’esplosione in un sistema di gioco che amplifica taluni aspetti del gioco e ne limita altri, rendono Mancini un difensore con caratteristiche piuttosto definite e con margini di miglioramento piuttosto ampi.

 

Il calcio di Fonseca è profondamente differente da quello di Gasperini e le richieste per Mancini saranno molto diverse. Di certo non dovrà snaturarsi e continuare ad utilizzare la propria capacità di difendere in avanti, sia uscendo dalla linea difensiva che in marcatura preventiva, all’interno di una struttura che prevede connessioni diverse e più strutturate coi compagni di reparto. Dovrà quindi sviluppare meglio la gestione dei duelli individuali in situazioni più statiche, migliorare la difesa orizzontale e continuare ad affinare le letture in un sistema maggiormente orientato alla gestione degli spazi. In fase di possesso palla, invece, oltre ad interiorizzare i concetti tattici alla base del juego de posìcion, dovrà fare progressi tecnici nella trasmissione del pallone nelle situazioni più complesse.

 

Per il secondo centrale promesso da Petrachi ed ancora da acquistare si fa il nome di Toby Alderweireld, giocatore che maneggia perfettamente gli strumenti tattici del juego de posìcion grazie alla sua lunga esperienza con Mauricio Pochettino al Tottenham. Un’idea che sembra ideale, dato che un eventuale arrivo di Alderweireld potrebbe sollevare Mancini da qualche responsabilità in fase di impostazione e rendere più agevole il suo inserimento nel gioco di possesso di Fonseca, che adesso sembra dover passare inevitabilmente per un periodo di crescita.

 

In ogni caso, con Mancini la Roma si è assicurata uno dei giovani difensori italiani più interessanti e con buone prospettive di miglioramento. Probabilmente non è ancora pronto in ogni particolare del suo gioco, in particolare per le esigenze del suo nuovo allenatore e, come per ogni calciatore, specie per quelli non dotati di un talento assoluto, il successo dipenderà dalla particolare chimica tra la capacità del giocatore di superare i propri limiti e il contesto ambientale e tattico in cui sarà inserito.

 

 

Tags : atalantagianluca manciniroma

Fabio Barcellona, chimico e allenatore UEFA B. Scrive di calcio per L'Ultimo Uomo.

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